martedì 28 novembre 2017

Verba volant (461): azzurro...

Azzurro, agg. m.

Solo in italiano e in spagnolo diamo un colore al principe delle fiabe - quello che arriva alla fine della storia, dà un bacio e se ne va - che in inglese è charming e in francese charmant. Non è chiaro perché sia invalso questo uso. Per molto tempo in Italia si è creduto che si trattasse di un riferimento alla casa dei Savoia, il cui colore è proprio l'azzurro, ma evidentemente il fatto che si usi lo stesso aggettivo anche in Spagna rende molto debole questa ipotesi. Si tratta probabilmente di un uso francese, attestato in alcuni testi della seconda metà dell'Ottocento, che poi si è perso in quel paese, ma è rimasto nelle lingue dei due paesi confinanti.
Cambiano i tempi e oggi il punto non è più il colore del principe, ma quello della principessa. Tra qualche mese il Regno Unito avrà la sua prima principessa che si definisce "né bianca né nera". Anche noi vecchi e ostinati repubblicani credo dobbiamo fare gli auguri a questa nuova coppia reale. Perché i simboli, nonostante tutto, contano.
Il razzismo nella nostra società esiste, lo incontriamo ogni giorno, basta che abbiamo la volontà di vederlo. Lo vediamo nelle occhiate cattive che tante persone rivolgono alle donne e agli uomini che hanno un diverso colore della pelle quando sono in fila alla posta o nella sala d'attesa del medico. Lo sentiamo nella parole sprezzanti che usano quando parlano di loro. Si tratta di un razzismo che non è solo etnico, ma è anche e soprattutto sociale, perché le stesse occhiate, le stesse parole sono spesso rivolte anche ai bianchi poveri. E quindi applaudiamo Ahmed quando fa gol e fa vincere la nostra squadra, ma pensiamo che sia un'ingiustizia che Ahmed e la sua famiglia abbiano avuto più punti di noi nella graduatoria per le case popolari, e diciamo che ha avuto quei punti solo perché è nero, senza ricordare che invece è più povero di noi. Ma quando Ahmed gioca per la squadra avversaria allora ci dimentichiamo di tutto e torna fuori, in maniera violenta, il razzismo che è in noi: lo vediamo troppo spesso nei nostri stadi, in tutte le categorie. Il pericolo è quando questi due razzismi, quello etnico e quello sociale, si fondono, e in tempo di crisi è facile che avvenga. E quindi è colpa sua, perché è nero; come, in altri tempi e in altri luoghi, era colpa sua perché era italiano.
Naturalmente il prossimo royal wedding non sconfiggerà il razzismo in Gran Bretagna, così come l'elezione di un presidente nero non l'ha sconfitto negli Stati Uniti, perché Megan Markle e Barack Obama sono rappresentanti della parte "giusta", dei ricchi, di quelli che ce l'hanno fatta, di quelli che vanno in copertina. Ma sono anche neri e c'è un pezzo di società che considererà quel matrimonio come un affronto alla storia inglese, così come una parte della società americana ha considerato un oltraggio la presidenza Obama. E Trump ha vinto anche perché è bianco, perché la sua elezione significava riportare un bianco, un bianco qualsiasi, alla Casa Bianca.
C'è molta strada da fare e non possiamo illuderci troppo, anche perché di fronte a una principessa orgogliosamente né bianca né nera, ma certamente ricca e famosa, ci sono migliaia di persone che muoiono proprio perché sono nere e povere. Né possiamo dimenticare che in questa storia - come in Biancaneve - il principe è sempre un maschio.

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