domenica 17 gennaio 2010

Considerazioni libere (62): a proposito di calcio e di povertà...

Mentre sono qui che aspetto - come fanno tante altre persone - i risultati delle partite di calcio, temendo l'ennesima sconfitta della mia squadra, mi sembra giusto raccontare una brutta storia che in qualche modo c'entra con il calcio.
Tra alcuni mesi si giocherà in Sudafrica il campionato del mondo di calcio, la prima edizione che si svolge in Africa. Tra le città designate a ospitare alcune partite c'è anche Nelspruit, a nord est del paese, vicino al Kruger national park; ne sentiremo parlare ancora, perché il 20 giugno si giocherà proprio lì Italia-Nuova Zelanda. A Nelspruit però non c'era un impianto idoneo a ospitare le partite e così è stato investito più di un miliardo di rand per costruire il nuovo stadio Mbobela, con una capienza di 43.500 posti. Forse qualcuno potrebbe obiettare che investire una cifra simile per un impianto che sarà utilizzato solo per tre partite è uno spreco di risorse, ma certo noi italiani non siamo i più adatti a dare lezioni agli altri paesi riguardo alla gestione di grandi manifestazioni sportive.
Però lo stadio Mbobela è stato costruito vicino a una grande baraccopoli, dove non ci sono acqua corrente, fognature ed elettricità. Si può immaginare che chi abita in questa parte di Nelspruit non andrà a vedere le partite, nonostante il richiamo della squadra allenata da Lippi. La storia che volevo raccontare non è nemmeno questa.
Quando, nel 2007, i responsabili del consorzio franco-sudafricano, incaricato di costruire lo stadio, sono arrivati sul posto hanno chiesto la disponibilità di due edifici con elettricità e aria condizionata per sistemare gli uffici amministrativi e i tecnici che avrebbero dovuto gestire il cantiere. La richiesta in sé non era particolarmente esosa, se non che gli unici edifici con queste caratteristiche erano le scuole. Qui c'è la piccola storia: le scuole sono state requisite, i bambini hanno frequentato le lezioni in container senza aria condizionata e a tutt'oggi non sono state ancora costruite le scuole nuove promesse.
Chissà se qualcuno racconterà questa storia prima delle telecronache?

p.s. devo questa storia al giornalista inglese R.W. Johnson, autore di un articolo su London Review of Books, tradotto e pubblicato nel nr. 828 di Internazionale; ve ne consiglio la lettura

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