sabato 16 aprile 2011

Considerazioni libere (221): a proposito degli occhi delle donne...

Raccontano molto gli occhi delle donne. La "considerazione" di oggi parte proprio dagli occhi delle donne, da quegli occhi che rischiano di diventare oggetto di una contesa ideologica, in cui le donne non c'entrano proprio nulla.
Alcuni giorni fa in Francia è entrata in vigore la legge, fortemente voluta dal presidente Sarkozy, che vieta alle donne di religione musulmana di indossare vesti e veli che, lasciando vedere soltanto gli occhi, impediscono il riconoscimento della persona. Per inciso, quando ancora Sarkozy era un "amico", questa legge fu osannata dai quotidiani della destra clerical-legofascista, come Il Giornale, Libero e Il Foglio. Al di là delle urla della Santanché e di Ferrara, si tratta di un principio elementare, di convivenza democratica: tutti devono rendere conoscibili le proprie generalità in un luogo pubblico. Si tratta quindi di una legge giusta, anche se motivata in modo sbagliato. Infatti il presidente francese, nel tentativo - che per il momento, visti i sondaggi, sembra vano - di togliere voti al "Front national" della famiglia Le Pen e di assecondare la parte più retriva e conservatrice della società transalpina, ha puntato tutto sulla paura del diverso, sulla difesa dell'identità nazionale e dei valori cristiani, minacciati dall'islamismo, insomma su quello spirito di crociata che qui in Italia purtroppo conosciamo fin troppo bene. Il problema non è quello che sotto il burqa si potrebbe - condizionale, tempo della possibilità - nascondere una terrorista, ma quello che sotto quella veste tradizionale c'è - presente indicativo, tempo della realtà - una donna senza diritti. Ma questo interessa meno ai buoni e timorati padri di famiglia francesi e italiani. E figurarsi se i diritti delle donne possono interessare alla Santanché.
Naturalmente, con l'entrata in vigore della legge, Parigi si è riempita di manifestanti che hanno protestato contro una legge che hanno detto, di volta in volta, che è illiberale, che nega i diritti delle minoranze, che attenta alla libertà religiosa. Nei cortei parigini si sono distinte, per impeto e violenza degli slogan, le francesi convertite all'islam - bisogna sempre aver paura degli apostati, anche in politica - la cui esperienza, per quanto possa essere rispettabile sul piano intellettuale e spirituale, è ben lontana da quella delle donne che sono invece costrette a portare il velo integrale.
La cosa importante è non lasciare questa discussione alla mercé di due minoranze - io mi auguro che siano ancora tali - in una logica di contrapposizione simbolica, che ha poco da spartire con il sentimento religioso e che non si cura assolutamente di quello che pensano le donne. Non lasciamo che siano questi estremismi a decidere sul destino degli occhi delle donne. Nessuno, né tra coloro che alimentano la paura del diverso o, per restare in Italia, i teorici del "fora di bal", né tra i libertari senza se e senza ma, ha mai guardato negli occhi quelle donne, cercando di capire cosa pensano, come immaginano il futuro per sé, per i propri figli e per le generazioni che verranno molti anni dopo di loro.
Affinché queste minoranze non prevalgano, occorre che le maggioranze di buon senso, sia nei paesi cosiddetti occidentali sia in quelli cosiddetti islamici, facciano sentire con forza la propria voce. Coloro che si rendono conto che la nostra società sarà inevitabilmente multiculturale - o meglio interculturale, secondo la distinzione di cui ho parlato nella "considerazione" nr. 207 - devono denunciare senza riserve sia lo spirito di crociata sia le conseguenze di una pratica, quella di portare il velo appunto, che, vietando a una donna di mostrare la propria identità, viola la dignità della persona, prima ancora di quella della donna, negando ogni minimo criterio di civile convivenza. I musulmani che non si riconoscono nell'integralismo - verrà un Vaticano secondo anche per l'islam prima o poi - i laici arabi e mediorientali, sia che vivano ancora nei propri paesi sia che vivano in Europa, devono difendere la libertà e la dignità delle donne, di tutte le donne, orientali ed europee. E soprattutto di questo processo devono essere protagoniste le donne - loro sì sono maggioranza - per definire e sostenere insieme i propri diritti. E noi uomini dobbiamo essere al loro fianco.
Chi mi legge con un po' di costanza sa che in genere non sono ottimista, oggi vorrei fare un'eccezione. Ogni giorno, in treno, mentre vado al lavoro, mi capita di vedere ragazze e ragazzi che vanno a scuola. Tra di loro ci sono diversi stranieri. Indipendentemente dal nome che portano, dal luogo in cui sono nati, dal colore della loro pelle, sono davvero tutti uguali, forse perfino troppo omologati, visto che hanno identici modelli, gli stessi calciatori, le stesse popstar, le stesse stelle e stelline. Il cammino è lungo e avrà anche dei momenti drammatici - non possiamo dimenticare il tragico destino di Hina - ma il futuro è il loro e loro hanno già imparato, molto più di noi, ad avere compagni che si chiamano Mohamed e compagne che si chiamano Fatìma. E Fatìma non ha nessuna voglia di portare il velo e di nascondere il suo bel viso.

p.s.
non possiamo dimenticare che questa settimana gli occhi di due donne si sono chiusi per sempre, tentando di raggiungere l'Italia; a queste donne dovremmo pensare, ogni giorno...

p.s. 2
ho letto questa mattina una bella storia sul Corriere della sera, in cui le "maggioranze" di cui ho parlato prima hanno salvato una ragazza...

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