Quella sera cade un gelido nevischio. Il poliziotto, mentre fa il suo solito giro di ronda, nota la luce nella bottega della sarta sulla Spiegelgasse. È l’unica in cui c’è ancora qualcuno a lavorare. Pensa che non ci sia nulla di strano: è naturale che ci sia molto da fare, vista l’ansia con cui tutte si stanno preparando per le feste del Capodanno. Anche sua moglie gli sta dando il tormento… Ma l’uomo sa anche che nel retro di quella bottega si riunisce un gruppetto di donne iscritte al partito comunista. E lui deve tenerle d’occhio, con discrezione. Il suo vecchio capo, prima di andare in pensione, gli ha detto di controllare in particolare quella maestra che viene dall’Italia, una che spesso si mette nei guai.
Effettivamente Franziska e Greta non smettono di cucire mentre Adelaide comincia a raccontare quella sua strana idea. Quello è uno dei periodi dell’anno in cui lavorano di più: tutte le loro clienti hanno bisogno di qualcosa e tutte hanno fretta. Oltre a loro ci sono due ragazze iscritte al partito, la signora Kammerer e Lotte. Lei è la più eccitata di tutte: è la prima volta che partecipa a una di quelle riunioni “segrete”. Titus ha bofonchiato un assenso forzato, ma in fondo è contento che sua figlia abbia quelle idee e abbia il coraggio di sostenerle.
«Non ho capito cos’è questa “befana”?». È proprio la più giovane del gruppo a chiedere una spiegazione di quel buffo nome italiano che pare sia l’oggetto di quella riunione convocata così in fretta.
«Compagne, è una storia molto antica. Prima dei Romani i popoli che abitavano in quella che non si chiamava ancora Italia celebravano le notti intorno al solstizio d’inverno. Credevano che fossero misteriose, che i morti potessero tornare nel mondo e che delle donne magiche volassero sui campi per renderli fertili. Era un tempo in cui le donne comandavano sugli uomini e in cui credevano che dio fosse una donna». Sono tutte molto attente. «Va bene, maestra, ma cerca di venire al punto» la incalza Franziska, che sa che quando Adelaide comincia a raccontare quelle storie non la finisce più.
«Va bene, cerco di semplificare. Poi sono arrivati i Romani e dopo i cristiani. E i maschi hanno vinto. Però qualcosa di quel mondo così antico ha resistito. Ecco la befana è questa forma di resistenza delle donne. Perché in una notte d’inverno questa fata benigna scende ancora e porta regali ai bambini. La chiesa ha voluto che coincidesse con l’epifania e i maschi hanno dipinto la befana come una strega, una brutta vecchia con i vestiti laceri».
«Ma questo cosa c’entra con noi» stavolta è Helga a incalzare la giovane amica.
«Dovete sapere che è una festa molto popolare in Italia, almeno quanto il natale. Anch’io da bambina aspettavo la befana, appendevo una calza al camino e speravo di trovarci un piccolo regalo. I miei genitori dicevano che se ero stata cattiva ci avrei trovato del carbone, mentre se ero stata buona un dolcetto. Che ansia quelle notti ad ascoltare i rumori che venivano dalla cucina. Proprio perché è così popolare i fascisti se sono impossessati. Il 6 gennaio è diventato festa nazionale e in tutt’Italia è un fiorire di quelle che loro chiamano “befane fasciste”: sfruttano questa tradizione per indottrinare i bambini, per far credere che da quando c’è Mussolini si sta bene».
«E noi cosa possiamo fare?» chiede Lotte.
«Qualche giorno fa una compagna di Lugano mi ha detto che loro, proprio per opporsi al regime, hanno cominciato a organizzare la “befana rossa”. E hanno ragione i compagni ticinesi. La befana è rivoluzionaria, è nostra e non dei fascisti. Siamo noi che lottiamo per costruire una società diversa e giusta. Allora che ne dite se lo facciamo anche noi a Zurigo?».
Le amiche sanno che se Adelaide si è messa in testa di fare una cosa è impossibile fermarla. E poi tutte pensano che sarà bello organizzare quella piccola festa per le bambine e i bambini della casa del popolo.
«Il 6 al pomeriggio faremo la festa. Cominciamo a dirlo alle compagne, che portino i figli e i nipoti. Io faccio la befana. Franziska, tu e Greta riuscite a prepararmi una gonna piena di toppe colorate? Io da qualche parte credo di avere un vecchio scialle, bruttino e che ha un buco. Poi basterà un grosso fazzoletto e una scopa e il travestimento è fatto. Poi servono i dolci».
«Quello non è certo un problema. Domani chiamo la moglie del salsicciaio e le altre amiche della Spiegelgasse. Avrete tutti i dolci che volete», Helga interviene spiccia come al solito.
«Mio marito suona la fisarmonica - dice una delle compagne più giovani - sarà felice di venire».
Tutte hanno un compito. La riunione sembra finita. Ma Adelaide esclama: «E se la facessimo volare?».
«Compagne, è una storia molto antica. Prima dei Romani i popoli che abitavano in quella che non si chiamava ancora Italia celebravano le notti intorno al solstizio d’inverno. Credevano che fossero misteriose, che i morti potessero tornare nel mondo e che delle donne magiche volassero sui campi per renderli fertili. Era un tempo in cui le donne comandavano sugli uomini e in cui credevano che dio fosse una donna». Sono tutte molto attente. «Va bene, maestra, ma cerca di venire al punto» la incalza Franziska, che sa che quando Adelaide comincia a raccontare quelle storie non la finisce più.
«Va bene, cerco di semplificare. Poi sono arrivati i Romani e dopo i cristiani. E i maschi hanno vinto. Però qualcosa di quel mondo così antico ha resistito. Ecco la befana è questa forma di resistenza delle donne. Perché in una notte d’inverno questa fata benigna scende ancora e porta regali ai bambini. La chiesa ha voluto che coincidesse con l’epifania e i maschi hanno dipinto la befana come una strega, una brutta vecchia con i vestiti laceri».
«Ma questo cosa c’entra con noi» stavolta è Helga a incalzare la giovane amica.
«Dovete sapere che è una festa molto popolare in Italia, almeno quanto il natale. Anch’io da bambina aspettavo la befana, appendevo una calza al camino e speravo di trovarci un piccolo regalo. I miei genitori dicevano che se ero stata cattiva ci avrei trovato del carbone, mentre se ero stata buona un dolcetto. Che ansia quelle notti ad ascoltare i rumori che venivano dalla cucina. Proprio perché è così popolare i fascisti se sono impossessati. Il 6 gennaio è diventato festa nazionale e in tutt’Italia è un fiorire di quelle che loro chiamano “befane fasciste”: sfruttano questa tradizione per indottrinare i bambini, per far credere che da quando c’è Mussolini si sta bene».
«E noi cosa possiamo fare?» chiede Lotte.
«Qualche giorno fa una compagna di Lugano mi ha detto che loro, proprio per opporsi al regime, hanno cominciato a organizzare la “befana rossa”. E hanno ragione i compagni ticinesi. La befana è rivoluzionaria, è nostra e non dei fascisti. Siamo noi che lottiamo per costruire una società diversa e giusta. Allora che ne dite se lo facciamo anche noi a Zurigo?».
Le amiche sanno che se Adelaide si è messa in testa di fare una cosa è impossibile fermarla. E poi tutte pensano che sarà bello organizzare quella piccola festa per le bambine e i bambini della casa del popolo.
«Il 6 al pomeriggio faremo la festa. Cominciamo a dirlo alle compagne, che portino i figli e i nipoti. Io faccio la befana. Franziska, tu e Greta riuscite a prepararmi una gonna piena di toppe colorate? Io da qualche parte credo di avere un vecchio scialle, bruttino e che ha un buco. Poi basterà un grosso fazzoletto e una scopa e il travestimento è fatto. Poi servono i dolci».
«Quello non è certo un problema. Domani chiamo la moglie del salsicciaio e le altre amiche della Spiegelgasse. Avrete tutti i dolci che volete», Helga interviene spiccia come al solito.
«Mio marito suona la fisarmonica - dice una delle compagne più giovani - sarà felice di venire».
Tutte hanno un compito. La riunione sembra finita. Ma Adelaide esclama: «E se la facessimo volare?».