lunedì 5 aprile 2010

Storie (II). "L'incontro..."

"Signor comandante, mi scusi. Ho capito di aver sbagliato. Lo so che ci avete ordinato di non sparare ai civili. Mi scusi. Lo so che adesso il villaggio è in rivolta, perché ho ucciso quel poveretto. Ho avuto paura, signor comandante. Mi scusi. Lo so, adesso lo so, che era disarmato, che era solo un povero matto. Signor comandante, ho sbagliato. Avrebbe dovuto vedere come correva veloce. Ho fatto uno sbaglio ad allontanarmi dai miei compagni, lo so. Sembrava un fulmine, signor comandante, l'ho visto correre. Mi scusi, signor comandante. Ho sparato. Correva verso di me. Ho sbagliato ad abbandonare la mia posizione. Era veloce, sembrava un fulmine. Correva. Ho avuto paura. Ho sparato. Dica a sua madre che non ha sofferto. Ho avuto paura, signor comandante".

Mia madre non vuole più che esca da solo. Non mi piace stare sempre in casa, non posso più correre. A me piace correre. Da quando ci sono tutti questi rumori, di giorno e di notte, questi lampi nel cielo, senza che venga poi a piovere, mia madre non vuole più che esca da solo. Mia madre dice che quei rumori e quei lampi sono cattivi e che posso uscire solo se sono con lei. A me piace correre: sono il più veloce di tutti. Da quando sono cominciati i rumori e i lampi, mia madre è strana. Tutta la gente è strana. Li vedo dalla finestra, camminare veloci, lungo i muri delle case, tutti sembrano tristi. Quando usciamo per comprare le cose da mangiare, in giro vedo solo donne, bambini e vecchi. Sono tutti tristi, guardano verso la collina da dove vengono i rumori e i lampi. In paese non ci sono più uomini e non ci sono più i miei amici. Io sono più veloce di tutti i miei amici, nessuno corre più veloce di me. Mi piacciono i miei amici, loro sono diversi da me, loro parlano e mi chiamano lepre, perché corro più veloce di tutti loro. I miei amici si sono tutti sposati e hanno avuto dei bambini, mi piace correre insieme ai bambini. Da quando sono cominciati i rumori non posso più correre. Mia madre chiude la porta e tiene la chiave sempre con lei. La tiene nella tasca del grembiule, insieme alla piccola fotografia di mio padre. Mia madre non è come me, mia madre parla. Chissà se mio padre parla o se è come me. Chissà se mio padre corre più veloce di me. Vorrei fargli vedere come so correre veloce. Corro più veloce di tutti. Mi piace correre. Quando non c'erano i rumori e i lampi, correvo per i campi e gli amici urlavano, quando mi vedevano. Mi chiamano lepre, perché nessuno corre come me. Io non ho mai visto mio padre, non l'ho mai visto come vedo mia madre. Vedo tutti i giorni la fotografia che è sopra il camino. In paese non ho mai visto nessuno con dei vestiti come mio padre. Mio padre non è un contadino: porta i pantaloni e la giacca dello stesso colore, e porta uno strano berretto. Porta gli stivali lucidi e una grande cintura. E poi tiene in mano una strana cosa, non so come si chiama. In paese non ho mai visto nessuno con in mano una cosa così. Mia madre dice sempre che un giorno incontrerò mio padre in un posto bellissimo. Io molte volte di notte immagino di vedere mio padre, e gli corro incontro più veloce che posso. Nessuno corre più veloce di me. A me piace correre. Quando ero piccolo andavo lontano e mi riportavano a casa i padri dei miei amici. Stamattina i rumori e i lampi sono più forti del solito. Ma io non ho paura. La nostra vicina sta urlando, piange, mia madre esce e non chiude a chiave la porta. Forse posso uscire. E' tanto tempo che non esco da solo. Corro per la strada. Qualcuno mi ha visto, sento urlare lepre dietro di me. Che bello tornare a correre. Sono il più veloce di tutti, corro nei campi. Se potesse vedermi mio padre, se potesse vedere come corro veloce. Nessuno corre più veloce di me. C'è qualcuno là in fondo. E' mio padre, il berretto, gli stivali, la grande cintura e ha in mano quella cosa, proprio come nella fotografia. Guarda come corro veloce.

"Dottore, questa notte è stata terribile. Ho sognato ancora quell'uomo. Dottore, perché quell'uomo mi sorrideva?"

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