sabato 22 aprile 2017

Verba volant (376): terra...

Terra, sost. f.

Da qualche anno abbiamo cominciato a chiamare land grabbing, - più o meno la rapina della terra - l'acquisto o l'affitto per decine di anni di migliaia e migliaia di ettari di terreno in Africa, Asia e America latina da parte di grandi compagnie multinazionali. Naturalmente questa vera e propria "corsa alla terra" è cominciata da tempo, ma la crisi finanziaria le ha dato un notevole impulso: quando la finanza ha cominciato a vacillare sotto i colpi della speculazione, gli stessi speculatori hanno capito che era meglio rifugiarsi su beni più solidi e la terra è certamente uno di questi. E quindi i lupi di Wall street sono diventati tanti famelici mastro don Gesualdo, attaccati alla loro roba. Sono infatti proprio quelli che hanno fatto i soldi con le transazioni finanziarie a essere i protagonisti di questo ritorno alla old economy: in fondo di cibo ci sarà sempre più bisogno, visto che la popolazione mondiale tende a crescere, i prezzi rimarranno alti e quindi il profitto sarà garantito.
Anche perché la terra nei paesi poveri del mondo costa poco, a volte pochissimo e rende parecchio. Gli stati petroliferi arabi fanno incetta di terreni per garantire le scorte alimentari necessarie per le loro popolazioni, la Cina - molto attiva in Africa - lo fa anche con l'obiettivo di espandere la propria influenza politica in quel continente strategico, le grandi compagnie multinazionali per impiantare monocolture di biocarburanti, facendo anche finta di farlo per il bene del pianeta e per non sfruttare le risorse energetiche tradizionali che stanno finendo: tutti questi ne ricavano guadagni immensi. Ci guadagnano qualcosa, un'inezia rispetto ai guadagni globali, quei governanti corrotti - spesso sostenuti dai governi occidentali - che vendono e svendono le terre dei loro paesi. 
Se sono pochissimi quelli che ci guadagnano, naturalmente sono moltissimi quelli che ci rimettono, prima di tutto i contadini che in quelle terre vivevano e lavoravano. Ma anche noi ci rimettiamo, perché crescono i prezzi degli alimenti e perché il mondo è sempre più inquinato. Il land grabbing è il nuovo colonialismo e peserà sempre di più sulle fragilissime economie dei paesi più poveri del pianeta. Perché da qui parte un'innaturale e smisurato consumo della terra. E' innaturale utilizzare enormi estensioni di terra africana e una quantità incredibile d'acqua per produrre in Kenya i fiori che vengono venduti sui mercati olandesi. C'è qualcosa in questa forma di sviluppo che evidentemente non funziona, anche quando porta vantaggi economici, che peraltro sono distribuiti in maniera troppo diseguale. Comunque, anche se la ricchezza fosse più equamente ripartita, ci sarebbe qualcosa di malato in questo modo di produrre.
Gli economisti che hanno l'onesta intellettuale di riconoscere le leggi fondamentali della loro materia spiegano che la fame non è una calamità naturale, come un terremoto o uno tsunami, ma un fenomeno che può essere eliminato, se solo ci fosse la volontà di farlo: bisognerebbe da un lato introdurre delle regole efficaci e cogenti nei mercati che operano sui titoli che si basano sulle commodities alimentari, e dall'altro lato sostenere modelli di produzione agroecologici, su piccola scala e basati sul lavoro di chi vive in quei territori. Certo servirebbero risorse, ma servirebbe soprattutto la capacità della politica di imporre le proprie scelte alle istituzioni finanziarie globali. Invece, come è noto, sono queste che impongono le proprie scelte alla politica. Dal momento che per i loro esperti la causa principale dell'attuale crisi alimentare è il cambiamento climatico, la soluzione è quella di favorire chi sta acquistando grandi quantità di terreni. Infatti queste istituzioni, in primis la Banca mondiale, da un lato prestano denaro ai grandi investitori affinché possano acquistare nuovi terreni e vi impiantino le monocolture e garantiscono le assicurazioni contro le perdite legate alle siccità e agli eventi naturali; dall'altro lato agiscono sui governi dei paesi poveri affinché modifichino le leggi sulla proprietà della terra, favorendo la creazione dei grandi latifondi.
Quando si parla del controllo che l'1% dei ricchi ha sul governo dell'economia del nostro pianeta si parla concretamente anche di questo. Questi sedicenti esperti dimenticano - o fanno finta di dimenticare - che è il mercato che non garantisce cibo per tutti e non l'agricoltura. Questa cosa dobbiamo sempre averla in mente, perché è fondamentale. La terra produce e può produrre le risorse per dare da mangiare a tutti noi, è la distribuzione che lo impedisce. Il paradosso è che la Banca mondiale da tempo propone di aiutare i paesi più poveri a uscire dalla fame, utilizzando prodotti finanziari derivati sul cibo, in sostanza ha proposto di affidare ai mercati la soluzione del problema che essi stessi hanno creato. Loro si stanno comprando tutta la terra, la terra migliore, quella più fertile e la stanno impoverendo con il sistema delle monocolture, ai contadini rimane poca terra, quella più difficile da coltivare e meno redditizia, con il cibo che diminuisce e i prezzi che fatalmente aumentano. Difendere la terra significa modificare in maniera radicale questo sistema di sviluppo, difendere la terra significa abbattere il sistema capitalista, difendere la terra significa toglierla alle multinazionali per darla ai contadini, difendere la terra significa lavorare per un futuro diverso.

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