venerdì 6 settembre 2013

Considerazioni libere (377): a proposito di un congresso imminente...

Premessa necessaria: non scrivo questa "considerazione" per partecipare al dibattito congressuale dell'ex-Pd. Francamente non mi interessa che vinca uno o l'altro dei contendenti, tanto non cambierà la sostanza: chiunque lo guiderà rimarrà un partito di centro moderato. Personalmente spero che nasca qualcosa d'altro a sinistra, altrimenti mi asterrò dal votare. Intervengo per inveterato interesse a quello che succede nella politica italiana e soprattutto perché negli ultimi giorni pare che il giovane "Renzie" abbia finalmente "sfondato" in Emilia, in particolare tra il "popolo delle feste"; dato che qualcosa di quel mondo conosco - anche se è passato qualche anno da quando facevo quel mestiere - provo a dire la mia, semplicemente come persona informata dei fatti.
Leggo piuttosto assiduamente il blog di Stefano Menichini, il direttore di Europa, uno dei due quotidiani dell'ex-Pd, quello ereditato dalla Margherita di Rutelli e di Lusi. Mai sono d'accordo con lui, ma ne apprezzo la lucida faziosità democratica e soprattutto la mancanza di ipocrisia. Menichini non è uno di quelli che continuamente ripete che l'importante è stare uniti; lui interpreta in maniera radicale l'ideologia originaria di quel partito, quella di Veltroni: per questo ha sopportato a fatica la parentesi di Bersani e ora è pronto naturalmente a sostenere Renzi. In lui non c'è opportunismo: è la sua idea, da sempre. Nel post intitolato Emilia renziana fatica a trattenere l'entusiasmo; "ciò che conta - scrive tra l'altro - è aver trasferito su Renzi la legittimazione che gli eredi del Pci sentivano propria per diritto ancestrale". Io li conosco bene quelli come Stefano Menichini: loro lo odiano il Pci - almeno quanto Jake ed Elwood Blues odiano i nazisti dell'Illinois - e odiano le Feste dell'Unità, le hanno sempre trovate poco moderne e credo non sopportino neppure l'odore della torta fritta (o gnocco o crescentina, nelle sue varianti dialettali). Per quelli come loro il Pd sarebbe finalmente diventato il nuovo partito, vagheggiato come il Graal, quando quel mondo fosse finito; ci sono quasi riusciti. Per loro era necessario vincere qui, era la rivincita di una vita, il sogno orgasmico della loro intera esistenza.
Ora ci sono due aspetti di questa - pare irresistibile - ascesa del fiorentino in Emilia: uno è la conversione del gruppo dirigente, l'altro l'adesione spontanea e convinta di tanti militanti; vedremo se la maggioranza.
Parto dal primo punto, quello meno interessante. Ovviamente non parlo dei dirigenti cosiddetti "nativi democratici", perché sono troppo giovani per ricordare la storia della sinistra in questa regione e, in genere, l'hanno sentita raccontare da gente come Menichini: loro sono naturalmente renziani, in buona fede. Non gliene faccio una colpa, a meno che non sfruttino - come talvolta capita - quella storia per farsi belli, come la cornacchia con le piume del pavone. Vedo invece che sono diventati renziani tante persone, alcuni anche amici, che hanno militato - come me - nel Pci-Pds-Ds, più o meno brevemente, a seconda dell'età anagrafica. Si tratta, con tutta evidenza, di posizionamenti tattici, dal momento che tutti costoro sono stati convinti bersaniani fino all'altro ieri, dal segretario regionale a quello di Bologna, compreso il sindaco della mia ex-città. Spero che i renziani "puri" si guardino da costoro. In fondo questo passaggio segna il fatto che anche in Emilia il partito è diventato "normale", come in gran parte del paese. Ricordo che questa trasformazione del partito in comitati di "cacicchi" locali, variamente collegati con il centro, è cominciata da tempo in altre regioni, anche nel nostro partito. Magari ci fossero soltanto le correnti. Bassolino e De Luca hanno da sempre deciso la loro "posizione" all'interno dei Ds, uno rigorosamente opposto all'altro, a seconda delle vicende campane; leggo che adesso l'ex sindaco di Napoli sostiene Renzi, evidentemente perché il sempiterno sindaco di Salerno sostiene un altro candidato. Ricordo personalmente le lotte tra i capibastone dei Ds siciliani; una volta che scesi a Palermo per partecipare a un'iniziativa, invitato dal comitato regionale, mi fu impossibile incontrare qualcuno della federazione, visto che allora i due segretari erano ai ferri corti, per non so quale vicenda locale. Ecco adesso sono più o meno così anche in Emilia. Non me ne rallegro, anche se non è più il mio partito. Sarà difficile costruire il "nuovo" partendo da queste fondamenta.
Vediamo invece cosa è successo nella "base", almeno secondo me. Intanto il "popolo delle feste" non esiste; questa espressione è una semplificazione dei giornali o peggio un mito di quell'ideologia democratica, di cui ho già detto prima, parlando di Menichini. Sono donne e uomini con la testa sulle spalle e che pensano ciascuno con la propria testa, nonostante quello che dice una tradizione ostile, che si fa risalire a Guareschi, anche se lui quelli come Peppone li conosceva e li rispettava. Però sono anziani e anche stanchi, di questo non gli si può fare una colpa. E le balle un po' gli girano.
Proprio per questo, francamente il successo di Renzi nelle feste emiliane non mi ha molto sorpreso, per una serie di ragioni che provo a elencare, senza avere la pretesa di esaurirle. In quest'ultima fase il sindaco di Firenze è stato abile e piuttosto spregiudicato: ha capito meglio di altri che questo governo è considerato come innaturale - cosa che effettivamente è - da chi ha militato a sinistra per molti anni. Renzi ha successo nelle feste perché spinge sull'antiberlusconismo, favorito anche dal fatto che non è al governo né ha responsabilità di partito e quindi non è costretto a trattare in maniera defatigante come fanno gli altri. Per un fenomeno di cui ho già parlato, in questo paese c'è stata confusione tra sinistra e antiberlusconismo, tanto che basta dire una cosa contro B. o contro i suoi servi - cosa peraltro piuttosto semplice - per attirarsi la simpatia della sinistra, senza se e senza ma; emblematico è stato il caso del compianto Di Pietro, che, grazie al suo antiberlusconismo urlato e sgrammaticato, è riuscito perfino a diventare, pur essendo un uomo culturalmente di destra, un campione della sinistra radicale, riempiendo un vuoto che si era creato per la litigiosità endemica dei minuscoli partiti dell'estrema sinistra. 
Inoltre Renzi è riuscito ad accreditarsi come quello che può vincere contro B., anzi come l'unico in grado di farlo. E i compagni vogliono vincere. Ovviamente non sapremo mai cosa sarebbe successo se Renzi avesse vinto le primarie, ma sappiamo sicuramente che Bersani ha perso delle elezioni che sembravano - anche se era un'errore - già vinte. Per me la colpa maggiore di Bersani non è quella di non aver vinto le elezioni - questo fortunatamente dipende dagli elettori - ma l'incapacità di gestire anche la sua mezza vittoria, sperperandola, a favore del disegno eversivo di Napolitano. Naturalmente questa è una mia posizione - che so che molti non condividete - e che non riflette quella della maggioranza, comunque sia i compagni pensano che finalmente un "giovane" possa intercettare meglio di un "vecchio" la maggioranza dei voti. E qui arriviamo a un altro punto, strettamente collegato a questo. Tanti compagni sono stanchi di vedere sempre le stesse persone negli stessi posti; ho esperienza diretta della generosità di tanti militanti che, negli anni, hanno avuto la capacità di farsi da parte o di fare un passo indietro, proprio per far posto ai giovani; Renzi è riuscito a cogliere questo sentimento profondo, questa generosità e la sfrutta, con innegabile capacità mediatica. C'è infine un altro fattore che pesa sulla scelta di queste persone: l'idea di preservare l'unità del partito. Per queste persone si tratta di un valore, per tutelare il quale hanno fatto molti sacrifici, ingoiato molti rospi. In questa fase, a loro sembra che Renzi sia più in grado di altri di mantenere questa vagheggiata e mitica unità. Non so se sia vero, ma ormai appare così e l'apparenza ormai finisce per essere più importante della realtà.
Toccando queste corde, credo che il sindaco di Firenze sia riuscito a catalizzare l'interesse e il sostegno di tanti compagni che lavorano alle feste, oltre al fatto che molte persone sono andate a vederlo per curiosità. Vedremo poi se questo interesse, questa disponibilità, questa curiosità si trasformeranno in voti alle primarie; credo di sì, anche perché paralellamente funzionerà la struttura organizzativa del partito che, per quanto malconcia e poco valorizzata, qui ancora un po' funziona. Naturalmente Renzi rimane quello che è, il leader perfetto per un partito di centro moderato; l'ex-Pd è diventato quello, come volevano alcuni dei suoi fondatori, facendo illudere gli altri sul fatto che sarebbe invece rimasto di centrosinistra. Adesso l'equivoco di fondo su cui è nato quel partito si può finalmente sciogliere: l'ex-Pd non è l'erede di una tradizione della sinistra italiana che ha avuto una storia importante, con luci e ombre - come sempre avviene - ma un'altra cosa, che prescinde da quella tradizione, proprio perché l'ha sempre avversata. Il sindaco di Firenze spesso pare che sostenga il cambiamento per il cambiamento; quello che a me in una prima fase sembrava un limite è invece la sua forza, proprio perché riesce a far passare in questo messaggio di cambiamento cose molto diverse. E' legittimo il desiderio di cambiare, ma bisogna vedere per cosa si cambia e come si cambia: l'ex-Pd, anche prima di Renzi, aveva già deciso di cambiare in maniera radicale, diventando cosa diversa; temo che molti si illudano che il cambiamento promesso da Renzi sarà quello a cui pensano loro, mentre è quello a cui pensa - altrettanto legittimamente - lui. Renzi li sta prendendo per stanchezza.
Se devo fare una previsione, immagino che stavolta sia finalmente la volta di Renzi. Ripeto che per me è indifferente chi vincerà; Cuperlo non mi pare voglia uscire dal percorso "democratico" e in fondo anche Civati, il candidato che si presenta più nettamente di sinistra ed anti-establishment, è prima di tutto un democratico. Che poi Renzi riesca a vincere le "secondarie" è tutt'altra storia; credo di no. Io, nel mio piccolissimo, non lo voterò.

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