sabato 6 febbraio 2010

da "Quaderni del carcere" (XVIII) di Antonio Gramsci

Passaggio dal sapere al comprendere al sentire e viceversa dal sentire al comprendere al sapere. L’elemento popolare “sente” ma non sempre comprende o sa; l’elemento intellettuale “sa” ma non sempre comprende e specialmente “sente”. I due estremi sono pertanto la pedanteria e il filisteismo da una parte e la passione cieca e il settarismo dall’altra. Non che il pedante non possa essere appassionato anzi; la pedanteria appassionata è altrettanto ridicola e pericolosa che il settarismo e la demagogia piú sfrenati. L’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed esser appassionato (non solo del sapere in sé ma per l’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione cioè senza sentire le passioni elementari del popolo comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole nella determinata situazione storica e collegandole dialetticamente alle leggi della storia a una superiore concezione del mondo scientificamente e coerentemente elaborata il “sapere”; non si fa politica-storia senza questa passione cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione. In assenza di tale nesso i rapporti dell’intellettuale col popolo-nazione sono o si riducono a rapporto di ordine puramente burocratico formale; gli intellettuali diventano una casta o un sacerdozio (cosí detto centralismo organico).
Se il rapporto tra intellettuali e popolo-nazione tra dirigenti e diretti - tra governanti e governati - è dato da una adesione organica in cui il sentimento-passione diventa comprensione e quindi sapere (non meccanicamente ma in modo vivente) solo allora il rapporto è di rappresentanza e avviene lo scambio di elementi individuali tra governati e governanti tra diretti e dirigenti cioè si realizza la vita di insieme che solo è la forza sociale; si crea il “blocco storico”.

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