mercoledì 24 dicembre 2014

da "La morte della Pizia" di Friedrich Dürrenmatt

"Dimentica le vecchie storie, Pannychis, non hanno alcuna importanza, in questa grande babilonia siamo noi i veri protagonisti. Noi due ci siamo trovati di fronte alla stessa mostruosa realtà, la quale è impermeabile non meno dell'essere umano che ne è l'artefice. Forse gli dei, ammesso che esistano, potrebbero godere dall'alto di una certa visione d'insieme, sia pure superficiale, di questo nodo immane di accadimenti  inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio. Con i nostri oracoli sia tu sia io abbiamo sperato di portare la timida parvenza di un ordine, il tenue presagio di una qualche legittimità nel truce, lussurioso e spesso sanguinoso flusso di eventi dai quali siamo stati travolti proprio perché ci sforzavamo di arginarli, sia pure soltanto un poco.
Tu, Pannychis, vaticinasti con fantasia, capriccio, arroganza, addirittura con insolenza irriguardosa, insomma: con arguzia blasfema. Io invece commissionai i miei oracoli con fredda premeditazione, con logica ineccepibile, insomma: con razionalità. Ebbene, devo ammettere che il tuo oracolo ha fatto centro. Se fossi un matematico potrei dirti con esattezza quanto fosse improbabile la probabilità che il tuo oracolo cogliesse nel segno: era straordinariamente improbabile, infinitamente improbabile. Eppure il tuo improbabilissimo responso si è avverato, mentre sono finiti in niente i miei responsi così probabili e dati ragionevolmente con l'intento di fare politica, e cambiare il mondo, e renderlo più ragionevole. Oh, me stolto. Io con la mia ragionevolezza ho messo in moto una catena di cause e di effetti che hanno dato luogo a un risultato esattamente opposto a quello che avevo in mente di ottenere. E poi, stolta non meno di me, sei arrivata tu, e con baldanza spregiudicata ci hai dato sotto con i tuoi oracoli il più possibile nefandi. Da tempo ormai i motivi non contano più, del resto i tuoi responsi li hai scagliati contro persone di cui non t'importava niente; sicché un bel giorno ti sei trovata a pronunciare un oracolo contro un ragazzo pallido e zoppo di nome Edipo. A chi ti giova, Pannychis, se tu hai colto nel segno e io invece mi sono sbagliato? Il danno che noi due abbiamo fatto è mostruoso nella stessa misura. Getta via il tuo tripode, Pizia, gettalo con te nella crepa della terra, anch'io sto per morire, la fonte Tilfussa ha compiuto la sua opera. Addio, Pannychis; non credere però che noi due ci perderemo. Come io che ho voluto sottomettere il mondo alla mia ragione ho dovuto in quest'umida spelonca affrontare te che hai provato a dominare il mondo con la tua fantasia, così per tutta l'eternità quelli che reputano il mondo un sistema ordinato dovranno confrontarsi con coloro che lo ritengono un mostruoso caos. Gli uni penseranno che il mondo è criticabile, gli altri lo prenderanno così com'è. Gli uni riterranno che il mondo è plasmabile come una pietra cui si può con uno scalpello far assumere una forma qualsivoglia, gli altri indurranno alla considerazione che, nella sua impenetrabilità, il mondo si modifica soltanto come un mostro che prende facce sempre nuove, e che esso può essere criticato non più di quanto il velo impalpabile dell'umano intelletto possa influenzare le forze tettoniche dell'istinto umano. Gli uni ingiurieranno gli altri chiamandoli pessimisti, e a loro volta saranno da quelli irrisi come utopisti. Gli uni sosterranno che il corso della storia obbedisce a leggi ben precise, gli altri diranno che queste leggi esistono soltanto nella immaginazione degli uomini. Il conflitto fra noi due, Pannychis, il conflitto tra il veggente e la Pizia, divamperà su tutti i fronti: il nostro è ancora un conflitto emotivo, non sufficientemente motivato, eppure laggiù già costruiscono un teatro e già ad Atene un poeta sconosciuto sta scrivendo una tragedia su Edipo. Ma Atene è provincia, e Sofocle sarà dimenticato, Edipo invece continuerà a vivere, resterà un tema che pone a noi enigmatici quesiti. A che cosa, per esempio, è dovuto il destino di Edipo? Alla volontà degli dei, al fatto che egli abbia trasgredito alcuni principi sui quali si regge la società dei nostri tempi (benché da questo io avessi cercato di proteggerlo mediante l'oracolo), oppure semplicemente Edipo è vittima di un caso sfortunato che tu hai evocato con il tuo capriccioso vaticinio?".
La Pizia non rispose, tutt'a un tratto non c'era più, e anche Tiresia era scomparso, e con lui il plumbeo mattino che gravava su Delfi, la quale pure si era inabissata.

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