domenica 18 ottobre 2009

Considerazioni libere (17): a proposito di cavie umane...

In tempi di crisi, come quelli che stiamo vivendo, negli Stati Uniti fare la cavia può essere un sistema redditizio, anche se pericoloso, per guadagnarsi da vivere. Un cosiddetto "volontario sano", anche se ufficialmente non può essere retribuito, proprio perché teoricamente volontario, può ricevere fino a 300 dollari al giorno come rimborso spese per partecipare ai test che le industrie farmaceutiche fanno sui farmaci prima di immetterli sul mercato.
Proprio il fatto che quello di cavia sia diventata una sorta di professione per tante persone che non saprebbero in che altro modo guadagnarsi uno stipendio crea dei problemi alla stessa attendibilità dei test. Ad esempio gran parte dei test richiede che i volontari non abbiano preso altri farmaci nei trenta giorni precedenti, così da non alterare i risultati degli esami: alcuni "volontari", approfittando del fatto che non ci sono controlli, aggirano questa regola fondamentale e si presentano a nuovi test, senza aspettare che passino i trenta giorni, proprio per non perdere lo "stipendio". In altri casi i "volontari" non hanno dichiarato gli effetti collaterali che provocava loro l'assunzione di un farmaco, per non interrompere il test e quindi non perdere giornate di lavoro. In altri casi ancora un "volontario" ha dichiarato effetti collaterali che non aveva per interrompere il test e andare in un altro laboratorio dove sarebbe stato pagato meglio. Come è evidente tutti questi comportamenti rischiano di alterare i risultati dei test, con conseguenze imprevedibili quando il farmaco sarà sul mercato a disposizione dei cittadini.
Un altro aspetto preoccupante del problema è che non esistono forme di tutela per le persone che accettano di sottoporsi ai test e hanno complicazioni, anche gravi, in seguito a queste sperimentazioni: è un lavoro abbastanza ben remunerato, ma con nessuna tutela, perché nei fatti non esiste.
Il problema fondamentale non è tanto quello di pagare chi accetta di sottoporsi ai test (sarebbe utopistico pensare che ci possa essere chi accetti di farlo gratuitamente), ma quello di istituire una catena efficace di controlli. In passato i test erano condotti dalle università, che effettuavano controlli più severi perché da questo dipendeva il loro buon nome e il mantenimento dei finanziamenti. Oggi i test vengono effettuati da laboratori privati che dipendono unicamente dalle industrie farmaceutiche, che rispondono unicamente a logiche di mercato, spesso alla necessità di far uscire un farmaco il più velocemente possibile.
Inoltre gli International review board, ossia i comitati etici incaricati di controllare i test - che agiscono a livello dei singoli stati -, sono nominati dagli stessi soggetti che dovrebbero controllare. L'agenzia federale, la Food and drug admistration, controlla solo l'1% dei test. In sostanza chi dovrebbe controllare i laboratori che fanno i test non è un'autorità indipendente, non ha titoli scientifici o accademici, ma è semplicemente un ingranaggio del sistema industriale farmaceutico, da esso dipendente.
Anche da questo forse si riesce a capire la forza di un sistema industriale che sta bloccando una riforma sanitaria che cerca di limitare il potere del privato, a favore del pubblico.

p.s. devo queste considerazioni alla giornalista Alison Motluki, autrice di un articolo sulla rivista inglese New Scientist, tradotto e pubblicato nel nr. 817 di Internazionale; ve ne consiglio la lettura

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