giovedì 30 luglio 2015

Verba volant (205): decoro...

Decoro, sost. m.

Al di là delle inevitabili - e francamente poco interessanti - meschinerie legate alla guerra tra bande che si sta consumando per il controllo del Comune di Roma, la vicenda della capitale è interessante sotto diversi punti di vista. Tra qualche mese Ignazio Marino sarà cacciato dal Campidoglio con l'accusa, infamante, di non aver riportato il decoro nella città eterna, perché ovviamente in pochi mesi non riuscirà a ripulire Roma, almeno secondo i desiderata delle persone che in queste settimane urlano perché la città è sporca e che hanno trovato eco anche su tutti i giornali nazionali e internazionali. Roma - come qualunque altra città, piccola o grande - non sarà mai pulita, o almeno non sarà mai pulita come chiedono questi esagitati, anche perché qualche giornalista "a servizio" troverà sempre una cartaccia per terra o una scritta su un muro, di cui incolpare il sindaco di turno, e perché quelli che vogliono cambiare il sindaco troveranno sempre qualcuno disposto a "sporcare" per loro la città, a costo di pagarlo.
Il problema è ridurre il tema complesso del governo di una città - e tanto più complesso quanto più la città è grande - al decoro. Cos'è il decoro? Chi lo giudica? Chi lo misura? Ma soprattutto è davvero così importante? Una ventina d'anni fa a Parma l'amministrazione guidata da Elvio Ubaldi - fintamente civica, ma saldamente in mano al mondo degli affari e al centrodestra cittadino - si caratterizzò per un notevole impegno nel ripristinare il decoro della città, anche con risultati oggettivamente eccellenti. I parmigiani applaudirono a quegli interventi di facciata - nella città ducale la forma è da sempre più importante della sostanza - e Parma fu vista da tanti come un modello di buon governo cittadino, come un esempio da imitare; eppure proprio in quegli anni è nato quel sistema di malaffare e di corruttela diffusa, che ha portato di fatto la città al fallimento, le cui conseguenze si sentiranno ancora per moltissimi anni e da cui probabilmente la città non si risolleverà più. Rischiamo che il decoro fine a stesso si trasformi in quella roba lì, se si perde il concetto di governare, se non si ha un'idea della città che si vuole costruire.
A Roma è stata scoperta un'organizzazione criminale di tipo mafioso ramificata nella politica e nella pubblica amministrazione e per renzi e il New York Times il problema è il fatto che i marciapiedi non sono puliti. A Roma ci sono bande fasciste che organizzano blocchi stradali davanti ai centri di accoglienza e Alessandro Gassman, immagino in buona fede, propone che i cittadini scendano in piazza armati di ramazze per pulire le strade.
Da molto tempo le città - ed evidentemente anche i cittadini - soffrono questa mancanza di governo, questa assenza di progettualità, che non è solo imputabile al continuo calare delle risorse, all'applicazione rigorosa e sostanzialmente stupida del patto di stabilità, che ha frenato ogni investimento pubblico nelle città italiane. Questo è certamente vero, ma è anche vero che per molti sindaci, se il patto di stabilità non ci fosse stato, avrebbero dovuto inventarlo. Questa mancanza di risorse è stata per tantissimi amministratori un alibi perfetto con cui nascondere la propria incapacità, la propria inadeguatezza, la propria stupidità. Non si ragiona più su cosa deve diventare una città, in che modo deve crescere - o non crescere - su come devono essere distribuite le risorse. Le città, o meglio tanti cittadini che vivono nelle città - qualunque città, il discorso non vale solo per Roma - stanno diventando più poveri e il problema più importante non può essere il decoro, il sindaco non può essere giudicato soltanto da come ha pulito le strade o da come ha sistemato le aiuole, ma anche da come ha aiutato i cittadini a resistere alla povertà, da cosa ha fatto per rendere la sua città più solidale. A Roma c'è un enorme patrimonio immobiliare pubblico, tantissime case per lo più vuote o male utilizzate; l'amministrazione capitolina ha un piano per utilizzare almeno una parte di questo patrimonio? O preferisce, come fanno praticamente tutte le altre amministrazioni comunali, continuare a concedere autorizzazioni per costruire brutte case in periferia? E in questo caso dove sta il decoro?
Poi certamente c'è anche il tema della bellezza della città - visto che Marx ci ha insegnato a volere il pane e le rose - ma la bellezza è qualcosa di profondamente diverso dal decoro. Nella bellezza c'è un'idea, c'è anche una sfida che le città - e chi le amministra - dovrebbero assumersi. I centri commerciali che punteggiano le periferie delle nostre città sono belli? Spesso no. Sono un esempio di decoro? Sì, sono puliti, sono ben curati, sono "decorosi", perché c'è sempre qualche lavoratrice - per lo più straniera - pronta a passare lungo gli scaffali del supermercato o davanti alle vetrine dei negozi per raccogliere le cartacce. E nessuno osa sedersi per terra in un centro commerciale, anche perché chi lo facesse, sarebbe - più o meno gentilmente - accompagnato all'uscita da un robusto bodyguard. Poi a nessuno interessa se la donna che pulisce e l'energico "accompagnatore" siano assunti in regola o in nero o se ricevano una paga adeguata. Il decoro è comunque salvo. E a nessuno interessa quante tangenti siano state pagate per costruire quel centro commerciale, quanti alberi siano stati abbattuti, cosa altro si sarebbe potuto costruire lì. Il decoro è comunque salvo.
In questi anni, l'ho scritto molte volte - a qualcuno ormai sembrerò perfino noioso - c'è stata una progressiva e inesorabile riduzione degli ambiti della democrazia in questo paese, di cui hanno fatto le spese prima di tutto le assemblee elettive e gli enti locali, oltre naturalmente a noi cittadini. D'altra parte, se tutto il governo di una città si riduce alla capacità di tenerla pulita, al rispetto del decoro, alla lotta contro il degrado - altro termine feticcio, che vuol dire tutto e niente - a cosa serve un sindaco eletto dai cittadini? Basta un commissario, e infatti il disegno di renzi per Roma è sostituire Marino, per un tempo indefinito, con il prefetto Gabrielli, che nei prossimi mesi gestirà il Giubileo e poi tutta Roma. Perché un commissario è sicuramente più efficiente, non ha paura di doversi scontrare con nessuno, tanto sa che il suo potere non deriva dalla legittimazione popolare, ma dal favore del governo. Magari è più corrotto perché non c'è nessuno che lo controlli, ma questo non importa a nessuno. Chiaramente renzi - o meglio chi pensa e agisce dietro a questo antipatico fantoccio - immagina, al posto dei Comuni, un sistema di commissari - mi verrebbe da dire di podestà - assoggettati al sindaco d'Italia che siede a palazzo Chigi. In sostanza a cosa serve la politica quando la logica è quella dell'emergenza? In questi anni il capitale ha delegittimato la politica, per delegittimare la democrazia, e così oggi il loro maggior rappresentante a capo del governo è il campione dell'antipolitica, l'uomo che ha distrutto l'ultimo rimasto dei partiti italiani.
Questa parossistica ricerca del decoro, in cui sono impegnati tutti i sindaci d'Italia, con risultati più o meno brillanti, rischia di farci dimenticare cos'è una città. Una città è un organismo, complesso e vivo, in cui abitano, lavorano, si divertono e soffrono le persone. Una città più bella non è solo una città più pulita e più ordinata, ma una città più solidale e una città in cui si produce più cultura, una città in cui si riconosce una storia - e pensate quante storie Roma avrebbe da raccontare - una città che sa accogliere, sia i turisti, anche quelli che la visitano per un giorno solo, sia i nuovi cittadini, arrivati spesso da paesi molto lontani, una città che non ha paura del futuro, una città più onesta e più democratica. Una volta queste erano le sfide della sinistra, che infatti ha espresso alcune generazioni di ottimi amministratori - lo so perché ho avuto la fortuna di conoscerne un po' - adesso sembra che anche su questo punto abbiamo rinunciato, magari per assicurarci un posto nella municipalizzata incaricata di pulire le strade.
E una città così, diventata più bella perché più ricca di cultura e di culture, sarà anche più pulita, perché ciascuno di noi la sentirà propria. E la curerà.

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