martedì 19 settembre 2023

Verba volant (845): sexy...

Sexy
, agg. m. e f.

Non conosciamo il nome della prima Biancaneve in carne e ossa del 1902, ma conosciamo bene quello del primo personaggio animato che deve vedersela con una Regina cattiva che, invidiosa della bellezza di quella sua giovane figliastra, cerca di ucciderla.
Il 31 marzo 1933 esce nei cinema, prodotto da Max Fleischer e distribuito dalla Paramount, un cartone animato intitolato Snow-White con protagonista nientepopodimeno che Betty Boop.
In quei mesi Betty è all’apice del successo. Ha esordito al cinema solo tre anni prima in un cartone animato intitolato Dizzy Dishes: è ancora una barboncina antropomorfa con grandi occhi scuri che indossa un vestito succinto che non riesce a coprirle né le spalle né le lunghissime gambe, tanto che si vede una sensuale giarrettiera. Il successo è immediato e travolgente. In quel cartone Betty fa solo una breve apparizione, non è lei la protagonista, ma la sua prorompente sensualità ruba la scena e in breve diventa una star dell’età del jazz.
Betty, con i suoi capelli corti e l’aria sbarazzina, provocante e innocente allo stesso tempo, è la perfetta incarnazione della flapper, della donna del secolo nuovo, indipendente ed emancipata, che mostra con orgoglio la propria bellezza. Nel 1932 perde le ultime caratteristiche animali e diventa a tutti gli effetti una donna, anzi un vero e proprio sex symbol. Non resisterà molto: già nel 1934, con la rigorosa applicazione del Codice Hays e a seguito delle proteste sempre più insistenti dei gruppi conservatori e di quelli religiosi, Betty viene “normalizzata”: diventa una casalinga, con un vestito decisamente più casto che le copre spalle e gambe. E nel 1939 il suo personaggio sarà definitivamente cancellato: Betty Boop o dà scandalo o non è.
Ma torniamo a Snow-White. La regina interroga il suo specchio magico per sapere chi sia la più bella del regno e quello, che ha l’inconfondibile voce di Cab Calloway, le risponde che è Betty Boop. Per altro il grande Cab è un “amico” di Betty già dai tempi del cartone Minnie The Moocher, un altro dei grandi successi dei Fleischer Studios.
La regina ordina alle sue guardie di decapitare Betty. Ma quelle guardie sono Bimbo e Koko, i due fedeli compagni di avventure della ragazza. In lacrime portano Betty in una foresta, ma proprio quando stanno per sferrare il colpo mortale, distruggono le loro armi. Purtroppo sprofondano nel terreno prima di poterla liberare. Betty riesce comunque a scappare, ma cade in un fiume ghiacciato e rimane rinchiusa in una sorta di teca di ghiaccio. Per fortuna quel blocco arriva fino alla casetta dei sette nani, che lo portano in una grotta incantata, dove trovano Koko e Bimbo. E spariscono. La regina, trasformata in una strega, arriva anche lei nella caverna, trasforma Koko in un fantasma che canta St. James Infirmary Blues, in una delle sequenze più famose del cartone animato.
La strega riesce a congelare Betty, Koko e Bimbo, ma quando chiede di nuovo allo specchio chi sia la più bella, questi manda un fumo magico che libera gli amici e trasforma la regina in un drago. Il mostro insegue Betty e i suoi compagni, ma Bimbo gli afferra la lingua e lo mette in fuga. Il cartone finisce con Betty, Koko e Bimbo che ballano in cerchio. E vissero felici e contenti, almeno fino alla prossima avventura.
I sette minuti di Show-White sono un capolavoro del cinema di animazione della Golden Age.
Anche se è Dave Fleischer a firmarne la regia, l’autore è Roland Crandall, storico animatore dello studio. Ci mette circa sei mesi a realizzare da solo l’intero film. Oltre che aver lavorato alla serie dedicata a Betty, Roland nel 1933 crea, insieme a Seymour Kneitel, Popeye, l’altro grande successo targato Fleischer.
La voce di Betty è quella di Mae Questel. Mae è nata a New York nel 1908. La sua famiglia di ebrei ortodossi non approva il desiderio della ragazzina di dedicarsi allo spettacolo, ma Mae è bravissima a fare le imitazioni, a diciassette anni vince un concorso per giovani talenti che le permette di lavorare in tanti locali della città. Una delle sue imitazioni più riuscite è quella della cantante Helen Kane e quando Fleischer, che ha creato Betty Boop basandosi proprio su Helen, ascolta Mae, la ingaggia per doppiarla.
Per Betty Mae non si limita a imitare la voce infantile e un po’ chioccia di Helen, ma aggiunge una sensualità che richiama il fascino di Clara Bow, un’altra delle icone dell’età del jazz.
Quella voce così caratteristica, dal 1931, contribuisce a creare il successo di Betty Boop. E quando nel 1988 Betty farà un’apparizione in Chi ha incastrato Roger Rabbit sarà ancora Mae, ottantenne, a dare la voce al “suo” personaggio.
Per Fleischer Mae è anche la voce di Olivia. Almeno fino a quando gli studi sono al 1600 di Broadway. Quando nel 1938 Fleischer decide di spostarsi a Miami, questa figlia di New York non vuole trasferirsi e il lavoro passa a Marge Hines, che ha doppiato Betty Boop in Dizzy Dishes e nei primi cartoni della serie.
Un altro che fatica a staccarsi da New York è Woody Allen che vuole sia Mae a cantare Chameleon Days in Zelig e a interpretare sua madre nell’episodio Edipo relitto in New York Stories.

Dieci anni dopo - e soprattutto sei anni dopo quella, castigatissima, di Disney - arriva nei cinema una Biancaneve ancora più sexy di Betty Boop. Ed è nera.
Negli anni Quaranta Robert Clampett, nato a San Diego nel 1913, è uno degli animatori e registi che realizzano per la Warner i cartoni animati delle due fortunate serie Looney Tunes e Merrie Melodies. Robert ama il jazz e una sera del 1941, dopo aver visto una replica della rivista di Duke Ellington Jump for Joy, si ferma a parlare con il Duca e gli altri interpreti dello spettacolo. Tutti gli chiedono di realizzare un cartone animato con neri come protagonisti. Al cinema sono già usciti film con soli interpreti di colore, come Cabin in the Sky e Stormy Weather, perché non può esserci anche un cartone animato “nero”?
Quella sera nasce l’idea di una parodia del più celebre cartone animato della storia del cinema, l’incredibile successo di Walt Disney del 1937, premiato dall’Academy con un Oscar speciale in cui la statuetta è attorniata da sette piccoli “oscar”.
Robert e tutti i suoi collaboratori passano diverse sere al Club Alabam, il locale sulla Central Avenue, che è il cuore della musica nera a Los Angeles.
Il 16 gennaio 1943 esce nei cinema Coal Black and de Sebben Dwarfs.
C’è questa regina, una grossa matrona nera che vive in un castello. È molto ricca, la sua stanza è piena di ogni ben di dio: oro, ma soprattutto pneumatici, zucchero, caffè, gin. Siamo durante la seconda guerra mondiale e quindi è facile capire che la regina è diventata ricca con la borsa nera. La regina ha tutto, ma vuole un principe. Così lo chiede al suo specchio magico. E in un baleno, a bordo di una macchina di lusso, arriva il principe Chawmin’, che sfodera un sorriso dove brilla una splendente dentatura d’oro, ne mancano solo due, ma sono sostituiti da dadi. L’attenzione del principe però si concentra sulla giovane cameriera, che si chiama So White, e subito perde la testa. Effettivamente So White è splendida, ha due grandi occhi neri, le curve nei punti giusti e due lunghissime gambe. Indossa una paio di hot pants e una camiciola che non lasciano molto spazio alla fantasia.
Il principe e So White cominciano a ballare, scatenando l’odio della regina, che chiama al telefono la Murder Incorporated, con l’ordine di eliminare la ragazza. I killer arrivano a bordo del loro furgone, su cui è impresso il loro tariffario: ” chiunque per un dollaro, e la tariffa si dimezza per un nano. Ma sono patriottici - in fondo c’è la guerra - e quindi l’elenco si conclude con. “Japs: free”.
I killer rapiscono So White, ma la liberano al limite di un bosco. Quando la ragazza esce dal furgone i sicari appaiono molto soddisfatti: le impronte di rossetto sulle loro faccia fanno capire come So White li abbia convinti a liberarla. Nel bosco la ragazza incontra i sette nani, sette piccoli e maldestri soldati che “arruolano” immediatamente So White come vivandiera del loro piccolo reggimento.
La regina medita vendetta. Indossato un grande naso che la fa assomigliare a Jimmy Durante, si traveste da venditrice ambulante e raggiunge l’accampamento dei sette nani. So White mangia la mela e cade a terra. I nani si accorgono di quello che è successo, si vendicano della regina, ma non riescono a svegliare la loro amica. Pensano che l’unica soluzione sia chiamare il principe Chawmin’, che bacia So White, ma non succede nulla, la ribacia, e ancora e ancora, fino a perdere il fiato e a invecchiare prematuramente. A questo punto Dopey, il più giovane dei nani – l’equivalente di Cucciolo – stampa un bacio in bocca a So White e la ragazza si sveglia. Il principe gli chiede come abbia fatto. “Segreto militare”, risponde il nano soddisfatto.
Per realizzare il progetto, oltre alla sua squadra di animatori, Clampett coinvolge alcuni artisti neri. La voce di So White è quella di Vivian Dandridge, la sorella maggiore di Dorothy. Mentre Ruby Dandridge, loro madre e un’attrice già nota a Hollywood, è la regina. Ma per le voci di tutti i sette nani si affida al grande Mel Blanc, la voce di Bugs Bunny, Duffy Duck, Porky Pig, Silvestro e Titti, Beep Beep e Wile E. Coyote, e praticamente di tutti gli altri personaggi dei cartoni animati della Warner.
Il cartone animato riscuote immediatamente un grande successo, incontrando sia il favore del pubblico che quello della critica. Ma già qualche mese dopo la National Association for the Advancement of Colored People chiede alla Warner di ritirare il cartone animato.
Presto la casa di produzione accetta di ritirare dai cinema il cartone animato, come altri dieci che hanno caratteristiche simili. Sono i cosiddetti Censored Eleven, undici cartoni animati della stagione d’oro della Warner, che non verranno più trasmessi neppure in televisione, se non in programmi che ne stigmatizzano il razzismo.
Ed effettivamente Coal Black and de Sebben Dwarfs è un campionario di tutti gli stereotipi con cui la cultura di massa americana ha presentato i neri per decenni. Sorridiamo di fronte a quelle gag, ma ci arrabbiamo perché la nostra sensibilità ormai non è più disposta a tollerare una comicità del genere. Certo Robert Camplett non è razzista, ma proprio questo ci rende ancora più arrabbiati, se un artista come lui ha potuto scrivere uno spettacolo del genere. E ci fa pensare che questo modo di raccontare i neri è stato interiorizzato anche dagli stessi americani di colore, che pure hanno partecipato alla realizzazione del cartone animato. E probabilmente hanno riso di fronte a quelle battute così offensive.
Certo la società è molto cambiata da allora, ma le polemiche che sono seguite alla scelta di affidare a Rachel Zegler la parte di Biancaneve ci dice che il cammino è ancora in salita (continua, la prima parte della serie su Biancaneve è qui)

martedì 12 settembre 2023

Verba volant (844): fiaba...

Fiaba, sost. f.

Rachel Zegler è la Biancaneve degli anni Venti del XXI secolo. Una Biancaneve scandalosa per alcuni, visto che la pelle di questa splendida ragazza nata nel 2001 nel New Jersey, di origini colombiane e polacche - anche se le prime sono decisamente prevalenti - non è proprio candida come la neve. Tanto che Steven Spielberg l’ha voluta come Maria nella sua versione di West Side Story. Ma la storia di questa ragazza è un classico - un archetipo, direbbe Bettelheim - e quindi sappiamo che Rachel non sarà l’ultima: ogni epoca avrà la sua Biancaneve. E sappiamo anche che questa nuova Biancaneve non avrà bisogno di un principe per salvarsi.

Purtroppo non conosciamo il nome della prima Biancaneve del cinema. Di quel Snow White del 1902 non sappiamo nulla, se non il titolo registrato dalla Lubin Manufacturing Company. Questa casa di produzione è stata fondata a Philadelphia proprio quell’anno da Siegmund Lubin, nato a Breslavia nel 1851 ed emigrato nel 1876 negli Stati Uniti. È un optometrista che, affascinato dal lavoro di Edison, diventa uno dei pionieri del cinema. Sono più di mille i film realizzati nello studio chiamato Lubinville, ma sono andati quasi tutti perduti. Nel giugno 1914 un incendio ha distrutto studio e negativi e tre anni dopo la casa di produzione è fallita, costringendo Siegmund a tornare al lavoro di optometrista.

E così la prima Biancaneve di questa nostra storia è Marguerite Clark. Ormai il suo nome è dimenticato, ma nell’epoca del muto è famosa quanto Mary Pickford. Entrambe sono sotto contratto della Famous Players-Lasky e la loro rivalità domina le cronache pettegole della nascente Hollywood. A dire la verità, Mary e Marguerite non fanno nulla per alimentare questo scontro, ci pensano rispettivamente la madre e la sorella maggiore e soprattutto i produttori che hanno capito molto presto che il cinema vive anche grazie alle sue stelle e alle storie su di loro. Nel 1918 il Motion Picture Magazine conduce un sondaggio tra gli appassionati di cinema per decidere chi sia la migliore: vince Pickford, ma con uno scarto di neppure ventimila voti. Mary però è molto più abile di Marguerite, diventa in pochi anni, grazie alla creazione dell’United Artists, una delle donne più potenti del cinema americano. Marguerite si ritira, all’apice della carriera, nel 1921. A trentotto anni non ha più voglia di fare l’ingenua e ha guadagnato abbastanza per vivere come una signora in una grande villa della Louisiana.
Marguerite, nata nel 1883 ad Avondale, in Ohio, a sedici anni scopre il teatro. E in pochissimo tempo la sua carriera prende il largo. Nel 1900 debutta a Broadway e ottiene un successo dopo l’altro. Arriva al cinema tardi - gli attori teatrali all’inizio guardano con qualche sospetto alla nuova arte - ha già trentun’anni, anche se ne dimostra molti meno - anche questa è una caratteristica che ha in comune con Mary - e quell’aria da ragazzina e i suoi grandi occhi scuri entrano immediatamente nell’immaginario del pubblico.
Il 31 ottobre 1912 Marguerite debutta al Little Theatre come Biancaneve nella commedia scritta, diretta e prodotta da Winthrop Ames, che è anche il proprietario di quella storica sala sulla 44esima. È uno dei successi di quella stagione. Con lei ci sono le gemelle Madeline e Marion Fairbanks, Donald Gallaher e l’attrice inglese Elaine Inescort nella parte della Regina cattiva.
Inescort ha solo quattro anni più di Biancaneve. Anche lei bellissima, fa una lunga carriera: non si fermerà, come è successo a Mary Pickford, a causa dell’avvento del sonoro. E nel 1961, a ottantadue anni, è la contessa Lydia Ivanovna in una celebre edizione di Anna Karenina prodotta dalla BBC, con Claire Bloom e Sean Connery.
È anche grazie al successo di quella commedia che Marguerite viene chiamata a Hollywood e nel 1916 la Famous Players-Lasky produce un nuovo Snow White, un lungometraggio di sessantatré minuti. Ames scrive la sceneggiatura, basata sulla sua commedia, mentre la regia è affidata a James Searle Dawley, uno dei grandi registi di quell’età pionieristica: è lui a firmare, nel 1910, il primo Frankenstein. Creighton Hale è il principe, mentre l’attrice australiana Dorothy Cumming è la Regina cattiva. Dorothy è più giovane di Marguerite. Show White è il suo primo film a Hollywood, dopo gli esordi nel suo paese. Alla fine degli anni Venti raggiunge l’apice della fama con The King of Kings di Cecil B. DeMille, in cui interpreta Maria, e The Wind di Lilian Gish.
Quasi tutti i quaranta film interpretati da Marguerite Clark sono andati perduti. Fortunatamente una copia di Show White è stata ritrovata ad Amsterdam nel 1992, con le didascalie in olandese. E così Marguerite continua a guardarci con quei suoi grandi occhi neri e l’aria innocente, aspettando il suo principe.

E sarà l’unica Biancaneve per altri trentacinque anni: un record. Certo in mezzo c’è stata la Biancaneve più famosa di tutte - e di lei racconterò in un’altra delle mie storie - ma solo nel 1951 il personaggio dei Grimm torna al cinema. E in Italia. Il film è I sette nani alla riscossa, scritto, diretto e prodotto da Paolo William Tamburella. È nato a Cleveland nel 1910, il padre Silvestro è professore di letteratura italiana e direttore di un giornale per la comunità italoamericana della città. Il giovane decide di tornare nell’Italia appena uscita dalla guerra e di fare cinema. Nel 1946 è il produttore di Sciuscà diretto da Vittorio De Sica, per cui vince l’Oscar, il primo del cinema italiano. I sette nani alla riscossa è il suo terzo film da regista. Anche l’ultimo: muore a soli quarantuno anni, prima che il film venga distribuito nelle sale.
Tamburella decide di raccontare cosa è successo dopo il “e vissero felici e contenti”. Biancaneve e il principe Biondello vivono sì felici nel loro castello, ma il Principe Nero, invaghitosi della donna, decide di attaccare il loro regno. Biancaneve viene fatta prigioniera dagli sgherri del cattivo, ma i sette nani vengono in aiuto della loro amica. E stavolta sì tutti vivranno felici e contenti.
Biancaneve è la diciassettenne Rossana Podestà, all’inizio della carriera. Il regista francese Léonide Moguy l’ha scoperta l’anno prima a Tripoli, la città in cui è nata. Grandi occhi scuri e fisico da pin-up, Rossana diventa presto famosa non solo in Italia. Negli anni Cinquanta recita in tanti film storici e mitologici, diventando la “regina del peplum”: è Nausicaa in Ulisse di Maria Camerini, con Kirk Douglas e Silvana Mangano nel doppio ruolo di Penelope e Circe, e la protagonista di Elena di Troia di Robert Wise. E diventa una femme fatale negli anni Sessanta: è la bellissima Giorgia nei Sette uomini d’oro. Decisamente Rossana non è più l’ingenua Biancaneve.

Dopo quel film italiano il cinema e la televisione riscoprono la classica storia dei fratelli Grimm. In molte di queste versioni è però l’attrice che interpreta la Regina cattiva a essere la vera star del film. Vanessa Redgrave, Diana Rigg, Sigourney Weaver, Miranda Richardson, Monica Bellucci, Julia Roberts, Charlize Theron, Isabelle Huppert sono splendide Regine, molto più affascinanti delle rispettive Biancaneve.
Se fossimo stati lo specchio magico non avremmo avuto dubbi su chi scegliere come la più bella. Peraltro anche la Regina del film Disney - disegnata su Joan Crawford - è molto più bella di Biancaneve.
Come dice Alvin in Io e Annie.
Senti, anche da piccolo mi piacevano sempre le donne sbagliate. Forse è questo il mio problema. Quando la mia mamma mi portò a vedere Biancaneve, tutti si innamorarono di Biancaneve. Io no. Io immediatamente mi innamorai della Regina Cattiva.
Che appare nel film in veste di cartone animato, con la voce di Diane Keaton.

Gal Gadot sarà la Regina di Rachel Zegler e anche in questo caso è difficile scegliere chi sia la più bella del reame.

In una storia delle attrici che sono state Biancaneve bisogna ricordare anche Marie Liljedal, una bellissima attrice svedese, nata nel 1950, protagonista tra il 1968 e il 1971 di alcuni film erotici, tra cui il celebre Grimms Märchen von lüsternen Pärchen: non certo memorabile, ha però aperto la strada a una “lettura” erotica della fiaba che avrà una certa fortuna negli anni successivi. In Italia il film - diretto da Rolf Thiele, che pure negli anni Sessanta con Eva è stato in concorso a Cannes - è arrivato con il titolo Divagazioni erotiche.
Ovviamente anche la commedia sexy degli anni Settanta “scopre” Biancaneve. In La principessa sul pisello e Biancaneve & Co. il personaggio è interpretato da due attrici famose del genere, Christa Linder e Michela Miti. Tra i “nani” di questo film occorre ricordare alcuni grandi caratteristi del cinema italiano: Enzo Garinei, Aldo Ralli e Tiberio Murgia. Si tratta di classici film soft-porn. Decisamente più esplicito il film diretto nel 1995 da Franco Lo Cascio Biancaneve e i sette nani. Accanto a sette nani ungheresi, Ludmilla Antonova è decisamente disinibita, che ha aperto la strada a una serie di Biancaneve decisamente sexy che abbondano nei siti “specializzati”.

Voglio finire questa storia di Biancaneve con la splendida Macarena Garcia, giovane protagonista di Biancanieves, un film del 2012, scritto e diretto da Pablo Berger. Si tratta di un film muto girato in bianco e nero. La storia si svolge in Andalusia negli anni Venti. Carmen è la figlia di un torero paralitico e di una cantante, morta dandola alla luce. La seconda moglie del padre prima uccide l’uomo e poi incarica un sicario di eliminare anche Carmen. Una compagnia di nani girovaghi trova la ragazza lungo un fiume, dove è stata abbandonata, creduta morta. Carmen, con il nome di Biancanieves, diventa una famosa torera, a Siviglia, nell’arena dove il padre è rimasto paralizzato, ottiene una grande vittoria, ma la matrigna l’ha riconosciuta e la uccide con una mela avvelenata. I nani non possono far altro che vendicarsi della donna, scatenandole contro un toro.
Cent’anni dopo Snow White Biancaneve non può più salvarsi