venerdì 1 giugno 2012

Considerazioni libere (285): a proposito di terremoti, di domande e di feste...

Qualche riflessione sul terremoto e su come il nostro paese ha reagito a questa calamità.
Il primo elemento è la capacità di mobilitazione che ancora una volta hanno saputo mostrare gli italiani. Leggo che il sindaco di Mirandola ieri sera ha chiesto di sospendere l'invio al suo territorio di generi alimentari e di prodotti farmaceutici, perché i volontari del suo Comune non sono più in grado di gestire tutti gli aiuti arrivati, che finirebbero per essere inutilizzati; aveva fatto un appello solo poche ore prima, a cui è stato risposto in modo generoso e con queste conseguenze. Vedo nella rete che si moltiplicano i gruppi di acquisto per aiutare i caseifici che hanno subito danni e rischiano di perdere anni di lavoro. Leggo le disponibilità di strutture e singole famiglie a ospitare le persone che non hanno più una casa. Questa capacità di mobiltarsi e questa voglia di solidarietà - tanto più meritoria in un periodo di dura crisi come quello che stiamo vivendo - ormai non dovrebbero più sorprenderci, perché sono ricorrenti nella storia italiana, eppure credo sia giusto sottolinearli perché noi italiani siamo bravi a rappresentare i nostri difetti, basti pensare ai grandi film della commedia all'italiana. Molte volte lo meritiamo ed è giusto fare le critiche, ma è altrettanto giusto notare i meriti, almeno le poche volte che ci sono.
Il secondo elemento è la mobilitazione che è partita dalla rete per chiedere di sospendere la parata militare e i festeggiamenti del 2 giugno. Su questo tema voglio soffermarmi un po'. Sinceramente, fin dalle prime ore in cui è cominciata a crescere questa campagna attraverso il web, questo tema sull'opportunità o meno di svolgere la parata non mi è sembrata la questione più importante di cui parlare dopo questo terremoto. L'indignazione che molti hanno speso, con toni più o meno accorati, con accenti più o meno polemici, sarebbe stata più utilmente indirizzata contro coloro che sono i veri responsabili delle troppe morti causate da questo terremoto. L'ho scritto a caldo su Twitter: un terremoto - o addirittura due terremoti nello stesso posto, come è avvenuto in questi giorni - sono una fatalità, ma le morti hanno dei responsabili che sarebbe giusto cercare e punire. Perché alcuni - e solo alcuni - capannoni industriali costruiti dieci anni fa si sono letteralmente sbriciolati a causa del sisma? Chi ha guadagnato grazie ai risparmi per quel lavoro mal fatto, le imprese di costruzione o gli imprenditori che hanno acquistato quei capannoni? C'è una responsabilità di qualche altro "soggetto", ad esempio le imprese mafiose sempre più presenti nel nostro territorio e che assicurano alle imprese servizi a costi molto bassi? Chi non ha controllato come venivano realizzate quelle strutture e magari chi ha chiuso uno o due occhi nel nome della crescita e della produttività di quel territorio? Chi ha permesso che in alcuni di quei capannoni dopo il primo terremoto si tornasse a lavorare, senza aver fatto tutte le verifiche che sarebbero state necessarie? Quando giustamente denunciamo che da molti anni l'ideologia dominante e vincente è l'ultraliberismo più sfrenato, il capitalismo rapace, non dobbiamo pensare solo ai maghi della finanza che da Wall street maneggiano in pochi secondi milioni di dollari e di euro, ma anche a quei piccoli imprenditori e a quei politici che, magari convinti di fare il bene delle loro imprese e dei loro concittadini, misurano la crescita di un territorio solo attraverso i dati del pil. Poi con la stessa foga avremmo dovuto indignarci contro tutti quelli che non hanno tutelato il nostro patrimonio culturale diffuso. In tanti ci siamo arrabbiati per la scellerata decisione del prefetto di Roma e della "ducetta" Polverini di aprire una discarica a meno di un chilometro da Villa Adriana, ma è facile indignarsi e dimettersi - o più prudentemente minacciare di dimettersi - per un capolavoro del genere, unico al mondo, molto più difficile farlo per il castello di Finale o per la chiesa di Buonacompra, simili a tanti altri castelli o a tante altre chiese che si trovano in Italia, da nord a sud, nelle città e nelle campagne. Io credo - e spero che questa tesi non suoni troppo paradossale - che per il nostro paese siano più importanti queste chiese, questi palazzi, questi piccoli capolavori che le quattro o cinque eccellenze per cui siamo conosciuti in tutto il mondo; la nostra ricchezza, la nostra storia, la nostra memoria, sta in questa presenza diffusa. Allora proviamo a indignarci per i lavori di restauro non fatti, per le incurie sistematiche, per l'incapacità di utilizzare e valorizzare queste risorse. Anche qui l'ideologia dominante è quella mirabilmente sintetizzata da un ministro del precedente governo che disse che con la cultura non si mangia; Tremonti disse con la consueta superbia e senza ipocrisia quello che pensa - e ha pensato - la grandissima parte della classe dirigente italiana in questi sessant'anni di vita repubblicana. Come vedete i motivi per arrabbiarsi per quello che è successo a causa del terremoto, ma per colpa degli uomini, sono molti e pongono domande a cui sarebbe necessario cominciare a dare delle risposte, se volessimo essere un paese degno di questo nome.
Al di là di quello che penso io, in questi giorni l'attenzione si è tutta spostata sulla parata e, a questo punto, è necessario parlarne. Anche su questo ho già detto: credo che il presidente Napolitano abbia commesso un errore grave a non ascoltare una voce diffusa nel paese. Io ho avuto stima per Napolitano, per la sua storia politica, per la sua cultura, per la capacità con cui è intervenuto, da presidente, su alcune questioni centrali nella nostra storia, ad esempio la strage di piazza Fontana e gli anni della strategia della tensione. La mia stima è rimasta anche quando ho dissentito profondamente dalle sue scelte politiche; Napolitano ha fatto in questi ultimi mesi politica attiva, promuovendo una nuova maggioranza di larghe intese e scegliendo un governo che ne interpretasse lo spirito. Ha preso decisioni che non ho condiviso e non condivido assolutamente - come ho scritto più volte - ma è rimasto il "mio" presidente. Questa volta però non riesco a seguirlo, non c'è più neppure la stima. La questione non c'entra nulla con il tema delle spese e dei possibili risparmi: perfino se fosse costato di più annullare tutto, sarebbe stata la scelta migliore. La soluzione per salvaguardare il senso dello stato e il sapersi riconoscere negli uomini e nei simboli della nazione unita, come ci chiede Napolitano in questo 2 giugno, sarebbe stata quella di organizzare una piccola - o sobria, come ormai si dice adesso - manifestazione a Ferrara o a Modena oppure a L'Aquila, se proprio si temeva di intralciare il lavoro dei soccorritori, andando nella zona dell'epicentro. Napolitano forse ricorderà che il Pci nell'agosto del 1980 decise di spostare la Festa nazionale dell'Unità già in cantiere in un'altra città proprio a Bologna, perché c'era stata la strage della stazione; fu una festa sobria, un eufemismo per dire che fu una festa triste in una città profondamente ferita, ma fu un segnale importante di vicinanza. E' doveroso avere rispetto per lo stato e per le istituzioni, lo pretende la Costituzione e ce ne hanno dato l'esempio le generazioni che ci hanno preceduto, ma il rispetto bisogna anche conquistarselo e meritarselo. Le istituzioni di questo paese non ci sono più abituate e questa scelta di Napolitano ne è l'ennesima conferma. Non potete chiederci di avere rispetto per lo stato se è lo stato che non rispetta noi, come è evidente non solo da questa sciocchezza della parata - su cui avremmo perfino potuto passare sopra - ma soprattutto dal fatto che L'Aquila e tanti paesi abruzzesi si trovano dopo tre anni nelle stesse condizioni in cui si sono risvegliati dopo quella tragica notte o dalle mancate risposte alle domande che ho posto prima. Saremmo contenti, anche noi disfattisti, antipatrioti, militanti anti-sistema, mezzi anarchici - come ci hanno definito in questi giorni i "bravi cittadini" che vogliono la parata (compreso il Pd ovviamente, che ha perso un'altra, l'ennesima occasione) - di poter festeggiare questa disastrata repubblica. E la festeggeremo, a modo nostro: non la lasceremo festeggiare solo a voi, con i vostri discorsi e con la vostra sobria parata.

2 commenti:

  1. Luca, mi trovi d'accordo con quanto hai scritto.
    Una perpetua coincidenza accomuna tutte le avversità naturali in Italia. L'immediata, spontanea e concreta solidarietà del popolo italiano a chi è colpito da terremoti od innondazioni e la lentezza condita da inefficienza ed inefficacia di chi è preposto alle ricostruzioni.
    Un abbraccio
    Raffaele

    RispondiElimina
  2. Come spesso succede, queste tragedia mostrano sia il bello (la solidarietà) che il brutto dell'Italia. E sono d'accordo sul fatto che le istituzioni il rispetto debbano meritarselo

    RispondiElimina