Ma gli uomini, come ci insegna la logica aristotelica, sono mortali.
Dopo Sunset Boulevard si rompe il sodalizio tra Charles Brackett e Billy Wilder. Solo loro due ne conoscono le vere ragioni. Brackett continua a fare lo sceneggiatore e il produttore. Riceve un altro Oscar, il terzo della sua carriera, per la sceneggiatura di Titanic, il film del 1953 diretto da Jean Negulesco, con Barbara Stanwyck. Nello stesso anno scrive e produce anche Niagara, regalando un magnifico ruolo, drammatico, a Marilyn Monroe, il primo della sua carriera. Negli anni successivi Billy scriverà e dirigerà due tra le commedie più belle di Marilyn, Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo. Entrambi contribuiscono con il loro lavoro a creare il mito della regina fragile di Hollywood, dell’attrice, che, anche per colpa di uomini come il figlio di Joseph Kennedy, non potrà mai diventare Norma.
Dopo Sunset Boulevard si rompe il sodalizio tra Charles Brackett e Billy Wilder. Solo loro due ne conoscono le vere ragioni. Brackett continua a fare lo sceneggiatore e il produttore. Riceve un altro Oscar, il terzo della sua carriera, per la sceneggiatura di Titanic, il film del 1953 diretto da Jean Negulesco, con Barbara Stanwyck. Nello stesso anno scrive e produce anche Niagara, regalando un magnifico ruolo, drammatico, a Marilyn Monroe, il primo della sua carriera. Negli anni successivi Billy scriverà e dirigerà due tra le commedie più belle di Marilyn, Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo. Entrambi contribuiscono con il loro lavoro a creare il mito della regina fragile di Hollywood, dell’attrice, che, anche per colpa di uomini come il figlio di Joseph Kennedy, non potrà mai diventare Norma.
Charles Brackett muore a settantasette anni, nel 1969, ricordato come uno di quelli che hanno costruito Hollywood. Billy invece muore nel 2002, a novantasei anni, il figlio di un pasticcere austriaco che ha fatto la storia del cinema: d’altra parte, come ha fatto scrivere sulla sua tomba, “nessuno è perfetto”.
Franz Waxman continua a scrivere colonne per Wilder, Zinnemann, Dieterle, per quelli che come lui sono scappati dall’Europa per creare un mondo nuovo. Nel 1951 vince un altro Oscar, per Un posto al sole, il film di George Stevens che racconta in maniera drammatica l’America uscita dalla guerra, con Montgomery Clift che è, a dispetto della stizza di Wilder, un grande attore. Compone anche alcune opere da concerto. Una di queste, del 1964, è The Song of Terezín, una cantata per orchestra, coro e coro di voce bianche basata sulle poesie scritte dai bambini nel campo di concentramento di Theresienstadt. Muore nel 1967, a sessantun’anni.
Hans Dreier finisce la sua carriera, curando le scene per Un posto al sole e poi si ritira, lasciando il suo posto ad Hal Pereira. Muore a ottantacinque anni, nel 1966.
John F. Seitz continua a fare film fino al 1960, ma quando si ritira continua a dedicarsi alle invenzioni fotografiche: arriva a registrare diciotto brevetti. Muore nel 1979, a ottantasette anni.
Edith Head non smette di creare abiti, anzi continua praticamente fino alla fine: muore nel 1981, a ottantaquattro anni, poco prima dell’uscita dell’ultimo film in cui ha lavorato, Il mistero del cadavere scomparso, una parodia dei vecchi noir in bianco e nero. È la donna con più Oscar vinti e con più nomination nella storia del cinema: otto statuette su trentacinque partecipazioni. E i suoi abiti, come quelli di Grace Kelly in La finestra sul cortile, si guadagnano un posto nella storia della moda. Edith diventa nota anche al grande pubblico. Nel 1973 appare in un cameo in un episodio di Colombo, ambientato nel mondo del cinema. La “cattiva”, una splendida Anne Baxter, che interpreta una diva che rischia di finire come Norma, per impressionare il tenente, lo porta in giro per gli studi e arriva con lui nel laboratorio di Edith. Colombo la guarda e chiede: “Ma è proprio quella che si vede sempre agli Oscar?”. Sì, è proprio lei.
“È nata una stella” si dice nel trailer di Sunset Boulevard quando appare Nancy Olson. La carriera della giovane attrice non sarà così brillante come si poteva sperare. Lei e William Holden sono una bella coppia e recitano insieme in altri tre film, nessuno però di grande successo. Nancy continua a lavorare, ma nessuno dei suoi film è paragonabile al capolavoro di Wilder. Negli anni Sessanta ritrova una certa popolarità perché è la protagonista dei film della Disney Un professore tra le nuvole e Professore a tuttogas, in coppia con Fred MacMurray. Nancy è l’ultima superstite di quella grande avventura hollywoodiana.
William Holden diventa negli anni Cinquanta uno dei grandi di Hollywood, grazie a film come Stalag 17 e Sabrina, entrambi diretti da Billy Wilder, Il ponte sul fiume Kwai e L’amore è una cosa meravigliosa. Il successo però, come insegna Norma, non dura e William soffre di depressione e alcolismo negli anni Sessanta, quando la sua fama comincia a declinare. Holden rimane comunque un attore di classe e riesce a dimostrarlo nei suoi film degli anni Settanta, come Il mucchio selvaggio, L’inferno di cristallo, Quinto potere e Fedora, il film con cui chiude la collaborazione trentennale con l’amico Billy. Muore nel 1981, a sessantatré anni, in tempo per vedere il suo caro amico Ronald diventare presidente.
Per Eric von Stroheim ci sono ancora alcune piccole parti da cattivo. I registi francesi, anche per la sua interpretazione ne La grand illusion di Renoir, lo considerano un mito. Sacha Guitry gli offre un cameo - il ruolo di Beethoven - nel suo Napoléon del 1955, dove sono coinvolti, in piccoli ruoli, tanti grandi del cinema, da Orson Welles a Jean Gabin. Ed Eric muore in Francia, a settantadue anni, nel 1957. Dice di lui Abel Gance: “Un uomo di immense capacità che è stato messo nell’impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l’attore agli ordini di registi mediocri”. Non sempre così mediocri, a dire la verità.
Gloria Swanson non tornerà più alla ribalta come forse sperava. Certo non viene ricordata solo per essere stata una diva del muto, adesso è anche la star di Sunset Boulevard; torna a New York, riprende le sue trasmissioni radiofoniche, lancia una propria linea di cosmetici e poi una di abiti. Va spesso in televisione, è un’ospite brillante, una che ha davvero tante storie da raccontare. Nel ’73 nello show di Carol Burnett fa l’imitazione di Chaplin che ha fatto in Sunset Boulevard.
Nel 1955 viene a Cinecittà per girare Mio figlio Nerone di Steno. Gloria è Agrippina, la madre dispotica del vanesio e fannullone imperatore romano, interpretato da Alberto Sordi. A Gloria il film non piace, ma soprattutto soffre perché tutte le attenzioni sul set sono per la giovane attrice francese che interpreta Poppea: Brigitte Bardot non è ancora una star internazionale, non è ancora il sex symbol di Et Dieu… créa la femme, ma Gloria capisce immediatamente che lei è il futuro e ne è terribilmente gelosa. Come noto, sarà Roger Vadim a creare BB, ma è Steno che chiede a Brigitte di farsi bionda per interpretare Poppea: e quello rimarrà il colore dei suoi capelli, uno dei suoi tratti distintivi. Gloria un giorno confessa a Vittorio De Sica, che interpreta Seneca, di aver accettato quel ruolo perché sapeva che c’era lui, il regista dei capolavori del neorealismo. De Sica, mentendo, le risponde di aver accettato perché sapeva che c’era lei; non può dirle che per mantenere le sue due famiglie e soddisfare il vizio del gioco è costretto ad accettare ogni parte gli venga proposta. “Allora siamo imbecilli tutti e due” conclude sconsolata Gloria.
L’ultima apparizione di Gloria Swanson in un film è in Airport 1975, in cui interpreta se stessa tra i passeggeri di quello sfortunato jumbo. Gloria muore nella sua New York a ottantaquattro anni, nel 1983.
Il Sunset Boulevard è sempre là, una meta turistica per cinefili, anche se molto meno frequentata del Walk of fame sull’Hollywood Boulevard. Comunque adesso è asfaltato e largo quattro corsie per tutto il suo percorso. E naturalmente c’è quasi sempre molto traffico.
Se siete fortunati potrete incontrare Norma. Perché lei è sempre là, come non ci fossimo mai detti addio.
Franz Waxman continua a scrivere colonne per Wilder, Zinnemann, Dieterle, per quelli che come lui sono scappati dall’Europa per creare un mondo nuovo. Nel 1951 vince un altro Oscar, per Un posto al sole, il film di George Stevens che racconta in maniera drammatica l’America uscita dalla guerra, con Montgomery Clift che è, a dispetto della stizza di Wilder, un grande attore. Compone anche alcune opere da concerto. Una di queste, del 1964, è The Song of Terezín, una cantata per orchestra, coro e coro di voce bianche basata sulle poesie scritte dai bambini nel campo di concentramento di Theresienstadt. Muore nel 1967, a sessantun’anni.
Hans Dreier finisce la sua carriera, curando le scene per Un posto al sole e poi si ritira, lasciando il suo posto ad Hal Pereira. Muore a ottantacinque anni, nel 1966.
John F. Seitz continua a fare film fino al 1960, ma quando si ritira continua a dedicarsi alle invenzioni fotografiche: arriva a registrare diciotto brevetti. Muore nel 1979, a ottantasette anni.
Edith Head non smette di creare abiti, anzi continua praticamente fino alla fine: muore nel 1981, a ottantaquattro anni, poco prima dell’uscita dell’ultimo film in cui ha lavorato, Il mistero del cadavere scomparso, una parodia dei vecchi noir in bianco e nero. È la donna con più Oscar vinti e con più nomination nella storia del cinema: otto statuette su trentacinque partecipazioni. E i suoi abiti, come quelli di Grace Kelly in La finestra sul cortile, si guadagnano un posto nella storia della moda. Edith diventa nota anche al grande pubblico. Nel 1973 appare in un cameo in un episodio di Colombo, ambientato nel mondo del cinema. La “cattiva”, una splendida Anne Baxter, che interpreta una diva che rischia di finire come Norma, per impressionare il tenente, lo porta in giro per gli studi e arriva con lui nel laboratorio di Edith. Colombo la guarda e chiede: “Ma è proprio quella che si vede sempre agli Oscar?”. Sì, è proprio lei.
“È nata una stella” si dice nel trailer di Sunset Boulevard quando appare Nancy Olson. La carriera della giovane attrice non sarà così brillante come si poteva sperare. Lei e William Holden sono una bella coppia e recitano insieme in altri tre film, nessuno però di grande successo. Nancy continua a lavorare, ma nessuno dei suoi film è paragonabile al capolavoro di Wilder. Negli anni Sessanta ritrova una certa popolarità perché è la protagonista dei film della Disney Un professore tra le nuvole e Professore a tuttogas, in coppia con Fred MacMurray. Nancy è l’ultima superstite di quella grande avventura hollywoodiana.
William Holden diventa negli anni Cinquanta uno dei grandi di Hollywood, grazie a film come Stalag 17 e Sabrina, entrambi diretti da Billy Wilder, Il ponte sul fiume Kwai e L’amore è una cosa meravigliosa. Il successo però, come insegna Norma, non dura e William soffre di depressione e alcolismo negli anni Sessanta, quando la sua fama comincia a declinare. Holden rimane comunque un attore di classe e riesce a dimostrarlo nei suoi film degli anni Settanta, come Il mucchio selvaggio, L’inferno di cristallo, Quinto potere e Fedora, il film con cui chiude la collaborazione trentennale con l’amico Billy. Muore nel 1981, a sessantatré anni, in tempo per vedere il suo caro amico Ronald diventare presidente.
Per Eric von Stroheim ci sono ancora alcune piccole parti da cattivo. I registi francesi, anche per la sua interpretazione ne La grand illusion di Renoir, lo considerano un mito. Sacha Guitry gli offre un cameo - il ruolo di Beethoven - nel suo Napoléon del 1955, dove sono coinvolti, in piccoli ruoli, tanti grandi del cinema, da Orson Welles a Jean Gabin. Ed Eric muore in Francia, a settantadue anni, nel 1957. Dice di lui Abel Gance: “Un uomo di immense capacità che è stato messo nell’impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l’attore agli ordini di registi mediocri”. Non sempre così mediocri, a dire la verità.
Gloria Swanson non tornerà più alla ribalta come forse sperava. Certo non viene ricordata solo per essere stata una diva del muto, adesso è anche la star di Sunset Boulevard; torna a New York, riprende le sue trasmissioni radiofoniche, lancia una propria linea di cosmetici e poi una di abiti. Va spesso in televisione, è un’ospite brillante, una che ha davvero tante storie da raccontare. Nel ’73 nello show di Carol Burnett fa l’imitazione di Chaplin che ha fatto in Sunset Boulevard.
Nel 1955 viene a Cinecittà per girare Mio figlio Nerone di Steno. Gloria è Agrippina, la madre dispotica del vanesio e fannullone imperatore romano, interpretato da Alberto Sordi. A Gloria il film non piace, ma soprattutto soffre perché tutte le attenzioni sul set sono per la giovane attrice francese che interpreta Poppea: Brigitte Bardot non è ancora una star internazionale, non è ancora il sex symbol di Et Dieu… créa la femme, ma Gloria capisce immediatamente che lei è il futuro e ne è terribilmente gelosa. Come noto, sarà Roger Vadim a creare BB, ma è Steno che chiede a Brigitte di farsi bionda per interpretare Poppea: e quello rimarrà il colore dei suoi capelli, uno dei suoi tratti distintivi. Gloria un giorno confessa a Vittorio De Sica, che interpreta Seneca, di aver accettato quel ruolo perché sapeva che c’era lui, il regista dei capolavori del neorealismo. De Sica, mentendo, le risponde di aver accettato perché sapeva che c’era lei; non può dirle che per mantenere le sue due famiglie e soddisfare il vizio del gioco è costretto ad accettare ogni parte gli venga proposta. “Allora siamo imbecilli tutti e due” conclude sconsolata Gloria.
L’ultima apparizione di Gloria Swanson in un film è in Airport 1975, in cui interpreta se stessa tra i passeggeri di quello sfortunato jumbo. Gloria muore nella sua New York a ottantaquattro anni, nel 1983.
Il Sunset Boulevard è sempre là, una meta turistica per cinefili, anche se molto meno frequentata del Walk of fame sull’Hollywood Boulevard. Comunque adesso è asfaltato e largo quattro corsie per tutto il suo percorso. E naturalmente c’è quasi sempre molto traffico.
Se siete fortunati potrete incontrare Norma. Perché lei è sempre là, come non ci fossimo mai detti addio.
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