lunedì 28 settembre 2009

Considerazioni libere (7): a proposito della giustizia...

Voglio dedicare questa nota a un tema che è da tempo al centro della discussione politica in Italia (con toni spesso esasperati), partendo da un'idea che mi è stata sollecitata dal commento di Nadia a una mia nota di qualche giorno fa (la considerazione nr. 3, per la precisione).
Tra le molte cose che non funzionano in questo paese c'è sicuramente il sistema della giustizia. Certo ci sono magistrati e pubblici ministeri che lavorano moltissimo e che svolgono con coscienza il proprio lavoro. A queste persone dobbiamo essere grati, anche perché lavorano in condizioni di oggettiva difficoltà, con pochissimi mezzi (mentre in genere i "cattivi" sono, anche tecnologicamente, più avanti). Ci sono stati magistrati (davvero troppi), che sono stati uccisi proprio perché hanno difeso, contro tutti (a volte anche contro pezzi deviati dello stato), i principi della giustizia. E' un dovere civile ricordare ogni giorno queste persone, molto più di quello che facciamo, al di là dei pur doverosi anniversari.
Credo però che, specialmente noi di sinistra, non possiamo nasconderci dietro a un dito. Di fronte agli attacchi continui, violenti, interessati che ogni giorno il centrodestra (e in particolare Berlusconi e i suoi avvocati) portano alla giustizia italiana, non possiamo difendere in maniera acritica un sistema che funziona male. I cittadini vivono sulla propria pelle che la giustizia non funziona e non ci capiscono quando difendiamo la categoria così, a prescindere.
In Italia vedersi riconosciuti i propri diritti attraverso una causa civile è difficilissimo, richiede troppo tempo e troppi soldi, senza la certezza che si arrivi a un esito soddisfacente. Le cause penali sono lunghe e in tante occasioni non c'è la certezza della pena. Ogni grado di giudizio sembra avere il compito non di controllare quanto già stabilito, ma quello di stravolgere le sentenze dei gradi precedenti. Certo questo stato di cose dipende una legislazione barocca, che contiene norme contradditorie, che possono essere interpretate in un senso o nell'altro. Ma c'è anche la responsabilità di una "casta" di magistrati, che è ben attenta a difendere le proprie prerogative, ma poco capace di mettersi in gioco, anche di accettare delle responsabilità. Se un sostituto procuratore dedica gran parte delle sue energie, del proprio tempo e quindi delle risorse pubbliche, a intentare procedimenti che regolrmente portano all'assoluzione degli imputati, il suo lavoro è efficace, soprattutto è utile alla società? Che tutela hanno i cittadini, ma soprattutto che tutela ha lo stato? Perché un magistrato incapace o fannullone (i ritmi di lavoro di un tribunale sono spesso inadeguati rispetto alle esigenze dei cittadini) non può essere licenziato? Perché un magistrato che sottomette continuamente i principi costituzionali alle proprie convinzioni, politiche o etiche (per quanto rispettabili e legittime), non può essere rimosso?
Io non voglio che la magistratura venga controllata dal potere esecutivo, so bene quanto sia importante per uno stato moderno la divisione dei poteri, ma questo controllo non può neppure essere delegato a un sistema corporativo, così fortemente sindacalizzato, come è quello della magistratura in Italia. Mi rendo conto che questa considerazione rischia di essere impopolare, ma credo che superare questo stato di cose sia necessario proprio per tutelare quell'autonomia che è minacciata da interessi e da poteri così forti. Essere di sinistra vuol dire anche garantire la giustizia e il rispetto delle regole, perché sono i più deboli, i più poveri, che hanno bisogno delle regole. I ricchi, in qualche modo, se la cavano sempre.

1 commento:

  1. A confermare i miei timori, ecco le solite truculente dichiarazioni di Brunetta.

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