giovedì 19 gennaio 2017

Verba volant (340): congiuntivo...

Congiuntivo, sost. m. 
«Posso permettermi di farle una domanda?… Poi gliene farò altre, di altre natura… Nei componimenti di italiano lei mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Ma una volta mi ha dato un cinque: perché?».
«Perché aveva copiato da un autore più intelligente».
Il magistrato scoppiò a ridere. «L'italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica…». «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare» disse il professore. «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto».
E' un brano celebre, tratto dal romanzo Una storia semplice di Leonardo Sciascia. Probabilmente ricorderete questo scambio di battute grazie alla magistrale interpretazione di Gian Maria Volonté nel film tratto dal libro.
E' vero: l'italiano è a volte difficile, ma per questo ci fa ragionare. Non è sempre facile usare il congiuntivo in maniera corretta, capita a volte di sbagliare, anche quando ci pensiamo, anzi a volte ci sbagliamo di più proprio quando ci pensiamo. Certo quando scriviamo possiamo fare più attenzione ai congiuntivi, abbiamo - teoricamente - più tempo, anche se questo "diabolico" strumento attraverso cui io ora scrivo e voi prima o poi mi leggerete, ci porta a scrivere in fretta, che - come si sa - è una cattiva consigliera. Quando parliamo i congiuntivi rischiano ancora di più e non è detto che sia poi questo gran male. La lingua è - per fortuna - una cosa viva, che cambia, anzi proprio questi mutamenti le assicurano di essere immortale; se parlando non sentiamo tutta questa necessità di usare il congiuntivo e riusciamo comunque a far capire alle persone con cui parliamo le nostre idee, i nostri stati d'animo, le nostre passioni, non è detto che questi congiuntivi siano così indispensabili.
Forse un giorno i nostri bisnipoti non useranno più il congiuntivo, ma la loro lingua sarà altrettanto bella, avranno poeti e scrittori che la sapranno usare con maestria, anche senza quelle complicate costruzioni verbali. Tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento la lingua che sarebbe diventata l'italiano - con tutti i suoi bravi congiuntivi - suonava malissimo ai dotti del tempo che parlavano latino e consideravano quell'idioma con superba noncuranza. Gli accademici di quel tempo, leggendo Dante, probabilmente dicevano, come in un vecchio carosello: L'italiano? Non dura, dura minga, non può durare. Eppure l'italiano è durato perché i poeti e - nel nostro piccolo - ciascuno di noi siamo riusciti a trasmettere attraverso questa lingua pensieri ed emozioni. 
Vedo che in questi giorni sui mezzi di informazione viene preso di mira un esponente politico per aver sbagliato tre congiuntivi di fila. A parte il fatto che spesso sui giornali leggiamo consecutio che ci fanno accapponare la pelle, il problema - come diceva il professor Franzò - non è l'italiano, ma è il ragionare. Effettivamente scrivere tre pensieri di fila sbagliando in ognuno di essi un congiuntivo è indice di scarso ragionamento e io non voglio affatto difendere questo "scrittore" così avventato, visto che peraltro sarebbero state c...te anche se scritte in corretto italiano, con tutti i congiuntivi a modino. Io peraltro ho avuto la fortuna di conoscere ottimi amministratori pubblici, il cui italiano era zoppicante, perché da bambini avevano avuto ben altro da fare che andare a scuola. E ho imparato a ragionare - per quel poco che ci sono riuscito - e ho imparato a fare politica ascoltando molte di queste persone, i cui congiuntivi mi facevano sorridere. Ho anche conosciuto persone che non sbagliavano un congiuntivo, ma non dicevano nulla, perché non sapevano nulla. O, ancora peggio, che usavano la loro capacità di parlare bene per ingannare gli altri. 
Adesso ovviamente provo a scrivere senza errori perché mi sembra rispettoso verso voi che leggete e perché spero in questo modo di essere più chiaro. Ma mi auguro che mi leggiate più per quello che scrivo che per come lo scrivo. E cerco di scrivere senza errori, perché mi serve per ragionare. Ma non voglio farne un dramma se mi capita di sbagliare un congiuntivo.

Allora, ragioniere, che fa? Leggi?
Ma... mi dà del tu?
No, no! Dicevo: leggi lei?
Ah, congiuntivo...

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