sabato 16 novembre 2013

Verba volant (9): vertice...

Vertice, sost. m.

Le parole hanno spesso una storia, a volte curiosa e divertente; e naturalmente noi che scriviamo dizionari amiamo moltissimo queste storie.
Vertice significa "il punto più alto" e per molto tempo questa parola è stata usata prevalentemente in geometria, per indicare il punto d'incontro dei lati di un poligono o di un angolo oppure il punto in cui concorrono spigoli e facce di un poliedro o di un angoloide; insomma pensate al vertice della piramide. Sui giornali però leggiamo questa parola con tutt'altro significato.
Infatti da un po’ di tempo si è preso l’uso di sostituire con questa sola parola espressioni come incontro al vertice o conferenza al vertice, con una forma di elisione spesso frequente nella nostra lingua. Succede peraltro lo stesso anche in inglese: summit ha ormai sostituito summit meeting nel corrente linguaggio politico e giornalistico. Quindi vertice è diventato sinonimo di incontro e così viene comunemente usato. Anzi forse si abusa un po’ di questo termine.
Se devo raccontare la visita di Nixon in Cina nel 1972 posso usare tranquillamente la parola vertice, così come questa parola è perfetta per descrivere gli incontri di Reagan e Gorbaciov che hanno chiuso di fatto la Guerra fredda alla fine degli anni Ottanta. Ma quando i protagonisti di questi vertici sono Alfano o Renzi (per tacere di Brunetta), Crimi – non so ve lo ricordate – o Gasparri, posso ancora usare impunemente questa parola? Non credo. Meglio usare riunione, altrimenti dovrei anche scrivere che giovedì scorso ho partecipato al vertice di condominio, dove ho litigato con quel cretino dell’inquilino del terzo piano, perché continua a mettere l’auto nel mio posteggio.
E infatti spesso questi vertici nostrani, di paese, sono nobilitati da un qualche aggettivo. Ci sono i vertici notturni; effettivamente pensare che di notte, invece di dormire come fanno tutti i cristiani, questi personaggi si riuniscano per discutere del futuro del paese dovrebbe rassicurare noi cittadini. Personalmente preferirei dormissero anche loro, ma sapete che io sono un vecchio fazioso.
Ci sono i vertici segreti; e sono tanto più segreti, quanto più si conosce chi ha partecipato e cosa ha detto, per filo e per segno, ciascuno dei partecipanti. Qualcuno di questi autorevoli personaggi addirittura non partecipa neanche più a questi vertici segreti – che sono spesso anche notturni – e legge quello che lui stesso avrebbe detto la sera prima, riportato fedelmente nelle cronache “retroscena” dei quotidiani la mattina dopo.
Ci sono, frequentissimi, i vertici decisivi: il prossimo è sempre quello buono, quello dove finalmente si decide. Ci sono infine i vertici che si fanno a pranzo o a cena: sono frequentissimi, spesso in locali stellati, quasi sempre a carico dei contribuenti.
Poi c’è un’altro tipo di vertice, ad esempio il vertice europeo. E qui la parola è usata assolutamente in maniera impropria.
In questo caso vertice dovrebbe sostituire immagino l’espressione conferenza al vertice, ma come può definirsi tale il consesso di ventisette persone, per lo più sconosciute – chi lo conosce il primo ministro di Malta o della Lettonia (sinceri, senza aprire Wikipedia)? – e in massima parte ininfluenti, tanto che ci partecipa regolarmente anche Letta. Vanno lì ad ascoltare quello che dicono la Cancelliera tedesca e Mario Draghi, annuiscono e tornano a casa: anche in questo caso la parola riunione sarebbe molto più adatta.
Ora però devo chiudere questa breve esposizione: devo tornare al lavoro perché ho un vertice con il mio capufficio, poi stasera, a scuola di mio figlio, c’è il vertice dei genitori e anche mia moglie ha detto che ha bisogno di fare un vertice: devo aver combinato qualcosa.

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