mercoledì 21 ottobre 2009

Considerazioni libere (19): a proposito dei segreti italiani...

Sarà anche vero quello che va dicendo in questi giorni il presidente Cossiga, ossia che noi italiani non crediamo mai alle versioni più semplici e tendiamo a prestare fede a quei resoconti che presuppongono trame segrete, risvolti misteriosi, finali complicati. Sarà vero - Cossiga è una persona d'esperienza e conosce molte storie, molte verità - eppure qualche dubbio mi rimane.
Forse gli italiani non credono alle storie semplici perché negli anni è stato insegnato loro a non credere alle verità ufficiali. Chi ha voluto che il bandito Giuliano facesse una strage a Portella delle Ginestre? Chi ha permesso che i responsabili dell'attentato di piazza Fontana fossero scagionati? Chi ha voluto la strage della stazione di Bologna? L'elenco delle menzogne che sono state dette agli italiani in questi sessant'anni di vita repubblicana è così lungo e così drammatico da averci disabituato alla verità. In questi giorni si parla con insistenza del cosiddetto "papello" e della trattativa che la mafia siciliana avrebbe voluto avviare con le istituzioni repubblicane, attraverso la mediazione di un ex sindaco democristiano, organico alle famiglie mafiose, e ufficiali dei carabinieri, non si capisce coperti da chi. Si tratta di una vicenda gravissima, che ha probabilmente segnato una fase recente della nostra storia (gli omicidi di Falcone e Borsellino, l'elezione del presidente Scalfaro, il governo Ciampi e gli attentati a Firenze, Roma, Milano), eppure sembra che questa storia sia qualcosa di ordinaria amministrazione e non si spera di venirne a capo: sarà l'ennesima vicenda su cui si stenderà un velo, squarciato ogni tanto da un'inchiesta o da un libro.
Sarò pessimista, ma mi sembra che in questo paese abbiamo perso la speranza che si possa conoscere la verità. In fondo anche un film come "Il divo", che pure racconta, facendo nomi e cognomi, un'altra vicenda complessa su cui non si è fatta piena luce, in qualche modo sembra farci accettare che su queste vicende, come sull'omicidio Ambrosoli - su cui ci sono un bellissimo libro e uno splendido film - l'unica verità possibile sia quella degli artisti: tutto diventa un racconto e si finisce per non distinguere più il vero dal verosimile. Non voglio essere frainteso, considero meritorio l'impegno civile degli scrittori, dei registi, degli artisti, eppure questo non dovrebbe bastarci, dovremmo avere il diritto alla verità, che è il più negato dei diritti in Italia.

2 commenti:

  1. Come se la coscienza del paese sia abituata a non perseguire la verità, accontentandosi della palude delle contraddizioni e delle mistificazioni, come una cosa rassicurante, naturale, italiana.

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  2. Ciò che mi ha lasciata sconvolta e sconcertata, cono state el immaggini di due interviste messe a confronto: alcune immagini del processo di totò riina dove il boss affermava candidamente di non sapere che cos'era cosa nostra e che la mafia era un invenzione dei troppi film. Immediatamente dopo questo spezzone, partono le immagini di un intervista fatta al fondatore di Forza Italia che ripeteva le medesime cose di Riina: la mafia non esiste, io non l'ho mai incontrata, quasi accusava gli italiani di guardare troppi film. Io avevo i brividi su tutto il corpo, la nausea, davanti a certe parole che lasciano pochissimo spazio anche ai minimi dubbi.

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