martedì 2 gennaio 2018

Verba volant (472): campagna...

Campagna, sost. f.

Volenti o nolenti, le prossime otto settimane saremo in campagna elettorale.
E che campagna sarà? Certamente brutta. Non occorre essere un aruspice particolarmente dotato per fare questa previsione. E, per favore, non diamo la colpa di questo alla classe politica. Se questo paese fa schifo - e credo che su questo il giudizio sia difficilmente confutabile - non è per colpa di renzi o di Berlusconi, di Grillo o di Salvini, ma perché l'Italia è piena di uomini e di donne come loro. La nostra classe politica, con la sua arrogante ignoranza, la sua ipocrita ignavia, la sua fraudolenta avidità, rappresenta una società in cui queste "virtù" sono molto diffuse, anzi sono decisamente preponderanti. Poi possiamo far finta di credere - come abbiamo fatto negli ultimi vent'anni - che non sia così e che sia possibile una sorta di catartica palingenesi, solo votando per quello che dice che con lui cambierà tutto.
Chi voterò alla fine di questa campagna elettorale, che immagino già estenuante? Ovviamente non voterò per la destra che conosciamo - quella di Berlusconi e di Salvini - che probabilmente tornerà a vincere. Né voterò per la destra che promette di cambiare tutto, perché nessuna destra vuole mai davvero il cambiamento. Non voterò per il pd - anche questo potevate immaginarlo - anzi spero che queste elezioni segnino una sonora sconfitta per questo partito. Non voterò neppure per Liberi e Uguali perché li conosco troppo bene e non mi fido di loro. Nonostante quello che pensa di me qualcuno che mi ha conosciuto in un'altra vita, ossia che sia stato colpito da una forma precoce di esacerbata demenza, non sono così sciocco da pensare che la rivoluzione sia possibile, ma scegliere come proprio leader uno come Grasso significa dire che la rivoluzione non solo non è possibile, ma è sbagliata. Grasso e i miei ex compagni del Pds rappresentano una storia - che peraltro è anche la mia - piena di tragici errori, che dovremmo lasciarci alle spalle il prima possibile.
Immagino finirò per votare per la lista Potere al Popolo, di cui forse conosco troppo poco per non fidarmi e di cui, proprio per questo, non approfondirò la conoscenza nelle prossime settimane: non vorrei essere costretto a cambiare idea. Confesso che non conosco neppure abbastanza bene il meccanismo perverso della nuova legge elettorale per capire se questo sia un voto "utile" o perso, se servirà a eleggere una rappresentanza, anche minima, della sinistra radicale in parlamento o se sarà solo un segno di sconfortata testimonianza. In ogni caso ho deciso di smettere di votare pensando alle conseguenze del mio voto, cercando di capire se il mio voto servirà o meno, perché in fondo penso che non serva. A prescindere.
Per questo credo sia necessario cambiare prospettiva e le prossime elezioni, nella loro inutilità, mi interessano poco. E mi appassionano poco. L'espressione campagna elettorale è una metafora mutuata dal linguaggio militare. Come noto la campagna è il territorio aperto ed esteso fuori dal centro urbano; da qui questa parola è passata al significato di luogo adatto al rapido movimento degli eserciti e quindi è diventata sinonimo di guerra e per metafora ha cominciato a indicare quel particolare conflitto che avviene prima delle elezioni e a cui io ho tante volte partecipato nella mia vita precedente.
Cambiando prospettiva mi piacerebbe anche cambiare metafora. Al di là di quello che succederà il prossimo 4 marzo, la sinistra in Italia avrebbe bisogno dei tempi lunghi e dei ritmi della campagna. Chi coltiva la terra sa bene che dal momento in cui si prepara la terra per la semina a quello del raccolto deve passare del tempo, sa che in qualche caso bisogna lasciar riposare la terra, non seminarla, se si vuole che la raccolta degli anni successivi sia migliore. E sa che ci vuole pazienza e che ogni stagione richiede uno specifico lavoro. Il terreno della sinistra in Italia è inaridito - per colpa soprattutto di quelli come noi - e seminare in questa terra cattiva porterà frutti scarsi, rischiando di impoverirla ancora di più. Credo che adesso sarebbe più utile ricostruire e riparare gli attrezzi, che abbiamo usato fino a distruggerli, sarebbe più saggio mettersi a studiare - visto che abbiamo smesso di farlo - per capire di cosa la terra ha bisogno e cosa sarebbe meglio coltivare, sarebbe forse meglio prevedere un periodo di maggese. E soprattutto aspettare che cresca una nuova generazione di contadini.

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