mercoledì 10 marzo 2010

Considerazioni libere (83): ancora a proposito di acqua e di ricchezza...

Mi scuso con le mie lettrici e i miei lettori se, ancora una volta, torno a occuparmi di acque, di dighe, di impianti idroelettrici, ma intorno a questi temi si stanno giocando partite fondamentali che riguardano il futuro del pianeta, con grandi interessi e rischi enormi.
Lo scenario è ancora una volta l'Africa, nella parte occidentale e precisamente nella Repubblica Democratica del Congo. Il progetto prevede la creazione di un unico grande bacino artificiale, il Grand Inga, unificando due bacini realizzati alla fine degli anni settanta, Inga 1 e Inga 2: Grand Inga sarà il più grande bacino artificiale del mondo, la diga sarà alta 150 metri, l'impianto disporrà di 50 turbine e sarà in grado di produrre 40mila megawatt di energia. Serviranno, secondo le prime stime, 80 miliardi di dollari, ma la Banca mondiale, la Banca africana per lo sviluppo, il World energetic council, molti istituti di credito e diverse aziende private hanno già dato la disponibilità a finanziare l'opera: sarà un grande affare, naturalmente per pochi e soprattutto non per l'Africa.
Inga 1 e Inga 2 sono attualmente in fase di ammodernamento, sempre grazie ai finanziamenti della Banca mondiale. La loro realizzazione, avvenuta negli anni della dittatura del presidente Mobutu Sese Seko, ha comportato altissimi costi ambientali e lo spostamento forzoso di migliaia di persone. I due impianti non hanno mai funzionato secondo le attese previste e, nonostante l’esportazione e la creazione di una linea che ha portato l'energia alle miniere della provincia del Katanga, solo il 6% della popolazione congolese ha avuto finora accesso all’energia elettrica. Neppure i villaggi che sorgono a pochi chilometri dalle dighe hanno l'elettricità.
L'impatto di Grand Inga sarà forse minore, visto che i danni maggiori sono già stati compiuti con i precedenti interventi e che l'area è ormai poco abitata, ma le prospettive di sviluppo per il Congo non sono certamente migliori. Il progetto di Grand Inga infatti prevede la realizzazione di almeno tre linee di trasmissione dell'elettricità a lunga distanza: la prima, di circa 3.500 chilometri verso il Sud Africa - uno dei grandi sponsor del progetto - la seconda verso la Nigeria, la terza verso l'Egitto e i paesi dell'Europa meridionale, tra cui l'Italia. Sarà una linea di oltre 5.600 chilometri, avrà costi molti alti, perché dovrà attraversare quasi tutta l'Africa, compreso il Sahara, con paesi in guerra e tensioni fortissime.
Per ora il progetto non prevede di fornire energia ai 500 milioni di abitanti del continente che non hanno accesso a questa risorsa. Mi pare chiaro chi ci guadagnerà e chi ci rimetterà.

martedì 9 marzo 2010

"Dolce far nulla" di Raymond Carver

Un attimo fa ho dato un'occhiata nella stanza
ed ecco quel che ho visto:
la mia sedia al suo posto, accanto alla finestra,
il libro appoggiato faccia in giù sul tavolo.
E sul davanzale, la sigaretta
lasciata accesa nel posacenere.
Lavativo!, mi urlava sempre dietro mio zio,
tanto tempo fa. Aveva proprio ragione.
Anche oggi, come ogni giorno,
ho messo da parte un po' di tempo
per fare un bel niente.

domenica 7 marzo 2010

Considerazioni libere (82): a proposito di regole e di democrazia...

Oggettivamente questa è stata una brutta settimana per la storia recente del nostro paese.
Di fronte ad alcuni macroscopici errori nella presentazione delle liste da parte del Pdl, il governo ha deciso di emanare un decreto - forse nella forma non inconstituzionale, ma certo nella sostanza contrario allo spirito costituzionale - per sanare di fatto quegli errori e permettere agli elettori della Lombardia e di Roma di trovare sulle loro schede elettorali simboli e candidati che un'interpretazione rigorosa delle leggi in materia elettorale avrebbe forse cancellato. Dico forse perché non sappiamo quale sarebbe stata la sentenza del Tar della Lombardia senza il decreto frettolosamente approvato il 5 marzo: probabilmente, come è avvenuto in molte altre occasioni, sarebbe prevalsa un'interpretazione favorevole al Pdl, nella logica - ormai prevalente nella giurisprudenza in materia - di favorire comunque l'espressione della volontà popolare. Diverso è il caso di Roma, dove gli esponenti locali del Pdl hanno proprio fatto un pasticcio, per incompetenza o - più probabilmente - per dolo, e la situazione non era sanabile in altro modo, se non con l'escamotage trovato nella notte.
Ormai però nel nostro paese finisce sempre per prevalere la logica dello scontro. Di fronte all'evidente errore, la maggioranza avrebbe dovuto riconoscerlo pubblicamente e chiedere di trovare una soluzione, invece ha deciso di forzare la mano, di andare ancora una volta alla resa dei conti, al "o con me o contro di me". E ancora una volta ha vinto; ha vinto ancora prima di cominciare la partita perché tutti, a cominciare dall'arbitro, hanno deciso di giocare con quelle regole.
Io continuo ad avere grande rispetto per Giorgio Napolitano e trovo francamente scomposte e stupide le critiche che in queste ore si stanno abbattendo su di lui. Questa volta però il suo errore, a mio avviso, è stato quello di accettare in maniera acritica la logica dello scontro. Ha perfettamente ragione quando dice che sarebbe stata una ferita profonda per la democrazia del nostro paese se i cittadini della capitale e della più importante regione d'Italia non avessero avuto la possibilità di votare per tutti i candidati più rappresentativi, che con grande probabilità risulteranno in maniera legittima vincenti nelle urne e quindi espressione della maggioranza in quei territori. E gli va dato atto del coraggio che ha avuto di spiegare immediatamente il senso della sua decisione. Ma ha sbagliato quando ha accettato di trovare una soluzione senza chiedere a Berlusconi e al Pdl il riconoscimento dell'errore, un atto, anche formale, di accettazione delle regole democratiche. Se Berlusconi avesse dichiarato di accettare le regole sulla presentazione delle liste e avesse chiesto il decreto per sanare le irregolarità, credo che il presidente Napolitano avrebbe fatto bene a sottoscrivere quella soluzione politica. E anche le forze dell'opposizione avrebbero dovuto accettarlo, perché, come ha detto giustamente Bersani, in democrazia è un problema vincere per mancanza dell'avversario.
Purtroppo non è andata così. Ha vinto Berlusconi perché, ancora una volta, ha vinto l'idea che le regole in questo paese sono un impaccio, una formalità, qualcosa che si può mettere da parte se ostacolano quello che si vuole fare. Ha vinto Berlusconi perché ha vinto l'idea che l'importante è quello che viene fatto, sono i risultati, la logica del "fare".
E infatti è altrettanto vergognoso - una delle altre cose brutte di questa settimana - che di fronte a quello che sta emergendo nella gestione degli appalti della Protezione civile, Guido Bertolaso continui a rimanere al suo posto. Bertolaso dovrebbe essere rimosso dal suo incarico per ridare dignità non tanto alle istituzioni, ma all'idea che in uno stato democratico esistono delle regole. Eppure sabato Bertolaso è stato perfino "benedetto" dal Pontefice, che spero non si sia reso conto chi aveva davanti e cosa gli hanno fatto leggere.
Questa settimana - ecco un'altra cosa brutta - la maggioranza del centrodestra del Senato ha tributato un applauso al senatore Di Girolamo, quando ha annunciato le sue dimissioni. Di Girolamo, nella migliore delle ipotesi, è stato eletto senatore nella circoscrizione estero, consapevole di non avere i titoli per esserlo, non residendo stabilmente appunto all'estero; nella peggiore delle ipotesi è stato eletto con i voti determinanti della 'ndrangheta e come referente istituzionale di una banda di criminali, che ha messo in piedi una delle più grandi truffe ai danni dello stato. Eppure è stato applaudito, mentre doveva essere cacciato a calci nel sedere, per avere infangato la dignità del parlamento.
Ha vinto Berlusconi perché ha consolidato l'obiettivo che è sempre stato alla base del suo agire politico: offrire una rappresentanza politica alla parte maggioritaria di questo paese, che è insofferente alle regole, che non vuole pagare le tasse, che pensa unicamente agli interessi propri e della propria famiglia, a scapito degli interessi degli altri. Berlusconi non rappresenta l'Italia di destra, ma questa Italia, che va a puttane e manda le figlie a scuola dalle suore, che si lamenta dei torti subiti e che, appena ha un po' di potere, lo esercita con lo stesso arbitrio, che pretende i servizi pubblici e non paga le tasse. Berlusconi ha vinto e vincerà perché rappresenta al meglio questa parte dell'Italia ed è riuscito a far credere che questa Italia è l'Italia del centrodestra .
E vince - e continuerà a vincere - perché ha contribuito a scavare un solco sempre più profondo tra gli italiani. A fronte di chi giustamente in queste ore e in questi giorni si è indignato, è sceso in piazza, ha protestato per l'attentato alla politica e alla Costituzione, ci sono gli altri che lo considerano sempre più un eroe.
Concludo, rubando una battuta che ho letto su Facebook: "ormai vedo il bicchiere mezzo rotto".

venerdì 5 marzo 2010

Considerazioni libere (81): a proposito di infanzia negata...

Ecco una storia dei nostri tempi, purtroppo.
Sarah è una ragazzina brillante e vivace. Le piace andare alle riunioni degli scout il lunedì, fare danza moderna il martedì ed è appena stata ammessa nella squadra di ginnastica del locale Circolo delle Aquile, il che significa tre allenamenti settimanali e gare in giro per tutto il paese. Ha un buon carattere, che a scuola la trasforma in una piccola “calamita”, sempre al centro del divertimento. Passa molto tempo al computer e ultimamente ha cominciato a usare internet per giocare e chattare.
Sarah ha anche un segreto: essendo una ragazzina piena di impegni e con molti contatti, è stata reclutata attraverso la chat-room di un sito per bambini per lavorare come venditrice del lettore mp3 firmato Barbie. È un lavoro piuttosto duro; d’accordo, il contratto le fornisce un lettore Barbie rosa nuovo di zecca, ma Sarah deve portarlo sempre con sé: a scuola, in palestra, ai ritrovi degli scout, agli allenamenti, a danza, ovunque. E non può lasciarlo nel suo armadietto: le è stato detto di magnificarne i pregi per tentare di convincere chiunque incontri ad acquistarne uno. Inoltre, deve scattare svariate fotografie per documentare ognuna di queste “operazioni di marketing” e spedirle alla chat room del marchio Mattel.
Questo lavoro, di certo impegnativo, prevede mansioni quali la progettazione e la realizzazione di un proprio blog come fan del lettore nonché il reclutamento di nuovi sostenitori nella sua ampia rete di amicizie. E non è finita. Sarah deve entrare nei suoi siti web preferiti e inserire commenti entusiastici sul lettore Barbie, per poi convincere tutti i suoi amici a raggiungerla sul sito di Barbie Girl, così da poter raccomandare l’acquisto del prodotto nelle conversazioni. Trattandosi di un rapporto di lavoro a tutti gli effetti, Sarah risulta assunta con contratto a provvigione. Può collezionare punti lasciando su altri siti giudizi positivi sul marchio Barbie e può ottenere un bonus fornendo convincenti prove fotografiche del fatto che sta vendendo un sacco.
A proposito, Sarah ha 7 anni.

E' una storia vera - raccontata da Ed Mayo e Agnes Nairn, nel loro libro Consumer kids - e si svolge nella Gran Bretagna dei nostri giorni.
Tutti ci indigniamo - giustamente - quando leggiamo che in Africa o in Asia i bambini vengono fatti lavorare, magari costretti a cucire, a bassissimo costo, quei palloni con cui giocano i loro coetanei in Europa e negli Stati Uniti.
Spero che molte persone si indigneranno anche leggendo la storia di Sarah, che personalmente non considero meno grave. Sarah ha perso parte della propria libertà: per lei il gioco, che dovrebbe essere un diritto sacrosanto per ogni bambino, è diventato un lavoro; per lei ogni amicizia, che per definizione e naturalmente a quell'età, dovrebbe essere spontanea e disinteressata, è finalizzata alla vendita di un oggetto; per lei il valore più importante è diventato il denaro e quello che con esso si può comprare. A Sarah qualcuno ha tolto le favole e l'innocenza.
In questa storia Sarah, e le altre bambine che, come lei, sono le agenti di marketing della Mattel, sono certamente le vittime. I responsabili, a livelli diversi, sono molti: ci sono prima di tutto i genitori, che forse per incapacità a capire o forse per un senso di malriposto orgoglio, hanno accettato supinamente questo stato di cose; poi ci sono gli "esperti" della Mattel che hanno pensato a questa nefandezza: servi zelanti dei maggiori responsabili, quei manager, quegli amministratori, quegli azionisti che, in nome del profitto, sono disposti a commissionare ogni cosa pur di aumentare le vendite e i guadagni. Mi rendo conto che magari farò la figura del "vetero-sinistro", eppure qui mi pare che ci troviamo di fronte alla faccia peggiore del capitalismo.
Però sarebbe troppo facile dare soltanto a queste persone la colpa di questa situazione. Anche noi siamo un po' responsabili se Sarah è diventata, a soli sette anni, una pedina di questo ingranaggio: i modelli che la società le mette di continuo di fronte - a lei come ai suoi genitori - sono persone che diventano "qualcuno" perché sono ricche o il cui obiettivo è diventarlo, a qualunque mezzo. Nella nostra società il valore sociale della "roba" diventa ogni giorno più importante, abbiamo accettato che questo sia un elemento di progresso, dimenticando che dovrebbe esserci di più e di meglio.
Soprattutto per le bambine come Sarah che hanno il diritto a un mondo diverso.

mercoledì 3 marzo 2010

da "Lettere dal carcere" di Antonio Gramsci (III)

18 aprile 1927

Mia carissima Julca,
riprendo a scriverti, dopo tanto tempo. Ho ricevuto solo pochi giorni fa due tue lettere: una del 14 febbraio e l’altra del 1° marzo e ho pensato tanto tanto a te; ho proprio fatto un inventario di tutti i miei ricordi e sai quale immagine m’è rimasta piú impressa? Una delle prime, di tanto tempo fa. Ricordi quando sei ripartita dal bosco di argento, dopo il tuo mese di vacanze? Io ti ho accompagnato fino all’orlo della strada maestra e sono rimasto a lungo a vederti allontanare. Ci eravamo appena conosciuti, ma io ti avevo fatto già parecchi dispetti e ti avevo fatto anche piangere; ti avevo canzonato col comizio dei gufi e avevo avuto l’elettricità dei gatti quando tu suonavi Beethoven. Cosí ti vedo sempre mentre ti allontani a passi brevi, col violino in una mano e nell’altra la tua borsa da viaggio cosí pittoresca. Qual’è adesso il mio stato d’animo? Ti scriverò piú a lungo le prossime volte (domanderò di scrivere una doppia lettera) e cercherò di descriverti gli aspetti positivi della mia vita di questi mesi (gli aspetti negativi ormai sono dimenticati); vita interessantissima, come puoi immaginare, per gli uomini che ho avvicinato e le scene alle quali ho assistito. Il mio stato d’animo generale è improntato alla piú grande tranquillità. Come posso riassumerlo? Ricordi il viaggio di Nansen al Polo? E ricordi come si svolse? Poiché non ne sono molto persuaso, te lo ricorderò io. Nansen, avendo studiato le correnti marine ed aeree dell’Oceano Artico ed avendo osservato che sulle spiaggie della Groenlandia si ritrovavano alberi e detriti che dovevano essere di origine asiatica, pensò di poter giungere o al Polo o almeno vicino al Polo, facendo trasportare la sua nave dai ghiacci. Cosí si lasciò imprigionare dai ghiacci e per 3 anni e ½ la sua nave si mosse solo in quanto si spostavano, lentissimamente, i ghiacci. Il mio stato d’animo può paragonarsi a quello dei marinai di Nansen durante questo viaggio fantastico, che mi ha sempre colpito per la sua ideazione, veramente epica. Ho reso l’idea? (come direbbero i miei amici siciliani di Ustica). Non potrei renderla in modo piú breve e sintetico. Dunque non preoccuparti per questo lato della mia esistenza. Invece, se vuoi che io ti ricordi sempre con tenerezza (scherzo, sai!), scrivimi a lungo e descrivimi la tua vita e quella dei bambini. Tutto mi interessa, anche le minuzie. E mandami delle fotografie, ogni tanto. Cosí seguirò anche con gli occhi, lo sviluppo dei bambini. E scrivimi anche di te, molto. Vedi, qualche volta, il signor Bianco? E vedi quel curioso tipo di africanista che una volta mi promise un fritto di rognoni di rinoceronte? Chissà se si ricorda ancora di me; se lo vedi parlagli di questo fritto e scrivimi le sue risposte; mi divertirò un mondo. Sai che non faccio altro: pensare al passato e riandare tutte le scene e gli episodi piú buffi; ciò mi aiuta a passare il tempo, qualche volta proprio rido di cuore, senza neanche accorgermene.
Cara, Tania mi annunzia altre tue lettere; come le attendo! Saluta tutti i tuoi. Ti voglio molto bene.

Antonio

Tania è proprio una bravissima ragazza. Perciò io le ho dato parecchi tormenti.

martedì 2 marzo 2010

"Viaggio" di Mario Luzi


Non dai vetri, di là dall’Acheronte
i vostri occhi mi guardano, città,
spere di visi languidi alla fronte
rotanti nella livida fuliggine.

Sono io il vostro pianto trattenuto,
quel gemito rientrato nell’informe,
io per un attimo, io sopravvenuto:
poi la tristezza vestita altre forme.

Vivere e il sole immemore esiliato
sulle stoppie lontane intime al cielo,
vivere è ancora ciò che ci rimane
occupate le dita già dal gelo.

da "L'Essere e il Nulla" di Jean-Paul Sartre

La conseguenza essenziale delle nostre precedenti osservazioni è che l'uomo, essendo condannato ad essere libero, porta il peso del mondo tutto intero sulle spalle; egli è responsabile del mondo e di se stesso in quanto modo d'essere. Prendiamo la parola "responsabilità" nel suo senso banale di "coscienza (di) essere l'autore incontestabile di un avvenimento o di un oggetto". Questa responsabilità assoluta non è accettazione: è semplice rivendicazione logica delle conseguenze della nostra libertà. Quello che mi accade, accade per opera mia e non potrei affliggermi né rivoltarmi né rassegnarmi. D'altra parte, con ciò bisogna intendere che sono sempre all'altezza di quello che mi accade, in quanto uomo, perché ciò che accade agli uomini per opera di altri uomini e di se stesso non potrebbe essere che umano. Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture non sono stati di cose inumani: non ci sono situazioni disumane; è solo per paura, fuga o ricorso a comportamenti magici che deciderò dell'inumano; ma questa decisione è umana e ne sopporterò tutta la responsabilità. Ma la situazione è mia inoltre, perché l'immagine della mia libera scelta di me stesso e tutto ciò che mi presenta è mio in quanto mi rappresenta e mi simbolizza. Non sono forse io che decido del coefficiente di avversità delle cose, e persino della loro imprevedibilità, decidendo di me stesso. Così non ci sono accidenti in una vita; un avvenimento sociale che scoppia improvvisamente e mi trascina non viene dall'esterno; se sono mobilitato in guerra, questa guerra è mia, essa è a mia immagine e la merito. La merito dapprima perché io potevo sempre sottrarmici col suicidio o la diserzione: queste possibilità estreme devono sempre esserci presenti allorché si tratta di considerare una situazione. Non essendomi sottratto l'ho scelta: questo può essere per debolezza, per vigliaccheria di fronte all'opinione pubblica, perché preferisco certi valori a quello del rifiuto di fare la guerra (la stima dei miei vicini, l'onore della famiglia ecc.). In ogni modo si tratta di una scelta.

lunedì 1 marzo 2010

Considerazioni libere (80): a proposito di nuovo colonialismo...

Ho scoperto una storia interessante, che credo valga la pena raccontare.
Porto Romano si trova nella periferia settentrionale di Durazzo. Per vent'anni, fino alla chiusura del 1990, in quell'area c'è stato uno stabilimento chimico che produceva fertilizzanti e prodotti per le concerie. Quando la fabbrica è stata chiusa, in un periodo di particolare confusione istituzionale con la transizione dal regime comunista alla democrazia, circa 20mila tonnellate di residui tossici sono stati seppelliti in discariche realizzate velocemente e senza troppe precauzioni, mentre altre 500mila tonnellate di prodotti chimici sono state immagazzinate in un vecchio deposito. Nonostante questa situazione, con le falde contaminate e le continue esalazioni, intorno alla fabbrica dismessa è cresciuto un villaggio di disperati. Finalmente nel 2003, grazie al contributo delle Nazioni Unite quell'area è stata bonificata.
Alla fine del 2007 è stato sottoscritto un cosiddetto memorandum of understanding tra il governo albanese e l'Enel per lo sviluppo del settore energetico in quel paese. Tra i punti più importanti dell'accordo c'è la realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone proprio nell'area bonificata di Porto Romano. Nonostante l'interessamento di altre imprese europee, non è stata indetta una gara d'appalto e i lavori sono stati assegnati a Enel, forse in segno della profonda amicizia tra i nostri paesi. Si tratta di un'opera imponente, che costerà almeno 2,2 miliardi di euro e produrrà a regime 1.600 megawatt di energia, realizzando da sola circa il doppio del fabbisogno energetico dell'intera Albania.
Qui viene la parte più interessante: infatti l'85% dell'energia prodotta sarà trasferita in Italia attraverso una rete sottomarina di 210 chilometri. Certo un grande affare per Enel e un progetto conveniente per l'Italia. Forse un po' meno conveniente per l'Albania. Secondo alcuni studi, con la costruzione della centrale a carbone di Porto Romano le emissioni di CO2 dell'Albania passeranno dalle attuali 5,5 milioni di tonnellate a 14 milioni. In questo modo vengono anche "rispettati" i parametri di Kyoto: per l'Italia si tratta di energia "pulita", in Albania la media annua di emissioni salirà a 4,6 tonnellate a persona, oltre i parametri previsti a Kyoto, che però la stessa Albania, in quanto paese in via di sviluppo non è tenuta a rispettare. Il progetto di Enel non solo non ha preso neppure in considerazione la possibilità di usare un altro combustibile al posto del carbone, che rimane il più inquinante - per altro il carbone in Albania arriverà dal Sudafrica - ma manca un vero e proprio studio di impatto ambientale che dia indicazioni sulle emissioni, sulla gestione dei rifiuti pericolosi, sulla gestione delle eventuali emergenze.
C'è da supporre che Enel non troverà a Porto Romano un'agguerrita opposizione da parte della popolazione albanese, che per altro non è stata informata del progetto. Si attendono i finanziamenti internazionali che, visto che si tratta di energia, probabilmente arriveranno.
Al di là se il progetto andrà in porto oppure o no - io mi auguro di no, ma credo proprio di sbagliarmi - mi sembra proprio una vicenda grave. Per descrivere questo stato di cose a me viene in mente soltanto lo sfruttamento coloniale: a noi la preziosa energia, a loro l'inquinamento. Davvero un bell'affare.

Questa storia si trova nel dossier I cinque progetti che devasteranno il pianeta, curato da Altreconomia. Guardateci.

domenica 28 febbraio 2010

"Basta!" di Raffaello Baldini


E pu basta, a m so stòff,
l'è tòtt i dè cumpàgn, u n s nu n pò piò.
A m vì fè crèss i bafi!
Mo acsè...
Mo acsè, dal vòlti, quant a tòurn a chèsa,
la saìra, préima d'infilé la cèva,
a sòun, drin, drin,
u n'arspònd mai niseun.

"Presto o tardi" di Eugenio Montale


Ho creduto da bimbo che non l'uomo
si muove ma il fondale, il paesaggio.
Fu quando io, fermo, vidi srotolarsi
il lago di Lugano nel vaudeville
di un Dall'Argine che probabilmente
in omaggio a se stesso, nomen omen,
non lasció mai la proda. Poi mi accorsi
del mio puerile inganno e ora so
che volante o pedestre, stasi o moto
in nulla differiscono. C’è chi ama
bere la vita a gocce o a garganella;
ma la bottiglia è quella, non si può
riempirla quando è vuota.

giovedì 25 febbraio 2010

Considerazioni libere (79): a proposito di crisi e di lavoro...

Lo spunto per questa mia nuova "considerazione" è una notizia che riguarda l'imminente congresso della Cgil di Bologna. Al contrario di quello che è accaduto nel resto d'Italia, dove la seconda mozione - quella sostenuta dalla Fiom contro quella della maggioranza guidata da Gugliemo Epifani - è arrivata al 17%, qui a Bologna ha ottenuto il 39%, che diventa il 54% se si calcolano soltanto gli attivi e quindi si tolgono dal numero totale degli iscritti i pensionati dello Spi.
Non conosco le dinamiche sindacali né a livello nazionale né a livello locale - e non è di questo che voglio occuparmi qui - ma francamente questo risultato non mi stupisce molto. A Bologna stiamo soffrendo moltissimo la crisi economica; scusate se parlo della mia città - mi rendo conto che ci sono altre realtà dove le condizioni sono ancora peggiori - ma voglio raccontare di una situazione che conosco bene e che vivo.
Credo sia utile richiamare alcuni dati. Le ore di cassa integrazione ordinaria concesse nel 2009 hanno superato di molto la soglia dei dieci milioni rispetto a 1.400.000 del 2008: un aumento del 923%; nel solo settore metalmeccanico l'aumento è stato del 2.148%. Inoltre bisogna aggiungere le 2.700.000 ore di cassa integrazione straordinaria, anticamera del licenziamento. Quando si attraversa una zona industriale di uno dei Comuni intorno alla città è ormai impossibile non vedere le bandiere dei sindacati e gli striscioni che indicano le aziende in crisi e dove i lavoratori stanno lottando per mantenere il posto di lavoro. I disoccupati erano 10.314 nel 2008 e sono diventati 19.122 nel 2009: un aumento dell'85%. Sono aumentati del 22% gli iscritti ai Centri per l'impiego, con una percentuale maggiore negli uomini tra i 25 e i 44 anni. Nel 2008 gli avviati al lavoro sono stati 210mila, nel 2009 sono scesi a 170mila, di cui solo il 15% a tempo indeterminato. Le cifre rischiano di essere fredde, eppure raccontano il dramma di tantissime famiglie.
Personalmente ho vissuto questo ultimo anno, insieme a mia moglie, in una situazione di incertezza, tra disoccupazione e precarietà - incertezza che peraltro non è finita - e mi sono reso conto del gran numero di persone, anche adulti, che cercano lavoro e sono disposti ad accettare retribuzioni e condizioni di lavoro decisamente sotto la media. Ci sono le famiglie dei genitori e dei nonni che sorreggono tante situazioni, ci sono la Caritas e le associazioni di volontariato, ci sono alcuni servizi offerti dalle amministrazioni locali, ma questa rete si sta sempre più smagliando. E' una situazione reale, che si tocca con mano tutti i giorni.
Di fronte a tutto questo, di fronte anche a una radicalizzazione della lotta sociale - come mostra il successo della seconda mozione al congresso della Cgil - la sinistra a Bologna è assolutamente afona. Non è soltanto il caso Delbono ad avere tolto la parola al Partito Democratico: già prima che scoppiasse lo scandalo, il Pd non era l'interlocutore del mondo del lavoro, né di chi il lavoro lo ha e magari rischia di perderlo né di chi il lavoro non lo ha e lo sta cercando. A onor del vero bisogna dire che neppure a sinistra del Pd si muove molto. Sembra un paradosso: proprio quando ci sarebbe bisogno di più sinistra, perché un diritto fondamentale come quello del lavoro viene negato, non c'è un interlocutore politico di sinistra che assuma questo tema come centrale. Mi pare che questa sia l'ennesima campagna elettorale dove parliamo d'altro.

mercoledì 24 febbraio 2010

da "Saggi" di Michel de Montaigne

E' possibile immaginare qualcosa di tanto ridicolo quanto il fatto che questa miserabile e meschina creatura, che non è neppure padrona di se stessa ed è esposta all'ingiuria di tutte le cose, si dica padrona e signora dell'universo, di cui non è in suo potere conoscere la minima parte, tanto meno comandarla? E quel privilegio che si attribuisce, di essere cioè il solo in questa gran fabbrica ad avere la facoltà di riconoscerne la bellezza delle parti, il solo a poter render grazie all'architetto e a tener conto del bilancio del mondo, chi gli ha conferito questo privilegio? [...] La presunzione è la nostra malattia naturale e originaria. La più calamitosa e fragile di tutte le creature è l'uomo, e al tempo stesso la più orgogliosa. Essa si vede e si sente collocata qui, in mezzo al fango e allo sterco del mondo, attaccata e inchiodata alla peggiore, alla più morta e putrida parte dell'universo, all'ultimo piano della casa e al più lontano dalla volta celeste, insieme agli animali della peggiore delle tre condizioni (ossia l'aerea, l'acquatica e la terrestre); e con l'immaginazione va ponendosi al di sopra del cerchio della luna, e mettendosi il cielo sotto i piedi. E' per la vanità di questa stessa immaginazione che egli si eguaglia a Dio, che si attribuisce le prerogative divine, che trasceglie e separa se stesso dalla folla delle altre creature, fa le parti agli animali suoi fratelli e compagni, e distribuisce loro quella porzione di facoltà e di forze che gli piace. Come può egli conoscere, con la forza della sua intelligenza, i moti interni e segreti degli animali? Da quale confronto tra essi e noi deduce quella bestialità che attribuisce loro? Quando mi trastullo con la mia gatta, chi sa che essa non faccia di me il proprio passatempo più di quanto io faccia con lei? [...] Di fatto, perché un papero non potrebbe dire così: "Tutte le parti dell'universo mi riguardano; la terra mi serve a camminare, il sole a darmi luce, le stelle a ispirarmi i loro influssi; ho tale il vantaggio dai venti, il tal altro dalle acque; non c'è cosa che questa volta celeste guardi con altrettanto favore quanto me; sono il beniamino della natura; non è forse l'uomo che mi nutre, mi alloggia, mi serve? E' per me che egli fa seminare e macinare; se mi mangia, così fa l'uomo anche col suo compagno, e così faccio io con i vermi che uccidono e mangiano lui".

Considerazioni libere (78): ancora a proposito delle conseguenze della guerra...

Nella "considerazione" nr. 76 ho raccontato cosa è successo ai profughi di Marjah, nel sud dell'Afghanistan.
Vi invito ancora una volta a leggere alcune testimonanianze dal sito Peace reporter: sono le storie di sette bambini, che hanno avuto la sfortuna di trovarsi in quella città durante l'attacco e ora hanno la fortuna di essere curati nell'ospedale di Emergency a Lashkargah.
Sono sette vittime della guerra:
  • Fazel, 10 anni, colpito alle ginocchia mentre giocava in giardino;
  • Gulalay, 12 anni, colpita a un fianco da una pallottola mentre curava i suoi animali;
  • Alì, 13 anni, colpito a una scapola mentre aiutava il nonno a rifugiarsi in casa;
  • Khudainazar, 11 anni, colpito all'inguine da una pallottola mentre riempiva taniche d'acqua;
  • Akter, 9 anni, centrato alla testa da un proiettile mentre guardava la guerra dalla finestra;
  • Roqia, 12 anni, colpita a una gamba mentre prendeva l'acqua in cortile;
  • Said, 7 anni, colpito da una pallottola in pieno petto, semplicemente perché era lì.
Non c'è molto da aggiungere...

martedì 23 febbraio 2010

da "Cervelli in una vasca da bagno" di Hilary Putnam

Immaginate che un essere umano (potete immaginare di essere voi) sia stato sottoposto ad un’operazione da parte di uno scienziato malvagio. Il cervello di quella persona (il vostro cervello) è stato rimosso dal corpo e messo in un’ampolla piena di sostanze chimiche che lo tengono in vita. Le terminazioni nervose sono state connesse ad un computer superscientifico che fa sì che la persona a cui appartiene il cervello abbia l’illusione che tutto sia perfettamente normale. Sembra che ci siano persone, oggetti, il cielo ecc., ma in realtà l’esperienza della persona (la vostra esperienza) è in tutto e per tutto il risultato degli impulsi elettronici che viaggiano dal computer alle terminazioni nervose. Il computer è così abile che se la persona cerca di alzare il braccio la risposta del computer farà sì che "veda" e "senta" il braccio che si alza. Inoltre, variando il programma lo scienziato malvagio può far sì che la vittima "esperisca" (ovvero allucini) qualsiasi situazione o ambiente lo scienziato voglia. Può anche offuscare il ricordo dell’operazione al cervello, in modo che la vittima abbia l’impressione di essere sempre stata in quell’ambiente.
[...] Potremmo anche immaginare che tutti gli esseri umani ... siano cervelli in un’ampolla. Naturalmente lo scienziato malvagio dovrebbe trovarsi al di fuori. Dovrebbe? Magari non esiste nessuno scienziato malvagio; magari l’universo ... consiste solo di macchinari automatici che badano a un’ampolla piena di cervelli. Supponiamo che il macchinario automatico sia programmato per dare a tutti noi un’allucinazione collettiva ... Quando sembra a me di star parlando a voi, sembra a voi di star ascoltando le mie parole. Naturalmente le mie parole non giungono per davvero alle vostre orecchie, dato che non avete (vere) orecchie, né io ho una vera bocca e una vera lingua. Invece, quando produco le mie parole quel che succede è che gli impulsi efferenti viaggiano dal mio cervello al computer, che fa sì che io "senta" la mia stessa voce che dice quelle parole e "senta" la lingua muoversi, ecc., e anche che voi "udiate" le mie parole, mi "vediate" parlare, ecc. In questo caso, in un certo senso io e voi siamo davvero in comunicazione. Io non mi inganno sulla vostra esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi.

"Arrivederci fratello mare" di Nazim Hikmet


Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.

Considerazioni libere (77): a proposito di cittadini e cittadinanza...

Nel nr. 833 di Internazionale la scrittrice e giornalista israeliana Amira Hass racconta una piccola storia, che credo meriti di essere conosciuta.
Elias è nato quarant'anni fa nella città vecchia di Gerusalemme; è di origine armena, i suoi nonni e i suoi genitori si trasferirono in Palestina negli anni Venti del secolo scorso, dopo essere scampati al genocidio dello loro gente in Turchia (un'altra storia questa che meriterebbe di essere raccontata). Dopo l'annessione di fatto di Gerusalemme est da parte di Israele, in seguito alla guerra del '67, Elias ha rifiutato di chiedere la cittadinanza del paese occupante ed è diventato "residente permanente", ma formalmente straniero, nella città in cui è nato. Dal '95, dopo molti anni di "tolleranza", il governo israeliano ha deciso di non riconoscere più lo status di "residente permanente". Elias, come molti altri, si è trasferito negli Stati Uniti, ma dopo l'11 settembre ha preferito ritornare nella sua città, con un visto turistico. Nel gennaio di quest'anno, è stato fermato a un posto di blocco a Ramallah - cosa non infrequente, immagino, in quelle zone di guerra continua - ed è stato arrestato in quanto straniero rimasto illegalmente nella città in cui è nato.
La storia finisce qui e naturalmente si spera che Elias possa essere liberato, grazie anche all'intervento di israeliani come Amira Hass, che hanno sollevato il caso.
Io credo però che serva a riflettere sulla complessità di quella vicenda e sull'inutilità di avere posizioni troppo nette, acriticamente filoisraeliane o filopalestinesi. Elias non è né ebreo né palestinese, ma è senza dubbio un cittadino di Gerusalemme, perché in quella città è nato, è andato a scuola, ha lavorato, ha tutti i suoi ricordi, lì sono sepolti i suoi familiari. Eppure è considerato straniero, perché lo ius sanguini ancora prevale sullo ius soli. E' così anche in Italia e temo che, visto il clima politico e culturale in cui ci troviamo, sarà così ancora a lungo.

sabato 20 febbraio 2010

Considerazioni libere (76): a proposito delle conseguenze di una battaglia...

Lo scorso 12 febbraio l'esercito della Nato e quello afghano hanno lanciato un'offensiva contro i talebani della città di Marjah e di alcuni altri villaggi del distretto di Nadali, nella parte meridionale del paese.
Il sito Peace reporter racconta cosa sta succedendo in questi giorni ai circa 13mila civili sfollati da Marjah.
Circa 1.600 famiglie, ovvero oltre 10mila persone - tra cui donne, bambini e anziani - si sono diretti a est verso il capoluogo Lashkargh. Né l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati né il governo afghano si stanno occupandi di loro; il primo spiega che molti di questi si stanno organizzando da soli, affittando delle stanze in città o facendosi ospitare da parenti e amici, e quindi non esiste una situazione così drammatica da rendere necessario un intervento; il secondo ammette che "non vogliamo che questa diventi un'emergenza prolungata, in cui la gente poi rimane qui per sempre". Chi non è riuscito a organizzarsi da solo è finito nel vecchio campo profughi di Mokhtar, a nord di Lashkargh, una baraccopoli senza alcun servizio, dove vivono già oltre 20mila sfollati, fuggiti dai loro villaggi o dopo la prima offensiva occidentale del 2001 o nelle periodiche offensive - praticamente una ogni primavera - che ogni volta vengono annunciate come risolutive.
Gli sfollati che hanno deciso di andare a sud, verso Nawa (circa 100 famiglie) o verso ovest, in direzione della provincia di Nimruz (circa 300 famiglie) sono in una condizione ancora peggiore: dopo aver attraversato centinaia di chilometri di deserto sono accampati senza nessun tipo di aiuto.
Chi ha voluto - e soprattutto ha dovuto - rimanere a Marjah sta naturalmente ancora peggio: sono già ventisei i civili uccisi negli scontri dalle truppe alleate, forse usati come scudo umano dai talebani o semplicemente capitati in mezzo alle pallottole e alle bombe.
Con questa "considerazione" non voglio riaprire il dibattito sui motivi che hanno portato i paesi occidentali a intervenire e a rimanere in Afghanistan (ne ho parlato nella "considerazione" nr. 1, cinque mesi fa) - a questo punto forse sarebbe anche peggio ritirarsi. Comunque mi sembra necessario ricordare sempre che nelle guerre - anche in quelle "giuste", se ce sono - ci sono conseguenze drammatiche per le donne, per i bambini, per i più deboli. Non possiamo dimenticare.

"Stanchezza" di Fernando Pessoa

Quello che c'è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sé,
stanchezza.
La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,
tutte queste cose -
queste e cio' che manca in esse eternamente -
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.
C'è senza dubbio chi ama l'infinito,
c'è senza dubbio chi desidera l'impossibile,
c'è senza dubbio chi non vuole niente -
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perchè io amo infinitamente il finito,
perchè io desidero impossibilmente il possibile,
perchè voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere...
E il risultato?
Per loro la vita vissuta o sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita...
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza...

Considerazioni libere (75): a proposito del controllo dell'acqua...

Voglio continuare a parlare di acqua (le precedenti "considerazioni" sul tema sono la nr. 70 e la nr. 72). Dell'acqua infatti non si parla quasi mai, eppure intorno a questa risorsa, sempre più preziosa, si giocano complicate partite di geopolitica.
Il governo della Turchia ha annunciato che nelle prossime settimane inizieranno i lavori per la costruzione della diga di Ilisu; un'opera dai grandi numeri: alta 138 metri e larga 1.820, creerà un lago artificiale di 313 chilometri quadrati e alimenterà una centrale elettrica da 1.200 megawatt di potenza. Questa diga si trova nell'Anatolia sud-orientale, nel Kurdistan turco e fa parte di un progetto ben più complesso che prevede a regime la costruzione di 22 dighe e 19 centrali idroelettriche lungo gli alti corsi del Tigri e dell'Eufrate.
Questo sistema di dighe rischia seriamente di ipotecare i flussi d'acqua verso la Siria e soprattutto verso l'Iraq e quindi di accendere nuove cause di conflitto in un territorio dal precario equilibrio, dove la gestione delle scarse risorse idriche ed energetiche rappresenta un elemento fondamentale.
C'è un altro aspetto molto grave: la realizzazione del bacino costringerà dai 60mila agli 80mila curdi che vivono in quel territorio a lasciare case, terre, attività economiche; e occorre ricordare che i curdi in Turchia vivono già in una condizione di minori diritti rispetto alla maggioranza della popolazione del paese. Le acque seppelliranno diverse città, 290 siti di valori archeologico e soprattutto la città-museo di Hasankeyf, città in cui hanno vissuto nei secoli assiri, romani, bizantini, ottomani e dove ci sono testimonianze di tutti questi passaggi, una delle tappe della "via della seta" verso la Cina: un patrimonio inestimabile che sarà distrutto.
La comunità internazionale ha tentato di protestare e di fermare il progetto; Germania, Austria e Svizzera, che in una prima fase erano coinvolte nella realizzazione delle diga, si sono ritirate nel luglio dell'anno scorso. Il primo ministro Erdogan ha annunciato che le risorse sono state comunque messe a disposizione da due banche turche e quindi i lavori possono riprendere. In fondo la Turchia è un alleato troppo importante e i curdi sono troppo deboli: e così le proteste e gli appelli finiscono per cadere nel vuoto. Da parte del nostro governo c'è in particolare una speciale attenzione verso la Turchia, dettata anche dai notevolissimi interessi economici dell'Eni. E quindi di questo - come di tanto altro - si preferisce non parlare.

"Immagini di repertorio" di Roberto Roversi

La cometa di Halley
portò la sabbia del cielo fra le mie
mani così ho ascoltato per la prima volta il tempo
che mi diceva aspetta
ancora tutto non è compiuto
ho attraversato per brevi momenti un deserto
quieti erano all’ombra i tre cammelli che si riposavano
poi tutto accadde o potè accadere
in quella successione di ore.
E’ stato luminoso il lampo del faro
fino a che la corrente l’ha aiutato
- l’occhio dell’uomo superstite di un’antica razza
riteneva quel muro una reggia
non certo un luogo di relegazione -
sul cuore del mare calò la sera intera e
un marinaio tornava a contare le stelle da sud a nord.
Erano tempi antichi.
Oggi la sonda avanzerà. Le ombre eventuali. Le asperità…
Il nucleo la coda l’inizio della coda
a mezzo milione di chilometri
con trentasei paesi collegati
cento miliardi di comete intorno al sole.
Per il momento non polveri. Le polveri in movimento
sono molto fini.
La terra il sistema solare in formazione.
Una nube collassa verso il centro
dove sta il sole
il rosso s’accende, si accendeva
la nube che era
fra le stelle
viene aspirata dai pianeti.
Ecco la terra
i crateri formati dai meteoriti
che col tempo sono cancellati
dalle tempeste vive.
FASE FINALE
aspettiamo il susseguirsi degli eventi
ancora non si hanno notizie
se si sono incontrate onde
particolari e violente
Ultimo minuto (la regìa mi sente?)
possiamo mandare il traduttore
sulla via internazionale?
Questo è il giorno in cui Hitler, rispondeva la voce,
è partito per le ferie
d’estate.
Non ho fame diceva
il bambino fermo al semaforo.
Com’era lontano il mondo vecchio
e noi già seduti sopra la luna.
L’età del ciclostile è finita.
Compagna di battaglie
che giorni e giorni e tempeste di albe
abbiamo vissuto
quante rondini abbiamo contate in volo
prima che cadesse l’inverno.
Quante ombre possiamo ricordare.
Era come salire le scale
da piano a piano
le scale portavano al tetto
lì uccelli immobili
masticavano il cielo.
LE NUBI DEL TRAMONTO CADEVANO A PEZZI.