giovedì 12 novembre 2015

Verba volant (223): leader...

Leader, sost. m. e f.

Troppe volte si sente dire che in questo paese il romanzo è finito, che non siamo più capaci di inventare storie. Non è vero, vi voglio segnalare un autore capace di usare la fantasia, un affabulatore, un creatore di narrazioni inverosimili, ma non per questo meno divertenti. Si chiama Edoardo Di Benedetto; ammetto che non lo conoscevo, perché scrive su testate underground, note soltanto a un ristretto numero di amatori.
La sua ultima fatica letteraria è stata pubblicata proprio su uno di questi giornali d'avanguardia, l'Unità, ed è dedicata a dimostrare un'inedita - e finora misconosciuta - analogia tra Pericle e renzi. Visti i meriti artistici di questo testo, credo meriti un pubblico più ampio e per questo ne cito uno stralcio.
L'atteggiamento tirannofobico, che ereditiamo dall'orrenda parentesi del fascismo e che è la principale causa delle illazioni sulla "deriva autoritaria" renziana, ha precluso una valutazione positiva di una delle caratteristiche essenziali della democrazia: l'importanza di un leader.
Forse i nostri bislacchi difensori dell'ordine democratico dimenticano le parole con cui uno dei più eminenti storici della Grecia antica, Tucidide, ricordava Pericle. Egli definiva il governo dello statista greco, come quello del Protos Aner, ovvero del primo cittadino, segno inequivocabile che anche nella patria della democrazia si sentisse il bisogno di far affidamento ad un leader.
Si dovrebbe, dunque, affermare secondo i preoccupati oppositori al renzismo che la Grecia classica del periodo pericleo fosse una tirannia, che producesse feroci leggi liberticide. Da difensori della democrazia a revisionisti classici, il passo, dunque, sembrerebbe abbastanza agevole. 
A parte gli scherzi credo che un articolo del genere, di così bieca propaganda, di pornografia politica così volgare, si commenti da solo. In un primo momento avevo pensato di lasciar perdere, poi ho deciso di scrivere una risposta, perché tratta con sufficienza un argomento fondamentale come la democrazia e perché usa con una disinvoltura intellettuale assolutamente ipocrita un tema che mi sta a cuore. E su cui credo di avere qualcosa da dire.
E' vero che Tucidide definisce Pericle protos aner, riferendosi al suo ruolo politico ad Atene. Curiosa è la traduzione del nostro esegeta, che usa la formula "primo cittadino", forse per ricordarci - in maniera subliminale - che renzi è stato per alcuni anni "primo cittadino" della sua città - anzi questa è finora l'ultima volta che è stato eletto a qualche carica. E anzi renzi sogna - e tutte le sue riforme vanno in questa direzione - di diventare "sindaco d'Italia", magari a vita.
Ad Atene le cose non andavano proprio come le immagina questo apologeta del renzismo. Il potere, anche in quel lungo periodo in cui Pericle venne rieletto - perché lui, a differenza di renzi, si sottoponeva al voto dei cittadini - anno dopo anno, alla strategia, non sfuggì mai al controllo dei cittadini riuniti in assemblea.
Non pretendo che Di Benedetto abbia studiato storia greca, ma gli vorrei ricordare che la costituzione di quella città favoriva in ogni modo il coinvolgimento di ogni cittadino alla vita politica. Per non sembrare che invento - come fa lui - voglio citare uno studioso importante, Moses I. Finley.
Sin dalla nascita ogni ragazzo ateniese aveva qualcosa di più della probabilità puramente ipotetica di diventare presidente dell'assemblea, una carica basata su un sistema di avvicendamento che veniva assegnata per un solo giorno e, come al solito, per sorteggio. Inoltre quello stesso ragazzo poteva diventare commissario del mercato per un anno, membro del consiglio per un anno o due anni (purché non consecutivi), sedere ripetutamente in una giuria e infine partecipare all'assemblea con diritto di voto tutte le volte che lo desiderava.
Pericle, e gli altri leader della città prima di lui, non ha mai avuto poteri eccezionali. Grazie alle sue doti riusciva a influenzare i suoi concittadini, a imporre le sue linee politiche, che venivano poi tradotte in una serie di disposizioni e di decreti dell'assemblea, composta da tutti - sottolineo tutti - i cittadini liberi, maschi e maggiorenni. Questa è la politica, o almeno così dovrebbe essere: in Italia fa così schifo che ce ne siamo dimenticati.
Quindi non deve stupire se alcune decisioni dell'assemblea cittadina non erano in linea con gli indirizzi politici in quel momento prevalenti. Pericle aveva un controllo dell'assemblea tutt'altro che assoluto, potevano essere approvati dei decreti che stridevano con quelli assunti i giorni precedenti: questo era uno dei rischi del sistema democratico ateniese. Un cittadino poteva un giorno votare a favore di una proposta di un oratore e il giorno successivo votare contro una proposta dello stesso oratore, perché non c'era una rigida disciplina di partito e non esistevano veri partiti come noi li abbiamo conosciuti in un'altra epoca. Pericle nel 430 fu messo in minoranza, fu accusato di condurre male la guerra e fu multato: evidentemente in quei giorni tra i cittadini si era sollevato del malumore contro di lui, che gli oratori avversari seppero alimentare e sfruttare in maniera particolarmente efficace, ma poco dopo Pericle fu rieletto stratega, il suo prestigio aveva ripreso posto nell'animo degli ateniesi.
Quando Tucidide usa protos non si riferisce a un ruolo politico vero e proprio, dice semplicemente che il governo della città era allora condizionato da uno dei suoi migliori cittadini, forse il migliore. E il giudizio di Tucidide è importante perché egli non era un sostenitore di Pericle, anzi era un suo avversario politico. Lo storico pensava che il potere dell'assemblea dei cittadini, di tutti i cittadini, dovesse essere limitato, circoscritto, a favore di quelli che erano migliori per nascita. Tucidide osteggiava Pericle e quelli come lui, perché, nonostante fosse aristocratico di nascita, permetteva che il popolo avesse un tale potere.
Tucidide è un grande storico - il più importante dell'antichità - perché quando scriveva non si lasciava influenzare dalle sue idee politiche e con grande obiettività ci ha lasciato uno dei testi fondamentali dell'ideologia democratica di Atene, un sistema politico che da aristocratico osteggiava, ma che ha raccontato e spiegato meglio di tutti. Tucidide infatti ci ha lasciato il resoconto - non sapremo mai quanto testualmente esatto - del discorso che Pericle fece in onore dei caduti del primo anno della guerra contro Sparta.
In questo discorso Pericle spiega quali sono le caratteristiche della democrazia e - sia detto per inciso - tra queste non c'è affatto "l'importanza di un leader". Dice Pericle, elogiando la costituzione di Atene:
Essa è retta in modo che i diritti civili spettino non a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi, per quanto riguarda gli interessi privati, a tutti spetta un piano di parità, mentre per quanto riguarda la considerazione pubblica nell'amministrazione dello Stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale, ma più per quello che vale. 
Per questo noi "bislacchi difensori dell'ordine democratico" non amiamo le riforme di renzi, perché non vogliamo "affidarci" a un leader, ma vogliamo avere la possibilità che tutti esprimano la propria capacità politica, una capacità che tutti possiedono, che tutti possono possedere. E che tutti hanno il diritto - e il dovere - di esercitare. Questa è la democrazia e questa è la democrazia che noi difendiamo; perfino per quelli del pd.

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