sabato 17 febbraio 2018

Verba volant (487): reazione...

Reazione, sost. f.

Per cercare di capire quello che sta avvenendo in queste settimane in Italia, credo sia indispensabile provare a riflettere sul nostro, tutto sommato recente, passato.
Nel nostro paese - e poi nel resto d'Europa - il fascismo è nato, dopo la fine del primo conflitto mondiale, come reazione del capitalismo alla rivoluzione comunista, che quello che era successo in Russia aveva reso - drammaticamente dal punto di vista dei padroni e dei conservatori - possibile anche da noi. La nascita del fascismo è incomprensibile se non si tiene conto del cosiddetto "biennio rosso", ossia della fase più autenticamente rivoluzionaria vissuta dal nostro paese nel corso del Novecento. Grazie alla crisi seguita alla fine della guerra, grazie alla profonda sfiducia che era cresciuta tra le classe popolari verso le istituzioni - in primis l'esercito - che le avevano costrette a combattere in quel drammatico conflitto, grazie a una crescita in quelle stesse classi di una nuova consapevolezza democratica, che quella stessa guerra - in maniera paradossale - aveva contribuito a sostenere, una rivoluzione comunista sembrò allora possibile in Italia. La paura della rivoluzione rese necessaria una reazione e così nacque il movimento fascista, che infatti, finanziato dagli agrari, dagli industriali, dai banchieri, sostenuto da tutte le forze della conservazione - dall'esercito alla chiesa cattolica - ebbe come primi e principali obiettivi proprio i fulcri della rivoluzione nascente e possibile: le camere del lavoro, i giornali della sinistra, i leader e gli intellettuali che erano le guide di quel movimento. E non fu un caso che le forze del capitale scelsero come capi di quel movimento uomini che erano stati tra i rivoluzionari, uomini che conoscevano bene le classi che dovevano guidare. Il fascismo rappresentò l'altra risposta possibile alla crisi e per questo, sgombrato il campo dall'opzione comunista, divenne un movimento popolare, anche perché, ottenuto il potere, seppe fornire risposte a quel popolo che chiedeva un futuro diverso. Il welfare corporativo e fascista creò una vasta area di consenso popolare, che solo la nuova guerra fece diminuire: se il regime non avesse deciso di scendere a fianco della Germania e avesse mantenuto una posizione simile a quella della Spagna franchista, la storia italiana sarebbe stata diversa, perché il fascismo sarebbe durato ben più a lungo.
Negli anni della repubblica i fascisti, pur non costituendo più un movimento popolare e di massa, come era avvenuto prima della guerra, rimasero uno strumento a disposizione delle forze della reazione. Quando secondo loro l'Italia si spostava troppo a sinistra, quando crescevano e si affermavano le idee progressiste, le forze del capitale usavano i fascisti per rimettere le cose in equilibrio, il loro equilibrio. Così l'ingresso dei socialisti al governo fu seguito dal tentato colpo di stato del generale De Lorenzo e al Sessantotto e alle riforme sociali di quegli anni fu risposto con la stagione delle stragi fasciste, da piazza Fontana alla stazione di Bologna. I fascisti, ben presenti nelle istituzioni, nelle forze dell'ordine, nell'esercito, nei servizi segreti, erano sempre disponibili come strumento della reazione.
Ma adesso? A cosa stanno reagendo? In Italia non esistono partiti di sinistra - l'ultimo che c'era l'abbiamo distrutto noi qualche anno fa - ma soprattutto non esiste una cultura di sinistra, se non in una minoranza, che non può certo costituire per loro un pericolo. Le forze del capitale non sono mai state così forti, il capitalismo è l'unica ideologia che sia rimasta. Non siamo certo né al "biennio rosso" né alla stagione delle riforme dell'inizio dei Settanta. In un paese in cui non abbiamo paura di sfidare il ridicolo definendo "sinistra radicale" Grasso e D'Alema, a cosa serve una reazione fascista? Non può servire contro il Movimento Cinque stelle che, pur nella sua duttilità ideologica, non può certo definirsi di sinistra e certamente non è anticapitalista. E proprio la mancanza di altre risposte crea uno spazio inimmaginabile per quelle offerte dal fascismo. Se di fronte all'insicurezza di fasce crescenti di persone la sinistra non ha più voce, l'unica proposta che viene fatta - quella che individua negli "altri" i nemici, quella che chiede sicurezza e repressione - finisce per diventare maggioritaria. Se la sinistra non parla più alle classi più povere, stremate dalla crisi, o, se ci parla, usa parole troppo difficili, queste ascolteranno chi invece continua a parlare con loro, usando un linguaggio brutalmente semplice.
Sono molto preoccupato, perché vedo che è la prima volta che il fascismo viene usato non come reazione contro qualcosa che cresce nella società, ma come azione diretta. Vedo che il capitalismo non si accontenta di aver vinto, ma vuole stravincere e per questo ha deciso di tirare fuori dagli armadi il proprio vecchio armamentario fascista - che è servito così bene fino ad ora - con l'attiva complicità delle forze dell'ordine e delle istituzioni che si sono immediatamente messe al loro servizio. Lo schema è quello che conosciamo bene - la violenza verbale e fisica, l'ostentazione della forza - ma questa volta non risponde a qualcosa, è preventivo. 
La reazione questa volta toccherebbe a noi, ma francamente credo non ne avremo né la capacità né la forza.

3 commenti:

  1. Luca Billi , leggo spesso i tuoi post, quasi mai li commento, sono da sempre un militante antifascista, quasi mai iscritto ad un partito , negli ultimi anni militante di SEL... Questo tuo post mi sembra "inadeguato"... Non trovo altra parola per definirlo. se vogliamo rivendicare e soprattutto realizzare una qualche reazione al fascismo odierno dobbiamo innazitutto comprenderlo... Comprendere, come nasce, perchè nasce e quale sono le forze in campo, e anche i precedenti storici leggerli fino in fondo non fermandosi alle semplici semplificazioni... Che il biennino rosso sia stato in qualche modo il punto più alto di un processo rivoluzionario in Italia mi sembra molto discutibile e una facile e semplificata lettura di avvenimenti in realtà molto contraddittori... Ancora di più leggere il "capitale" come un insieme di forze coese e determinate, come una soggettività capace di agire all'unisono, ancor meno "il capitale è l'unica ideologia rimasta"... Non creo che il capitale siu possa mai definire una ideologia e anche il liberismo che è un'ideologia funzionale ai rapporti capitalistici di produzione è difficile racchiuderlo in un unica "ideologia"... Queste semplificazioni io credo ci disarmino proprio difronte alle svolte autoritarie, qualche volta fascistizzanti che si stanno ripresentando in Europa... Oggi mi pare che si presentino due tendenze, non riducibili esclusivamente ad alcune soggettività politiche, ma che le attraversano e che si scompongono e ricompongono in esse: a) l'affidarsi ad una soluzione tecnocratica, centralista che prevede: la legittimazione di oligarchie sostitutive alle democrazie (più o meno compiute) del '900, l'idea di Europa praticata e teorizzata dai centri di controllo finanziario, dai governi solidali con gli stessi mi pare sia questo... Il superamento delll' idea di sovranità popolare con lo svuotamento di senso e di potere delle istituzioni democraticamente elette, si decide altrove . b) Il tornare, almeno formalmente ad un nazionalismo (autarchico solo nella gestione delle frontiere) più o meno fascistoide. In realtà ambedue sono spesso risposte speculari e complementari nel gioco della politca a due grandi questioni: la globalizzazione dell'economia; il rapporto tra strutture sovranazionali e sovranità popolare... E' costruendo risposte adeguate su queste due grandi questioni che si rende oggi l'antifascismo vincente... Nell'immediato e nella pratica quotidiana allargando il rispetto del confronto democratico, l'idea che la diversità, culturale, politica ma anche di interessi sia ricchezza di una società, vaslore aggiunto... Anche a sinistra.

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  2. La lettura di Dario Accurso Liotta mi sembra interessante. Anch'io ero un po' a disagio, nonostante concordassi su molti punti dell'analisi di Billi, per alcune equazioni troppo semplicistiche. Il Capitale, le forze del Capitale, i reazionari, i conservatori, Versus i proletari, i lavoratori, le classi oppresse, i rivoluzionari, le sinistre, i progressisti. Sono categorie compiutamente definite o definizione vaghe ed applicabili in modo relativamente elastico? Billi stesso lucidamente dichiara: "Il welfare corporativo e fascista creò una vasta area di consenso popolare ...", con popolare intendendo presumibilmente le masse lavoratrici e/o sfruttate (o almeno estese anche a queste ultime): quindi gli oppressi talvolta si sentono rappresentati dal fascismo. Mussolini dichiarava la sua una "rivoluzione fascista". Oggi d’altronde le classi per così dire "oppresse" sono prontissime ad opprimere qualcun altro o a sentirsi defraudate se a qualcun altro sono concessi quei pochi diritti che ancora gli rimangono. Quali sono i loro valori (nei grandi numeri)? La speranza di fare un mucchio di soldi (magari vincendo a qualche gratta e vinci o lotteria, magari sognando una qualche professione strapagata, in ogni caso sperando di farsi remunerare in modo non proporzionato alla qualità del lavoro che erogano, soprattutto proprio perché sognano una vita al di sopra dei propri mezzi), e quindi possedere, come status symbol “precursori” dell’ottenimento della propria ricchezza personale (o meglio come succedaneo di quella), oggetti come smartphone all'ultimo grido (ancorché incapaci di utilizzarli un gran che anziché esserne alla fine sciocchi schiavi), una miriade di gadget tecnologici, macchine alla moda, partner "da sfoggiare", ampi spazi di svago, consumi esagerati ma a prezzi rigorosamente stracciati - senza chiedersi però se il risparmio ottenuto sia pagato da qualcuno (o qualcosa) che è sfruttato per ottenere quell'abbassamento di costo. Come sono arrivate a coltivare una simile ideologia? Siamo sicuri che le ambizioni che coltiviamo siano tutta farina del nostro sacco e vi approdiamo in modo consapevole? Chi o cosa stabilisce il valore delle cose, delle persone, dei comportamenti e del lavoro (e la loro valorizzazione monetaria)? Marx aveva una visione filosofica ed un analisi che definiva il mondo e le relazioni umane in termini quasi puramente economicistiche. Era uomo dell'ottocento e per quell'epoca un gigante di pensatore, però non aveva alcuna cognizione di cosa sarebbero state le successive rivoluzioni industriali (sempre più virtuali e virtualizzanti), non sapeva probabilmente nulla di Freud, Jung e tutta la psicologia che ne seguì. Non aveva idea dell'evoluzione del mondo produttivo industriale e del marketing che avrebbe fatto esplodere, con la pubblicità e i suoi messaggi subliminali, che avrebbero fatto sorgere bisogni nuovi in chi non li aveva affatto e che è stata capace di ribaltare ogni scala di valori facendo apparire indispensabile ciò che è voluttuario e/o futile e di scarso valore ciò che invece era essenziale ... Non aveva nemmeno idea delle frontiere della manipolazione genetica. Le sue teorie e i suoi concetti non possono esaurire le possibilità di analisi della realtà (almeno di quella di oggi).
    Oggi le classi lavoratrici operaie (la quale categoria ormai comincia ad essere minoritaria) e meno abbienti, ma anche nel terziario e nei servizi hanno sognato e invidiano la ricchezza del padrone o del grande imprenditore, del calciatore o della velina, dell'attrice o la cantante, il modello o la campionessa. Senza conservare alcun valore ed ideale. Anzi in genere credendo di dover difendere quello che hanno proprio lasciando indietro chi è più sfortunato in questo terno al lotto.
    Forse per questo oggi la sinistra si spacca in cento: non è più chiaro cosa sia (ricordate Gaber?).
    … continua

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  3. Infine su quanto sia pervasiva una cultura fascista oggi, io sono convinto lo sia tanto. Infatti credo che abbia ragione Daniele Silvestri quando canta che "lo slogan è fascista di natura". Oggi siamo circondati, bombardati da slogan. Che sono riduzione, semplificazione ingiustificata, violenza interpretativa, terrorismo verbale. Ce n'è a bizzeffe. Anche fascismo “di sinistra”.
    Oggi perciò il welfare populista, corporativo e fascista di CasaPound crea facilmente una vasta area di consenso popolare tra le fasce di popolazione che sono state convinte e terrorizzate che la colpa dei propri disagi e disillusioni è causata da vari nemici esterni, mentre presenta sé stessa come cultura popolare di sostegno a chi è stato scippato dei propri diritti (e sogni di maggior prestigio sociale). E ovviamente anche il terzomondismo antirazzista e comunista è tra i nemici. A parte CasaPound il fascismo ed il potere di oggi è molto più subdolo dell’ottocento: maschera da democrazia una sostanziale mancanza di possibilità di scegliere (così come di condividere i beni comuni), induce invece un piccolo numero di bisogni “irrinunciabili” e fornisce l’impressione di soddisfarli: a questo punto chi sente più bisogno di contestare lo status quo? Lo si fa ad esempio anche creando il bisogno di difendersi dagli extracomunitari, dal potere giudiziario, talvolta invece semplicemente approfittando del bisogno di difendersi dall’oppressione della burocrazia e dall’inefficienza (e conseguente spreco di risorse) della “macchina statuale”.

    "Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza" - Jorge Luis Borges : condivido (insieme a Descartes).

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