La rivista statunitense, pubblicata solo on line, "Edge", che si occupa di scienza e di tecnologia, ha posto a scrittori, filosofi, scienziati, artisti, la domanda: "l'uso della rete ha cambiato il nostro modo di pensare?". Nel nr. 831 di "Internazionale" sono tradotte alcune delle risposte, che possono essere lette integralmente sul sito della rivista.
Sinceramente non ho le competenze per rispondere a questa domanda e probabilmente è una domanda a cui è impossibile dare una risposta, dal momento che la cosiddetta rivoluzione digitale è troppo recente per poter aver influito sulle caratteristiche della nostra specie. Eppure mi sembra molto stimolante e mi piacerebbe confrontarmi con i miei lettori su questo tema. Credo sia necessario partire dalle proprie esperienze - gran parte di quelli che hanno risposto su "Edge" hanno fatto così - per provare a tirar fuori qualche considerazione generale.
Io trascorro parecchio del mio tempo libero su internet: tengo aggiornato questo blog - che qualcuno ha perfino la pazienza di leggere -, ho amici con cui parlo e condivido idee attraverso Facebook, leggo i quotidiani on line, cerco informazioni su Wikipedia, ascolto musica grazie ad Accuradio, partecipo a un gioco di ruolo e così via. Mi dà ancora un certo senso di ebbrezza la possibilità di avere a disposizione una massa così incredibile di notizie, di foto, di video, di poter condividere qualcosa con persone che vivono in ogni parte del mondo. Sinceramente penso che senza la rete la mia vita sarebbe meno interessante: conoscerei meno persone, saprei meno cose, avrei meno opportunità.
Però non leggo meno libri. Leggo meno i giornali, ma più per un fattore economico - visto che devo cercare di risparmiare; li leggo comunque in maniera differente: le informazioni le ricevo generalmente dalla rete, ma i commenti, gli approfondimenti, le inchieste li leggo sulla carta. Guardo meno televisione, ma soprattutto perché ci sono sempre meno programmi interessanti da vedere.
Grazie a questo blog ho anche ricominciato a scrivere a mano, con la penna su un foglio di carta. Il desiderio di mantenerlo il più possibile aggiornato e l'impossibilità di essere davanti al computer quando ho qualcosa da raccontare - o perché sono fuori casa o perché non è il mio turno di utilizzo dello strumento - mi ha spinto a recuperare la manualità dello scrivere, che lavorando avevo perduto, perché scrivevo quasi esclusivamente al computer.
Certo navigare nella rete, porta a distrarsi, a passare in maniera non sempre logica da un argomento all'altro, a scartare, più o meno consciamente, i testi troppo lunghi, a evitare gli approfondimenti. Non so se questo influisce anche in qualche modo sull'intelligenza o sulle capacità di attenzione e di memoria; forse lo scopriremo tra qualche tempo. Ma certamente è una grande fonte di opportunità. Penso che se avessi un figlio non avrei timore a insegnargli a navigare.
C'è comunque un aspetto che mi preoccupa molto. Nonostante quanto dicono molti, internet è uno strumento molto meno democratico di un libro o di un giornale. O meglio, è molto democratico per coloro che ne usufruiscono, ma comporta anche un gran numero di persone che ne sono escluse. Per accedere alla rete non serve soltanto saper "leggere, scrivere e far di conto", ma occorre un computer, l'energia per alimentarlo e i cavi attraverso cui far passare il collegamento. Per troppe persone internet rischia di rimanere un miraggio.
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