giovedì 16 marzo 2017

Verba volant (363): olandese...

 Olandese, agg. m. e f.

E' buona regola, quando si commentano i risultati di una qualsiasi elezione, partire dai numeri, altrimenti rischiamo di parlare soltanto delle nostre speranze; o delle nostre paure. O peggio di proiettare su quel voto le nostre idee, a volte in buona fede, ma spesso dolosamente di parte, senza tener conto dei dati reali. Francamente ho visto questa regola scarsamente applicata alle elezioni olandesi. Proverò, nel mio piccolo, a dire cosa ho capito da questi numeri.
A volte le profezie non si avverano, anche quando sono costruite in maniera sistematica e tenace, proprio come è avvenuto in occasione di queste elezioni. I commentatori italiani avevano già pronti editoriali e commenti, amache e articolesse varie, per deplorare il successo del biondissimo e piuttosto fascista Geert Wilders. Effettivamente il suo Pvv è passato dai 15 seggi del 2012 a 23, un risultato importante, ma non ha sfondato, anche perché - e questo i bravi commentatori italiani si sono sempre ben guardati dal ricordarlo - nei Paesi Bassi c'è un sistema rigorosamente proporzionale. Che forse - sia detto per inciso - non è così male come hanno tentato di convincerci in questi vent'anni, tanto che ha portato a votare - in un giorno feriale - l'82% dei cittadini olandesi: chissà quanti articoli gettati nei cestini della carta straccia sulla disaffezione al voto, sulla crescita dell'astensionismo. 
Ma torniamo ai voti: la vicenda olandese ha dimostrato che un sistema proporzionale è il modo migliore per tenere sotto controllo un fenomeno certamente preoccupante come la crescita di un partito come quello di Wilders. Pensate se ci fosse stato l'Italicum: Wilders e i suoi camerati rischiavano di governare il paese di Rembrandt e Van Gogh. Invece non è mai stata una gara tra Rutte e Wilders, tra l'Europa e l'anti-Europa, tra la civiltà e la barbarie, come ci avevano fatto credere, ma una normale competizione elettorale, che ha comunque modificato il quadro politico olandese. 
Nel 2012 la politica del paese dei tulipani era polarizzata intorno ai due grandi partiti, il Vvd e il PvdA - ossia le forze politiche che fanno riferimento rispettivamente al Ppe e al Pse - che avevano ottenuto 41 e 38 seggi, 79 sui 150 totali della loro Camera bassa. Nella recente tornata elettorale questi due partiti hanno ottenuto rispettivamente 26 e 11 seggi, in tutto 37. Non mi pare che abbia vinto l'Europa, come si sono affrettati a scrivere i nostri corsivisti e i twittatori compulsivi. Francamente non mi pare che ci sia da cantare vittoria, come hanno fatto, senza molto riflettere sui numeri, Juncker e Gentiloni, Schulz e Merkel. Particolarmente curioso è l'atteggiamento proprio dei due leader - si fa per dire - iscritti al Pse, che gioiscono, nonostante il partito per cui teoricamente avrebbero dovuto tifare sia stato pesantemente sconfitto. Infatti il dato più significativo - e per me assolutamente positivo - è proprio la dura sconfitta dei cosiddetti socialisti, che avevano dato vita con Rutte a un governo di "grande coalizione" e il cui esponente più conosciuto a livello europeo è Jeroen Dijsselbloem, attuale presidente dell'Eurogruppo e uno dei sacerdoti dell'ultraliberismo europeo. Come è avvenuto con il Pasok in Grecia, con il Psoe in Spagna, come speriamo avverrà presto in Italia con il pd e in Germania con la Spd, questi partiti - che ancora si proclamano socialisti, ma che hanno tradito la loro missione e i valori della loro storia - sono destinati a morire. E prima moriranno meglio è. 
Invece in Olanda, a sorpresa, almeno per noi a cui avevano spiegato ci sarebbe stato l'exploit dell'ultradestra, si è affermata la sinistra, che con i 13 seggi del Partito socialista - in leggero calo - e i 17 dei Verdi - la vera grande sorpresa di queste elezioni - potranno condizionare le scelte politiche di quel paese. Trenta deputati in un sistema proporzionale, in cui il peso delle forze parlamentari è molto omogeneo, sono un capitale politico enorme, che speriamo i compagni olandesi sappiano sfruttare al meglio. Evidentemente alla crisi non c'è solo la risposta dei populisti, la risposta dei fascisti, ma nche una risposta di sinistra. In Italia ci sembra impossibile - e di questo noi portiamo grandi responsabilità - ma nel resto d'Europa la sinistra c'è, è una prospettiva credibile. E, ancora una volta, è potuta crescere in un sistema proporzionale, senza immaginarsi, come fa ad esempio Pisapia, come mosca cocchiera di un partito come il pd, sperando di ottenere qualche posto in un sistema maggioritario.
Chiaramente c'era qualcuno che sperava che Wilders avesse un risultato migliore; sono gli stessi che usano la Le Pen in Francia, sperando che alla fine vinca Macron o che demonizzano i Cinque stelle, presentandoli peggiori di quello che sono, per sostenere il moribondo pd. Le forze del capitalismo hanno bisogno di queste forze, hanno bisogno di spaventare gli elettori affinché non votino a sinistra e si accuccino sotto le insegne protettive della Bce. E' un gioco vecchio, lo abbiamo visto all'opera all'inizio del Novecento, quando gli agrari e i padroni delle fabbriche finanziavano i fascisti per tenere a bada i socialisti. Quella volta non è andata loro bene, perché a giocare con il fuoco spesso ci si brucia, ma non hanno imparato la lezione. I padroni - e i loro servi che scrivono sui giornali - hanno bisogno del maggioritario, per costringerci a votare il meno peggio. Per fortuna i cittadini olandesi non sono caduti in questa trappola.

Nessun commento:

Posta un commento