sabato 4 maggio 2013

Considerazioni libere (360): a proposito dei greci (e anche di noi)...

Il fatto che non si parli più della Grecia non significa che i problemi di quel paese siano risolti: tutt'altro. E' naturale che "loro" non parlino volentieri di quel paese, così come un medico tende a non vantarsi di un paziente che, nonostante tutte le medicine che gli sono state somministrate, continua ostinatamente ad aggravarsi; anzi in questo caso sono proprio le cure di questo medico presuntuoso e arrogante a portare alla morte il paziente. La cosa non è molto rassicurante, tanto più sapendo che lo stesso medico ha in cura anche noi. Per ora la Grecia serve ai governi di centrodestra dell'Italia e della Spagna per poter dichiarare di essere i penultimi nelle classifiche della crisi. Ci dicono infatti i nostri governanti e i loro prezzolati corifei: "certo la disoccupazione è alta, ma mai come in Grecia, certo lo spread è alto, ma mai come in Grecia", e così noi dovremmo stare tranquilli. In questo modo si rassicura un paese che invece è condotto diritto al precipizio: i greci hanno avuto soltanto la sfortuna di caderci per primi. Però anche noi "sinistri sparsi" - o "esodati della politica", per usare una bella espressione di Marco Revelli - abbiamo delle responsabilità in questo oblio della situazione greca: ci siamo così avvitati nel dibattito intorno alle cose italiane, che ci siamo dimenticati di quello che succede in quel paese vicino, i cui abitanti stanno oggettivamente peggio di noi, anche se tra poco tempo li raggiungeremo.
Cercando nella rete però qualche notizia si trova. Io ne ho raccolte alcune e ve le riporto, cercando di offrirvi un'istantanea di quello che succede in quel paese a noi così vicino e caro.
Forse avete visto anche voi le immagini della distribuzione di cibo in piazza Syntagma da parte di Alba dorata; mi ha colpito la massa di persone in fila per avere un sacchetto di patate, una confezione di sei uova e un pezzo di pane dolce per la festa della Pasqua ortodossa. La miseria evidentemente fa paura e ti fa accettare anche l'umiliazione di dover esibire un documento, perché quel poco cibo era riservato soltanto a chi poteva dimostrare di essere un "vero" greco, escludendo quindi gli stranieri. La notizia ha avuto una qualche eco perché il sindaco di Atene ha avuto il coraggio di vietare quella manifestazione fascista e ha trovato dei poliziotti disponibili a far sgombrare la piazza; soprattutto fa meraviglia questa seconda cosa, visto che ormai i fascisti di Alba dorata sono maggioranza all'interno delle forze dell'ordine greche. Un parlamentare di quel partito ha in seguito minacciato il sindaco, entrando armato nel municipio di Atene. Al punto in cui sono arrivate le cose in Grecia, l'intervento del sindaco, pur animato da buone intenzioni, finisce per favorire Alba dorata, perché la gente continua ad avere fame e alle prossime elezioni si ricorderà di chi ha dato loro un pezzo di pane. In Italia non c'è ancora un movimento fascista di quelle dimensioni, ma questa vicenda dovrebbe un po' farci riflettere. Poco prima di diventare ministro, il presidente dell'Istat Giovannini ha spiegato che in Italia circa il 20% del pil è prodotto dall'economia non osservata, ossia da "attività legali prodotte in modo amministrativamente non corretto". Poi naturalmente c'è la criminalità organizzata che, secondo stime probabilmente prudenti - e comunque ovviamente difficili da controllare - produce da sola un altro 20% di pil, costituendo di fatto la prima attività economica del nostro paese. Quindi in Italia, se non ci sono le file di persone davanti ai camioncini di un qualche partito populista è anche "merito" della criminalità organizzata e delle attività illegali, che in qualche modo assicurano un reddito, per quanto ridotto, a una bella percentuale di nostri concittadini. Ovviamente questo welfare mafioso non è a buon mercato, ma la miseria appunto fa paura, a ogni latitudine. Forse non è un caso che in questa crisi politica - molto simile a quella vissuta vent'anni fa dal nostro paese - la mafia abbia mantenuto un profilo molto basso, a differenza appunto con quello che è successo in quel delicato passaggio storico, quando intervenne in maniera molto pesante nel dibattito politico, con gli omicidi, con le stragi e con le trattative. Questa volta la criminalità organizzata ha preferito il silenzio, perché probabilmente questa è la strategia a lungo periodo vincente. Peraltro io ho trovato grave che nel lungo ed enciclopedico discorso programmatico di Letta, dove hanno trovato spazio i temi più disparati, la lotta alla criminalità organizzata sia stata citata una volta sola, inserita in maniera superficiale, in un inciso, con un po' meno enfasi della lotta contro l'obesità. Come se qualcuno fosse preoccupato che la fine della criminalità organizzata faccia finire anche il sistema di welfare da essa organizzato, rendendo ancora più evidente la crisi italiana. Se così fosse perfino il tema della trattativa del '92 finirebbe per essere superato dagli eventi.
Torniamo in Grecia. Per chi vuol fare affari questo è un momento davvero propizio. Nel "monopoli" organizzato dalla troika con i beni dei cittadini greci i prezzi sono particolarmente vantaggiosi: la società petrolifera costa mezzo miliardo di euro, l'aeroporto di Atene 700 milioni, tutti gli aeroporti regionali - hanno fatto un "pacchetto" per rendere più allettante l'offerta - 400 milioni, la lotteria di Stato 550 milioni. L'emiro del Qatar si è comprato l'arcipelago delle Echinadi - vicino a Itaca - per poco più di 8 milioni. I tecnici del Fondo monetario internazionale, che hanno l'incarico di spiegare ai loro colleghi greci come si fa a "valorizzare" il patrimonio pubblico, hanno insistito affinché gli scavi archeologici, le foreste e tutti gli altri beni naturali e demaniali fossero inventariati, per il momento con un valore simbolico. Tutti escludono che si possa vendere il Partenone. Per ora. Anche perché prima dei ruderi ci sono cose su cui si può guadagnare, da subito. Il governo greco ha bandito la gara per la vendita del 51% della società che gestisce il servizio idrico a Salonicco, sperando di ricavarne 80 milioni di euro. Dal momento che ogni anno questa società ne incassa circa 20 milioni, questa vendita pare un affare, a cui sono interessati i due colossi francesi del settore, Suez e Veolia, che infatti hanno già incontrato i ministri greci, accompagnati dal presidente Hollande. Eldorado Gold è il nome evocativo che ha scelto una società canadese per acquistare un terreno demaniale nella penisola calcidica per 11 milioni di euro, proprio per avviare l'estrazione dell'oro. La popolazione ha protestato perché le attività inquinanti della miniera a cielo aperto avranno forti ripercussioni per l'ambiente e per le attività turistiche della zona. Non c'è stato spazio per il dialogo e infatti il governo ha inviato una squadra speciale di polizia da Atene per reprimere le proteste; in rete si trovano le testimonianze delle persone ferite durante una manifestazione del gennaio scorso. I conti però sembrano non tornare, infatti l'agenzia governativa incaricata di eseguire tutte queste vendite stima di incassare 7 miliardi di euro; una cifra considerevole, ma irrilevante di fronte ai 270 miliardi del debito greco. Credo che anche ai più ingenui e a quelli in buona fede nasca a questo punto il sospetto che gli interessi in gioco siano altri. Anche in questo caso forse noi italiani dovremmo cominciare a fare attenzione: appena si accorgeranno che anche noi potremmo avere qualcosa di bello da vendere, si faranno vivi. In questa ottica la battaglia sui beni pubblici, portata avanti tra gli altri da Stefano Rodotà, diventa un po' meno velleitaria e fuori dal tempo, come qualcuno vuol farci credere, non casualmente, in questi giorni. E, per inciso, in queste condizioni e di fronte a questi famelici appettiti, sarebbe stato utile avere come presidente della Repubblica un uomo come Rodotà e non uno come Napolitano, succube di qualsiasi stormir di fronda che venga da Francoforte e da Washington.
Ammalarsi in Grecia è diventato un problema piuttosto serio, perché il servizio sanitario non è più gratuito e garantito a tutti e negli ospedali ormai scarseggiano le medicine, anche perché le multinazionali del settore, come Roche e Novartis, le forniscono solo se c'è il pagamento anticipato. Il terzo aggiustamento strutturale dettato dalla troika e ratificato dalle autorità greche ormai commissariate - anche questo, non so perché, mi ricorda qualcosa - prevede una riduzione delle spese sanitarie del 20% e altri tagli per 13 miliardi di euro. Come è evidente siamo sempre lontani dalla quota di 270 miliardi. Nessuna di queste misure è in grado di sanare la situazione; in queste condizioni il fallimento è non solo inevitabile, ma di fatto è già avvenuto. Il sospetto - ma gli indizi sono ormai tanti da diventare una prova - è che si aspetti a dichiarare il fallimento, perché prima i grandi investitori internazionali vogliono comprarsi, a prezzi stracciati, le infrastrutture, le società pubbliche e i beni comuni, che possono essere valorizzati. Il tema a questo punto non è solo rinegoziare il debito - come sta continuando a fare il governo Samaras, insaponando la corda a cui verrà alla fine impiccato - ma cancellarlo. E farlo prima che la Grecia sia completamente spolpata. Naturalmente dire che il debito è illegale e quindi rifiutarsi di pagarlo sarebbe come dire che il re è nudo ed è considerato un atto da terroristi, da sovversivi, da pazzi anarchici. Eppure a questo punto è la sola soluzione per salvare la Grecia e, tra qualche mese, l'Italia. Fortunatamente per "loro" in Italia - come in Grecia - il pericolo è scongiurato. Il governo è saldamente in mano alle forze del centrodestra e i cosiddetti partiti del centrosinistra - il Pasok e l'ex-Pd - sono chiamati al compito della mosca cocchiera. Anche per questo della Grecia abbiamo bisogno di parlare ancora.

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