martedì 29 agosto 2017

Verba volant (427): sirena...

Sirena, sost. f.

Quando Odisseo, durante il lungo viaggio che lo avrebbe riportato a Itaca, passò accanto all'isola delle sirene, sapendo che il canto di quelle donne era capace di ammaliare e rapire gli uomini che avessero la ventura di ascoltarlo, per sfuggire a quel pericolo decise di tappare con la cera le orecchie dei suoi compagni. Ma siccome egli voleva ascoltare quel canto, che nessun mortale aveva potuto udire rimanendo vivo, ordinò ai suoi uomini di legarlo con le funi più robuste all'albero della nave e disse loro che non lo avrebbero dovuto slegare per alcun motivo, qualunque ordine egli impartisse. E in questo modo Odisseo e i suoi uomini si salvarono. I miti greci - lo sapete - sono stati raccontati e tramandati da maschi. Non sappiamo nulla di Omero, non sappiamo quando è nato e dove ha vissuto, non sappiamo cosa esattamente abbia scritto o se si sia limitato a raccogliere quello che altri avevano cantato prima di lui, però sappiamo certamente che era un maschio. E infatti in questa storia celebra l'astuzia di un maschio che ha voluto a tutti i costi ascoltare il canto delle sirene.
Credo che questa storia sia stata sopravvalutata: Odisseo sarebbe stato davvero un eroe se fosse riuscito ad ascoltare le sirene senza essere legato. Perché quelle donne non ingannavano gli uomini, anzi dicevano loro la verità, soltanto la verità: le sirene erano onniscienti e gli uomini si perdevano non per colpa di quelle donne, ma perché volevano diventare come loro. Odisseo, quando supplicava i suoi compagni di slegarlo e di lasciarlo andare dalle sirene, aveva l'ambizione smodata di sapere tutto quello che le sirene sapevano. Un'ambizione che lo avrebbe perduto, se appunto non fosse stato legato.
Ho ripensato a questa storia antica perché racconta bene il rapporto complesso - e spesso malato - che noi maschi abbiamo con le donne. Quante volte abbiamo ascoltato condannare episodi di stupro, e poi aggiungere, quasi incidentalmente, consigli alle donne affinché non corrano il rischio di essere stuprate. Quante volte abbiamo ascoltato, dopo la doverosa condanna dello stupro, una frase che comincia con "certo se lei non avesse...". Quante volte abbiamo ascoltato queste parole e abbiamo taciuto, forse perché ci sembravano sensate. Eppure queste sono le parole più pericolose, quelle che fanno più male alle donne, perché in qualche modo le colpevolizzano, limitano la loro libertà, perché le donne non potrebbero indossare certi vestiti, non potrebbero frequentare certi luoghi. Ad ascoltare queste queste parole le donne non avrebbero neppure la libertà di rimanere sole, magari per pensare, perché una donna sola scatena una pulsione che i maschi non sono in grado di controllare.
Lo abbiamo ripetuto molte volte, eppure pare ancora che non sia sufficiente, quando un maschio stupra una donna il colpevole è l'uomo, non la donna. E non ci sono eccezioni che tengano, non ci possono essere "ma".
Non è la donna che si deve giustificare: non può esserci il buon senso che ci fa dire che è meglio che una donna non si vesta in un certo modo, non vada in un certo posto, non frequenti certe persone. E cosa possiamo farci noi maschi? A sentire il buon senso l'unica soluzione possibile sarebbe quella di farci tappare le orecchie o di farci legare stretti affinché non possiamo sfogare il nostro bisogno "naturale" di possedere quelle donne, che conoscono ogni cosa, che sono così migliori di noi. Ma non si è eroi quando si è legati. Al limite smettiamo di essere un pericolo, ma continuando a pensare in questo modo non si cambia il mondo. E il mondo ha bisogno di uomini che imparino ad ascoltare con libertà e responsabilità le sirene e di madri che insegnino questo ai loro figli maschi. Questo è l'unico modo per salvare le sirene.

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