venerdì 10 novembre 2017

da "Lezioni sul fascismo" di Palmiro Togliatti

Come, in Italia, a un determinato momento si pose il problema della organizzazione della dittatura fascista e come si riuscì ad organizzare il movimento reazionario? Questo è il tema.
Andiamo alle origini. Da un lato vi è la crisi rivoluzionaria, la borghesia è impossibilitata a governare con i vecchi sistemi, c’è un malcontento generale, offensiva della classe operaia, scioperi politici, generali, ecc. Siamo, in una parola, nel dopoguerra: la crisi rivoluzionaria profonda.
In essa si rimarca specialmente un elemento: la impossibilità per la classe dirigente italiana di applicare la vecchia politica, la politica applicata fino al 1912, la politica giolittiana, “riformista”. Non già riformista perché fossero andati al potere i riformisti, ma perché essa era una politica di concessioni a determinati gruppi, intesa a mantenere in piedi la forma della dittatura borghese nella sua veste parlamentare.
Nel dopoguerra questa politica non regge più perché la massa operaia e contadina vi si ribella.
Due grandi avvenimenti si notano nel dopoguerra: il grande sviluppo del Partito socialista italiano che conta centinaia di migliaia di aderenti e milioni di elettori. Dall’altra parte il risveglio delle classi contadine, con molti partiti poiché i contadini sono spezzati. Il partito popolare è un partito contadino. Contemporaneamente vediamo dei movimenti di contadini, delle occupazioni di terre nel mezzogiorno, ecc.
Gli operai e contadini muovono all’attacco e ha inizio il loro blocco. Questa confluenza dell’attacco operaio e contadino si trova nel dopoguerra italiano nelle forme più sviluppate. Essa segna la fine delle forme parlamentari.
La borghesia deve liquidare il parlamentarismo. Il malcontento non si estende solo agli operai ma abbraccia anche la piccola borghesia. Sorgono movimenti piccolo-borghesi, ex combattenti, ecc. la borghesia, la piccola borghesia non sopporta più il regime esistente, vuol cambiare.
Questo è il terreno su cui sorge il fascismo.
Quando questo movimento nella piccola borghesia si trasforma in movimento unico? Non al principio, ma alla fine del 1920. Esso si trasforma quando interviene un elemento nuovo, quando come elemento organizzatore intervengono le forze più reazionarie della borghesia, prima il fascismo si sviluppava ma non era ancora l’elemento fondamentale.
Il movimento fascista sorge durante la guerra. Dopo, continua nei fasci di combattimento. Ma vi sono degli elementi che non lo seguiranno fino in fondo. Per esempio, polemizzando con Nenni lo chiamiamo fascista. Ma a un certo momento egli si è staccato. All’origine il fascismo era composto da vari gruppi, non omogenei, che non avrebbero marciato assieme fino in fondo. Vedi le sezioni fasciste della città nel 1919-1920, vi trovate degli elementi della piccola borghesia appartenenti a vari partiti, che discutevano i problemi politici generali, ponevano una serie di questioni, avanzavano delle rivendicazioni, su questo terreno si ha il primo programma del fascismo (piazza San Sepolcro), prevalentemente piccolo-borghese, che rispecchia l’orientamento dei fasci urbani. Prendete invece il fascismo di campagna: Emilia, ecc. Non è così. Sorge più tardi: 1920. esso si presenta sotto l’aspetto di squadre armate per la lotta contro il proletariato. Sorge come squadrismo. Vi aderiscono spostati, piccoli borghesi, strati sociali intermedi. Ma è immediatamente organo di combattimento contro la classe operaia. Nelle sue sedi non si discute. Perché questa differenza? Perché qui è intervenuto immediatamente, come elemento di organizzazione, l’agrario.
A partire dalla metà del 1921 anche in città si creano delle squadre. Prima a Trieste dove il problema nazionale è più acuto, poi nelle altre città dove più tese sono le forza. Le squadre si forgiano sul tipo della campagna. A Torino dopo l’occupazione delle fabbriche; in Emilia invece il fascismo aveva già a quest’epoca delle forti organizzazioni.
Verso la fine del 1920, interviene anche nelle città la borghesia come elemento d’organizzazione e si hanno le squadre fasciste. Si apre in questo momento una serie di crisi, la crisi dei primi due anni.
Che cosa si discute: siamo noi un partito? Questo il problema del congresso di Roma, del congresso all’Augusteo: dobbiamo diventare un partito. Mussolini: rimaniamo ancora un movimento. Mussolini si sforzava di tener legate più masse possibili ed è per questo che egli ha sempre goduto maggior favore. La lotta era fra elementi che volevano abbattere apertamente le organizzazioni della classe operaia e coloro nei quali ancora forti erano i residui delle vecchie ideologie.
Mussolini tradisce il movimento dannunziano che poteva essere pericoloso. Nel 1920, prende un atteggiamento di simpatia verso l’occupazione delle fabbriche, ma poi cambia completamente. Ci sono allora i primi contatti aperti fra movimento fascista e l’organizzazione degli industriali. Si inizia l’offensiva che durerà due anni, fino alla marcia su Roma.
Era intervenuto l’elemento d’organizzazione gli agrari avevano dato la forma d’organizzazione squadrista a gli industriali l’avevano poi applicata nella città.
Da questa analisi si può dedurre la giustezza di quanto sostenevamo sui due elementi, sulle forze della piccola borghesia e sull’elemento di organizzazione costituito dalla grande borghesia.

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