mercoledì 13 ottobre 2010

Considerazioni libere (171): a proposito di primarie e di "secondarie" bolognesi...

Come sapete, su questo blog cerco di commentare il meno possibile le vicende politiche bolognesi, nonostante la tentazione sia spesso forte; prevale però il rispetto per i miei sparuti lettori, avendo ormai verificato che la grandissima maggioranza di voi non è di Bologna, rischia di non cogliere i riferimenti ai vari personaggi citati e probabilmente non è interessata alla quotidianità di quello che succede in questa città. Questa volta però c'è una notizia che è riuscita a "bucare" le pagine nazionali dei quotidiani e la tentazione è troppo forte; per cui vi prego di scusarmi questa divagazione bolognese.
Il prossimo sindaco di Bologna sarà Maurizio Cevenini. Non serve la palla di vetro per fare questa profezia: i concorrenti alle primarie del centrosinistra, che si terranno il prossimo 5 dicembre, sono troppo deboli per impensierirlo e il centrodestra bolognese non riuscirà nei pochi mesi che ci separano dalle elezioni di primavera a presentare un candidato credibile, continuandosi ad avvitare nelle proprie piccole beghe interne. Cevenini - il Cev, come da tempo è chiamato dai giornali e dalla gente - è una persona intelligente, che in questi anni si è ritagliato, con pazienza, un ruolo in città. Simpatico, allegro, sempre pronto alla battuta, è l'ospite ideale per le trasmissioni delle radio e delle televisioni locali, qualunque sia l'argomento trattato; il calcio e il Bologna sono una sua grande passione, che ha saputo sfruttare con scaltrezza; è l'animatore della pesca gigante alla Festa dell'Unità e l'infaticabile "officiante" dei matrimoni civili in Comune - più di 4.000 coppie bolognesi sono state sposate dal Cev; partecipa di persona a moltissime iniziative ed è un grande utilizzatore della rete, che usa con abilità; piace alla base del partito, perché non ha mai nascosto di essere il figlio di un barbiere, e si muove disinvoltamente nei salotti, anche perché per diversi anni si è occupato professionalmente di sanità privata; rivendica l'antica militanza nel Pci, ma è ben visto dalla Curia. Non è una persona facile da inquadrare, anche perché in questi lunghi anni si è sempre accuratamente tenuto fuori dalle polemiche. Il Cev è stato indubbiamente fortunato: se non ci fossero stati la fuga di Cofferati e il clamoroso scandalo che ha costretto Delbono alle dimissioni non sarebbe mai diventato sindaco; ma è stato anche incredibilmente abile, si è fatto trovare pronto proprio nel momento in cui c'è bisogno di lui. Nessuno nel partito lo vuole sfidare alle primarie e i malumori si sussurrano a mezza bocca, a parte qualche eccezione: comunque la sua strada è ormai spianata.
Non voto a Bologna, se abitassi in città sicuramente non parteciperei alle primarie e francamente non so cosa farei alle elezioni: probabilmente non andrei a votare. Non ho nulla contro Maurizio - tutt'altro - penso che probabilmente sarà un buon sindaco, ma sinceramente trovo sconfortante il modo in cui si è arrivati alla sua candidatura. La scelta del Cev è il modo per nascondere la polvere sotto il tappeto; e di polvere ce n'è moltissima. C'è la polvere che viene dalla situazione nazionale del centrosinistra: il Pd con il suo incerto profilo programmatico, la sinistra dilaniata e debolissima, i proclami di Di Pietro, che teme la concorrenza di Grillo, la rassegnazione di tanti elettori che hanno rinunciato. E poi c'è la polvere specificamente bolognese: la mancata analisi di quello che è successo nel '99, il trascinarsi di una polemica condotta spesso sotto traccia e per interposta persona, il progressivo abbandono di tante persone e l'inarrestabile ascesa di molti mediocri. A Bologna per tanti la politca sembra ormai qualcosa di superfluo. In questo vuoto c'è il Cev. Qualcuno probabilmente pensa che il Cev, una volta diventato sindaco, sarà facile da "guidare": non credo sarà così, Cevenini sa benissimo cosa fare e lo farà, vista anche la debolezza di quello che ha intorno. Peccato che nessuno sappia ancora cosa vuole fare.
Speriamo che sia, ancora una volta, il mio inguaribile pessimismo.

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