sabato 26 febbraio 2011

Considerazioni libere (210): a proposito di principi e di Costituzione...

Alcuni giorni fa ho acquistato l'edizione italiana di "Indignatevi!", il fortunato pamphlet scritto da Stéphane Hessel. Visto che il testo, per altro molto breve - poco più di venti pagine - era già stato ampiamente riassunto e commentato dalla stampa europea e italiana, ho comprato il libro non tanto perché fossi curioso di leggerlo, ma come un gesto di testimonianza. Mi piacerebbe che anche in Italia questo libretto diventasse un caso editoriale, come è accaduto in Francia, e ho dato il mio modesto contributo. La vita di Hessel è già da sola un manifesto politico del Novecento e la sua invettiva ha una forza incredibile, proprio perché viene da un uomo che ha vissuto, da protagonista, la storia europea dalla seconda guerra mondiale a oggi. Hessel mantiene una sua dignità perfino quando indossa, come è avvenuto di recente in un comizio improvvisato davanti a migliaia di studenti universitari parigini, un cappello frigio, che adesso associamo più ai puffi che ai rivoluzionari dell'89.
Hessel chiede ai giovani di indignarsi di fronte ai mali del mondo e questo è sacrosanto: in fondo, come ho già scritto diverse volte, quello che sta succedendo nell'Africa settentrionale è proprio il frutto dell'indignazione, ormai non più repressa e non più contenibile, dei giovani di quei paesi. Dato che l'indignazione da sola non è sufficiente, Hessel prova a indicare una via per indirizzare questa sacrosanta voglia di ribellione e cita la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui è stato peraltro uno degli estensori manuali. Inizialmente questa proposta mi è parsa un po' debole. Ho pensato che la Dichiarazione non può essere considerata un "testo di sinistra", tout court, perché è una summa di principi che deve essere accettata da tutti, indipendentemente dalle idee politiche di ciascuno.
Poi ho pensato a quello che sta succedendo in Tunisia, in Egitto, in Libia e mi sono reso conto che Hessel ha perfettamente ragione. I principi enunciati nella Dichiarazione di Parigi sono ogni giorno messi in discussione e serve quindi tutto il nostro impegno non solo per difendere i diritti già acquisiti, ma soprattutto per rendere effettivi quei diritti che ora sono tali solo sulla carta.
Qualcosa del genere succede anche in Italia, a proposito della nostra Costituzione. Difendere la Costituzione non può essere considerato l'esercizio retorico di qualche vecchio intellettuale, ma è una necessità viva di ciascuno di noi, soprattutto di chi si ostina a lottare perché si affermino i principi del progresso. Confesso - per inciso - che a me la parola "progressisti" è sempre piaciuta, poi abbiamo smesso di usarla perché è stata utilizzata in una campagna elettorale sfortunata, ma continuo a trovarla piena di significato.
Provo a fare un esempio dell'attualità della Costituzione e di quanto sia necessario difenderla. In questi giorni il mondo politico e dell'informazione parla, come al solito, di altro e sembra che si occupi soltanto dei passaggi da un gruppo parlamentare all'altro di personaggi di quarta e quinta fila, eppure sotto tutto questo fumo tossico e diversivo, sta anche cuocendo l'arrosto. Infatti è in discussione alla Camera la cosiddetta legge sul fine vita, che snatura profondamente un principio costituzionale, contenuto in quella Parte prima che tanti si affannano a dichiarare intangibile. La Costituzione si cambia non solo con gli emendamenti, ma anche svuotandone i principi. Il secondo comma dell'art. 32 della Costituzione infatti dice:
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

La Costituzione in sostanza difende il diritto di ciascuno di noi di scegliere come curarsi e anche se curarsi. La legge attualmente in discussione in pratica decide che tale diritto si perde quando la persona non è in grado di intendere e di volere e soprattutto quando è in imminente pericolo di vita. Per riassumere: quando sono sano ho un diritto, che perdo quando mi ammalo, che paradossalmente è proprio il momento in cui mi servirebbe di più. La legge in discussione ammette che un cittadino, quando è ancora in grado di intendere, possa esprimere, in maniera ufficiale, la propria volontà su come essere curato - o non essere curato - nel momento estremo e possa anche decidere di nominare una persona di sua fiducia per prendere questa decisione, comunque difficile. Ma la stessa legge dice poi che tale dichiarazione di volontà esprime soltanto un orientamento, di cui il medico può anche non tenere conto, e che anche la decisione della persona nominata come "tutore" ha un valore inferiore rispetto a quella del medico. Così, anche se io ho espresso, in maniera ufficiale, la volontà di non essere alimentato forzatamente, nel momento in cui questo fosse il mio unico legame con la vita biologica, e anche se mia moglie, con cui ho condiviso gran parte della mia vita, che mi conosce, con cui ho affrontato un tema così intimo e personale - con tutte le implicazioni di carattere etico e religioso che comporta - decide che questa è la scelta più opportuna da fare, perché io l'ho nominata mio "tutore", nel caso in cui io perda la coscienza e sia in pericolo di vita, un medico che non mi conosce può prendere una decisione completamente opposta, perché la legge, questa legge, gli ha assegnato un tale potere. In parlamento esiste una maggioranza ampia che sostiene questa legge: tutto il centrodestra, i partiti del cosiddetto "terzo polo" e anche parte del centrosinistra. Nel paese ci sono forze consevatrici che sostengono questa legge, prima di tutto le gerarchie ecclasiastiche che, hanno chiuso entrambi gli occhi di fronte ai peccati del presidente del consiglio, pur di portare a casa questa legge, che segna un oggettivo passo indietro rispetto alle libertà individuali. Questa legge passerà non solo per la forza dello schieramento che la sostiene, ma anche per la debolezza e il timore di quello che teoricamente la dovrebbe avversare. Personalmente considero questa legge un tradimento dei principi costituzionali e spero che la magistratura possa intervenire, in attesa che cresca una coscienza popolare sul tema.
Del tentativo di modificare l'art. 41 della Costituzione ho già parlato - nella "considerazione" nr. 122, per la precisione - e non voglio tornare sul tema.
Al punto in cui siamo arrivati, con gli attacchi violenti che il fronte conservatore e di destra sta portando ai nostri diritti, lo schieramento di centrosinistra dovrebbe attenersi ai principi della Costituzione. Il programma è già scritto, non serve un libro lunghissimo, come quello di 400 pagine scritto dai partiti dell'Unione nel 2006, o una carrellata di immagini e suggestioni, come quella proposta da Veltroni nel 2008; basta che prendiamo la nostra Costituzione e con quello facciamo la campagna elettorale. Magari rischiamo di vincere.

1 commento:

  1. È molte importante questa tua riflessione. A volte sembra che il dibattito politico si fossilizzi su questioni poco interessanti, per evitare che le persone si accorgano di quello che effettivamente la politica sta facendo. Non dico che si tratti di una strategia preordinata, ma sembra così.
    Mi viene da ridere e piangere quando sento Berlusconi che si atteggia a difensore della morale cristiana... e meno male che i moralisti sono alti. Possibile che nessuno s'indigni contro la sua doppiezza, la sua ipocrisia, la sua spregiudicatezza?

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