lunedì 7 novembre 2016

Verba volant (316): dividere...

Dividere, v. tr. 

Nelle ultime settimane in questo paese ci sono almeno tre Italie, che non si parlano, che si detestano con violenza. Ci sono ovviamente l'Italia del sì e l'Italia del no: in apparenza ci confrontiamo, ma non ci parliamo davvero mai. Se non per scambiarci insulti. Io - lo sapete - faccio parte, convintamente, dell'Italia del no e credo di avere avuto ieri uno dei miei sporadicissimi contatti con una persona dell'Italia del sì, una che si è presa la briga di venire sulla mia bacheca di Facebook e di scrivere un commento acido: allora io l'ho insultata con maggior cattiveria, perché quelli lì li detesto e non voglio averci nulla a spartire. E infatti, come è arrivata, è sparita e io ho continuato a dire le mie cose. Ogni tanto vado a scrivere cose sgradevoli sulle loro bacheche, a cui loro sgradevolmente rispondono. Non credo di essere un caso raro, forse con gli anni ho un po' accentuato il mio cattivo carattere, ma in sostanza credo di essere nella media, a quello che leggo in giro.
Poi c'è la terza Italia - quella che credo numericamente più significativa - a cui non frega un c...o del referendum costituzionale, che probabilmente non andrà a votare o che, se andrà, voterà sì o no a seconda di un sentimento momentaneo, di un'impressione, probabilmente di un qualche rancore. Sarà comunque un voto contro: contro renzi o contro i "vecchi" politici o contro qualcosa, non importa cosa. E' un'Italia che ha molti problemi e che, spesso a ragione e qualche volta a torto, considera questi problemi più importanti di quello su cui ci stiamo accapigliando. In genere considera fondamentali e universali i propri problemi, fregandosene di quelli degli altri. E comunque credo si interessi ancor meno a questo tema, anche per il modo in cui lo affrontiamo. Noi del no - come peraltro quegli sfigati del sì - parliamo raramente a questa Italia, anche se potrebbe essere quella che fa la differenza, anzi sarà quella che farà la differenza. Parliamo ciascuno ai nostri, anche perché in sostanza non ci fidiamo che vadano a votare e soprattutto che votino bene. Non credo di essere più amaro e pessimista del solito, ma se abbiamo il coraggio di guardarci allo specchio vi accorgerete non è un bel vedere.
Credo sia grave quando in un paese ci si riduce a vivere così ed è tanto più grave che una divisione così netta, così violenta, così volgare nei toni, ci sia proprio sulla Costituzione, ossia su quel testo che dovrebbe rappresentare il massimo di condivisione possibile tra cittadini che legittimamente hanno idee, convinzioni, posizioni politiche differenti. Sono preoccupato per quello che succederà il 5 dicembre, a partire da quello che penso io, perché io sono uno di quelli che, quando vinceremo, non vorrebbe fare prigioneri, anche perché sono convinto che se loro vincessero non ne farebbero. Comunque, anche al di là di quello che penso io nella mia radicalità giacobina, il 5 dicembre il paese sarà più diviso ancora, se possibile, di quanto lo sia già adesso. Noi da una parte, loro dall'altra e quelli che non gliene frega un c...o da un'altra ancora. E continueremo a non parlarci. Se non per insultarci.
E questa divisione in qualche modo si è sedimentata non solo per quel che riguarda la politica. C'è in giro una cattiveria, un livore, che vediamo in molti aspetti della nostra vita. Personalmente ho visto questa divisione anche in occasione del recentissimo terremoto. Al di là di qualche appello generico, al di là di qualche persona di buona volontà che si è data da fare, questa catastrofe - che è un dramma italiano, che ha colpito tutta l'Italia, perché Norcia è tutta l'Italia, Preci è tutta l'Italia, come Amatrice, come Accumoli, come Arquata - non l'abbiamo vissuta come un avvenimento nazionale, ma come la sfortuna di quelli a cui è capitata: meno male che non è successo a me, abbiamo pensato nei migliori dei casi, quando non abbiamo pensato peggio per loro, magari dopo aver mandato il nostro bravo sms solidale.
Credo ci sia una certa predisposizione italica per questa tendenza a dividersi con tale rabbia, anche se quello che succede negli Stati Uniti ci fa capire che il fenomeno non è così locale. Noi italiani un po' siamo fatti così, anche perché nessuno di noi è davvero italiano, ma è piemontese o siciliano, fascista o comunista, cattolico o anticlericale, guelfo o  ghibellino e così via, ma penso anche che in questi ultimi venticinque anni sia stata accuratamente coltivata, favorita, in qualche modo fatta crescere. E non penso al secessionismo da operetta della Lega. In questo bisogna ammettere che Berlusconi ha fatto tanto per spezzare ogni legame possibile tra noi italiani e su questo più che su qualsiasi altro aspetto renzi l'ha seguito. Berlusconi ha fatto di tutto per dividere l'Italia, come renzi sta facendo l'impossibile per rendere quella divisione sempre più profonda. Allora forse c'è un progetto perché né Berlusconi né meno che mai il povero renzi sono capaci di tali astuzie, di pensare simili disegni. Forse qualcuno ha voluto colpire l'Italia in questo modo, dopo averla colpita per più di dieci anni con le bombe e le stragi. Dal momento che l'Italia allora non si fiaccò, anche se si piegò e si contorse, hanno deciso di renderla più docile in questo modo, facendola diventare così tragicamente cattiva. E ciascuno di noi sta contribuendo a questo loro disegno. Da Gorino fino alle nostre livide bacheche social.
Personalmente non voglio smettere di diventare cattivo - a questa età è ormai impossibile che rinunci al mio bel carattere - né voglio esortarvi a non esserlo, anche perché so che non mi ascoltereste. Però credo che dovremmo saper indirizzare in maniera diversa questa cattiveria. Perché dividerci, anche aspramente, è importante, ma è altrettanto importante dividerci nella maniera giusta. Senza che nessuno ce lo imponga. Anche per far finalmente partecipare quell'Italia che adesso sta alla finestra e non si cura di nulla.

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