venerdì 5 febbraio 2016

Verba volant (244): primavera...


per Giulio,
che ha creduto in un mondo diverso
e l'ha studiato con curiosità

Primavera, sost. f.

Sono passati ormai cinque anni da quelle settimane così cariche di speranza; e alla primavera araba è seguito un lungo inverno, la cui fine ci sembra ogni giorno più lontana.
Ho provato a rileggere le cose che avevo scritto allora. Al netto del mio entusiasmo per quei movimenti popolari che mi sembravano rappresentare davvero qualcosa di nuovo e, a suo modo, rivoluzionario, al netto del mio ottimismo - noi pessimisti quando cadiamo nel sentimento opposto tendiamo sempre ad eccedere - ci sono due punti su cui credo di non essermi sbagliato. E su cui sia utile continuare a riflettere.
Il primo è la nostra incapacità di comprendere da un lato e di sostenere dall'altro quei movimenti di protesta. Mi pare che i governi occidentali, i nostri governi, abbiano fatto di tutto per stroncare quelle rivolte, che pure a parole dicevano di apprezzare e di voler aiutare. In Egitto hanno immediatamente dato il loro placet al colpo di stato dei militari e nei mesi successivi, in ogni modo possibile, hanno sostenuto quel nuovo regime, probabilmente più autocratico di quello che c'era prima. In Libia sono intervenuti militarmente, senza alcuna strategia a lungo termine, ma con il solo obiettivo di eliminare non tanto il capo di un regime inviso, quanto un loro complice che non riuscivano più a controllare, da cui si sentivano traditi e che avrebbe potuto rivelare qualche verità imbarazzante; le cancellerie hanno agito con una logica da gangster, da malavitosi, e infatti ora in quel paese questa pare l'unica logica accettata. Nei paesi del Golfo si sono sostanzialmente piegati ai voleri del regime saudita che ha normalizzato, soprattutto con la forza del denaro, le situazioni che sembravano sfuggire al proprio controllo. In Siria hanno avuto paura, per una volta con cognizione di causa, di creare un regime peggiore di quello destinato a soccombere e hanno in sostanza congelato la situazione a cinque anni fa, mentre il resto dello scenario è mutato e le persone in quel paese hanno continuato - e continuano - a morire, nell'indifferenza globale. Di loro, come delle donne e degli uomini di tutti quei paesi, ai nostri governi non interessa nulla, a meno che non abbiano l'ardire di spingersi fino ai nostri confini: solo allora diventano un problema di cui occuparsi. L'unico paese in cui non sono intervenuti è la Tunisia, che - non a caso - è l'unico in cui, pur con tutte le sue difficoltà, la primavera è sbocciata e ha cominciato a dare i primi frutti.
La cosa che però mi pare ancora più preoccupante è che in questi cinque anni si è affermato tra di noi un pregiudizio determinista, se non apertamente razzista, ossia che gli arabi in particolare e i musulmani in generale non sarebbero fatti per la democrazia. La storia della Tunisia smentisce questa teoria strampalata, che pure in qualche modo si è fatta strada nell'opinione pubblica occidentale, non a caso diffusa e fatta crescere in maniera interessata mentre da noi venivano - e vengono - ristrette le prerogative democratiche. Credo sia utile ricordare che quelle manifestazioni di cinque anni fa, in qualche modo e forse allora con scarsa consapevolezza da parte nostra, si collegavano a un'esplosione di ribellione che coinvolse migliaia di giovani - e non solo - in ogni parte del mondo, per protestare contro un sistema capitalista sempre più ingiusto e sempre più potente. C'era un legame tra piazza Tahrir e Zuccotti park, tra i ragazzi di Madrid e quelli di Tunisi, un legame che è stato spezzato, perché potenzialmente poteva rappresentare il vero pericolo per i poteri costituiti, nei paesi occidentali prima ancora che nei paesi arabi. Ecco, se qualcosa è cambiato in questi cinque anni, è proprio il regime capitalista, che è diventato, se possibile, ancora più ingiusto e ancora più potente. E più sfrontato. E' questo regime il nemico che dobbiamo abbattere, noi, insieme a quei popoli che allora - come ora - chiedevano il pane, insieme alla libertà.
E qui vengo al secondo punto su cui insistevo allora e su cui credo occorra ancora ragionare; anche per capire come poter partecipare a questo processo, come poterlo aiutare davvero. La democrazia ha bisogno di tempo per crescere. La vicenda tunisina non è frutto di un caso e il successo della primavera in quel paese non è il risultato di questi cinque anni, per quanto importanti, per quanto significativi. In quel paese, per una serie di vicende storiche, grazie al clima sociale che ha favorito l'incontro tra persone di culture e religioni diverse, grazie al consolidarsi delle organizzazioni sindacali, grazie alla diffusione dell'istruzione, grazie soprattutto al ruolo delle donne, esiste un terreno capace di sostenere quella pianta fragile, di farne attecchire le radici, di darle nutrimento. Naturalmente si è trattato di un percorso tutt'altro che lineare, ma con una direzione precisa. In fondo anche la nostra storia ha le stesse caratteristiche: all'interno dell'Unione europea ci sono paesi che solo quarant'anni fa erano ancora regimi autocratici fascisti o che vent'anni fa erano governati da un partito unico. In Europa ci sono voluti almeno due secoli per costruire la democrazia e non è che il cammino sia compiuto. Non è mai compiuto: la pianta della democrazia rischia di inaridire molto in fretta, perché va curata, va alimentata, va protetta, con una pazienza e un impegno che noi spesso non le dedichiamo. E dobbiamo ricordare, prima di tutto a noi stessi - che non dobbiamo avere la presunzione di poter insegnare qualcosa a qualcuno - che la democrazia cresce con l'educazione, con la cultura, con l'arte, perché donne e uomini consapevoli fanno crescere i diritti, politici e sociali.
Come dice Chance in Oltre il giardino, parlando dell'unica cosa che conosce:
In un giardino c'è una stagione per la crescita. Prima vengono la primavera e l'estate, e poi abbiamo l'autunno e l'inverno. Ma poi ritorna la primavera e l'estate.

1 commento:

  1. Che tristezza,io mi sento colpita alla schiena.Ho vissuto il 68,ma niente è cambiato.Essendo un'anziana insegnante,dispero per l'assenza di etica per il futuro di voi giovani.Luca,continua con i tuoi interventi anche se ti possono sembrare solo una goccia nel mare----------

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