domenica 27 marzo 2011

da "Centuria" di Giorgio Manganelli

Ventotto

Eccitato da un inconsueto e assurdo disegno di nuvole all'alba, l'Imperatore giunse in Cornovaglia; ma il viaggio era stato così laborioso, così tortuoso ed erroneo, che egli aveva un ricordo assai impreciso del luogo da cui era partito. Era partito con tre scudieri e un uomo di fatica; il primo scudiero era fuggito con una zingara, dopo una disperata discussione con l'Imperatore durante una notte fitta di fulmini; il secondo scudiero s'era innamorato della peste, e per nessun motivo volle abbandonare un villaggio devastato dalla moria; il terzo scudiero s'era arruolato nelle truppe dell'imperatore successivo, e aveva cercato di assassinarlo; l'Imperatore era stato costretto a considerarlo condannato a morte, e finse di eseguire la sentenza tagliandogli il collo con il dito mignolo; poi entrambi risero, e si salutarono. L'uomo di fatica rimase con l'Imperatore. Erano tutt'e due silenziosi, malinconici, consapevoli di perseguire un obiettivo non tanto improbabile quanto irrilevante, avevano idee metafisiche assai imprecise, e quando incontravano un tempio, una chiesa, un santuario, non entravano, giacché, per motivi diversi, erano certi di incontrarvi solo menzogna, equivoci, disinformazione. Quando furono arrivati in Cornovaglia, l'Imperatore non negò il suo disagio: non capiva la lingua, non sapeva che fare, le sue monete venivano esaminate con cura sospetta da villani diffidenti. Voleva scrivere a Palazzo, ma non ricordava l'indirizzo; un Imperatore è l'unico che può, o deve ignorare il proprio indirizzo. L'uomo di fatica non aveva problemi, stare con l'Imperatore disorientato era l'unico modo per conoscere l'orientamento. Col passare del tempo, la Cornovaglia si aperse al traffico dei mercanti e dei turisti: e un professore di storia di Samarcanda (Ohio) riconobbe il profilo dell'Imperatore, che ormai passava le sue giornate al pub, servito dal suo taciturno uomo di fatica. La voce che l'Imperatore era in Cornovaglia si diffuse rapidamente, e sebbene nessuno sapesse né che mai fosse un Imperatore né di quale parte del mondo, la cosa lusingò gli indigeni. La birra gli venne passata gratis. Il villaggio che lo ospitava inserì una sua moneta nello stemma. L'uomo di fatica ebbe un generico titolo nobiliare, e l'Imperatore, che ormai parla un poco la lingua del luogo, sposerà tra qualche giorno la bella figlia di un guerriero depresso, ora ha l'orologio e mangia pasticcio di mele; dicono che alle prossime elezioni sarà candidato liberale, e perderà con onore.

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