giovedì 31 marzo 2016

Verba volant (258): trivella...

Trivella, sost. f.

Ci sono diverse ragioni dettate dal buon senso per votare no al prossimo referendum abrogativo sul tema della durata delle concessioni già attive per le estrazioni in mare, quello che ci siamo abituati a chiamare, per amore di sintesi e soprattutto per pigrizia, il referendum sulle trivelle o, ancora più sbrigativamente, No-triv. Eppure io voterò . Probabilmente qualche anno fa, quando facevo un altro mestiere, anch'io avrei votato no, perché cercavo di far prevalere in ogni occasione il buon senso, ma oggi sento che ne siamo rimasti vittima. E ormai a questo preteso buon senso ho deciso finalmente di ribellarmi.
Il prossimo 17 aprile noi cittadini saremo chiamati a decidere su una questione di cui, in un paese normale - ossia in un paese in cui funzionano normalmente i meccanismi di una democrazia rappresentativa - i cittadini non dovrebbero occuparsi. Siamo arrivati a questo referendum perché due diversi livelli istituzionali - l'amministrazione centrale e quelle regionali - non sono riuscite a risolvere in maniera adeguata un conflitto di competenze, perché in questo paese ci siamo inventati una forma di federalismo, che federalismo non è, in cui, a stagioni alterne e senza alcuna riflessione, siamo passati da un eccesso di centralismo a forme improprie e pasticciate di autonomia, in cui su questioni anche molto rilevanti - e la politica energetica è certamente una di queste - non si capisce chi deve decidere e assistiamo a un perenne conflitto di competenze. Sulla durata delle concessioni - come su altri aspetti così tecnici - utilizzare lo strumento del referendum abrogativo è francamente un'assurdità, perché si tratta di una materia complessa e che ha molte implicazioni di carattere economico e industriale. Non ha senso chiedere ai cittadini se abrogare o non abrogare questo o quel comma di una legge, mentre dovrebbe essere scritta una legge, chiara, esaustiva, precisa, su questo tema, che determini tutti gli aspetti della questione. E chiaramente questo è un compito che deve essere delegato a chi queste materie le studia, a chi ne ha competenza, e soprattutto a chi ha un mandato democratico per farlo.
In un paese normale - o almeno nel paese in cui vorremmo vivere - le diverse forze politiche dovrebbero confrontarsi su alcune questioni di fondo, ad esempio se sfruttare o meno le risorse energetiche non rinnovabili presenti al di sotto dei fondali marini, i cittadini dovrebbero scegliere una forza politica anche in base a cosa quella propone su un tema come questo, e infine gli eletti espressi da quella forza politica dovrebbero scrivere un insieme di norme coerenti con quella impostazione, scelta dalla maggioranza dei cittadini. Se vi sembra una cosa astrusa, è perché ormai queste elementari regole della politica vengono sistematicamente ignorate. Ad esempio io - da quel vecchio sinistro che sono - voterei per una forza politica che avesse nel proprio programma la proposta di non sfruttare quelle risorse, perché tutti gli investimenti dovrebbero essere indirizzati all'utilizzo di fonti alternative e rinnovabili. Fatta questa scelta di fondo - dal momento che non sono un estremista come qualcuno mi dipinge - capirei se si decidesse, per gli impianti già in essere, di sfruttarli fino a esaurimento, con le necessarie e dettagliate misure di sicurezza, ad esempio con l'obiettivo di tutelare le aziende e i lavoratori impegnati in quelle piattaforme.
Questo referendum non servirà a nulla. Anche se si raggiungerà il quorum, anche se vinceranno i , non ci sarà nessuna vera conseguenza. Quel comma sarà abrogato e probabilmente nei mesi successivi sarà approvata una norma per eludere questa abrogazione. Questo referendum non inciderà sulle scelte di politica energetica dell'Italia, che continueranno a essere dettate da interessi privati che poco hanno a che fare con gli interessi del paese, anzi spesso ne sono in contrasto. Interessi spesso opachi, in cui clientele, complicità, connivenze - come dimostrato anche dalla brutta vicenda in cui sono implicati ministre, fidanzati di ministre e vertici di società petrolifere, all'ombra di mamma Eni - sono l'elemento predominante. Soprattutto noi cittadini non saremo mai interrogati su scelte di fondo che avranno su di noi, sui nostri figli, sull'ambiente in cui viviamo, un impatto fortissimo. Su queste scelte - che ci riguardano molto di più della durata delle concessioni in alcune piattaforme petrolifere - nessuno chiederà mai cosa ne pensiamo, che sacrifici saremmo disposti a fare, che opportunità vorremmo avere per il futuro delle prossime generazioni.
Io voterò , nonostante tutte queste riflessioni, perché almeno, seppur attraverso questo strumento inadeguato, in questa maniera indiretta e obliqua, in questo modo potrò esprimere la mia opinione su questo tema. Abbiamo un bisogno disperato di costruire un modello di sviluppo diverso da quello in cui noi siamo cresciuti e in cui stiamo facendo crescere i nostri figli; abbiamo bisogno di costruire modelli in cui ci sia bisogno di meno energia, in cui l'energia non sia sprecata, e che l'energia di cui avremo comunque bisogno venga prodotta da fonti rinnovabili; abbiamo bisogno di ridurre in maniera drastica i livelli di inquinamento del pianeta; abbiamo bisogno che l'accesso alle fonti naturali ed energetiche sia libero e non sottoposto alle leggi del mercato. In sostanza abbiamo bisogno che ci siano beni sottratti una volta per sempre alla logica del profitto capitalista. Votare al referendum non significa ovviamente risolvere tutti questi problemi, ma almeno è il segnale che non ci vogliamo adeguare al buon senso, al compromesso, alla mediazione sempre e comunque, che alla fine vuol dire accettare il sistema capitalista, accontentarsi del modello di sviluppo che altri hanno deciso per noi, perché a loro fa comodo così, perché loro guadagnano così. Io voto perché so che un mondo diverso è possibile, anche contro quelli che dicono no o che dicono che votare non è importante, e che ci rassicurano che il mondo lo cambieranno loro, piano piano, un passo alla volta, sotto la guida dei capitalisti. Un mondo diverso è possibile soltanto se lo ribaltiamo, se cominciamo a fermare il lavoro di una trivella o la costruzione di un treno inutile. Per questo il mio , indipendentemente dallo stretto merito della questione o dalle possibili conseguenze sulla stabilità del governo - che comunque un po' danneggeremo votando contro di loro - è un voto politico, con cui voglio esprimere la mia disobbedienza. E la mia speranza.

1 commento:

  1. NON CREDO CHE NONSERVA NULLA A ME SERVE A NON FARMI PERENDERE PER IL... A PARTECIPARE CONVINTA A SCELTE CHE A LUNGO ANDARE CI DARANNO RAGIONE

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