venerdì 2 marzo 2012

"Efeso" di Georgos Seferis


Parlava seduto su un marmo
simile a rovina d’antico portale:
sterminato e vuoto a destra il campo
a sinistra scendevano le ombre dal monte:
"La poesia è ovunque. La tua voce
a volte incede al suo fianco
come il delfino che per poco ti accompagna
vascello d’oro nel sole
e poi scompare. La poesia è ovunque
come le ali del vento nel vento
che per un attimo hanno sfiorato le ali del gabbiano.
Uguale e diverso dalla nostra vita, come cambia
il volto di una donna che si è spogliata,
e tuttavia rimane uguale. Lo sa
che ha amato: alla luce degli altri
il mondo implode: ma tu ricorda
Ade e Dioniso sono la stessa cosa".
Disse e imboccò la grande strada
che mena al porto di un tempo, ora inghiottito
laggiù fra i giunchi. Il crepuscolo pareva
per la morte di un animale,
così nudo.
Ricordo ancora:
viaggiava sulle coste della Ionia, in vuote conchiglie di teatri
dove solo la lucertola striscia sull’arida pietra,
e io gli chiesi: "Un giorno torneranno a riempirsi?"
E mi rispose: "Forse, nell’ora della morte".
E corse nell’orchestra urlando:
"Lasciatemi ascoltare mio fratello!".
Ed era duro il silenzio attorno a noi
e non rigato nel vetro azzurro.

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