sabato 27 febbraio 2016

Verba volant (251): difesa...

Difesa, sost. f.

Con le parole possiamo giocare: lo faccio anch'io, e questo vocabolario è proprio il mio modo di giocare con le parole. Ci sono alcuni che sono davvero bravi a confonderle, a scambiarle, a farle sembrare quello che non sono, ma alla fine, quando le usiamo male, le parole ci chiedono conto di questi inganni.
E' notizia di questi giorni - non a caso mentre la nostra attenzione era giustamente rivolta a un tema importante come quello dei diritti civili - che gli Stati Uniti hanno deciso di utilizzare alcuni droni armati di missili nelle loro operazioni militari in Libia, facendoli partire dalla base aerea di Sigonella, in Sicilia. Abbiamo anche saputo - in maniera un po' fumosa, a dire il vero - che queste operazioni saranno autorizzate dall'Italia, "caso per caso" a detta del presidente del consiglio del nostro paese, ed esclusivamente a scopo di difesa.
Intanto sarebbe utile capire cosa si intende dicendo che saranno autorizzate dall'Italia. Chi è l'Italia? E' il governo? E' il parlamento? E' qualcun altro? Visto che siamo italiani - anche se a nostra insaputa - credo avremmo il diritto di saperlo. Intanto che ci rispondono, proviamo a svelare il trucco, che sta tutto nella parola difesa, che il governo italiano usa con disinvolta ipocrisia.
Fino al 1947 in Italia c'era un ministero della guerra, affiancato da quelli della marina e dell'aeronautica, come succedeva - più o meno con gli stessi nomi - in tutti gli altri paesi europei. Alla fine della seconda guerra mondiale praticamente in tutti i paesi del mondo è avvenuta questa trasformazione istituzionale: è stato abolito il ministero della guerra, sostituito da un ministero della difesa. Ovviamente questo non ha significato che dalla metà del secolo scorso non ci siano state più guerre, tutt'altro, ce ne sono state molte, terribili, in tutti i continenti, anche a poche centinaia di chilometri dai nostri confini. In Italia è avvenuto qualcosa di più rispetto a quello che è successo in altri paesi. La Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948 - e tutt'ora vigente - stabilisce, nei principi fondamentali, ossia nella sua parte più importante, che il nostro paese "ripudia la guerra". Anche in questo caso non basta un principio scritto in un codice, per quanto solenne, per fermare un conflitto e in questi anni l'Italia ha, in qualche modo, partecipato a delle guerre, sempre facendo finta di non farlo e inventando ogni volta un qualche escamotage lessicale: ad esempio "difesa integrata" fu il nome che diedero alla guerra in Kosovo.
In questi giorni ne stiamo cominciando un'altra, appunto autorizzando le missioni dei droni americani in Libia e purtroppo di questo si parla molto poco, troppo poco. Ovviamente tutti negano che all'utilizzo dei droni seguirà quello delle navi e poi delle truppe di terra, ma visto che hanno una certa tendenza a rimangiarsi la parola data, non farei troppo affidamento su queste rassicurazioni. Nessuno ammette neppure che si tratti di una guerra, preferendo parlare di difesa. Immagino che anche quelli che sono più abili ad arrampicarsi sugli specchi facciano un po' fatica a spiegarci come questi droni possano essere usati per la nostra difesa. Qualcuno dal suolo libico ci sta sparando? Stanno partendo dei bombardieri dagli aeroporti di quel paese? Nulla di tutto questo. Forse i droni saranno utilizzati per attaccare qualche bersaglio mirato, con la speranza di uccidere un potenziale terrorista. Ma più probabilmente le vittime saranno quei poveri cristi che hanno deciso di intraprendere un viaggio pericoloso e drammatico verso le nostre coste.
Questa è la vera minaccia che gli Stati Uniti, l'Europa - e quindi l'Italia - vede in Libia: l'arrivo di un numero sempre crescente di disperati che, esasperati dalla povertà, tentano un viaggio dalle mille incognite, ma che almeno offre a loro, e alle loro famiglie, un'opportunità in più rispetto a quella di rimanere nelle loro terre. Al di là di ogni altra considerazione umanitaria, cosa pensate che succeda se continueremo i bombardamenti? Pensate che quei popoli staranno là, ad aspettare le nostre bombe? La guerra provocherà altra povertà, altri dolori, altra disperazione, e spingerà altre persone a fuggire. E noi non saremo in grado di accogliere tutti, anche volendo - fatto salvo che neppure lo vogliamo. E il bello è che sono sempre gli stessi che da un lato vogliono i bombardamenti e dall'altro pretendono di chiudere le frontiere davanti a chi scappa da quelle bombe. Così non ci stiamo difendendo, stiamo solo facendo crescere l'odio, anche contro di noi, contro la supposta "civiltà occidentale", che non riesce a immaginare altro che la guerra per risolvere i problemi del mondo.
Togliamo il velo dell'ipocrisia e usiamo le parole in maniera onesta. Il nostro paese non si sta difendendo, perché nessuno ci ha attaccato, ma stiamo cominciando una guerra, anzi l'abbiamo già cominciata, ma non abbiamo avuto il pudore di ammetterlo. Qual è l'obiettivo di questa guerra? Chi sono i nostri nemici? Cosa ci aspettiamo quando la guerra sarà finita con un'auspicata vittoria? Perché in guerra ci vai per vincere, non per partecipare, come alle olimpiadi. Nessuno vuole rispondere a queste domande. Anche se io penso che le risposte ci siano. Andiamo in guerra perché ne hanno bisogno le industrie che costruiscono tutto quello che è necessario per combattere, andiamo in guerra perché così le grandi aziende si garantiranno delle materie prime a basso prezzo, andiamo in guerra perché le banche hanno bisogno di lucrare sui crediti di guerra, andiamo in guerra perché c'è la crisi, e da sempre le guerre sono il sistema più rapido per uscirne, andiamo in guerra per imporre a quei paesi dei governi che obbediscano agli interessi delle multinazionali, delle industrie, delle banche. Sono buoni motivi per bombardare la Libia? Sì, per chi guadagnerà da questa guerra. Per noi, che la guerra la subiamo, no. Per chi soffrirà a causa di questa guerra, no.
Per questo è venuto il momento di difenderci, dai fanatici, dagli integralisti, dai terroristi, che stanno a Washington, a Londra, a Parigi, a Roma, che siedono nei governi, nei consigli di amministrazione, nelle banche, dobbiamo difenderci da tutto costoro che ci stanno attaccando. Per questo dobbiamo dire che questa guerra, in qualunque modo la vogliano chiamare, è un crimine.
E allora, come diceva Andrea Costa, per la vostra guerra né un uomo, né un soldo.

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