sabato 22 aprile 2023

Verba volant (833): ospizio...

Ospizio
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Alla fine del 1959 nell’ambiente teatrale londinese si comincia a parlare della nuova commedia di Noël Coward, che dovrebbe debuttare nell’estate dell’anno successivo: si tratta della cinquantesima opera teatrale del prolifico autore inglese e naturalmente l’interesse degli addetti ai lavori e del pubblico cresce rapidamente. Tutti vogliono sapere di cosa parlerà e se lui sarà tra gli interpreti.
Ormai Coward è un’istituzione del teatro in lingua inglese, di qua e di là dell’Atlantico. Sono lontani gli anni in cui, prima della seconda guerra mondiale, Noël ha dovuto costantemente lottare contro la censura del Lord Ciambellano o è stato costretto a fare debuttare le proprie opere a Broadway, come nel caso di Design for Living, perché quel testo - in cui si racconta il ménage à trois tra due uomini e una donna, ed è una storia autobiografica che lo coinvolge insieme ad Alfred Lunt e Lynn Fontanne - era considerato troppo scandaloso per la morale britannica. E ormai anche la vita del sessantenne autore - è nato a Teddington, un sobborgo di Londra, il 16 dicembre 1899 - non fa più scandalo: nessuno - lui compreso - parla apertamente della sua omosessualità, che però non è certo un segreto. Coward, con le sue eleganti vestaglie e la sigaretta perennemente accesa alla fine del lungo bocchino, è una figura familiare, una sorta di zio eccentrico, di cui vengono perdonati gli eccessi e le battute salaci e argute. Nel 1953, nella stagione teatrale dell’anno dell’incoronazione della giovane regina - nata dopo i suoi successi degli anni Venti: Fallen Angels, The Vortex, Hay Fever - interpreta Re Magnus in The Apple Cart di George Bernard Shaw, e soprattutto è protagonista di applauditi spettacoli di cabaret, dove dà il meglio di sé recitando e cantando le proprie canzoni: è in quelle serate che Coward può essere finalmente se stesso.
Si tratta in sostanza di quegli stessi spettacoli per cui è diventato famoso durante la guerra, quando si è dedicato con grande impegno a sostenere il morale delle truppe. A dire il vero Coward sogna di fare altro durante il conflitto contro la Germania. Appena scoppiata la guerra si arruola, dirige l’ufficio della propaganda britannica a Parigi. Poi va negli Stati Uniti per conto dell’intelligence: suo compito è sfruttare la popolarità che ha acquisito come autore e attore per convincere l’opinione pubblica americana a entrare in guerra. Certo la stampa del suo paese non è molto tenera con lui: mentre Londra è colpita dalle bombe della Luftwaffe, lui fa la bella vita tra Hollywood e New York, costantemente sotto gli occhi dei fotografi. Nonostante questo Coward è nella lista di intellettuali stilata dal regime nazista: sono le persone da eliminare una volta occupato il paese. Tra i primi nomi ci sono, oltre al suo, quelli di Virginia Woolf e Bertrand Russell. È Winston Churchill a richiamare Coward in patria e a toglierlo dagli incarichi di intelligence: “Vai al fronte e canta quando le pistole sparano. Questo è il tuo lavoro!”. Noël obbedisce e si esibisce in Europa, in Asia e in Africa, ovunque ci siano soldati inglesi. Negli anni Cinquanta quegli spettacoli diventano il cabaret per cui diventa così popolare. Si esibisce a Londra, al Café de Paris e poi a Las Vegas, al Desert Inn. Nel 1955 il suo spettacolo viene registrato dal vivo su disco e pubblicato con il titolo Noël Coward at Las Vegas: è un tale successo che la CBS gli fa realizzare tre speciali televisivi da novanta minuti l’uno. Nel primo, intitolato Together with Music, Coward si esibisce con Mary Martin. L’anno successivo è il protagonista di un film per la televisione tratto dalla sua commedia più famosa, Spirito allegro. Accanto a lui ci sono Lauren Bacall nel ruolo di Elvira, la moglie morta, Claudette Colbert come Ruth, la seconda moglie, e come Madame Arcati Mildred Natwick, la suocera di Robert Redford in A piedi nudi nel parco, sia a teatro che al cinema. Inoltre alla fine degli anni Cinquanta partecipa al cast internazionale di Around the World in 80 Days ed è Hawthorne in Our Man in Havana. In quegli anni rifiuta la commissione di comporre una versione musicale di Pigmalione di Shaw, due anni prima di My Fair Lady, e i ruoli del re nella produzione teatrale originale di The King and I - nonostante la possibilità di tornare in scena con la sua amica e complice Gertrude Lawrence - e del colonnello Nicholson nel film The Bridge on the River Kwai.

Coward ha scritto questa commedia ambientata in una casa di riposo per attrici. Lo presenta come un atto d’amore verso il teatro e soprattutto come una riflessione sulla vecchiaia, sul fatto che questo periodo della vita non è così triste come viene di solito raccontato, a patto di saperlo affrontare con umorismo e una buona dose di coraggio. Noël è convinto del valore della commedia, durante la quale si ride, ma soprattutto si deve riflettere. E quindi si stupisce quando il suo storico impresario Hugh “Binkie” Beaumont si rifiuta di metterla in scena, definendola troppo “vecchio stile”. La notizia fa presto il giro di Londra, perché Binkie è l’uomo più potente del West End, quello in grado di fare la fortuna di uno spettacolo o di decretarne la fine.
Merita raccontare qualcosa di Binkie, l’eminenza grigia del West End nella prima metà del secolo. Si sa poco del suo passato e lui stesso è molto evasivo al riguardo. Racconta di essere nato in Galles nel 1908: la data è vera, ma non il luogo né il suo cognome. Il suo vero nome è Hugh Griffiths Morgan, ma il padre, un avvocato di Londra, ha divorziato dalla moglie, accusata di adulterio. E così il piccolo Hugh cresce con la madre e l’amante, un commerciante di Cardiff, credendo sia suo padre, tanto da usarne il cognome, Beaumont. Anche se in strada tutti lo chiamano Binkie, che in gallese significa “straccione”. A quindici anni lascia la scuola e comincia a vendere biglietti in un teatro di Cardiff. In pochi anni è a Londra e diventa direttore commerciale del Barnes Theatre. Poi viene assunto come assistente di Harry Tennent, che ha diversi incarichi di responsabilità nei teatri che fanno capo alla Moss Empires.
Tennent e Beaumont non sono soddisfatti delle opere che devono mettere in scena per conto dei loro datori di lavoro e finalmente nel 1936 decidono di mettersi in proprio, fondando la HM Tennent Ltd.. Il loro primo spettacolo, The Ante Room, è un fiasco, così come i successivi. Ma finalmente con George and Margaret di Gerald Savoy arriva il successo. In poco tempo la Tennent Ltd. diventa così forte che quando nel settembre 1939, dopo l’entrata in guerra, il Lord Ciambellano ordina la chiusura dei teatri, Beaumont fa pressione sul primo ministro Neville Chamberlain che annulla il provvedimento. Nel 1941 Tennent muore e a Binkie rimane il controllo della società. Negli anni Quaranta e Cinquanta dimostra un fiuto quasi infallibile e diventa il produttore più ricco e più influente di Londra, grazie anche alla sua forte amicizia con John Gielgud - che non viene messa in crisi dal fatto che John Perry, allora partner dell’attore, lo ha lasciato proprio per Binkie - e con Coward. E in Present Laughter, la commedia del 1942 in cui Noël rappresenta se stesso e i suoi amici, Beaumont diventa l’astuto uomo d’affari Henry Lyppiatt. I successi di Binkie si succedono l’uno dopo l’altro, produce tutti i classici shakespeariani e le opere dei nuovi drammaturghi. Fa debuttare Peter Brook e Richard Burton. Porta con Oklahoma! i grandi musical di Broadway nel West End. Membro fondatore del National Theatre, Binkie continua a lavorare fino alla fine, anche se il gusto del pubblico sta cambiando e lui fatica a capirlo. L’8 maggio 1956 assiste alla prima di Ricorda con rabbia di John Osborne, ma se ne va durante l’intervallo, non capendo che quello spettacolo segna un punto fondamentale del teatro inglese del dopoguerra.

L’amicizia tra Binkie e Noël si interrompe proprio a causa di Waiting in the Wings: l’impresario dice che le grandi interpreti che l’autore vorrebbe non sono disponibili, ma Coward presto scopre che non sono state nemmeno contattate. Micheal Redgrave, il celebre attore e regista, accetta di produrre e mette insieme un cast incredibile.
Infatti per il ruolo di Lotta Bainbridge sia Coward che Redgrave pensano immediatamente a Sybil Thorndike: solo la regina del teatro inglese può rendere la grandezza di questo personaggio.
Agnes Sybil nasce a Gainsborough, nel Lincolnshire, nel 1882. La bambina ama la musica e viene avviata a una promettente carriera come pianista da concerto: a diciassette anni si esibisce già nelle principali sale da concerto di Londra, ma dopo un anno diventano evidenti i sintomi di una malattia alle mani che le impedisce di continuare. Non si arrende e si iscrive in una scuola di recitazione gestita dall’attore Ben Greet. Questi nota subito il valore di quella ragazza e nel 1904 la scrittura nella sua compagnia che fa una tournée di tre anni negli Stati Uniti. Quando torna nel suo paese non è certo famosa, ma ha già alle spalle una lunga gavetta. Nel 1908 in una compagnia di repertorio in cui entrambi lavorano conosce Lewis Casson: si sposano e il loro sodalizio, anche artistico, durerà per tutta la vita. Durante la prima guerra mondiale è nella compagnia dell’Old Vic e non interpreta soltanto quasi tutti i principali personaggi femminili delle opere di Shakespeare, ma, siccome i suoi coetanei maschi sono al fronte, è il principe Hal in Enrico IV Parte 1, il Matto in Re Lear, Ferdinando ne La tempesta e Puck in Sogno di una notte di mezza estate. Negli anni Venti viene ormai considerata la più importante attrice inglese dell’inizio del secolo, spazia dalla tragedia alla commedia. Le sue interpretazioni di Ecuba e Medea diventano leggendarie e nel 1923 George Bernard Shaw scrive appositamente per lei la sua Santa Giovanna. Questo personaggio, insieme a quello di Lady Macbeth, saranno punti fermi della sua carriera, che riproporrà molte volte.
Nel 1931 viene nominata Dame. Sybil, nonostante potrebbe limitarsi a recitare nel West End e nelle sue frequenti tournée a Broadway non vuole assolutamente smettere di portare i suoi spettacoli in provincia. Sente questo come un impegno verso il pubblico. E mette a disposizione la sua celebrità per sostenere giovani drammaturghi che farebbero fatica, senza il suo nome in cartellone, a far debuttare le proprie opere. Sybil è una convinta pacifista, manifesta contro il coinvolgimento del suo paese nella seconda guerra mondiale, ma quando comincia la guerra fa di tutto per portare un momento di serenità in ogni angolo del paese. Porta Macbeth in ogni villaggio del Galles, e spesso passa la notte nelle case dei minatori, perché non ci sono alberghi disponibili in quei paesi così lontani da Londra. Anche Sybil Thorndike è nell’elenco degli intellettuali inglesi che il regime nazista progetta di uccidere una volta occupato il paese. Finita la guerra Sybil torna a essere uno dei nomi di punta dell’Old Vic. Recita in numerose commedie, lavorando con tutti i grandi del teatro inglese. Ha un legame particolare con John Gielgud. Quando l’attore, che nel 1953 viene arrestato perché omosessuale, la prima sera dopo il rilascio ha paura di uscire sul palcoscenico, temendo la reazione del pubblico, Sybil lo prende sottobraccio e lo trascina letteralmente in scena, sussurrandogli: “Non fischieranno mai me…”. Naturalmente negli anni l’attrice si esibisce sia alla radio che al cinema. Olivier la vuole nel ruolo della regina madre in The Prince end the Showgirl con una splendida Marilyn Monroe.
È naturale che lei, a 78 anni, sia la principale attrazione per la commedia di Coward. E la sua carriera non finisce con questo spettacolo. Due anni dopo Olivier la vuole nella sua produzione di Zio Vanja al Festival di Chichester: nel cast ci sono, oltre al regista e a Sybil, Michael Redgrave, Joan Plowright, Fay Compton e Rosemary Harris. Nell’ottobre 1969 recita nel suo ultimo spettacolo, There Was an Old Woman di John Graham, in occasione dell’inaugurazione del Thorndike Theatre. Sybil muore a novantatré anni il 9 giugno 1976 e le sue ceneri vengono tumulate nell’abbazia di Westminster. Sybil descrive se stessa come “una socialista all’antica, un’anglicana e una pacifista, un misto che Mister Marx potrebbe disapprovare”.

Ottenuta la disponibilità di Sybil, Redgrave sa che che le altre attrici che interpretano le ospiti di “The Wings” devono essere altrettanto famose. May Davenport è Marie Lohr. È nata nel 1890 a Sydney, il padre è il tesoriere dell’Opera Theater di Melbourne e la madre un’attrice della dinastia dei Bishop. Debutta a quattro anni a Sidney, poi la famiglia si trasferisce a Londra e Marie si fa notare a dieci anni in uno spettacolo, la cui corsa viene interrotta dalla morte della regina Vittoria. Dal 1902 al 1960, l’anno di Waiting in the Wings, non c’è una stagione in cui Marie non sia presente nei cartelloni del West End o di qualche città inglese con uno, due, tre o quattro spettacoli. Il suo ultimo lavoro, nel 1967, è una versione televisiva di Present Laughter, con Peter O’Toole e Honor Blackman.
Bonita Belgrave è Maidie Andrews. Nata nel 1893, comincia anche lei come attrice bambina. È un’ottima cantante e il teatro musicale diventa la sua specialità: è Sue nell’edizione originale inglese di No, No, Nanette del 1925 e la protagonista di Cavalcade, il celebre musical di Coward del 1931.
Maudie Melrose è Norah Blaney. Nata nel 1893, è un’eccellente pianista e cantante, diventa famosa nel music hall, esibendosi in coppia con Gwern Farrar. Norah e Gwen si conoscono nelle compagnie di varietà che organizzano gli spettacoli per le truppe durante la prima guerra mondiale, cantano bene insieme e diventano una coppia anche nella vita, sfidando i pregiudizi della società del tempo. In America scoprono il ragtime e lo portano a Londra. Si esibiscono di frequente anche nei club di Broadway.
Mary Clare, nata nel 1892, è una delle attrici preferite di Coward e lavora spesso in sue produzioni. Nel 1945 è una delle protagoniste di Appuntamento con la morte di Agatha Christie. Mary lavora anche al cinema e in televisione. L’unico film in cui è protagonista è Mrs. Pym of Scotland Yard del 1939, un film particolare, uno dei pochissimi in cui l’investigatore è appunto una donna, che, oltre alla caccia dell’assassino, deve vedersela con la stupidità dei suoi colleghi maschi della polizia.
Estelle Craven è Edith Day. È nata nel 1896 nel Minnesota, è l’unica americana della compagnia, anche se se ormai è considerata inglese. È una stella del musical del West End dagli anni Venti, quando ha portato a Londra Irene, il musical di maggior successo dell’epoca, la storia di una commessa irlandese che diventa una signora dell’Upper West Side. Dal 1925 si trasferisce e lavora a Londra fino al 1943, l’anno in cui si ritira. Solo per l’amico Noël decide di tornare in scena in Waiting in the Wings.
Deirdre O’Malley è l’attrice irlandese Maureen Delany. È nata nel 1888 e si specializza nei ruoli comici anche negli spettacoli musicali: ha una bella voce tanto che all’inizio pensa di dedicarsi al canto. Nel 1959 ottiene la nomination ai Tony per il suo ruolo in God and Kate Murphy, ma quell’anno vince la giovane Julie Newmar per The Marriage-Go-Round.
Sarita Myrtle è Nora Nicholson. Nasce nel 1887 e presto scopre la passione del teatro. È compagna di scuola della figlia di Frank Benson e diventa allieva del grande attore, che la fa debuttare e la tiene in compagnia fino al 1914, quando si unisce all’Old Vic. Con la celebre compagnia è Ariel ne La tempesta, Titania nel Sogno di una notte di mezza estate, Jessica ne Il mercante di Venezia e Celia in Come vi piace. Durante la prima guerra mondiale si arruola nel Women’s Royal Naval Service. Tra le due guerre Nora continua a lavorare a teatro, ma sembra che la sua carriera non sia destinata a grandi successi. Solo invecchiando questa attrice ottiene le parti di donna eccentrica che la rendono famosa: è un’acida zitella in Dark Summer, la madre in The Lady’s Not for Burning con Richard Burton e John Gielgud, Miss Brown in The Living Room a Broadway. E continua a lavorare molto dopo Waiting in the Wings: Gielgud vuole sia lei Avdotya Nazarovna nell’Ivanov di Cechov ed è Miss Nisbitt in Quarant’anni dopo di Alan Bennett. Nel 1973 è l’infermiera in Casa di bambola di Ibsen: il suo ultimo ruolo a teatro. Lavora anche al cinema, ma soprattutto in televisione: è la vecchia Juley ne La saga dei Forsyte, una fortunata serie della BBC del 1967. Muore nel 1973, a 85 anni. Alan Bennet e John Gielgud tengono gli elogi funebri.

Si aggiungono al cast Graham Payn, l’attore e cantante che da alcuni anni è il compagno di Coward, Margot Boyd che negli anni Settanta sarà nota per la sua partecipazione alla serie Upstairs, Downstairs, e il grande Lewis Casson che accetta il piccolo ruolo di Osgood Meeker.
Finalmente Waiting in the Wings debutta all’Olympia Theatre di Dublino l’8 agosto 1960, poi passa a Liverpool e Manchester. In tutte queste città è un successo: il pubblico della provincia fa la fila per assistere a uno spettacolo in cui recitano tante grandi attrici, che hanno cominciato prima che Noël diventasse famoso. Lo spettacolo debutta il 7 settembre al Duke of York’s Theatre, aperto nel 1892 con il nome Trafalgar. Nei primi giorni sembra che il pubblico accolga con interesse la commedia, ma i critici dei grandi giornali della città, pur lodando l’interpretazione delle regine, stroncano la commedia, seguiti dai giornali popolari. Le repliche della stagione natalizia su cui normalmente puntano gli spettacoli del West End non vanno bene. Lo spettacolo chiude il 18 febbraio ed è un disastro dal punto di vista finanziario. Binkie non si è sbagliato neppure questa volta. Nella città che sta per diventare la Swingin London quella storia crepuscolare in cui si parla di vecchiaia e di morte non riesce a sfondare. E poi non si ride come si fa di solito nelle commedie di Coward, che ci rimane molto male, pensa sia una delle cose migliori che ha scritto. E Sybil, che è una che se ne intende è d’accordo con lui: “Ho adorato quella commedia. È la commedia moderna più bella che abbia mai interpretato”.Brucia l’insuccesso di Waiting in the Wings. Graham decide di ritirarsi dalle scene e di dedicarsi soltanto a gestire i diritti delle opere del compagno. Sail Away, il musical del 1961, l’ultimo per cui Coward scrive libretto, musiche e parole delle canzoni, è un successo sia a Londra che a New York, dove debutta con Elaine Stricht come protagonista. Noël rifiuta sia il ruolo del “cattivo” nel film che stanno preparando per il personaggio reso famoso dai romanzi di Ian Fleming sia quello di Humbert Humbert in Lolita.
Nel febbraio 1968 debutta a Broadway la nuova commedia di Neil Simon Plaza Suite, Noël Coward dichiara: “Che buona idea avere tre diversi spettacoli che si svolgono tutti nella stessa camera d’albergo. Mi chiedo dove Neil Simon l’abbia trovata”. Tre anni prima il drammaturgo inglese ha presentato a Londra Suite in Three Keys, una trilogia composta da due atti unici, che devono essere rappresentati insieme nella stessa serata, e uno spettacolo più lungo, tutti e tre ambientati nella stessa suite di un lussuoso albergo svizzero. L’unico personaggio che si trova in tutti e tre i copioni è il cameriere italiano. In ogni pièce ci sono tre personaggi, un uomo e due donne, che negli spettacoli londinesi vengono interpretati dallo stesso Coward, nel suo addio alle scene, e da Lilli Palmer e Irene Worth. E in A Song at Twilight, per la prima volta, Noël interpreta un personaggio apertamente omosessuale.
Le condizioni di salute di Coward gli impediscono di portare lo spettacolo a Broadway. Noël Coward muore nella sua villa a Port Maria in Giamaica il 26 marzo 1973. Forse in quei giorni Noël ricorda una cosa che ha detto Lotta: “Vogliamo tutti essere ricordati per come eravamo, non per come siamo”.

La prima puntata di Waiting in the Wings è stata dedicata alla versione tv della Rai (qui). La seconda puntata alla versione di Broadway in cui si fronteggiano Lauren Bacall e Rosemary Harris (qui).

giovedì 6 aprile 2023

Verba volant (832): magia...

Magia
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Trentanove anni dopo la prima a Dublino e trentaquattro dopo lo spettacolo trasmesso dalla Rai, a cent’anni esatti dalla nascita di Noël Coward, il 16 dicembre 1999 debutta al Walter Kerr Theatre sulla 48esima Strada Waiting in the Wings. Jeremy Sams, un giovane autore e paroliere inglese ha adattato il testo, mentre il regista è il veterano Michael Langham, nato nel 1919 nel Somerset e direttore artistico per molti anni del Stratford Festival in Canada e in due distinti periodi direttore della Juilliard. Le anteprime a Boston non sono andate molto bene, ma i produttori sperano che la presenza nel cast di Lauren Bacall sia una garanzia al botteghino.
Perché Lauren Bacall non è solo una grande attrice, è una leggenda, l’ultima della Golden Age di Hollywood. Ha debuttato cinquantacinque prima, nel 1944, diretta da Howard Hawks, che l’ha scelta dopo avere visto una sua foto in copertina di Harper’s Bazaar. Il film è To Have and Have Not e il protagonista maschile è Humphrey Bogart.
L’anno dopo i due si sposano: una delle coppie più famose, belle e desiderate, del cinema. Recitano insieme in altri tre film, tra cui il capolavoro del noir The Big Sleep. E insieme lottano contro il maccartismo e la caccia alle streghe: sono proprio loro due che nel 1947 guidano un gruppo di attori in una manifestazione davanti a Capitol Hill. Negli anni Quaranta Lauren è una fatale dark lady, mentre negli anni Cinquanta è la splendida e divertente protagonista di alcune celebri commedie, come How to Marry a Millionaire - difficile scegliere tra lei, Marylin e Betty Grable - e Designing Woman. Lydia Simoneschi, che divide con Tina Lattanzi il trono del doppiaggio delle attrici del grande cinema americano degli anni Trenta e Quaranta, è la voce di Lauren in questi film.
Gli anni passano, Lauren rimane bellissima e continua a lavorare. Quando, alla fine degli anni Sessanta, Hollywood sembra averla dimenticata, lei continua a recitare in televisione e nel 1970 sbarca a Broadway: è la protagonista del musical Applause - un adattamento di Eva contro Eva - che porta anche nel West End e per cui riceve un Tony, sconfiggendo un’altra regina, Katharine Hepburn, che è in nomination per Coco. Poi nel 1974 arriva la parte di Mrs Hubbard nel cast stellare di Murder on the Orient-Express: quando appare con il coltello in mano è ancora la dark lady che ci ha fatto sognare nei film degli anni Trenta. Per Lauren è come una seconda carriera: vince un altro Tony nel 1981 per il musical Woman of the Year - in cui interpreta il ruolo portato al successo al cinema proprio da Hepburn - recita a Broadway in La dolce ala della giovinezza di Tennessee Williams, Rob Reiner la vuole nel cast di Misery e Robert Altman in quello di Prêt-a-Portèr, nel 1995 al Festival di Chichester è la protagonista di La visita della vecchia signora di Friedrich Dürrenmatt e l’anno successivo è la madre della protagonista nel film di Barbra Streisand The Mirror Has Two Faces, ruolo per cui ottiene, a settantatré anni, la sua prima e unica candidatura all’Oscar. Quando viene annunciata nel ruolo di Lotte Bainbridge, il pubblico fa la fila per vedere questa commedia di Coward mai rappresentata negli Stati Uniti.

Accanto a quello di Lauren Bacall sul cartellone campeggia quello di un’altra regina di Broadway, Rosemary Harris, di due anni più giovane, che interpreta May Davenport. La carriera di Rosemary si svolge per sessant’anni quasi prevalentemente sui palcoscenici inglesi e americani, anche se negli anni Duemila raggiunge un’inattesa popolarità cinematografica, tra un pubblico giovane che non l’ha mai vista a teatro, grazie ai tre film di Sam Raimi dedicati all’Uomo Ragno: è lei che interpreta la zia May.
Rosemary è inglese, il padre è un ufficiale della Raf e lei cresce fino allo scoppio della seconda guerra mondiale nella parte nord-occidentale dell’India. Tornata in patria si appassiona la teatro, recita in piccole compagnia di provincia e nel 1951 si iscrive alla Royal Academy of Dramatic Art: è in classe con Joan Collins. Debutta a Broadway nel 1952 in una commedia di Moss Hart, poi torna a Londra, dove viene scritturata per l’edizione inglese della commedia Quando la moglie è in vacanza, nella parte della Ragazza, il ruolo portato al successo a Broadway da Vanessa Brown ed entrato nell’immaginario di tutti noi grazie a Marilyn. Noël Coward, che assiste alla prima, le invia un telegramma di congratulazioni: per Rosemary è un successo personale e lo spettacolo rimane in cartellone per più di un anno. Poi è Desdemona all’Old Vic, con Richard Burton come Otello. Sempre con la compagnia dell’Old Vic torna a Broadway in un acclamato, soprattutto grazie alla sua interpretazione, Troilo e Cressida. Con il regista Ellis Rabb, che diventa suo marito, fonda a New York una compagnia, che mette in scena celebri edizioni di Il gabbiano e Così è (se vi pare). Torna nel Regno Unito. Laurence Olivier, che l’ha già diretta al Festival di Chichester come Elena in Zio Vanja, vuole che sia Ofelia nell’Amleto del 1963, con Peter O’Toole nei panni del principe di Danimarca, lo spettacolo d’esordio del National Theatre, nell’ambito delle celebrazioni per il quattrocentesimo anniversario della nascita del Bardo. Torna a New York ed è Eleonora d’Aquitana in Il leone d’inverno: è la prima delle sue nove nomination ai Tony e la sua unica vittoria.
Rosemary è una grande interprete di Shakespeare - è un’ottima Porzia ne Il mercante di Venezia - ma è anche bravissima in opere moderne come Un tram che si chiama desiderio o Erano tutti miei figli. Lavora molto anche al cinema e in televisione. Negli anni Ottanta è l’attrice più famosa e premiata di Broadway. Anche l’interpretazione di Rosemary Harris in questa commedia di Coward dedicata a una casa di riposo per vecchie attrici è molto attesa. E lei non delude le attese, vincendo il confronto con la sua “rivale” Bacall. Ottiene una meritata nomination, ma il premio va a Jennifer Ehle per The Real Thing di Tom Stoppard. Rosemary è comunque soddisfatta: sua figlia sta facendo una bella carriera.
Per Lauren questo spettacolo è l’ultima apparizione a Broadway, mentre Rosemary continua. Nel 2010 ottiene la sua ultima nomination come attrice non protagonista per il ruolo di Fanny Cavendish in The Royal Family di George S. Kaufman ed Edna Ferber. Nel 1976 aveva recitato nella stesso testo - anche in questo caso ottenendo una nomination ai Tony - nel ruolo della giovane Julie Cavendish, con la grande Eva La Galliene nel ruolo della matriarca. L’11 settembre 2018, una settimana prima del suo novantunesimo compleanno, Rosemary Harris debutta nel ruolo della signora Higgins nel revival di My Fair Lady.
Accanto alle due regine, c’è una bella schiera di comprimarie. Il ruolo di Sarita è interpretato da Helen Stenborg, che ottiene una meritata nomination ai Tony come attrice non protagonista. Helen è una veterana di Broadway, con una ricca carriera televisiva e cinematografica. Molto attiva nel circuito off-Broadway, una dei primi membri della Circle Repertory Company, è apparsa in diverse produzioni originali di Lanford Wilson. Proprio sul palcoscenico ha conosciuto l’attore Barnard Hughes: il loro matrimonio è durato per cinquantasei anni, fino alla morte di lui. Anche Barnard, un grande caratterista e un volto notissimo, grazie soprattutto alla televisione, recita in Waiting in the Wings - è Osgood Meeker - e questa è la sua ultima apparizione a Broadway.

Waiting in the Wings chiude il 28 maggio 2000, dopo centottantatré repliche. Non bastano le regine a salvare uno spettacolo datato, che non ha la brillantezza di altre opere del drammaturgo inglese. Si tratta certamente di una delle opere minori di Coward, ma c’è tanta umanità in questa commedia e soprattutto c’è un grande amore per il teatro.
Mentre stringe in mano un mazzo di violette e ricordando gli anni passati come spettatore, il povero Osgood diventa l’incarnazione stessa dell’incantesimo che il teatro può lanciare sul suo pubblico. Quando la giovane giornalista gli fa notare che i suoi genitori dicevano che Martha, l’oggetto dei suoi affetti, non avesse molta voce, lui risponde con gravità: “Non aveva molto di niente, in realtà, tranne magia”. E questa magia non è affatto una cosa del passato.

Questa è la seconda di tre puntate per Waiting in the Wings di Noël Coward. La prima era dedicata allo spettacolo tv della Rai Al calar del sipario (qui). La terza è per l’originale inglese.

martedì 4 aprile 2023

Verba volant (831): sipario...

Sipario
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Il 26 novembre 1965 va in onda sul Programma Nazionale della Rai la commedia di Noël Coward Al calar del sipario, nella traduzione di Renzo Nissim e con la regia di Marcello Sartarelli, un bravo artigiano della Hollywood sul Tevere, passato, come tanti suoi colleghi, alla televisione. Il nome di questo notissimo drammaturgo inglese non è molto conosciuto dal pubblico televisivo, anche se sono state trasmesse in agosto del 1963 I rubini di Lady Alessandra con Lia Zoppelli nel ruolo della protagonista - una parte che nel debutto londinese è stata di Vivien Leigh - e nel giugno dell’anno successivo Breve incontro con Carla del Poggio e Raoul Grassilli.
Qualcuno del pubblico di quella sera di fine autunno ha potuto vedere nel 1945 a teatro una celebre edizione di Spirito allegro della compagnia Morelli-Stoppa e alcuni forse ricordano Intermezzo con Sergio e Rosetta Tofano del 1937. Comunque in Italia a metà degli Sessanta Coward è un autore noto solo a pochi appassionati: i suoi testi sono “troppo” inglesi. Forse se qualche anno prima avesse accettato di essere il Dr. No nel primo film dedicato alle gesta di James Bond la sua popolarità sarebbe aumentata. Poi i testi di Coward sono troppo scandalosi, occupandosi, sotto la patina di un’apparente leggerezza, di tradimenti, di famiglie disgregate, di omosessualità, di dipendenze. E offrono l’immagine di una donna indipendente che “disturba” il pubblico borghese.
L’interesse del pubblico per questa commedia più che per l’autore è senz’altro per le protagoniste. La commedia infatti si svolge all’interno di una casa di riposo per attrici, i personaggi sono molti e quindi l’elenco delle interpreti, rigorosamente in ordine di entrata, racconta un bel pezzo di storia del teatro italiano. Questo articolo è dedicato doverosamente a loro. E anch’io comincio seguendo l’ordine dei titoli di testa.

Sarita Myrtle - Emma Gramatica. E qui c’è uno dei motivi che rendono speciale questa commedia: la grande signora del teatro - nata nel 1874 - è morta a novantuno anni l’8 novembre 1965, proprio pochi giorni dopo aver finito le riprese di Al calar del sipario. Emma, che ha debuttato adolescente accanto a Eleonora Duse nella Gioconda di D’Annunzio, racconta con la sua carriera la storia dello spettacolo del Novecento. All’inizio del secolo è una celebre Nora in Casa di bambola - Ibsen sarà un autore da lei molto amato. Negli anni Venti è la prima interprete di Ma non è una cosa seria e La signora Morli, una e due di Luigi Pirandello. Fa lunghe tournée in America e in Europa: in Germania recita in tedesco. E, pur continuando la sua attività teatrale - ha anche una sua compagnia - accompagna la nascita dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Recita alla radio - è Hedda Gabbler ancora da Ibsen - al cinema e in televisione. Nel 1944 è con la sorella Irma, un’altra grandissima, e Olga Solbelli una delle protagoniste delle Sorelle Materassi, nel 1951 Vittorio De Sica vuole che sia Lolotta in Miracolo a Milano e dieci anni dopo è indimenticabile come Desolina in Don Camillo monsignore… ma non troppo, la vecchia madre che prega ogni giorno la Madonnina del Borghetto per il figlio disperso in guerra. Nel 1955 in televisione recita ne I dialoghi delle Carmelitane, un dramma che ha portato con successo sulle scene.
È un privilegio vedere in questa commedia l’ultima interpretazione di Emma Gramatica. Certo ci appare stanca e malata, in una scena è evidente l’ombra del suggeritore che le porge la battuta, ma quando comincia a recitare illumina la scena, anche nei gesti, come quando accende con precisione maniacale e con entusiasmo fanciullesco i fiammiferi che ha rubato a una delle ospiti, perché la passione di Sarita è quella di vedere la fiamma che si accende e dopo poco svanisce. E sarà proprio questa sua mania a costringere chi dirige la casa di riposo ad allontanarla. Quando esce, accompagnata dagli infermieri, salutando le amiche, ci regala un ultimo intenso sguardo, perso nei ricordi, come un’ingenua Norma Desmond, che parte per un’ultima tournée. Vita e teatro si mescolano e diventano tutt’uno in quest’ultimo addio alle compagne di una vita sul palcoscenico. C’è un’altra scena indimenticabile. Quando si accorge che la giovane giornalista che si è intrufolata nella casa cerca di farle una fotografia e le chiede di sorridere, Sarita, che fino a quel momento ha farfugliato in maniera confusa i propri pensieri, mescolando ricordi e vaneggiamenti, dice che sì può fotografarla, ma che non sorriderà, “Perché io sono tragica” e posa, con un gesto affettato e di maniera, come tante volte ha fatto. E come tante volte ha fatto Emma.

Come ho detto la commedia racconta le vicende di una casa di riposo per vecchie attrici, “The Wings” nell’originale e “Le Quinte” nella traduzione italiana. Sono sette le ospiti, più Martha che non esce mai dalla propria camera e il cui unico legame con il mondo all’esterno della casa è Osgood Meeker, un ammiratore, più giovane di lei di venticinque anni, diventato ormai vecchio anche lui, che immancabilmente ogni settimana va a trovare l’oggetto della sua ammirazione e probabilmente di un antico amore segreto e impossibile. Il tranquillo equilibrio della casa e di quelle ospiti così particolari viene turbato dall’arrivo di Lotte Bainbridge, un’altra celebre attrice. Tutte sanno che cova una forte inimicizia tra la nuova arrivata e May Davenport, che fino a quel momento è stata la “stella” della casa: le due non si parlano da anni, anche se nessuna di loro sa quale sia il motivo. Lotte spera che quella forzata convivenza convinca May a dimenticare, ma questa non vuole cedere. Il fatto che le due non si rivolgano la parola crea tensione alla “Quinte”. Finalmente una notte, dopo che Sarita ha quasi causato l’incendio della casa, le due donne, rimaste sole, iniziano a parlare. Scopriamo così che è un uomo la causa di quell’inimicizia, un uomo che ha lasciato May per Lotte e che poi ha lasciato anche Lotte, portando in Canada il figlio.
May Davenport - Laura Carli. Nata nel 1906, debutta all’inizio degli anni Trenta nella compagnia di Renzo Ricci, poi dalla metà degli anni Quaranta ne ha una propria e in seguito diventa anche direttrice del Teatro dei Satiri a Roma. La sua carriera si sviluppa per oltre quarant’anni tra teatro, radio, cinema e televisione. Sul palcoscenico predilige autori contemporanei, al cinema è impegnata soprattutto nel doppiaggio, anche nei film di animazione - è sua la voce dell’elefantessa Catty in Dumbo, della Fata Smemorina in Cenerentola e della Rosa e della Regina di Cuori (quando canta) in Alice nel Paese delle Meraviglie - è un volto familiare nei grandi sceneggiati degli anni Cinquanta e Sessanta: è Bessy in Jane Eyre, poi è nel cast di Piccolo mondo antico, Il romanzo di un giovane povero, è Marfa Ignàt’evna ne I Fratelli Karamazov.
Lotte Bainbrigde - Wanda Capodaglio. È una voce nota della prosa alla radio, fin dai tempi dell’Eiar, e poi un volto molto conosciuto della prosa di quella bella televisione in bianco e nero. Lavora in Piccole donne, anche lei in Jane Eyre, poi è la zia Betsey in David Copperfield e Matilde Crawley ne La fiera della vanità. È nata nel 1889 in una famiglia di attori teatrali, il cui capostipite è sua nonno Luigi. Un fratello di Wanda ha sposato Anna Gramatica, la sorella minore di Irma ed Emma, anch’essa attrice. Wanda comincia proprio nella compagnia di Irma, poi lavora con Ruggero Ruggeri e alla fine degli anni Dieci ha la propria compagnia: Cechov è in questi anni il suo autore preferito. Negli anni Trenta recita molto in Germania, al fianco del celebre attore austriaco Alessandro Moissi. Dal 1939 affianca alla recitazione l’insegnamento all’Accademia nazionale d’arte drammatica: Vittorio Gassman, Tino Buazzelli, Monica Vitti, Rossella Falk, Gian Maria Volonté sono tra i suoi allievi.

Altrettanto note le attrici che completano il gruppo delle signore. E si tratta si comprimarie di grandissimo valore. Grazie al testo di Coward e alla loro bravura, queste attrici non costituiscono un coro, ma danno vita a personaggi distinti, anche se con poche battute, rivelano caratteri e passioni diverse l’una dall’altra. D’altra parte ciascuna di loro è stata una prima donna e non lo dimentica.
Diana O’Malley - Paola Borboni. Sarebbe molto riduttivo confinarla al personaggio sopra le righe che abbiamo conosciuto nell’ultima parte della sua vita grazie alle frequenti apparizioni come ospite di talk show. Questa grande attrice, nata il 1 gennaio 1900, è stata una grande interprete pirandelliana, una delle più importanti della sua generazione. All’inizio degli anni Venti è nella compagnia di Irma Gramatica e sostituisce la protagonista quando è ammalata. Lavora con Ruggeri, poi fonda una propria compagnia. Nel 1942 riporta in scena La vita che ti diedi, che il drammaturgo siciliano ha scritto per Eleonora Duse e che, a seguito delle critiche della grande attrice, è stata ritirata e non più rappresentata fino a quel momento. Borboni è un’attrice poliedrica, alterna senza problemi la commedia brillante, come Ciao Rudy di Garinei e Giovannini con le tragedie greche, passa dalla rivista a Pirandello, e anzi usa i soldi che guadagna nel teatro leggero e al cinema - interpreta oltre settanta film, in ruoli da grande caratterista - proprio per finanziare i suoi spettacoli pirandelliani e la sua attività di monologhista.
Molti autori scrivono dei testi appositamente per questi suoi fortunati recital, che Borboni registra anche su disco. Nel 1994, pochi mesi di morire, torna a Pirandello con Il berretto a sonagli. Nella commedia di Coward Paola Borboni mette tutta la sua verve, interpretando il personaggio più comico della casa, l’unico che peraltro muore in scena.
Bonita Belgrave - Elsa Merlini. È nata nel 1903 e vuole recitare, ma fatica a perdere il suo marcato accento triestino. Si trasferisce a Firenze, studia dizione e a diciassette anni debutta nella compagnia di Annibale Ninchi. Poi crea una propria compagnia con Sergio Tofano e un’altra con il suo compagno Renato Cialente. Negli anni Trenta mettono in scena molti classici e una celebre edizione di Piccola città di Thornton Wilder. In questi anni comincia anche una fortunata carriera come cantante, registra molti 78 giri, incidendo alcuni duetti con Vittorio De Sica. Superata con fatica la perdita di Cialente, Merlini dopo la guerra torna al teatro e, come tutte le sue colleghe, lavora al cinema e approda alla prosa radiofonica e televisiva: recita in Il mago della pioggia con Alberto Lupo, in Orgoglio e pregiudizio, Il mulino del Po ed è Perpetua nella bellissima edizione I promessi sposi del 1967, diretta da Sandro Bolchi. Continua a recitare fino a pochi anni prima della morte: nel 1979 è la protagonista di Mela di Dacia Maraini.
Cora Clarke - Cesarina Gheraldi. Anche lei, nata nel 1915, è un’attrice molto attiva tra teatro, radio, cinema e televisione. Entra giovanissima nella compagnia di Lamberto Picasso, poi con Antonio Gandusio e infine con Ruggero Ruggeri. Negli anni Cinquanta ha una propria compagnia e ottiene il successo: è la protagonista di La vedova scaltra con la regia di Strehler, Ippolita, Medea. Poi fonda una nuova compagnia, con Leonardo Severini, che si specializza in spettacoli dedicati al genere poliziesco e giallo. È la zia Giuseppina in Il bell’Antonio con Marcello Mastroianni e nel cast di 55 giorni a Pechino. In televisione è tra gli interpreti di Canne al vento, è Madame Thénardier ne I miserabili con Gastone Moschin e Tino Carraro e la vecchia nel castello dell’Innominato ne I promessi sposi e Mrs Allen ne La valle della paura con Nando Gazzolo che fa Sherlock Holmes.
Maud Melrose - Paola Barbara. Nata nel 1912, dopo le prime esperienze teatrali, grazie alla sua bellezza, si afferma come attrice cinematografica. Interpreta alcuni film nel cinema dei telefoni bianchi, poi è la protagonista di Amazzoni bianche del 1936, in cui mette in mostra le sue capacità di sciatrice, e dimostra la sue doti drammatiche in La peccatrice, uno dei primi film realisti. Il film, in cui Paola Barbara recita con Gino Cervi, Fosco Giachetti, Vittorio De Sica, è il grande successo alla Biennale di Venezia del 1940. Non si interessa di politica e per questo non viene considerata come una diva del regime. Nonostante le venga richiesto, non vuole nemmeno partecipare al provino per la protagonista de La cena delle beffe, ruolo che sarà di Clara Calamai: sa che Alessandro Blasetti vuole che Ginevra appaia a seno nudo e lei non vuole farlo. Nel 1943 si trasferisce in Spagna, dove gira dei film, doppia molte pellicole che la Fox, in attesa della fine della guerra, vuole distribuire in Italia. Tornata a Roma è la protagonista di La monaca di Monza con Rossano Brazzi. Ritorna al teatro e soprattutto lavora nella prosa televisiva. Anche lei è nel cast di Canne al vento ed a fianco di Ubaldo Lay in un episodio di Sheridan, squadra omicidi. Il cinema le offre ruoli secondari, con lo pseudonimo Pauline Baards appare in diversi western negli anni Settanta.
Estelle Craven - Tina Lattanzi. Per lei, nata nel 1897, la carriera teatrale comincia in maniera davvero inaspettata. Nel 1922, sposata e madre di due bambini, assiste a una recita universitaria dove conosce un giovane Vittorio De Sica, che a sua volta le presenta Tatiana Pavlova. L’attrice e regista di origini russe rimane colpita dall’eleganza di Tina e le propone di insegnarle a recitare. In poco tempo entra stabilmente nella sua compagnia. Lavora in seguito con la compagnia di Ruggeri, con cui fa una tournée in Sud America, e con quella di Mario Mattioli. Nel 1930 debutta al cinema, ma soprattutto scopre il doppiaggio. Per trent’anni e per oltre trecento film Tina Lattanzi è la doppiatrice più famosa del cinema italiano, è sua la voce di Joan Crawford, Myrna Loy, Greer Garson, Rosalind Russell, Rita Hayworth, Marlene Dietrich e soprattutto di Greta Garbo. Ed è la “cattiva” in alcuni classici della Disney: Biancaneve, La bella addormentata e Cenerentola. Insieme a Laura Carli dà la sua voce alla Regina di Cuori. Nel 1937 la diva Francesca Braggiotti vuole che sia Tina Lattanzi a doppiarla in Scipione l’africano, il colossal del regime, le offre lei stessa una cifra ingente perché vuole avere la voce di Greta Garbo. Di fronte al suo rifiuto, viene convocata dal ministro Alfieri, che la prega di ripensarci, arrivando a minacciarla del confino. Lattanzi non ha paura: “Se lei dovesse scegliere tra me la Braggiotti, chi preferirebbe?”. “Lei”, risponde il ministro. “Ecco, io ho fatto la stessa cosa”. Continua a lavorare in teatro. Desta scandalo il suo costume di scena in L’imperatore d’America di George Bernard Shaw del 1942: sembra nuda. La censura, sollecitata dalla chiesa e dalla stampa conservatrice, vuole bloccare le repliche: deve intervenire Mussolini per far sì che lo spettacolo non venga chiuso. Continua a lavorare al cinema: Luchino Visconti la vuole come nobildonna ne Il Gattopardo. Negli anni Cinquanta insegna recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia. All’inizio degli anni Sessanta, quando le dive della Golden Age del cinema americano smettono di recitare, anche la carriera di Tina Lattanzi segna una battuta d’arresto. Torna a teatro. Garinei e Giovannini la scritturano per il ruolo della madre del professor Higgins in My Fair Lady, accanto a Delia Scala e Gianrico Tedeschi, e in Ciao Rudy. Ma recita anche in opere impegnate come Nerone è morto? e con l’amica Paola Borboni in Becket e il suo re. Ed è una presenza ricorrente nella prosa della Rai: Ottocento, Zio Vanja, Il conte di Montecristo, Il Circolo Pickwick sono tra i titoli entrati nella storia della televisione.

Ecco adesso mettetevi comodi e guardate su YouTube queste regine (il link, qui). E poi arriveranno altre storie. La prossima puntata sarà dedicata alla versione di Broadway in cui si fronteggiano Lauren Bacall e Rosemary Harris. E la terza all’originale inglese.