lunedì 7 giugno 2010

Considerazioni libere (122): a proposito di libertà di impresa...

E' abbastanza comprensibile che da parte di esponenti del governo sia cominciato il tentativo di sviare l'attenzione su una manovra economica che avrà ripercussioni pesanti nel paese. Per mesi hanno detto che la situazione dei conti pubblici era sotto controllo, che l'Italia aveva superato la crisi meglio degli altri paesi, che la ripresa sarebbe stata imminente, che anzi era già cominciata; hanno barato e quando finalmente sono stati costretti a mostrare le carte, i nodi sono venuti al pettine e Tremonti ha dovuto preparare una manovra pesante. Naturalmente il governo ha deciso di chiedere maggiori sacrifici a chi ha un reddito medio-basso; d'altra parte sarebbe stato difficile pensare che questo governo avesse l'idea e la forza di intervenire sui redditi alti. Ora, affinché si parli il meno possibile della manovra, hanno cominciato a spararle grosse, in modo da costringere l'opinione pubblica a parlare d'altro. Per qualche giorno si parlerà della boutade di Calderoli sugli stipendi dei calciatori e vedrete che tra qualche giorno se ne uscirà con una delle sue trovate il geniale Brunetta, maestro di queste mosse diversive.
Anche Tremonti ha cercato di non parlare della manovra, ma lo ha fatto in maniera più intelligente, evocando un tema, la libertà d'impresa, su cui è utile fare una qualche riflessione. Il ministro si è spinto a dire che sarebbe necessaria una modifica all'art. 41 della Costituzione, in modo da sospendere, almeno per alcuni anni, i controlli preventivi della pubblica amministrazione sugli imprenditori. Naturalmente ha trovato il pieno appoggio delle associazioni di imprenditori, artigiani e commercianti, che effettivamente, soprattutto i più piccoli, sono vessati da una burocrazia spesso inefficiente, dai tempi indefiniti e dal linguaggio incomprensibile. Anche l'opposizione ha mostrato un qualche interesse per la proposta, rivelando ancora una volta la propria incapacità di un'elaborazione politica autonoma.
Sinceramente neppure il più accanito sostenitore delle virtù del libero mercato potrebbe ragionevolmente sostenere che l'art. 41 della nostra Costituzione sia una concessione al comunismo. Merita di essere riportato nel testo completo: " L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". Eppure siamo ormai in un clima culturale per cui anche il semplice riferimento all'utilità sociale può essere visto come un freno alla libertà dell'impresa e dell'iniziativa economica. In un paese in cui nel parlamento non si trova nessuna forza che si ispiri in maniera netta ai principi dell'Internazionale socialista non stupisce questa deriva, che pure sta avvenendo anche nel resto del mondo. Chi fa impresa sembra avere ogni diritto - compreso quello di essere salvato dallo stato quando fallisce - e nessun dovere.
Il tema non è quello di eliminare i controlli, ma quello di far funzionare i controlli in maniera rapida ed equa. Eliminare ogni tipo di controllo solo perché la pubblica amministrazione non funziona significa da un lato ammettere implicitamente che la pubblica amministrazione in Italia non è riformabile e dall'altro dare un segnale di via libera ai tanti furbi e furbastri che si trovano nel nostro paese. In una situazione come questa, con una domanda di lavoro così forte, specialmente da parte dei giovani e delle donne, eliminare ogni controllo darebbe ai furbi la possibilità di sfruttare ancora di più queste persone. In un paese in cui le emergenze ambientali sono sotto gli occhi di tutti, eliminare i controlli vorrebbe dire rinunciare per ancora molti anni a una vera tutela del territorio.
Dire con forza no alla proposta di Tremonti non significa né mortificare la libertà degli imprenditori né accettare l'incapacità della burocrazia, ma dire che può esserci una via diversa, che passa per il rispetto di regole eque, comprensibili e sanzionabili.

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