sabato 10 ottobre 2015

Considerazioni libere: (405): a proposito di un omicidio politico...

Temo ricorderemo a lungo, e con sgomento, quello che è avvenuto in questi giorni nel nostro paese. Se non sapremo reagire - e sinceramente non vedo alcun segno di reazione, capace di mobilitare una nuova resistenza - probabilmente diremo ai nostri figli e ai nostri nipoti che abbiamo assistito al momento in cui il regime si è reso palese, manifesto, al momento in cui il regime ha gettato la maschera, non nascondendo più la propria capacità di violenza.
Saranno tante le meschinità di cui dovremo ricordarci. Io segnalo, ora per allora, l'articolo che Lorenzo D'Albergo - dobbiamo cominciare a fare i nomi dei congiurati e dei loro servi, a futura memoria - ha scritto per Repubblica il 7 ottobre scorso; lo cito non solo perché è un articolo fazioso - ce ne sono stati tantissimi su quel giornale, contro o a favore di molte persone, non sarebbe neppure questo il problema - ma perché volgarmente fazioso, orgogliosamente di propaganda. A D'Albergo hanno detto "parla male di Marino" e D'Albergo esegue, con furia cieca, sfidando il ridicolo, mettendo in fila banalità, mezze verità, discorsi da bar, senza fare alcun riscontro, ma evidentemente né a lui né a chi gli ha ordinato di scrivere quell'articolo importa. Anzi, nel suo pressapochismo, nella sua ostentata volgarità, questo articolo è stato per me il segno che Marino aveva perso: se erano disposti a tanto, significava che ormai il sindaco era condannato. Ce ne sono stati tanti di articoli così, sul Corriere, in Rai, nelle televisioni commerciali e tutti con lo stesso bersaglio, tutti con lo stesso mandante. In questi giorni gli organi di informazione, tutti gli organi di informazione, hanno contribuito a far dimettere Ignazio Marino, tutti hanno partecipato a questo attacco squadrista. Non si sono sottratti neppure autorevoli prelati che, fingendo di non sapere di essere registrati, in una finta trasmissione di intrattenimento, che molte volte si è già prestata a queste operazioni di killeraggio politico, hanno sfogato la loro rabbia contro il bersaglio che doveva essere politicamente ucciso.
Le dimissioni di Marino non sono un episodio di lotta politica, certo meschina, ma in qualche modo riconducibile a precisi e circoscritti obiettivi politici e affaristici. Certo sono state anche questo, ma soprattutto sono state la prova generale del regime: una prova perfettamente riuscita. Da adesso, se non ci sarà una reazione - e temo che non ci sarà - tutto sarà possibile, come, dopo il delitto Matteotti, tutto è stato possibile.
Non so se il mandate di questo omicidio sieda, ora come allora, a Palazzo Chigi. Certo il presidente-segretario è il vincitore di questo scontro, ma sinceramente fatico a immaginarlo così potente. Certo è smodatamente ambizioso, certo è pronto a mentire e a tradire pur di continuare a governare, certo è un esecutore instancabile e tenace, e molto meno stupido di quanto voglia farci credere con il suo improbabile inglese, ma credo che anche lui sia una pedina di altri, che muovono davvero i fili di questa triste vicenda. Gli stessi che stanno riscrivendo la Costituzione in senso autoritario, togliendo ruolo alle assemblee legislative e agli enti locali, gli stessi che hanno abolito una parte importante dello Statuto dei lavoratori, gli stessi che sono pronti a diventare ancora più ricchi con le privatizzazioni dei servizi e dei beni pubblici.
Sicuramente Ignazio Marino è stato la vittima, ma - vi prego - non facciamone un eroe. Marino si è trovato soltanto dalla parte sbagliata della rivoltella. Il dottore è uno che ha provato a giocare e che ha perso, perché aveva carte peggiori o perché era meno bravo a barare, quindi non facciamone un santo o, peggio ancora, una bandiera della sinistra. Sarebbe deleterio, perché proprio la storia politica di Marino è emblematica della crisi democratica di questo paese. Non è che io ce l'abbia particolarmente con lui, solo mi ricordo, mi ricordo tutto. Marino è uno che è entrato in politica per fare il ministro, il segretario del pd o il sindaco di Roma, niente di meno. Solo in una fase di crisi così acuta della politica uno come Marino, venuto dal nulla, poteva sperare di arrivare così in alto, senza dimostrare in fondo nessuna qualità. Per fare il medico occorre aver studiato a lungo, per diventare un bravo chirurgo bisogna lavorare anni, in Italia invece crediamo che per fare politica non occorra studiare, anzi pensiamo che chi ha fatto politica sia il meno adatto per governare. E quindi siamo disposti a votare chi non ha mai fatto politica; perfino uno come Marino.
Stendiamo poi un velo sui mariniani, ossia su quei dirigenti locali del pd che hanno sostenuto Marino quando si candidò a segretario, nella consapevolezza che la sua sconfitta avrebbe comunque assicurato a qualcuno di loro un qualche posto di sottogoverno, in nome di un pluralismo spartitorio che funzionava ancora in quel partito, prima che renzi prendesse tutto. E così i mariniani - non costringetemi a fare i nomi, spulciate un po' e li troverete da soli - sono diventati consiglieri comunali, regionali, deputati; se hanno ancora le loro cariche immagino siano diventati renziani.
Gli apologeti di Marino dicono che è onesto. Se anche lo fosse - e personalmente non lo metto assolutamente in dubbio - cosa significherebbe? Dobbiamo scegliere qualcuno solo perché è onesto? Tutti dovrebbero esserlo. Eppure tanti in Italia hanno fatto carriera politica, in particolare a sinistra, solo perché erano - e sono - onesti. Ma l'onestà non può essere un programma politico, e Marino un programma non l'ha mai avuto, o meglio non ha mai avuto un programma di sinistra, perché non è uno di sinistra, ma solo uno che aveva l'ambizione di fare il ministro, il segretario del pd o il sindaco di Roma, niente di meno.
Si è espresso, da cattolico, a favore delle unioni civili e dei diritti delle persone omosessuali; questo significa essere di sinistra? No. Ha pedonalizzato i Fori imperiali e ha tolto gli ambulanti attorno ai monumenti; questo significa essere di sinistra? Non so, ma francamente non mi pare rilevantissimo. Ha fatto davvero qualcosa per migliorare la vita delle migliaia di persone che vivono malissimo nelle periferie di Roma? Ecco questa sarebbe stata una cosa di sinistra, magari impopolare, perché avrebbe toccato rendite, poteri costituiti, privilegi piccoli e grandi. Ha denunciato l'enorme patrimonio immobiliare, pubblico e privato, che c'è a Roma, spesso vuoto, a volte "affittato" ai soliti noti, mentre tante persone sono senza casa o vivono in case che dovrebbero essere abbattute? Espropriare le case sfitte delle banche sarebbe un atto da comunista e certo Marino non voleva essere considerato tale. Ha messo insieme alcuni slogan, gli stessi che ha messo insieme renzi, che ha messo insieme Civati, che ha messo insieme Barca, che hanno messo insieme tanti altri, miscelandoli in maniera diversa, ma sostanzialmente dicendo - o non dicendo - tutti le stesse cose, usando tutti la stessa vuota retorica, infarcita di nuovismo e di riforme. Tutti costoro non rappresentano altri che se stessi, quando va bene; quando va male rappresentano i "poteri" economici e affaristici che li sostengono, li finanziano, li "votano". Nel cocktail politico di Marino c'era - rispetto a quelli degli altri - un po' più di antipolitica. Ma poi, quando passi dall'antipolitica alla politica, c'è sempre uno più "antipolitico" di te; e Marino alla fine ha pagato anche questo.
Ovviamente non è questo il nodo, non hanno dimesso il sindaco per le buche, per la metro che non funziona, per il degrado, per gli scontrini. Marino ha pagato un prezzo così alto, anche dal punto di vista umano, per non aver offerto la propria disponibilità ai potenti di turno, a quelli che vogliono fare affari con il Giubileo della misericordia, a quelli che da sempre mungono la vacca e che naturalmente vogliono continuare a farlo. Poco importa a questo punto se non l'ha fatto perché è davvero onesto o perché anche lui aveva i suoi amici da beneficare con i soldi "santi" in arrivo, insieme ai pellegrini, nella Città eterna. Questo ormai importa solo a Marino e alla sua coscienza. Quel capitolo è chiuso. Adesso tornano a sedersi a tavola i convitati famelici che abbiamo già visto all'opera. E poco importa che vincano gli uni o gli altri, la cosiddetta destra o la cosiddetta sinistra, sappiamo che sono soliti frequentare gli stessi ristoranti, quelli preferiti anche dai Casamonica e dagli amici degli amici.
Da qualche tempo il partito di regime a Roma è commissariato, ma quanti iscritti sono stati espulsi? Quanti circoli sono stati chiusi? Il "commissario" Orfini non poteva e non voleva cambiare nulla, anzi doveva cambiare il sindaco, e proprio sotto il Giubileo, perché in nome della fretta, dell'emergenza, della necessità di non fare una brutta figura con il resto del mondo, tutto diventa lecito, così come è accaduto a Milano con Expo. Il sogno di renzi e dei suoi pupari è di non andare più al voto, di sostituire i sindaci con podestà nominati dal governo. Ma siccome sanno che non possono farlo, svuotano i poteri degli enti locali, rendono i sindaci sempre più deboli. La riforma della Costituzione sta andando tutta in questa direzione e l'attacco a Marino è figlio della stessa idea: se hanno potuto sbarazzarsi così facilmente del sindaco della capitale, quale altro amministratore può sentirsi al sicuro? L'omicidio politico di Marino è anche un avvertimento, in stile mafioso, a tutti gli altri: o vi adeguate o vi distruggeremo.
A Roma, nonostante i giochi di regime, potrebbe questa volta vincere il candidato del Movimento Cinque stelle; personalmente penso sia auspicabile, piuttosto che vinca un uomo della premiata ditta renzi-verdini. Se fossi romano probabilmente voterei per loro, perfino per uno dal passato discutibile come Alessandro Di Battista o per una antipatica come Roberta Lombardi. Francamente non ho molta fiducia che un'amministrazione grillina possa ribaltare una situazione così incancrenita, possa ripulire tutto il marcio incrostato in questi decenni. Sarebbe perfino ingiusto chiedere a loro un impegno così improbo, caricarli di aspettative impossibili da mantenere, tanto più che avrebbero contro il regime, con tutta la sua potenza di fuoco. Ma è giusto che ne abbiano l'opportunità e, ripeto, se servisse, avrebbero perfino il mio sostegno. Di fronte a un regime occorre rinunciare a qualcuna delle nostre posizioni, pur di fermare - o almeno rallentare - la sua affermazione.
Non può essere questa però la nostra prospettiva. Bisogna cominciare davvero a costruire qualcosa di diverso, bisogna tornare a un'idea di rappresentanza politica, basata su comuni valori, sulla condivisione di interessi di classe, bisogna tornare a costruire un'idea socialista attorno a cui riunire le persone che sono colpite ogni giorno dall'affermazione violenta del finanzcapitalismo, bisogna costruire una difesa per le classi più povere, per i lavoratori con sempre meno diritti, per i giovani che non hanno un futuro. E insieme tornare ad attaccare; prima che sia troppo tardi. 

1 commento:

  1. Come concili questa tua frase con il sostegno a degli sprovveduti del m5s? "Per fare il medico occorre aver studiato a lungo, per diventare un bravo chirurgo bisogna lavorare anni, in Italia invece crediamo che per fare politica non occorra studiare, anzi pensiamo che chi ha fatto politica sia il meno adatto per governare. E quindi siamo disposti a votare chi non ha mai fatto politica; perfino uno come Marino."

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