mercoledì 31 marzo 2021

Storie (XXV). "Norma Desmond Blvd" (5/5)...

Siamo a San Francisco all’inizio degli anni Novanta. Daniel è un doppiatore di talento, un incredibile camaleonte della voce, ma, nonostante questo, non riesce a lavorare. E anche il suo matrimonio è in crisi: gli mancano soprattutto i suoi tre figli. Anche se è giovane, sembra già un uomo sul “viale del tramonto”. Quando viene a sapere che la sua ex moglie sta per assumere una governante, decide di giocarsi il tutto per tutto. Chiede aiuto al fratello e al suo compagno truccatore e decide di diventare una donna. Il lavoro procede e Daniel guardandosi allo specchio dice “I feel like Gloria Swanson”, e il fratello risponde “You look like her mother”. Ma Daniel non ci lascia il tempo di ridere a questa battuta, guarda Frank e dice “I’m ready for my close-up, Mr DeMille”. Perché Norma è immortale, anche per Mrs Euphegenia Doubtfire.

Ma gli uomini, come ci insegna la logica aristotelica, sono mortali.
Dopo Sunset Boulevard si rompe il sodalizio tra Charles Brackett e Billy Wilder. Solo loro due ne conoscono le vere ragioni. Brackett continua a fare lo sceneggiatore e il produttore. Riceve un altro Oscar, il terzo della sua carriera, per la sceneggiatura di Titanic, il film del 1953 diretto da Jean Negulesco, con Barbara Stanwyck. Nello stesso anno scrive e produce anche Niagara, regalando un magnifico ruolo, drammatico, a Marilyn Monroe, il primo della sua carriera. Negli anni successivi Billy scriverà e dirigerà due tra le commedie più belle di Marilyn, Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo. Entrambi contribuiscono con il loro lavoro a creare il mito della regina fragile di Hollywood, dell’attrice, che, anche per colpa di uomini come il figlio di Joseph Kennedy, non potrà mai diventare Norma.
Charles Brackett muore a settantasette anni, nel 1969, ricordato come uno di quelli che hanno costruito Hollywood. Billy invece muore nel 2002, a novantasei anni, il figlio di un pasticcere austriaco che ha fatto la storia del cinema: d’altra parte, come ha fatto scrivere sulla sua tomba, “nessuno è perfetto”.

Franz Waxman continua a scrivere colonne per Wilder, Zinnemann, Dieterle, per quelli che come lui sono scappati dall’Europa per creare un mondo nuovo. Nel 1951 vince un altro Oscar, per Un posto al sole, il film di George Stevens che racconta in maniera drammatica l’America uscita dalla guerra, con Montgomery Clift che è, a dispetto della stizza di Wilder, un grande attore. Compone anche alcune opere da concerto. Una di queste, del 1964, è The Song of Terezín, una cantata per orchestra, coro e coro di voce bianche basata sulle poesie scritte dai bambini nel campo di concentramento di Theresienstadt. Muore nel 1967, a sessantun’anni.

Hans Dreier finisce la sua carriera, curando le scene per Un posto al sole e poi si ritira, lasciando il suo posto ad Hal Pereira. Muore a ottantacinque anni, nel 1966.

John F. Seitz continua a fare film fino al 1960, ma quando si ritira continua a dedicarsi alle invenzioni fotografiche: arriva a registrare diciotto brevetti. Muore nel 1979, a ottantasette anni.

Edith Head non smette di creare abiti, anzi continua praticamente fino alla fine: muore nel 1981, a ottantaquattro anni, poco prima dell’uscita dell’ultimo film in cui ha lavorato, Il mistero del cadavere scomparso, una parodia dei vecchi noir in bianco e nero. È la donna con più Oscar vinti e con più nomination nella storia del cinema: otto statuette su trentacinque partecipazioni. E i suoi abiti, come quelli di Grace Kelly in La finestra sul cortile, si guadagnano un posto nella storia della moda. Edith diventa nota anche al grande pubblico. Nel 1973 appare in un cameo in un episodio di Colombo, ambientato nel mondo del cinema. La “cattiva”, una splendida Anne Baxter, che interpreta una diva che rischia di finire come Norma, per impressionare il tenente, lo porta in giro per gli studi e arriva con lui nel laboratorio di Edith. Colombo la guarda e chiede: “Ma è proprio quella che si vede sempre agli Oscar?”. Sì, è proprio lei.

“È nata una stella” si dice nel trailer di Sunset Boulevard quando appare Nancy Olson. La carriera della giovane attrice non sarà così brillante come si poteva sperare. Lei e William Holden sono una bella coppia e recitano insieme in altri tre film, nessuno però di grande successo. Nancy continua a lavorare, ma nessuno dei suoi film è paragonabile al capolavoro di Wilder. Negli anni Sessanta ritrova una certa popolarità perché è la protagonista dei film della Disney Un professore tra le nuvole e Professore a tuttogas, in coppia con Fred MacMurray. Nancy è l’ultima superstite di quella grande avventura hollywoodiana.

William Holden diventa negli anni Cinquanta uno dei grandi di Hollywood, grazie a film come Stalag 17 e Sabrina, entrambi diretti da Billy Wilder, Il ponte sul fiume Kwai e L’amore è una cosa meravigliosa. Il successo però, come insegna Norma, non dura e William soffre di depressione e alcolismo negli anni Sessanta, quando la sua fama comincia a declinare. Holden rimane comunque un attore di classe e riesce a dimostrarlo nei suoi film degli anni Settanta, come Il mucchio selvaggio, L’inferno di cristallo, Quinto potere e Fedora, il film con cui chiude la collaborazione trentennale con l’amico Billy. Muore nel 1981, a sessantatré anni, in tempo per vedere il suo caro amico Ronald diventare presidente.

Per Eric von Stroheim ci sono ancora alcune piccole parti da cattivo. I registi francesi, anche per la sua interpretazione ne La grand illusion di Renoir, lo considerano un mito. Sacha Guitry gli offre un cameo - il ruolo di Beethoven - nel suo Napoléon del 1955, dove sono coinvolti, in piccoli ruoli, tanti grandi del cinema, da Orson Welles a Jean Gabin. Ed Eric muore in Francia, a settantadue anni, nel 1957. Dice di lui Abel Gance: “Un uomo di immense capacità che è stato messo nell’impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l’attore agli ordini di registi mediocri”. Non sempre così mediocri, a dire la verità.

Gloria Swanson non tornerà più alla ribalta come forse sperava. Certo non viene ricordata solo per essere stata una diva del muto, adesso è anche la star di Sunset Boulevard; torna a New York, riprende le sue trasmissioni radiofoniche, lancia una propria linea di cosmetici e poi una di abiti. Va spesso in televisione, è un’ospite brillante, una che ha davvero tante storie da raccontare. Nel ’73 nello show di Carol Burnett fa l’imitazione di Chaplin che ha fatto in Sunset Boulevard.
Nel 1955 viene a Cinecittà per girare Mio figlio Nerone di Steno. Gloria è Agrippina, la madre dispotica del vanesio e fannullone imperatore romano, interpretato da Alberto Sordi. A Gloria il film non piace, ma soprattutto soffre perché tutte le attenzioni sul set sono per la giovane attrice francese che interpreta Poppea: Brigitte Bardot non è ancora una star internazionale, non è ancora il sex symbol di Et Dieu… créa la femme, ma Gloria capisce immediatamente che lei è il futuro e ne è terribilmente gelosa. Come noto, sarà Roger Vadim a creare BB, ma è Steno che chiede a Brigitte di farsi bionda per interpretare Poppea: e quello rimarrà il colore dei suoi capelli, uno dei suoi tratti distintivi. Gloria un giorno confessa a Vittorio De Sica, che interpreta Seneca, di aver accettato quel ruolo perché sapeva che c’era lui, il regista dei capolavori del neorealismo. De Sica, mentendo, le risponde di aver accettato perché sapeva che c’era lei; non può dirle che per mantenere le sue due famiglie e soddisfare il vizio del gioco è costretto ad accettare ogni parte gli venga proposta. “Allora siamo imbecilli tutti e due” conclude sconsolata Gloria.
L’ultima apparizione di Gloria Swanson in un film è in Airport 1975, in cui interpreta se stessa tra i passeggeri di quello sfortunato jumbo. Gloria muore nella sua New York a ottantaquattro anni, nel 1983.

Il Sunset Boulevard è sempre là, una meta turistica per cinefili, anche se molto meno frequentata del Walk of fame sull’Hollywood Boulevard. Comunque adesso è asfaltato e largo quattro corsie per tutto il suo percorso. E naturalmente c’è quasi sempre molto traffico.
Se siete fortunati potrete incontrare Norma. Perché lei è sempre là, come non ci fossimo mai detti addio.

p.s. qui trovate la prima, la seconda puntata, la terza e la quarta...

giovedì 25 marzo 2021

Storie (XXIV). "La locanda di Montfermeil" (puntata 4)...

Antonio conosce bene il suo padrone, sa cosa aspettarsi quando si sveglia alla mattina, specialmente dopo che la sera ha bevuto un po' più del lecito. "Ghisòn, mi dispiace. Il Maestro dice che non ci pensa affatto a fare il viaggio verso Parigi insieme al tuo dottore. Dice che non è neppure sicuro che lo sia davvero un dottore. E comunque non ne vuole sapere. Te l'avevo detto di non farti troppe illusioni".
Non è certo Gizon a essersi illuso e adesso immagina che sarà lui a sorbirsi i rimproveri di Dulcamara: come se fosse colpa sua. Se era per lui adesso erano a casa della vedova e si sarebbero risvegliati in un letto pulito e con una buona colazione.
"Se quell'italiano non vuole viaggiare con me peggio per lui. Gli avrei fatto fare una gran figura a Parigi. Non sa che occasione ha perduto di conoscere il bel mondo". Gizon rimane colpito da questa reazione di Dulcamara. E anche un po' preoccupato: il dottore ormai recita anche con lui, quando sono soli. Come se credesse a tutte le storie che si è inventato. 
"Vai a dire ai signori Thénardier che oggi non ce ne andiamo, anzi che staremo qui ancora qualche giorno"
"No, non possiamo rimanere qui, sono due ladri. Andiamocene fino a che siamo in tempo"
"Assolutamente no, non posso dare soddisfazione a quel musicista da strapazzo. Se partissi anch'io oggi, darei l'impressione di seguirlo, di avere bisogno di lui. Dulcamara non ha bisogno di nessuno. E qui si possono fare buoni affari. Sono riuscito a vendere l'elisir a quel Germont al doppio di quello che ho sempre incassato nelle fiere dei contadini. Qui si sente già l'aria di Parigi. E i Thénardier non sono affatto come tu dici. Sono persone di cui fidarsi. Ho anche regalato una bottiglia di elisir alla signora"
"Cosa diavolo hai fatto? Quei due si accorgeranno subito che è vino scadente. Possono denunciarci o peggio ricattarci"
"Impara a fidarti delle persone, caro Gizon. E ora fammi andare a salutare l'amico Germont prima che parta per Parigi".
Mentre Gizon scende per cercare la locandiera pensa che forse è arrivato il momento di lasciare Dulcamara. Lavorano insieme ormai da oltre trent'anni, da quando, poco più di ragazzi, hanno lasciato il loro villaggio nella Navarra per fare fortuna nel mondo. E il numero del dottore venditore di elisir e del suo servo moro è stato decisamente il migliore, quello che gli avrebbe permesso di chiudere in bellezza. E invece è quello che li dividerà. Gizon vuol bene a Dulcamara, è come un fratello, hanno passato insieme tanti momenti brutti, hanno fatto la fame, hanno rischiato più volte di morire, ma ne sono sempre venuti fuori. Insieme. Ma questa volta, no: lui non riesce più a seguire le pazzie del dottore. Stavolta è davvero finita.
Quando finalmente vede la locandiera, la donna sta, come al solito, rimproverando Cosette, che approfitta dell'arrivo dell'uomo per allontanarsi. "Come sta il nostro caro dottore?"
"Bene. La stavo cercando, signora Thénardier, per dirle che oggi non possiamo partire e che il dottor Dulcamara intende fermarsi ancora qualche giorno presso la vostra locanda"
"Io e mio marito siamo lieti che il dottore si trovi bene qui da noi. Gli dica pure che può continuare a essere nostro ospite per il tempo che gli è necessario. Troveremo senz'altro un accordo sulle spese di vitto e alloggio".
Gizon si allontana pensando a quanto costerà quella sosta imprevista. Non basteranno un po' di bottiglie di elisir vendute a qualche sciocco cliente a recuperare la spesa. Ha trovato sorprendentemente disponibile la signora. Probabilmente lei e il marito hanno già capito che lui e il dottore sono due truffatori e stanno pensando come guadagnarci. Gizon però ha bisogno di tempo: deve trovare il modo di salvare Dulcamara. E anche la piccola Cosette.

va avanti, non può certo fermarsi così...
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mercoledì 24 marzo 2021

Storie (XXIII). "Norma Desmond Blvd" (4/5)...

Sunset Boulevard è un successo, incassa più di 2 milioni di dollari, ma Eva contro Eva supera gli 8, per tacere dei 52 di Cenerentola. Quel film consacra William Holden come uno degli attori più importanti della sua generazione, ma non permette a Gloria di tornare a recitare. Le propongono solo ruoli che in qualche modo ricordano Norma e lei non vuole continuare a ripetere lo stesso personaggio in film che finirebbero per essere pallide copie dell’originale.

Però Gloria ha un’idea: quella storia può diventare un successo a Broadway. Lei è una brava cantante: in questo modo Norma continuerà a calcare le scene; e Gloria insieme a lei. Ne parla con i dirigenti della Paramount che, probabilmente per liberarsi di lei, le dicono che può andare avanti, può sviluppare quel suo nuovo progetto. Sono sicuri che non se ne farà nulla: ma non hanno tenuto conto della tenacia di Gloria Swanson. Coinvolge nel progetto Richard Stapley, un attore inglese che nel 1949 ha interpretato il ruolo di John Brooke in Piccole donne, la versione con Elizabeth Taylor e Janet Leigh, e ha pubblicato nel Regno Unito alcuni romanzi, e il cantate e pianista di cabaret Dickinson Hughes. Gloria vuole che lo spettacolo, a cui viene dato il titolo provvisorio Starring Norma Desmond e poi Boulevard!, abbia un lieto fine: Norma si rende conto di quello che sta succedendo e “libera” Joe, permettendogli di sposare Betty.

Il libretto e le canzoni vengono completate. Gloria, ancora una volta, si è fidata troppo di una promessa solo verbale. Russell Holman della Paramount, all’inizio del 1957, resosi conto che il progetto sta andando avanti, scrive all’attrice: deve sospendere quel lavoro e metterlo in un cassetto, perché lo studio ritiene dannoso raccontare quella storia in un’altra forma. Sembra proprio che Sunset Boulevard rimarrà soltanto un film, quel film.

All’inizio degli anni Sessanta Stephen Sondheim è famoso come l’autore dei testi delle canzoni di West Side Story e Gipsy: A Musical Fable, ma la sua ambizione è quella di scrivere anche le musiche dei suoi lavori. Nel 1962 ha debuttato a Broadway con A Funny Thing Happened on the Way to the Forum; è un successo di pubblico, anche se i critici lodano molto più i testi che le musiche. Alla fortuna di questo musical, in cui Sondheim si richiama alle commedie di Plauto, contribuisce anche il film che esce nello stesso anno, con Zero Mostel, interprete anche dello spettacolo a Broadway, che può finalmente tornare al cinema dopo gli anni bui della “caccia alle streghe”. In quel film ha una piccola parte anche Buster Keaton: sarà l’ultimo della sua lunghissima carriera.

Stephen a trentadue anni pensa che Sunset Boulevard possa diventare il suo prossimo musical. Coinvolge l’autore di libretti Burt Shevelove, che ha lavorato con lui su A Funny Thing, e scrivono qualche scena. Jeanette MacDonald potrebbe essere Norma sul palcoscenico. Jeanette è nata a Philadelphia nel 1903. Negli anni Venti è una stella di Broadway, lavora anche con i Gershwin e quando nasce il cinema sonoro gli studios la vogliono a Hollywood: adesso non bastano le facce, servono le voci. Ernest Lubitsch la fa debuttare in Parata d’amore, accanto a Maurice Chevalier. La coppia funziona e insieme girano ancora altri tre film, anche una celebre versione de La vedova allegra, sempre con la regia di Lubitsch: questi sono i film in cui serve il suo celebre “tocco”. In Terra senza donne la Metro la fa recitare e cantare accanto al baritono Nelson Eddy: la coppia ha un grande successo, negli Stati Uniti sono famosi quasi come Ginger Rogers e Fred Astaire e recitano insieme in altri sette film. I gusti del pubblico però cambiano, la musica cambia, e la stella di Jeanette lentamente declina: il suo ultimo film è del 1949, e si intitola Primavera di sole, ma la vera star della pellicola è Lassie, il cui nome sui manifesti è accanto a quello dell’attrice. Jeanette prova a tornare a Broadway, ma non riesce a ottenere nessun ruolo davvero importante. Quando Harold Prince, il produttore dei musical di Sondheim, va a parlarle di Sunset Boulevard, risveglia in lei sogni mai sopiti. Che saranno presto infranti: Jeanette è Norma nella vita, non lo sarà mai sulla scena. Muore nel 1965, a causa di disturbi cardiaci manifestati da tempo.

Stephen per caso incontra a un cocktail party Billy Wilder, che l’anno precedente ha vinto tre Oscar per L’appartamento. Il compositore si fa coraggio e gli chiede un consiglio su quel progetto. “Non si può scrivere un musical su Sunset Boulevard, deve essere un’opera. Dopo tutto si tratta di una regina detronizzata”. Questa risposta del Maestro fa desistere Sondheim, che comincia a lavorare a Anyone Can Whistle, il fiasco più grande della sua fortunata carriera.

Andrew Lloyd Webber vede per la prima volta Sunset Boulevard al cinema all’inizio degli anni Settanta, ha poco più di vent’anni, ma ha già scritto Jesus Christ Superstar. Abbozza la musica per alcune scene: poi decide di usare quel materiale per la colonna sonora di Gumshoe, il film d’esordio di Stephen Frears. Quell’idea gli rimane in testa: nel ’76 scrive la musica che descrive il momento in cui Norma torna negli studi della Paramount, ma sta anche finendo Evita. Finalmente, dopo Aspects of Love del 1989, dopo i grandi successi degli anni Ottanta, decide che è il momento di raccontare a teatro la storia di Norma Desmond.

Coinvolge l’autrice statunitense Amy Powers per scrivere i testi delle canzoni, e poco dopo le affianca Don Black. Lo spettacolo viene eseguito in anteprima nel 1991 durante il festival di Sydmonton con la giovanissima Ria Jones nel ruolo di Norma. Non funziona. Le canzoni sono da riscrivere quasi tutte: Christopher Hampton, che ha sceneggiato, tra gli altri film, Le relazioni pericolose, rivede i testi insieme a Black. L’anno successivo, sempre a Sydmonton, viene presentata la nuova versione, con Patti LuPone che interpreta Norma. Patti è già una regina di Broadway e del West End, sia nel teatro di prosa che nel musical: è un’acclamata Evita, una dolente Fantine ne Les Misérables e la sua interpretazione è fondamentale per il successo del revival di Anything Goes. Lloyd Webber adesso è soddisfatto: Sunset Boulevard sarà il suo nuovo successo.

Il 12 luglio 1993 debutta all’Adelphi, lo storico teatro sullo Strand a Westminster, con la regia di Trevor Nunn. Billy Wilder assiste alla prima, lo spettacolo gli piace: “La cosa migliore che hanno fatto è stato lasciare in pace la sceneggiatura”.

Mentre nessuna attrice della generazione di Gloria Swanson voleva essere Norma, adesso tutte le attrici di Broadway e del West End vogliono interpretare quel personaggio. Dopo Patti LuPone, a Londra nel 1994 Norma è Betty Buckley, un Tony per la sua interpretazione di Grizabella in Cats, una grande carriera nel teatro musicale, ma che noi rischiamo di ricordare solo perché è stata Abby, l’insegnante che sposa un giornalista di Sacramento che ha otto figli, in più di cento episodi de La famiglia Bradford. E poi, sempre a Londra, Elaine Paige, Petula Clark e Rita Moreno interpretano Norma. Negli Stati Uniti Sunset Boulevard debutta a Los Angeles il 9 dicembre 1993, con una magnifica Glenn Close. Anche Faye Dunaway sembra possa sostenere la parte, ma Lloyd Webber, dopo una prima approvazione, dice che non è in grado di cantare a quei livelli. Glenn Close l’anno successivo porta lo spettacolo a Broadway. Patti LuPone vuole essere lei a far debuttare il musical a New York e sostiene che c’è un impegno preciso di Lloyd Webber in questo senso. Evidentemente con un qualche motivo, se il tribunale a cui Patti si rivolge, intentando causa alla produzione, le concede un risarcimento di un milione di dollari per questo mancato debutto. E così, a causa di questa spesa iniziale imprevista, Sunset Boulevard ottiene il non invidiabile primato di essere lo spettacolo che, nonostante l’enorme successo al botteghino, ha perso più soldi nella storia di Broadway.

Andrew rimane fedele alla storia scritta da Wilder e Brackett, lì c’è già tutto il dramma di Norma. Lui deve solo aggiungere la musica, quella sua musica così capace di raccontare e di coinvolgere. C’è comunque nello spettacolo qualcosa di ancora più emozionante. Norma è negli studi della Paramount, elegante e bellissima, incontra DeMille, vede l’agitarsi della troupe, poi all’improvviso uno degli addetti alle luci la riconosce, la illumina con un occhio di bue e Norma, assalita dai ricordi, canta As If We Never Said Goodbye, forse la canzone più bella dello spettacolo e una tra le più belle di Lloyd Webber. Quando Norma finisce di cantare noi spettatori non possiamo non applaudire e quegli applausi reali che noi tributiamo all’attrice che è in quel momento sulla scena, diventano gli applausi che Norma sogna, in uno scambio tra la verità e la finzione che è possibile solo a teatro. Quei nostri applausi sembrano alimentare la pazzia di Norma e così anche noi diventiamo responsabili: non siamo più innocenti.

Anche in questo caso Gloria si è presa la sua rivincita contro quelli della Paramount: adesso sono tre i musical in cui rivive Sunset Boulevard. C’è Boulevard! Prima di morire Gloria ha venduto il suo imponente archivio all’Università del Texas, che, anche dopo la sua morte, ha continuato a comprare materiale su di lei e a riceverne da donatori privati. Tra questo materiale c’è anche la registrazione dell’intera colonna sonora del “suo” musical, che è stato pubblicato nel 2008. Nel 1994 Dickinson Hughes ha usato molto del materiale di Boulevard! per scrivere Swanson on Sunset, ossia la storia di come una grande attrice tenta di tornare alla ribalta attraverso uno spettacolo in cui si racconta la storia di una diva che vuole tornare a recitare: un gioco di specchi non particolarmente riuscito, nonostante l’esperienza di una veterana di Broadway come Laurie Franks che interpreta Gloria che fa la parte di Norrma. E l’accostamento tra Joe e Richard Stapley diventa troppo forzato: Gloria non è Norma, non è una donna che perde la testa per un uomo più giovane e ne sfrutta l’energia. Gloria vuole essere l’autrice, non ha mai smesso di immaginarsi come il suo amico Chaplin. E poi naturalmente c’è il Sunset di Lloyd Webber, che presto dovrebbe diventare un film con Glenn Close: pare che perfino quelli della Paramount si siano convinti che nessuno può fermare Norma.

p.s. qui trovate la prima, la seconda puntata e la terza...

venerdì 19 marzo 2021

Storie (XXII). "Norma Desmond Blvd" (3/5)...

Billy e Charles sono preoccupati della reazione del mondo di Hollywood. Decidono di fare un’anteprima lontano da Los Angeles, a Evanston in Illinois. Il pubblico ha una reazione strana, specialmente di fronte alla scena iniziale. Il film si apre in un obitorio e i cadaveri si raccontano come sono arrivati lì: è così che Joe narra agli altri la storia di Norma e di come lei lo ha ucciso in un flashback lungo quanto il film. A Evanston il pubblico ride durante quella scena, e succede lo stesso a Poughkeepsie e a Great Neck, nello stato di New York. Gli spettatori non capiscono se sia una commedia o un dramma. Billy dopo quelle tre prime proiezioni decide di cambiare la sequenza iniziale. Ha girato una scena in cui si vede Joe morto nella piscina. Non è stato facile realizzarla: è stata necessaria tutta l’abilità di Seitz. Billy voleva che il cadavere si vedesse dal fondo della piscina: Seitz ha messo la telecamera in una scatola che è stata calata nell’acqua, ma il risultato è stato deludente. Allora sul fondo della piscina i tecnici di Dreier hanno sistemato uno specchio e quindi la macchina ha ripreso il riflesso del corpo dall’alto. Questa scena diventa l’inizio del film, con la voce di William Holden che comincia a raccontare la storia: uno degli inizi più famosi della storia del cinema.

A questo punto la Paramount organizza una proiezione privata per una serie di ospiti e addetti ai lavori. Le reazioni sono contrastanti. Barbara Stanwyck, la splendida protagonista de La fiamma del peccato, si inginocchia di fronte a Gloria Swanson e le bacia l’orlo della gonna. Mary Pickford preferisce non parlare; farà dire di essere rimasta sopraffatta. Louis B. Mayer è furibondo, di fronte a tutti gli ospiti affronta Wilder e gli urla: “Hai disonorato l’industria che ti ha creato e nutrito! Dovresti essere ricoperto di catrame e piume e scappare da Hollywood!”. Billy gli risponde senza alcuna cortesia. Non è solo Mayer che la pensa così, anche se gli altri non sono così violenti. L’attrice Mae Murray, soprannominata “la Gardenia”, che è stata la protagonista nel 1925 di The Merry Widow, diretta da Stroheim, commenta stizzita: “Nessuno di noi pazzi era così pazzo”.

Finalmente, il 10 agosto 1950, il film viene presentato al pubblico in una grande première al Radio City Music Hall, al 1260 di Avenue of the Americas, all’interno del Rockefeller Center. E probabilmente nessun’altra sala avrebbe potuto ospitare questa serata, perché il designer Donald Deskey, uno dei grandi dell’art déco, l’ha progettata negli anni Trenta con una serie colori accesi che ricordano quelli di un infuocato tramonto che incastona il palcoscenico. Il film è un successo, anche perché Gloria Swanson in pochi mesi viaggia in treno per tutta l’America per presentarlo. E anche la critica è concorde: il Time scrive: “Hollywood al suo peggio raccontata da Hollywood al suo meglio”.

Nell’edizione del 1951 degli Oscar Sunset Boulevard ottiene undici nomination, ma viene battuto da Eva contro Eva, diretto da Joseph L. Mankiewicz, che ne ottiene ben quattordici, vincendo quello per miglior film. L’Academy - che dà un Oscar onorario al vecchio Mayer - sembra vendicarsi di Wilder, che non ottiene nemmeno il premio per la regia - che va a Mankiewicz - ma ottiene quello per la sceneggiatura originale. Per Sunset Boulevard poi vengono premiati Hans Dreier - che ottiene il premio anche per le scenografie per i film a colori, con Sansone e Dalila - e Franz Waxman per la colonna sonora. Anche Edith Head vince due Oscar, uno per i film in bianco e nero e uno per i film a colori, ma sono rispettivamente Eva contro Eva e Sansone e Dalila.

Sunset Boulevard ottiene una nomination in tutte e quattro le categorie dedicate alla recitazione, senza vincerne nessuna: a suo modo un record. Gloria Swanson si scontra con le due protagoniste di Eva contro Eva, Bette Davis e Anne Baxter, entrambe nella cinquina. Vince, a sorpresa, Judy Holliday per la sua interpretazione in Nata ieri, diretta da Geoge Cukor, il cui protagonista maschile è William Holden. Judy se l’è meritato: quell’anno è proprio difficile scegliere. Per la cronaca la quinta è Eleanor Parker per il film Prima colpa: per questo film sarà premiata quell’anno a Venezia con la Coppa Volpi.

In quell’edizione degli Oscar viene premiato anche il miglior soggetto - una categoria che rimane fino al 1956 - e nella cinquina c’è Riso amaro, con i suoi autori Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani.

Naturalmente il successo del film scatena un poco originale gioco di società: chi è Norma Desmond? La Garbo è fuggita da Hollywood e non vuole più farsi vedere da nessuno. Mary Pickford e Pola Negri si sono isolate dal mondo, vivono quasi recluse nelle loro grandi ville. Mae Murray è la caricatura di se stessa: si trucca così pesantemente per sembrare più giovane quando sale sui palchi dei cabaret di terz’ordine. Valeska Suratt è dipendente dal gioco d’azzardo. Clara Bow, il sex symbol dei Roaring Twenties, soffre di schizofrenia. Tutte loro sono in qualche modo Norma. Eppure il film non descrive nessuna di loro.

Delle regine del muto Gloria è probabilmente quella più lontana da Norma. Certo è stata messa da parte da Hollywood e, come tutte le altre, sogna di tornare, ma non si è ritirata. Si è trasferita a New York, perché ama vivere e lavorare in quella città, molto più di quanto abbia mai amato Los Angeles. Ha un proprio show alla radio: un curioso paradosso per una regina del cinema muto. Continua ad atteggiarsi a diva, ma se lo può permettere.

Non sappiamo di preciso quanto nel corso della lavorazione del film, Gloria abbia creato il personaggio, ma certamente Wilder ha plasmato Norma su di lei e conoscendo il carattere dell’attrice, la sua determinazione, la sua voglia di non farsi sfuggire nulla, e la sua esperienza sul set, possiamo credere che abbia dato un importante contributo. Senza Gloria Norma non sarebbe certo quel personaggio che tutti conosciamo.

La casa di Norma è tappezzata delle foto di Gloria, degli anni in cui era la star della Paramount e dei mesi gloriosi di Sadie Thompson. Norma arriva, a bordo della sua splendida Isotta Fraschini - il modello Tipo 8A carrozzata dalla milanese Castagna nel 1929 - davanti agli studi della Paramount - la macchina viene trascinata perché Stroheim non ha mai imparato a guidare - e il guardiano più giovane chiede chi sia quella donna e non la farebbe entrare se non fosse per l’intervento del suo collega più anziano - il caratterista Robert Emmett O’Connor, che ha recitato in più di duecento film e che chiude la sua carriera proprio con Sunset Boulevard. Quando finalmente Jonesy apre il cancello, Norma sibila: “Without me there wouldn’t be any Paramount Studio”; una cosa che anche Gloria probabilmente pensa di sé. E negli studi Norma incontra il “suo” regista, ossia Cecil B. DeMille che, in un delizioso cameo, evita con tatto le domande dell’attrice sul copione di Salomè, di cui non sa nulla. E Max scoprirà che hanno chiamato Norma solo perché vogliono noleggiare la sua automobile, ormai un pezzo d’epoca. Ma DeMille è anche il regista di Gloria, è quello che l’ha scoperta, che l’ha fatta diventare la protagonista dei suoi film. E sono amici di Gloria, oltre che di Norma, i tre attori che vanno a giocare a bridge a casa sua, quelli che Joe chiama con una facile ironia “The waxworks”: Anna Q. Nilsson, bellissima attrice del muto, una delle donne più popolari degli anni Venti, che nel 1928 riceveva trentamila lettere al mese e per questo è stata messa sotto contratto da Kennedy per la RKO, HB Warner, Gesù in Il Re dei Re e Buster Keaton, che in una foto del set sembra quasi sorridere osservando Stroheim vestito da maggiordomo.

Quando Norma vuol far vedere a Joe un suo film, Wilder potrebbe sceglierne uno dei tanti che Gloria ha girato per la Paramount: non ci sarebbero problemi di diritti. Decide invece di concedere una piccola rivincita al suo collega Stroheim: le immagini sono quelle di Queen Kelly, il film che gli americani non hanno mai potuto vedere al cinema.

Ma poi è Gloria che vince alla fine. È il celeberrimo finale. Norma, dopo aver ucciso Joe, è ormai completamente impazzita, siede davanti alla toletta nella sua camera, piena di poliziotti e di cronisti. C’è anche Hedda Hopper che detta il pezzo per la prossima edizione del suo giornale; Hedda è, insieme a Elsa Maxwell e Louella Parsons, una della grandi pettegole di Hollywood, una di quelle che sa sempre tutto, appena accade, anche prima che accada. Max, con uno sguardo dei suoi, convince i poliziotti che l’unico modo per far muovere Norma e scendere le scale sia quello di farle credere che stanno girando una scena di Salomé. Max torna finalmente a fare il regista, e ha il piglio dittatoriale di Eric von Stroheim, quella forza e quella mania per i dettagli che tutti conoscono a Hollywood. Gli basta un cenno per far muovere le cineprese, per preparare i “suoi” tecnici e alla fine, dopo quasi quindici anni, può urlare “Action”: c’è una scintilla in quel momento negli occhi di Stroheim che non è solo frutto della sua capacità di attore. Norma, affascinante come non mai, lentamente percorre il corridoio e scende le scale, guardando la macchina da presa con i suoi occhi così intensi, muovendo le mani, perché a lei non servono le parole, basta la faccia. Poi arriva davanti a quella piccola folla che si è radunata – come su un set – è il momento in cui la stanno per portare via e dice: “All right, Mr. DeMille, I’m ready for my close-up”. È la sua vendetta contro Max: non riconoscerlo nel ruolo della sua vita e chiamarlo con il nome del suo avversario. È anche Gloria che si vendica di chi le ha mentito in merito a Queen Kelly, e degli altri uomini che le hanno mentito nel corso della sua vita. Lei è sempre grande, sono gli altri a essere diventati piccoli.

p.s. qui trovate la prima e la seconda puntata...

mercoledì 17 marzo 2021

Storie (XXI). "La locanda di Montfermeil" (puntata 3)...

A Gizon il servitore di questo signor Rossini sta davvero simpatico. Antonio parla un divertente miscuglio di francese, italiano e una lingua che il "moro" proprio non riconosce, anche se a volte suona un po' francese. Antonio non riesce a pronunciare il nome Gizon, ma a lui non importa. "Caro Ghisòn, non ho idea di cosa abbia detto il Maestro al tuo dottore. Quando è tornato in camera io già dormivo e adesso lui ovviamente è ancora a letto. Ma temo che neppure lui sappia cosa ha detto ieri sera mentre era a tavola. O meglio lo sa, ma fa finta di non ricordarlo. Sono sicuro che il tuo padrone ricorda bene, e sicuramente ieri sera il Maestro era la persona più affabile del mondo, ma non ho proprio idea di come si sveglierà questa mattina. Tiene dietro alla luna il mio padrone. E socc'mel - Gizon non riesce a capire cosa significhi questa parola che Antonio ha già ripetuto un paio di volte - è una fatica lavorare per uno così. Poi dicono che è un genio, dicono che scrive della musica incredibile. Non lo so, ma io ti posso dire che ha davvero un pessimo carattere. Ma paga bene, questo lo devo riconoscere e adesso con lui posso girare il mondo. Per uno come me che è nato in via dei Vetturini è una gran cosa arrivare fino a Parigi e a Londra. E il tuo Dutåur che tipo è? È un uomo di legge? Sai a Bologna c'è una gran università da cui vengono i migliori dottori in legge del mondo. O un dottore che cura le malattie. Poi a Bologna ci sono anche i dottori che chiamano filosofi, ma io non ho mai capito a cosa servano"
"No, Dulcamara è un uomo di scienza. Crea elisir e pozioni. Ne ha inventata una che rende le donne più giovani e gli uomini più virili"
"Più virili?"
"Sì, più forti, là sotto".
Adesso Antonio ha capito. E sorride. "Certo sarebbe utile fare il viaggio con il tuo dottore. Mi hanno detto che a Parigi ci sono le donne più belle del mondo".
Gizon sorride al suo nuovo amico. "Ora vado, credo che il dottore abbia bisogno di me. Vedremo cosa dirà il Maestro quando si sveglierà".
Uscendo dalla camera di Antonio, Gizon pensa che ancora una volta Dulcamara si sia fatto rubare dei soldi. In fondo al corridoio nota la signora Thénardier. Vorrebbe evitarla, ma capisce che tornare indietro desterebbe i sospetti della donna. 
"Caro signor Gizon, spero che lei e il dottore abbiate dormito bene. Vi abbiamo riservato le nostre camere migliori".
Gizon non sa immaginarsi come siano le peggiori, ma sorride alla donna, che non ha il solito sguardo cattivo. 
"Ho saputo, signore, che ha regalato un fiore a Cosette"
"Un fiore di carta, un piccolo gioco di prestigio per far sorridere la bambina"
"H aragione: Cosette è una bambina, caro signore, anche se può sembrare più grande dei suoi anni. E non è nostra figlia, eppure, come lei stesso ha potuto vedere, noi la trattiamo come se lo fosse".
E anche in questo caso Gizon non riesce a immaginare come la tratterebbero se non la considerassero una figlia. L'uomo non capisce cosa significhi quel discorso della locandiera, che gli appare esageratamente untuosa. Perfino per una come lei.
"Mio marito ed io ne siamo in qualche modo i tutori e curiamo i suoi interessi".
Gizon crede di aver finalmente capito cosa la donna sta tentando di dirgli. E la cosa lo fa infuriare: gli stanno tentando di "vendere" Cosette. Quella parola, interesse, ha per una come la Thénardier un solo significato. Sa di non essere nella posizione per poter denunciare la donna, ma non vuole nemmeno lasciare Cosette in balia di quei due: prima o poi riusciranno a guadagnare soldi da quella bambina. E nel modo peggiore.
In qualche modo riesce ad allontanarsi dalla signora Thénardier, bofonchiando una parola di saluto. Sa che deve agire, ma sa anche di avere pochissimo tempo.
Mentre sta pensando, vede il dottore che in cortile parla con un signore che, dai vestiti, sembra anche lui in viaggio.
"Vieni Gizon, ho appena conosciuto questo squisito signore che viene dalla Provenza". Poi quando è abbastanza vicino continua sussurrando: "Vai a prendere una bottiglia di elisir per il signore, quello che dà forza". 
Mentre Gizon si allontana, Dulcamara ricomincia a parlare con il suo nuovo "cliente": "Non si pentirà dell'acquisto, signor Germont. Con il mio elisir farà una splendida figura quando arriverà a Parigi". 

continua? certamente...
e qui tutte le puntate...

giovedì 11 marzo 2021

Storie (XX). "La locanda di Montfermeil" (puntata 2)...

Gizon ha finito di truccarsi, osserva il suo lavoro sul piccolo specchio della toletta, quando sente un leggero bussare alla porta. L'uomo controlla bene il suo viso prima di arrischiarsi a dire "avanti": immagina sia la padrona che è venuto a spiarlo. È la bambina - Gizon pensa che abbia poco più di cinque anni - che lo guarda stupita, anche se non è certo il primo uomo dalla pelle scura che vede; poi gli dice che il dottore lo aspetta nella sua camera. L'uomo tira fuori una moneta, che ha rubato la sera prima a uno che stava seduto accanto a lui nel tavolaccio della locanda, e la porge con un fare cerimonioso alla bambina. E Cosette non capisce da dove sia spuntato quel piccolo fiore di carta che adesso quello strano uomo le sta regalando facendo un inchino. La bambina sorride: è buffo. 
Quando Gizon entra nella camera del dottore, piccola e sudicia praticamente come la sua, anche se costa il doppio, il suo padrone è ancora a letto. "Finalmente, caro amico, entra, aiutami ad alzarmi. La fortuna sta girando. Ieri sera ho conosciuto un gran signore"
"E cosa ci fa un gran signore in una stamberga come questa?"
"Sei sempre il solito. I locandieri sono persone veramente degne e questa è una delle migliori stazioni di posta prima di Parigi. Comunque sia, questo signore è italiano e scrive opere, per lo più buffe, e sta andando a Parigi. Sembra che in Italia sia piuttosto famoso, mi ha detto che ha scritto un'opera su un barbiere. Io ho fatto finta di conoscerla; gli ho detto che ne ho sentito parlare durante i miei viaggi. Dice che potrebbe diventare il nuovo direttore della Comédie italianne. Lui preferirebbe non fermarsi qui in Francia e andare a Londra, ma a noi poco importa. Lo conoscerai, è un tipo davvero gioviale, gli piace stara a tavola e divertirsi. Ieri sera abbiamo mangiato del tacchino farcito: lui ne va matto e abbiamo bevuto tre bottiglie di bordò"
"E chi ha pagato?"
"Io naturalmente"
"Con i nostro soldi, immagino. Non con i tuoi"
"Stai tranquillo, li ho spesi bene. Considerali un investimento. Alla fine l'ho convinto che andremo a Parigi con lui. Là ci presenterà attrici e cantanti, e vedrai quante bottiglie di elisir riusciremo a vendere: questi teatranti vogliono rimanere sempre giovani. E poi potrebbe portarci anche a corte. Questa volta, caro Gizon, abbiamo pescato il biglietto vincente"
"A corte? Ci arresteranno, come minimo. Capiranno subito che siamo dei ciarlatani. E poi sei sicuro che questo tuo nuovo amico non sia un imbroglione come noi? Ha mangiato e bevuto e poi se la squaglia: è la nostra specialità"
"Credi mi possa sbagliare così? Non voglio più ascoltarti. Adesso vai dal suo servitore. Si chiama Antonio, viene da una città che si chiama Bologna. E chiedigli a che ora dobbiamo partire. Poi regola i conti con i signori Thénardier".
Gizon è davvero preoccupato. Il dottore questa volta li caccerà nei guai: questa mania di Parigi.
Cosette accompagna Gizon nelle camere dove ci sono gli italiani. Quando vede la stanza dove dorme Antonio, l'uomo dalla faccia tinta di nero pensa che forse il dottore non si è sbagliato. È luminosa ed è pulita: evidentemente questo musicista ha pagato in anticipo, a differenza di loro. Forse è davvero ricco. Ma Gizon non è ancora convinto: chi ha mai sentito di un'opera su un barbiere? 

continua? a questo punto immagino di sì...
e qui tutte le puntate...

mercoledì 10 marzo 2021

Storie (XIX). "Norma Desmond Blvd" (2/5)...

Samuel ha appena vent’anni quando arriva, nel 1926, a Berlino: un sogno per uno che è nato in una cittadina della Galizia, dove i genitori gestiscono una rinomata pasticceria nella stazione ferroviaria. È vissuto per diversi anni anche a Vienna, in quella che un tempo è stata la capitale dell’Impero e una delle città più importanti del mondo, ma la guerra ha cambiato tutto. Berlino negli anni Venti è un’altra cosa, è l’Atene dell’inizio del secolo. È la città dei cabaret e del Bauhaus, di Grosz e di Brecht, di Weill e di Schönberg, è la città del cinema. È la città in cui sembra possa succedere di tutto; e dove succederà di tutto. E lui è arrivato a Berlino dalla porta principale. Insieme a Paul Whitman, il “Re del jazz”, il musicista che due anni prima ha fatto debuttare un giovane pianista di Brooklyn, che ha composto una cosa chiamata Rapsodia in blu. A Paul è piaciuto subito quel giovane austriaco che sa scrivere e ama il jazz. Billie - si fa chiamare così, è il soprannome che gli ha dato sua madre - ha chiesto a Whitman un’intervista mentre il “Re del jazz” è in tournée a Vienna. Paul lo prende sotto la sua protezione e gli propone di seguirlo a Berlino e quando sono là gli presenta tutti, perché Paul conosce tutti. E tutti conoscono Paul.

Whitman naturalmente riparte per l’America, ma Billie rimane lì, fa il giornalista, e anche il taxi dancer. Ma soprattutto comincia a frequentare quelli che fanno i film e scrive sceneggiature: collabora a una ventina di film, con altri ragazzi come lui appassionati della nuova arte del Novecento, come Fred Zinnemann e Robert Siodmark. Vive la frenetica euforia della città, ma sente anche che sta per finire tutto, perché per quelli come lui, quelli il cui cognome denuncia una chiara origine ebraica, è sempre più difficile vivere a Berlino. Nel 1933 va a Parigi, continua a fare cinema, dirige il suo primo film Mauvaise Graine, su una banda di ladri d’auto con una bellissima Danielle Darrieux, la prima delle sue dark lady. Ma la “malattia” si va diffondendo in tutta Europa. Nel 1934 Billy - aggiunge una ipsilon al suo nome - Wilder arriva a Hollywood. È lì che si fa il cinema. E non ci sono i nazisti.

Quando Billy arriva in America il Sunset Boulevard è già una delle strade più importanti di Los Angeles. Inizia dall’incrocio con la Figueroa nel centro della città e dopo 35 chilometri si immette nella Pacific Coast Highway, passando per Echo Park, Silver Lake, Los Feliz, Hollywood, West Hollywood, Beverly Hills e Holmby Hills. Traccia all’incirca l’arco delle montagne che disegnano il confine settentrionale del bacino di Los Angeles, seguendo il percorso di un sentiero del bestiame del 1780. Il 27 ottobre 1911, all’incrocio tra Sunset Boulevard e Gower Street, la Nestor Motion Picture Company ha aperto il primo studio permanente a Hollywood. Dopo poco altri studi hanno costruito le loro sedi lì vicino e il Sunset Boulevard a Hollywood è diventato il quartiere dove vivevano gli operai della nascente industria del cinema. È solo negli anni Venti che il mercato immobiliare sembra impazzire e i prezzi delle case e dei lotti diventano altissimi. Gli operai sono velocemente allontanati e vengono costruite le grandi ville e gli uffici delle case di produzione. Agli inizi degli anni Trenta, quando Billy comincia a percorrere il Sunset Boulevard, è ormai asfaltato fino a West Hollywood ed è già la via del cinema.

A Hollywood Billy comincia subito a scrivere sceneggiature. Uno dei suoi primi lavori, anche se non è accreditato, è quello di scrivere i dialoghi aggiuntivi per Sotto pressione di Raoul Walsh. Per lo più non sono film memorabili, ma nel 1939 il suo amico Ernest Lubitsch, che ha fatto il suo stesso viaggio dalla Germania agli Stati Uniti, gli offre una grande occasione: scrivere la sceneggiatura per la prima commedia interpretata da Greta Garbo. Grazie a Ninotchka ottiene la sua prima nomination agli Oscar. Sembra che la commedia sia il genere in cui Billy eccelle e infatti anche il suo primo film americano da regista, Frutto proibito del 1942, con Ginger Rogers e Ray Milland, è una commedia, in cui gioca con gli scambi di persone e i travestimenti, una cosa di cui sarà un indiscusso maestro. Ma Billy dimostra di avere molte altre frecce al suo arco.

L’anno successivo dirige un film di guerra e spionaggio, I cinque segreti del deserto, che è anche un film di propaganda, in cui viene raccontata la guerra in Africa contro i tedeschi, guidati dal maresciallo Rommel, una parte che sembra calzare a pennello a Eric von Stroheim, che collabora con Billy anche per la sceneggiatura. Nel ’45 con La fiamma del peccato Wilder crea il “canone” del cinema noir. La lavorazione del film è complicata, perché Raymond Chandler, che scrive il film insieme a Wilder, odia sia Billy che il film, ma naturalmente si sbagliava: quel film è un capolavoro. E poi vince i suoi primi due Oscar, per la regia e la sceneggiatura di Giorni perduti, un film sul dramma di tornare alla vita normale per gli uomini che hanno combattuto in guerra. Billy sfida apertamente una delle regole del Codice Hays, ma ormai se lo può permettere. Ray Milland è il convincente interprete del film e le scene in cui vengono rappresentate le sue allucinazioni sono in qualche modo influenzate dall’espressionismo che Billy ha conosciuto così bene in Germania. E poi passa al musical e nel ’48 torna in Germania, nella “sua” Berlino, per girare, con l’amica Marlene Dietrich, Scandalo internazionale, anche questo un film che fa storcere il naso ai “custodi” del Codice. Billy ha poco più di quarant’anni, ma è già uno dei grandi di Hollywood.

A questo punto Billy decide che vuole fare un film diverso, un film che parli del cinema, che racconti le donne e gli uomini che stanno creando questa nuova arte. Lui e Charles Brackett - insieme hanno già lavorato insieme molte volte - nel 1948 cominciano a scrivere una sceneggiatura in cui si racconta il drammatico epilogo di una diva del muto che, dimenticata da Hollywood, impazzisce nella speranza di poter tornare davanti alla macchina da presa e, nella sua follia, arriva a uccidere un giovane sceneggiatore di cui si è innamorata.

Non sono molto convinti del loro lavoro e chiedono aiuto a DM Marshman Jr, un ex collaboratore di Life. Ai dirigenti della Paramount dicono che stanno preparando una commedia intitolata A Can of Beans, senza specificare troppi dettagli. Inviano alla commissione della censura poche pagine alla volta, per cercare di confonderli. Nel maggio del 1949 finalmente iniziano le riprese e solo un terzo della sceneggiatura è stata scritta. Billy ammette di non avere un’idea precisa di come il film finirà.

Nei mesi precedenti la cosa più complicata è stata quella di mettere insieme il cast, in particolare trovare l’attrice per interpretare Norma Desmond, perché Billy vuole che sia davvero una diva del muto.

Billy e Charles - che è anche il produttore del film - chiedono di incontrare Mary Pickford. Mary è la donna che ha creato Hollywood, la fondatrice della United Artists, uno dei trentasei membri originari dell’Academy, ma il suo ultimo film, Secrets, di cui è stata protagonista e produttrice, è del 1933 e ha avuto solo un modesto successo. Mary vive da sola in una grande villa, beve e soffre di depressione. Billy e Charles non hanno neppure il coraggio di dirle il motivo per cui hanno chiesto di vederla. Mae West rifiuta sdegnata la proposta: lei si considera ancora un sex symbol, non vuole certo interpretare un’attrice in declino. Greta Garbo è più gentile, ma non le sembra che quel film meriti un suo ritorno alle scene, dopo il ritiro di otto anni prima. A Billy basta una telefonata per capire che Pola Negri, nata Chalupiec, la femme fatale di tanti film, non può essere Norma: nonostante viva da anni negli Stati Uniti, ha ancora un fortissimo accento polacco. L’elegante Norma Shearer, l’attrice che ha mostrato al mondo che una donna single non deve essere per forza vergine, considera quella sceneggiatura offensiva e svilente per l’immagine delle donne.

Billy è in difficoltà e chiede un consiglio a quello che a Hollywood è conosciuto come il “regista delle donne” e George Cukor dice che Gloria Swanson sarebbe perfetta per la parte. Billy la chiama e le propone di fare un provino. Lei sulle prime è offesa: “chi è questo che vuole fare un provino a Gloria Swanson?” Ma per fortuna chiede consiglio a George che le dice che lo deve fare: Norma Desmond è il personaggio per cui sarà ricordata. Non si sbagliava.

Montgomery Clift firma il contratto per interpretare lo sceneggiatore Joe Gillis, ma a pochi giorni dall’inizio delle riprese si ritira: pensa di non essere convincente nella parte di un uomo più giovane che ha una storia d’amore con una donna più vecchia. Wilder è infuriato: “se dice di essere un attore, deve essere capace di fare l’amore con qualsiasi donna”. Questo rifiuto è la fortuna di William Holden, che è sotto contratto con la Paramount: la sceneggiatura, per quel che ne ha potuto leggere, gli piace, vuole fare quel film. E anche Brackett è contento: Holden costa molto meno di Clift.

Scelta per il ruolo di Betty la giovane Nancy Olson, che stava per lavorare con DeMille nel ruolo di Dalila, andato poi alla più conturbante Hedy Lamarr, rimane il problema dell’attore che dovrà interpretare Max von Mayerling, il fedele maggiordomo tuttofare di Norma, che nel procedere della storia scopriremo essere stato il suo primo marito e un grande regista dell’epoca del muto, che si considera come Griffith e DeMille. Si tratta di un personaggio centrale, anch’egli a suo modo folle, prigioniero di una carcere che lui stesso ha costruito e di cui è l’unico, geloso, custode. C’è bisogno di un grande attore e Billy pensa immediatamente a Eric von Stroheim, che dopo Queen Kelly non è più riuscito a dirigere un film. Nel 1933 è stato licenziato dal set di Walking Down Broadway, e al suo posto è stato chiamato Raoul Walsh. Poi si è trasferito in Francia, ha scritto un film, intitolato Le Dame Blanche, con Jean Renoir, e ha trovato i finanziamenti per girare: le riprese dovrebbero cominciare a settembre del 1939, ma il 1° di quel mese succede qualcos’altro in Europa ed Eric torna a Hollywood a fare principalmente la parte del cattivo. Stroheim è “l’uomo che ami odiare”. In quel momento non ha certo voglia di tornare a recitare con Gloria – un sentimento peraltro reciproco – ma entrambi hanno bisogno di lavorare e sanno che sarà un gran film, qualcosa per cui vale la pena di smettere di litigare.

Per le scenografie Billy si affida ad Hans Dreier, nato nel 1885 a Brema, che ha studiato architettura e ha cominciato a fare lo scenografo nel suo paese. Trasferitosi negli Stati Uniti insieme a Lubitsch, diventa capo del dipartimento scene della Paramount. Oltre ai film progetta e arreda gli interni delle ville di molte star, compresa quella di Mae West. Un suo collega, William Haines, qualche anno dopo dirà: “Bebe Daniels, Norma Shearer e Pola Negri avevano tutti case con interni orribili come quello”. È Dreier che trova nei magazzini della Universal il letto a forma di barca che è stato di Gaby Deslys, ballerina, attrice, amante di teste coronate: una vera star della belle époque. E trova anche la villa in cui vengono girati gli esterni. Non sul Sunset Boulevard, ma sul Wilshire Boulevard, più a sud. La villa è stata costruita negli anni Venti dal milionario William O. Jenkins, uno che si è fatto da solo, con metodi non sempre ortodossi; la sua famiglia ci ha vissuto per un solo anno, lasciandola abbandonata per un decennio, tanto che hanno cominciato a chiamarla la Casa fantasma: a Billy sembra perfetta. All’epoca del film la villa è di proprietà della prima moglie di Jean Paul Getty, che in Italia conosciamo come quello che non ha voluto pagare il riscatto per il nipote rapito.

I costumi sono di Edith Head. Devono essere esotici, avere un’aria antiquata, eppure essere eleganti. Per la giovane Edith si tratta di una sfida, ma si affida a Gloria, alla sua esperienza. E gli abiti di Norma, così elegantemente eccessivi, entrano nella storia.

Per la colonna sonora Billy e Charles si affidano a un altro dei tedeschi arrivati a Hollywood. Franz Waxman è nato in Slesia nel 1906, ha studiato composizione e direzione d’orchestra all’Accademia di Dresda e poi è arrivato, come tutti, a Berlino. All’inizio per lo più ha curato le orchestrazioni: è sua anche quella di Der Blaue Engel, il film di Josef von Sternberg, che crea il mito di Marlene Dietrich. Anche Franz è ebreo e fugge prima a Parigi - e per Billy ha composto le musiche in stile jazz di Mauvaise Graine - e poi in America. Sono sue, tra le tante che ha scritto, le colonne sonore di La moglie di Frankenstein, Rebecca, Scandalo a Philadelphia. Per Wilder una sicurezza. E per il film Franz decide che il contrasto tra i due personaggi deve esprimersi anche attraverso la musica: il tema di Joe è il bebop, mentre quello di Norma è il tango. E Franz ricorda l’eleganza e la sensualità con cui Gloria lo ballava con Valentino.

Billy potrebbe girare a colori, ma decide fin da subito che il film sarà in bianco e nero, perché quelli sono i “colori” del noir. E vuole che John F. Seitz sia il direttore della fotografia, perché ha già lavorato con lui in tutti i suoi film precedenti, perché le luci e le ombre create da lui sono le vere protagoniste de La fiamma del peccato, perché Seitz ha cominciato a lavorare nel 1909 alla Essanay ed è stato uno dei grandi del cinema muto: è sua la fotografia de I quattro cavalieri dell’Apocalisse. Seitz usa un trucco che si rivela particolarmente efficace: getta della polvere sopra l’obiettivo, per rendere un’idea di vecchio. Solo Seitz può riuscire a creare un film del buio, che si svolge nella città della luce.

Finalmente il primo ciak: queste donne e questi uomini stanno creando Sunset Boulevard.

p.s. qui trovate la prima puntata...

giovedì 4 marzo 2021

Storie (XVIII). "La locanda di Montfermeil" (puntata 1)...

Quella mattina Gizon si è svegliato molto presto: vuole truccarsi bene. 
Non gli piacciono i padroni della locanda: tra truffatori ci si riconosce subito. Solo il dottore sembra non accorgersi di quando qualcuno cerca di imbrogliarlo. 
Gizon ha visto che la moglie del locandiere non gli ha mai tolto gli occhi di dosso, evidentemente lei sospetta che non sia davvero uno schiavo moro, come ha raccontato il dottore, dicendo che l'ha comprato in Egitto, quando è stato laggiù con Napoleone. Per questo oggi deve tingersi la faccia molto bene. E anche quel pezzetto di polso che rimane scoperto tra i guanti e la manica della sua colorata veste orientale, che lui stesso si è cucito, comprandosi dei tessuti di poco prezzo nel mercato di Baiona. E deve tingersi anche i polpacci. Oggi quei due lo scruteranno dalla testa ai piedi. Lo sa, lui farebbe lo stesso. 
È stato uno sbaglio venire a Parigi: sono giorni che lo sta dicendo al dottore. Loro devono rimanere in quei paesi di campagna, lì le loro truffe riescono sempre. E poi loro due sono davvero bravi, i migliori nel loro genere. Lui senza tingersi la faccia arriva in uno di quei paesi, si ferma nella locanda, parla con i contadini e in una giornata ha già saputo morte e miracoli di tutti, e poi getta lì che ha incontrato in una città vicina un dottore che ha dei rimedi miracolosi, che forse arriverà anche in quel paese. E qualche giorno dopo arrivano con il loro carretto e nessuno lo riconosce con la faccia tinta di nero, perché a quel punto tutti guardano il dottore e le sue preziose bottiglie. E si fanno sempre buoni affari, perché tutti vogliono essere giovani, tutti vogliono credere che il dottore abbia scoperto l'elisir che non fa invecchiare. Grazie alle sue informazioni, il dottore fa finta di sapere tutto, che una donna ha appena perso il marito o che un giovane fa la corte a quella ragazza. E loro si stupiscono e credono a ogni cosa loro dica. 
Il dottore non vuol capire che una città è tutta un'altra questione. E poi una enorme come Parigi: lì ci sono dei truffatori professionisti. Anche più bravi di loro. Che il trucco dell'elisir lo conoscono già. Eppure il dottore non ha voluto sentire ragioni: si è convinto che solo a Parigi potrà guadagnare abbastanza soldi per ritirarsi. Il dottore sogna continuamente la truffa perfetta, quella che li sistemerà per sempre. 
Anche Gizon vorrebbe smettere, è stanco anche lui di andare in giro così. Il suo piano però è diverso. Il dottore dovrebbe sposare una di quelle vedove che gli fanno gli occhi dolci quando arriva nei loro paesi. Nell'ultimo dove sono stati ce n'era una davvero bella, a cui il defunto marito ha lasciato una ricca proprietà, e non ha neppure figli. La vedova ha comprato dieci bottiglie di elisir. Ma se il dottore si fosse impegnato un po', se non si fosse fissato con questa idea di Parigi, avrebbero potuto sistemarsi nella sua casa. Il dottore dice che non si possono fermare per più di una settimana, perché poi quelli che hanno comprato le bottiglie capiscono di essere stati truffati, ma non è così. Loro sanno che il dottore sta vendendo solo del vino, e di cattiva qualità, ma vogliono disperatamente credere di essere diventati più giovani. E la vedova, anche dopo un anno o due, continuerà a vedersi bella. E poi questa è anche giovane, su di lei l'effetto dell'elisir sarebbe durato anche più a lungo. E alla fine si sarebbe perfino affezionata a quel marito che ha sposato solo per accaparrarsi l'elisir. In fondo il dottore non è cattivo. Il suo piano avrebbe funzionato, mentre quello del dottore è destinato al fallimento. E adesso sono in balia di questa coppia di disonesti locandieri di Montfermail.
E come trattano quella bambina che deve correre da una camera all'altra a portare la biancheria e lavare i pavimenti: lei sì che sembra una schiava. Queste sono le cose che lo fanno arrabbiare.   

continua? probabilmente sì...

mercoledì 3 marzo 2021

Storie (XVII). "Norma Desmond Blvd" (1/5)...

Nel 1928 Gloria Swanson è una delle grandi regine di Hollywood. Non ha ancora trent’anni - è nata il 27 marzo 1899 - e non le basta essere una delle attrici più amate dal pubblico e più pagate dagli studios, vuole essere come Mary Pickford, vuole poter scegliere le storie di cui sarà la protagonista, vuole diventare una produttrice, vuole che i film che decide di interpretare siano davvero i “suoi”. Conosce bene l’industria del cinema, sa che per un attore è difficile riuscire a imporsi. E soprattutto sa che per una donna è ancora più difficile che per un uomo, quasi impossibile, ma lei ha la determinazione per riuscirci.

Non è più l’adolescente che nei cinema delle città dove la sua famiglia si trasferisce, seguendo la carriera militare del padre, si prende una cotta, come tutte le ragazzine dell’America degli anni Dieci, per Francis X. Bushman. Francis è soprannominato “The King of Movies”: nel 1911 gira ventisei film, e l’anno successivo quarantanove. È l’idolo delle donne, anche quando, nel 1925, interpreta il “cattivo” Messala in Ben-Hur. Bushman è uno dei tanti che non riuscirà a sopravvivere all’avvento del sonoro e la crisi del ’29 gli farà perdere gran parte di quello che ha guadagnato negli anni precedenti. Continuerà a recitare in televisione: la sua ultima apparizione è in un episodio delle serie televisiva Batman, in cui interpreta il ruolo di un eccentrico collezionista di film muti. Un perfetto finale di carriera.
Negli anni Dieci il centro dell’industria cinematografica americana è Chicago, la città in cui Gloria è nata, e in particolare gli studi della Essanay Company, che produce, oltre ai film di Bushman, i primi western, il cui protagonista è uno dei proprietari della compagnia, Gilbert M. Anderson, alias Broncho Billy, e le comiche di un giovane attore arrivato da poco dall’Inghilterra, Charlie Chaplin. Quando Gloria compie quindici anni, la zia Inga decide di farle un regalo: la porta a visitare gli studi della Essanay. La ragazza capisce che quella è la sua vita. È bella e ha due grandi occhi, perfetti per il cinema in cui non si parla, dove bisogna avere una faccia: viene assunta come comparsa, per 13,25 dollari a settimana.

Ma Gloria e sua madre capiscono presto che il futuro è in California. Prima di Hollywood c’è Edendale: in questo sobborgo di Los Angeles si trovano gli studi della Keystone, che mette sotto contratto quell’ambiziosa ragazza di Chicago. Anche Bobby Vernon viene dalla “città del vento”: lui e Gloria sono una bella coppia e girano insieme parecchi cortometraggi comici. Ma i due rulli non sono la misura di questa giovane attrice, che viene notata da Cecil B. DeMille, che nel 1919 la vuole alla Paramount: è la protagonista di sei film diretti dal grande regista, con un compenso che arriva a 350 dollari alla settimana. Gloria diventa una star e i suoi occhi incantano il mondo.

Nel 1922 Sam Wood, un altro dei grandi della Hollywood del muto, dirige Beyond the Rocks - che in Italia arriverà con il titolo L’età di amare - dal romanzo della “scandalosa” Elenor Glyn, in cui recitano Gloria Swanson e Rudolph Valentino, che è all’apice del successo dopo I quattro cavalieri dell’Apocalisse. Ma è il nome di Gloria quello che campeggia per primo sui manifesti: è lei la vera star del botteghino. Gloria e Rodolfo sono amici da anni, da quando sono arrivati, praticamente negli stessi giorni, a Los Angeles, ma gireranno insieme solo questo film.

Gloria vuole avere un ruolo di “autrice” nelle sue pellicole. Non vuole passare per la diva capricciosa che fa licenziare i registi, come succede in Fine Manners, quello che è il suo ultimo film con la Paramount, quando ottiene l’allontanamento dal set di Lewis Milestone, che diventerà uno dei grandi registi di film di guerra dell’età d’oro di Hollywood. Nello stesso anno Gloria rifiuta un contratto per la cifra di un milione di dollari all’anno e anche il ruolo di Maddalena che DeMille le offre ne Il Re dei Re, il suo colossal sulla vita di Gesù Cristo.

Gloria Swanson fonda una propria casa di produzione e si associa alla United Artists, ritrovandosi con Mary Pickford e Charlie Chaplin. Finalmente è lei che sceglie le sceneggiature, i registi e gli interpreti, è lei che ha l’ultima parola sui suoi film. Il primo è The Loves of Sunya, che in Italia diventa Gli amori di Sonia. Il film viene proiettato la prima volta a New York, la città in cui è stato girato, l’11 marzo 1927, nella serata di gala in cui viene inaugurato il Roxy Theatre, il più grande e lussuoso cinema della città, al 153 West della 50esima Strada, tra la sesta e la settima avenue, appena fuori Times Square, quello che viene pomposamente chiamato “The Cathedral of the Motion Picture”. E tutto è smisurato in quel cinema, che ha quasi seimila posti a sedere nella sua sala dall’architettura di ispirazione spagnola e nel foyer il tappeto ovale più grande del mondo. Ci sono davvero tutti quella sera al Roxy e Gloria è splendente come non mai nell’abito nero disegnato per lei da René Hubert, il sarto di origini svizzere che l’attrice ha conosciuto qualche anno prima a Parigi, quando ha disegnato i suoi abiti per Madame Sans-Gêne e che ha voluto con lei in America.

Prima della proiezione del film, c’è uno spettacolo musicale in cui si esibiscono l’orchestra di cento elementi del Roxy, il suo corpo di ballo con quarantadue ballerini, e il coro. Per quell’occasione Irving Berlin compone una nuova canzone A Russian Lullaby. Sempre quella sera viene data una dimostrazione del sistema sperimentale di cinema sonoro Vitaphone: una novità stravagante per molti, destinata a una vita effimera, secondo tanti addetti ai lavori.

Nonostante il fasto della première il film non ottiene il successo sperato e Gloria riesce appena a recuperare i soldi che ha speso. Il presidente della United Artists Joseph M. Schenck chiede a Gloria di pensare a un film più commerciale per recuperare l’insuccesso di The Lovers of Sunya. L’attrice sembra acconsentire, ma vuole fare la "sua" gold rush, vuole emulare il grande successo di Chaplin. A teatro ha assistito per due volte al dramma intitolato Rain, scritto da John Colton e Clemence Randolph, basato sul racconto del 1924 di William Somerset Maugham dal titolo Miss Thompson. È la storia di una giovane donna, che a San Francisco faceva la prostituta, arrivata a Pago Pago nelle Samoa americane decisa a rifarsi una vita. Qui incontra un militare che si innamora di lei e che, nonostante il suo passato, la vorrebbe sposare, ma anche un pastore che la vorrebbe redimere, e le cui intenzioni diventano morbose, tanto da spingerlo al suicidio.

La storia però è troppo scabrosa, Hays e i suoi uomini l’hanno già inserita in un elenco ufficioso mandato agli studi per “sconsigliarne” la trasposizione cinematografica. Gloria però ha deciso: vuole essere Sadie Thompson. L’attrice coinvolge da subito Raoul Walsh, che è uno dei registi più importanti di Hollywood. Ha soltanto due anni più di lei, ma è stato l’assistente alla regia di David Wark Griffith per The Birth of a Nation, dove ha anche avuto la parte di John Wilkes Booth, l’attore che ha ucciso Lincoln. Poi è il regista di alcuni film di grande successo: Regeneration, probabilmente il primo film di gangster della storia, poi, dopo la guerra - Raoul combatte in Europa - Il ladro di Bagdad con Douglas Fairbanks. Gloria sa che Walsh è l’uomo giusto perché non ha paura di sfidare le convenzioni. I due cominciano a scrivere la sceneggiatura.

Gloria invita a pranzo William Harrison Hays, gli descrive il film che vuole girare, gli racconta che Sadie non verrà presentata come un personaggio positivo. Il presidente della Motion Picture Association of America sembra convinto e si impegna a non ostacolare il film. D’altra parte come è possibile negare qualcosa a Gloria Swanson.

Il 22 maggio su tutti i giornali americani campeggia un’unica notizia: alle 22.00 del giorno prima, dopo 33 ore e 32 minuti esatti, al Champs de Le Bourget, vicino a Parigi, è atterrato lo Spirit of St. Louis. Charles Lindbergh è il primo uomo ad aver trasvolato da solo l’Atlantico. Gloria sceglie proprio quel giorno per annunciare che iniziano le riprese di un film che si intitolerà Sadie Thompson: per il momento è meglio avere meno pubblicità possibile. La notizia non passa però inosservata. Maugham, nonostante non abbia più i diritti della sua opera, minaccia di fare causa: non vuole che la sceneggiatura sia scritta da Swanson e Walsh. Per tacitare lo scrittore, Gloria lo mette sotto contratto: gli offre centomila dollari per scrivere il sequel, ossia cosa succede a Sadie una volta arrivata in Australia, in vista di un prossimo film, che ovviamente non si farà.

Ma soprattutto l’United Artists riceve una lettera firmata da tutte le altre case di produzione, che sono anche proprietarie delle più importanti catene di cinema: quel film non deve essere fatto, viola le regole di moralità che gli studios si sono autoimposti e, se sarà girato, non verrà proiettato in nessun cinema degli Stati Uniti. Ovviamente la lettera è firmata anche da Hays, che si rimangia la promessa fatta a Gloria. L’attrice sa che quella decisione, per quanto ammantata da un’ipocrita difesa della moralità, è contro di lei, contro la sua decisione di diventare una produttrice indipendente. Per questo decide di non arrendersi. Cerca altri canali e finalmente Marcus Loew, che ha una catena di cinema, accetta di distribuire il film: le riprese possono cominciare.

Le cose non vanno come Gloria ha sperato. Chiama come cameraman e direttore della fotografia George Barnes, che è il migliore di Hollywood e che ha già lavorato con lei nel film precedente. Ma Barnes è sotto contratto con Sam Goldwyn, che, a metà film, lo richiama, negandogli il permesso di continuare. Allora Mary Pickford le presta Charles Rosher, che diventerà un famoso direttore della fotografia alla MGM soprattutto nei film musicali, ma Gloria non è soddisfatta del suo lavoro. Accanto a lei i due protagonisti maschili sono il veterano Lionel Barrymore nella parte del pastore e lo stesso Walsh, che ha accettato di tornare anche davanti alla macchina da presa nel ruolo del sergente innamorato di Sadie. Douglas Fairbanks Jr avrebbe voluto questo ruolo, ma per Gloria è ancora troppo giovane. Gloria non è contenta neppure di Lionel, che si presenta sul set per sei giorni di fila con lo stesso vestito; gli fa dire che sarebbe meglio lavarsi. Barrymore invece fornisce una delle migliori prove della sua lunga carriera. Intanto le spese sforano il preventivo: Gloria deve vendere la sua fattoria a Croton-on-Hudson ed è pronta a rinunciare anche al suo attico a Manhattan.

Comunque il film è finalmente finito, la censura osserva ogni fotogramma, ma viene distribuito, dopo la première del 7 gennaio 1928. Ed è un successo. Il pubblico ama quella storia: Sadie Thompson incassa un milione di dollari negli Stati Uniti e sette a livello internazionale. Anche i critici sono entusiasti del film, in particolare dell’interpretazione di Gloria. L’anno successivo i membri dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences decidono di istituire un premio, quello che diventerà diversi anni dopo, grazie a Bette Davis, l’Oscar. Sadie Thompson ottiene due nomination. Una per George Barnes, che viene nominato anche per The Devil Dancer e The Magic Flame, anche se il premio va a Charles Rosher e Karl Struss per Sunrise. E naturalmente uno per Gloria Swanson. Insieme a lei vengono nominate Janet Gaynor per tre film: 7th Heaven, Street Angel e Sunrise e Louise Dresser per A Ship Comes In. Gloria non vince, le grandi case di produzione hanno la meglio. Viene preferita Janet Gaynor, il cui viso negli anni Trenta servirà a Disney come modello per disegnare la sua Biancaneve. Gloria non partecipa nemmeno alla cerimonia: “è come paragonare le mele con le arance”.

È il 1928: Gloria Swanson ha potere, successo, fama. Ma non ha soldi. E per continuare a produrre film ne servono. Tanti. Joseph Patrick Kennedy Sr ne ha molti. È nato a Boston nel 1888 da una famiglia di origine irlandese. È abile e spregiudicato negli affari, investe in borsa e nelle materie prime, compra e rivende immobili, ha interessi in moltissimi campi. Nel 1914 ha sposato la figlia del sindaco di Boston ed è molto attivo nelle file del partito democratico. Ha fiuto: capisce che il cinema può fargli guadagnare molti soldi. Lascia a Boston la moglie e i primi sette figli e si trasferisce a Hollywood. Compra piccole case di produzione, spesso sull’orlo del fallimento, e le unisce in quella che sarà la RKO. In poco tempo diventa uno dei più ricchi produttori di Hollywood e anche lui firma la lettera in cui chiede a Gloria Swanson di lasciar perdere il progetto di Sadie Thompson.

Ma dopo qualche mese diventano amanti: la loro storia è nota a tutta Hollywood e dura tre anni. Consiglia a Gloria di chiudere la sua casa di produzione per aprirne una nuova, in cui lui è socio. Kennedy non crede al cinema sonoro, convince Gloria a interpretare un altro film muto, Queen Kelly, con la regia di Erich von Stroheim. L’attrice è dubbiosa, la fama di Stroheim è pessima: i film da lui diretti sforano, e di molto, i budget e soprattutto è tirannico nella gestione degli attori. Gloria sa che per lei sarà impossibile lavorare con lui: entrambi vogliono avere l’ultima parola.

Erich è nato a Vienna nel 1885, suo padre è un cappellaio, ma quando arriva in America nel 1909 dichiara di essere il rampollo di una famiglia della nobiltà austriaca e si inventa un passato da ufficiale di cavalleria. Va subito ad Hollywood, fa lo stuntman, interpreta piccole parti, si presenta come una sorta di consulente di cultura tedesca. Lavora con Griffith e quando serve un ufficiale tedesco, ovviamente cattivo, lui è sempre pronto. Nel 1919 dirige il suo primo film. Si costruisce la fama di regista intrattabile e questo gli causa una serie di licenziamenti durante la lavorazione dei suoi film. Non vuole fare pellicole commerciali, non è disposto a derogare ai propri principi artistici, è un maniaco dei dettagli e non presta alcuna attenzione ai costi. In breve tempo nessuno studio lo fa più lavorare.

Di Queen Kelly Stroheim scrive anche la sceneggiatura: è una storia torbida, in cui sono molte le allusioni sessuali. A Gloria il regista non racconta neppure tutta la trama, che lei scopre giorno per giorno, prima di girare. I costi lievitano senza controllo, e al momento di iniziare le scene ambientate in Africa Gloria si rende conto che il suo personaggio finisce in un bordello. Il regista viene bruscamente licenziato. I lavori sono sospesi.

Kennedy e Swanson non sanno cosa fare: c’è molto girato e bisogna in qualche modo recuperare le spese. Viene ingaggiato Richard Boleslawski per girare quello che è conosciuto come il “finale Swanson”. Il contratto di Stroheim però impedisce che il film venga proiettato negli Stati Uniti. Quattro anni dopo ne viene rilasciata una versione parzialmente sonora in Europa e in Sud America. Ma per la nuova casa di produzione di Gloria si tratta di un disastro, da cui non riuscirà a sopravvivere.

Anche la storia d’amore con Kennedy finisce quando lei scopre che i costosi regali che lui le fa sono pagati dalla casa di produzione.

Gloria Swanson ottiene ancora qualche parte, anche una nomination per la sua interpretazione in The Trespasser - in Italia L’intrusa - un film sonoro in cui lei, oltre a recitare, canta. Ma ormai la sua stella non brilla più. È un’attrice sul "viale del tramonto", anche se questa metafora nascerà vent’anni dopo.