venerdì 19 aprile 2013

Considerazioni libere (356): a proposito di una cosa incomprensibile...

Quando Bersani ha annunciato - con enfasi malaugurante - che Franco Marini sarebbe stato il candidato di Pd, Pdl e Scelta civica per la presidenza della Repubblica la mia prima reazione è stata di sgomento; a dire la verità, ci è voluto un po' di tempo per riprendermi. Poi ho cercato di spiegare quello che in apparenza era per me incomprensibile.
C'è una spiegazione semplice e, in genere, le spiegazioni più semplici sono anche quelle giuste. Bersani, di fronte all'alternativa se tentare l'ignoto, accettando di votare il candidato - peraltro ottimo - proposto in maniera unilaterale, e non senza arroganza e malizia, dal Movimento Cinque stelle, oppure battere la strada già conosciuta, per quanto accidentata, dell'accordo con i partiti "tradizionali", ha preferito questa seconda soluzione, perché - come per lo scorpione del celebre apologo - questa è la sua natura. Questa soluzione sta tutta dentro un'ottica culturale che vede solo nei partiti i detentori della capacità di proposta politica; è la stessa idea di fondo che ha spinto Napolitano a fare un parallelo - che a molti è parso anacronistico - con quanto avvenuto in questo paese nel '76, quando però c'erano la Dc e il Pci. Certamente Marini - più di Rodotà - era l'uomo adatto, per storia e per formazione, per difendere questa impostazione politica e culturale. Questa è la spiegazione più semplice e probabilmente - ripeto - quella corretta. Ma non è la più convincente, almeno per me.
Sappiamo benissimo quello che è successo dopo che c'è stato l'annuncio della candidatura di Marini, ma proviamo per un momento a pensare cosa sarebbe successo se mercoledì sera al Capranica Bersani avesse annunciato che l'indomani il Pd avrebbe votato per Rodotà. B. avrebbe immediatamente scatenato i suoi uomini e i suoi giornali avrebbero cominciato una campagna di stampa terribile contro Rodotà; a questo probabilmente Bersani e il Pd avrebbero resistito, ma ci sarebbero state forti tensioni nel paese. Ma per Bersani sarebbe stato più difficile resistere alla campagna organizzata dai sostenitori delle "larghe intese", che sarebbe cominciata con altrettanta rapidità; l'editoriale del Corriere di giovedì, a firma di uno dei cerchiobottisti storici di via Solferino, avrebbe deplorato questa scelta del Pd, chiedendo di non escludere il terzo del paese rappresentato dal centrodestra. Questo eterogeneo partito, che abbiamo visto all'opera in questi mesi, guidato da Napolitano e da Monti, è debolissimo sul piano elettorale, ma molto forte su quello politico e avrebbe preso con rapidità le sue contromisure; Draghi avrebbe cominciato a svendere titoli di stato italiani, le agenzie di rating avrebbero ulteriormente declassato il paese e così via. All'annuncio di Bersani un pezzo del Pd avrebbe scatenato la rivolta, Fioroni avrebbe minacciato per l'ennesima volta di dimettersi e Renzi si sarebbe messo a capo di questa fronda, numericamente consistente, nel nome della responsabilità nazionale e della necessità di trovare un presidente di garanzia per il paese. Bersani sarebbe stato accusato di aver fatto l'accordo con Grillo soltanto per avere l'incarico di formare il governo, anteponendo il suo interesse a quello del paese. Se convenite con me su questa possibile evoluzione, proviamo allora a fare un'ulteriore ipotesi. Bersani, consapevole di questo possibile scenario, ha fatto quello che nessuno si aspettava da lui, anche perché fino al giorno prima aveva dichiarato la propria indisponibilità a fare un qualsiasi accordo di governo con B. e con i suoi; ha candidato Franco Marini, insieme a B., sapendo di mettere in gioco non solo la propria possibilità di diventare presidente del consiglio, ma la propria stessa reputazione, accettando perfino l'onta di essere chiamato traditore. Capisco che questa ipotesi può sembrare a qualcuno esageratamente letteraria - e infatti ha qualche richiamo borgesiano - ma delle due l'una: o Bersani è così stupido da non capire che il solo annuncio di un accordo tra Pd e Pdl avrebbe scatenato la rabbia degli elettori e degli eletti o ha fatto un calcolo, una scommessa molto rischiosa, che infatti ha perso, ma non solo per sua responsabilità. Bersani ci ha usati, ha usato la nostra ira, la nostra ferma volontà di non fare alcun accordo con il centrodestra; ha voluto dimostrare, drammatizzando la situazione, che la soluzione della "larghe intese" non era praticabile. E' andata davvero così? Non lo so, forse la spiegazione giusta è davvero la prima e questa seconda ipotesi è soltanto il frutto di una mia fantasia. Magari un giorno, quando gli sarà passata l'incazzatura, ce lo spiegherà lui cosa è successo in questi giorni convulsi.
Credo che neppure lui - e neppure un detrattore del Pd come me - si sarebbe immaginato quello che è successo in queste ultime ore, ossia l'implosione di quel partito. Lo ripeto, a scanso di equivoci: io, che pure ho scritto più volte che speravo - e spero - nella nascita di due nuovi partiti dalla fine dell'esperienza del Pd, non sono contento di questa situazione. Penso che inevitabilmente c'erano questioni che dovevano emergere, nodi da risolvere, problemi troppo a lungo rimandati; ma questo è stato il modo peggiore di farlo. A parte l'amicizia con tante persone che hanno fatto la scelta di stare in quel partito, io credo che senza una parte delle tantissime energie che ci sono nel Pd sia impossibile ricostruire in Italia una grande forza socialista; penso ai tanti volontari che ci sono ancora, ai moltissimi bravi amministratori locali, ai nuovi parlamentari, giovani e donne, che sono stati eletti a fine febbraio e che si sono ritrovati - immagino - a disagio in questa faccenda. Adesso il Pd ha paradossalmente qualche chance in più. Si è liberato - spero - di una generazione di "padri nobili". Deve però evitare di cadere nella trappola tesa da Renzi, che si è mosso in tutta questa partita davvero in maniera spregiudicata: dopo aver criticato Bersani per il suo immobilismo, per aver guardato con eccessivo slancio al Movimento Cinque stelle, si è buttato nella critica - con toni anche ingenerosi - verso Franco Marini, quando ha capito che da quella critica poteva trarne dei vantaggi personali. Questo è il modo peggiore di fare politica. Personalmente penso che i parlamentari del Pd che lo vorranno adesso abbiano la possibilità di rimettersi in connessione con una parte consistente del loro elettorato votando per Stefano Rodotà alla presidenza della Repubblica. Poi si comincerà a lavorare, lentamente, un passo dopo l'altro.

1 commento:

  1. probabilmente la tua analisi è giusta ...condivido il voto a Rodotà ... miriesce difficile capire come si possa sulle macerie di guerra civile costruire qualcosa di positivo...non so con che faccia domani si presenteranno al voto chi abbiamo eletto... questo mi preoccupa..far passare un altro giorno di scheda bianca mentre cè gente che si suicida per indigenza... sono molto amareggiata

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