Io sono di parte: lo sapete e sapete anche di che parte. Da giovane ero più moderato, invecchiando tendo a essere sempre più fazioso e polemico, con qualche preoccupazione di Zaira, che già prevede gli anni in cui dovrà sopportare un vecchio a cui non va mai bene niente. Faccio sempre più fatica ad ascoltare senza arrabbiarmi le banalità di quelli che vanno in televisione e che scrivono sui giornali e soprattutto mi fanno veramente andare fuori dai gangheri quelli che, in malafede, dicono cose diverse da quelle che pensano. E infatti finisce spesso che spengo la televisione. Ieri sera, nei commenti ai risultati delle elezioni greche ho assistito a una fiera di banalità, di pressapochismo e soprattutto di malafede. Provo a dirvi come la vedo, cercando di non arrabbiarmi troppo.
I greci hanno votato - la seconda volta in meno di due mesi - e sta per nascere un nuovo governo. Le cancellerie europee hanno tirato un sospiro di sollievo: ha vinto il partito su cui loro avevano puntato e non dovranno fare i conti con
Syriza. Anche gli speculatori sono contenti: la vittoria di
Nuova democrazia garantisce che il patrimonio pubblico greco sarà svenduto, naturalmente a loro, e che la crisi greca è destinata a peggiorare, garantendo a loro lauti guadagni. Anche i greci ricchi sono contenti di questo risultato: avranno ancora qualche mese per finire di portare all'estero i loro depositi in euro, potranno partecipare alla spartizione delle privatizzazioni e, in caso di ritorno traumatico alla dracma - cosa ancora possibile, viste le ricette ultraliberiste di Samaras, che sono destinate al fallimento - potranno continuare a curare i loro lucrosi interessi. Anche i greci che in questi anni hanno approfittato del sottogoverno hanno gioito, vedendo il volto rassicurante degli esponenti di
Nuova democrazia festeggiare la vittoria: la lotta alla corruzione e al clientelismo è rimandata a data da destinarsi. Riconosco che non è stato facile per i greci scegliere questa volta quale partito votare. Nel corso di questa concitata campagna elettorale - molto di più di quanto fosse già capitato in vista delle elezioni del 6 maggio - dall'Europa è arrivato un messaggio chiaro: o votate
Nuova Democrazia (o al massimo l'inoffensivo
Pasok) oppure faremo fallire la Grecia. L'ex primo ministro Papademos, l'uomo della Banca centrale, il Monti greco, lo ha detto chiaro e tondo pochi giorni prima del voto: non ci sono più i soldi per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni, ossia il poco che tiene in vita un paese in cui l'industria praticamente non esiste, il turismo è in crisi e l'agricoltura è a livelli di sussistenza; il messaggio sottinteso è che i prestiti sarebbero arrivati solo a condizione che non vincesse
Syriza. Il messaggio è stato chiaro e brutale ed è evidentemente arrivato a destinazione. Anche sui giornali italiani, i commentatori di "regime" - ossia quasi tutti - hanno presentato le elezioni greche come un referendum tra euro e dracma. E ieri sera - e oggi negli editoriali - hanno potuto dire trionfalmente che ha vinto l'euro.
Nessuno però ha raccontato cosa è successo davvero in questi due mesi nel panorama politico greco. Fino al 6 maggio scorso la scena politica greca era basata su due grandi partiti:
Nuova democrazia e
Pasok, uno di centrodestra e uno di centrosinistra, uno legato alla famiglia dei popolari europei e uno membro storico dell'Internazionale socialista. Questi due partiti hanno alternativamente governato il paese dalla fine della dittatura dei colonelli a oggi, rappresentando insieme i due terzi dell'elettorato greco. Il 6 maggio
Nuova Democrazia e
Pasok si sono fermati rispettivamente al 16,8% e al 13,2%, con l'inserimento al secondo posto di
Syriza con il 16,8%, un partito che nel 2009 aveva avuto il 4,6%. C'è stata una grande frammentazione del voto, con il proliferare di molte liste minori che non hanno neppure superato la soglia di sbarramento e il bipolarismo greco è finito, tanto che è stato impossibile formare un governo, neppure di unità nazionale. Alle elezioni di ieri, il percorso di questo pendolo ideale si è completato e la scena politica si è di nuovo polarizzata:
Nuova democrazia è salita al 29,6% (con quasi 650mila voti in più),
Syriza è arrivata al 26,8% (con 600mila voti in più) e il
Pasok è rimasto al 12,2%, perdendo 70mila voti. La maggioranza dei greci si è concentrata sui due partiti maggiori, ma la novità è avvenuta nel campo della sinistra, perché
Syriza, con un programma di sinistra radicale, ha preso il posto del
Pasok, che invece ha accettato il neoliberismo. Anche se
Syriza purtroppo non ha vinto, chi non dà questa notizia è in malafede, perché cerca di nascondere un risultato brillante della sinistra europea. Questa mattina per evitare di dare questa notizia un commentatore che pure stimo, come Corradino Mineo, ha detto che in Grecia era avvenuto qualcosa di epocale, come se in Italia il Cinquestelle fosse diventato il secondo partito.
Syriza non c'entra niente con il grillismo, che si ostina a ripetere che le differenze tra sinistra e destra sono un retaggio del passato.
Syriza è sinistra e si è presentata con un programma di sinistra.
In rete si trova, in greco, il
programma di Syriza e credo meriti attenzione. Questa è la traduzione che dei punti principali ha fatto Filippomaria Pontani per il Post, in un
lungo articolo che vi consiglio di leggere:
rigettare il memorandum e il "salvataggio" come fonti primarie dei mali della Grecia e brandire la catastrofe greca come un’"arma nucleare" (una pistola puntata) per indurre una svolta radicale nella politica europea;
cancellare le recenti decisioni iugulatorie sul salario minimo, il taglio degli stipendi e i licenziamenti di massa;
promuovere una moratoria internazionale del pagamento degli interessi sul debito, rimandandolo a tempi in cui l’economia sia in espansione, nel quadro di un’iniziativa globale volta a prevenire che il caso greco si replichi (come ineludibilmente si sta replicando) in altri Paesi assai più difficili da "salvare";
mantenere come primo obiettivo la riduzione della disoccupazione, e lottare contro il lavoro flessibile, la precarietà, il lavoro nero, i contratti individuali, la riduzione del salario minimo;
incentrare la politica greca sui beni comuni, sull’istruzione pubblica, sugli investimenti pubblici, sulla fine delle privatizzazioni di beni e servizi, su una più rigida separazione fra Stato e Chiesa;
istituire un vero registro dei beni immobili per poter effettuare importanti prelievi sui grandi patrimoni, e per avviare (tramite una serie di dettagliate revisioni normative e abolizioni di privilegi) una riforma fiscale destinata ad abbattere davvero l’evasione;
avviare un serio programma di assistenza ai poveri, ai senzatetto, ai migranti, e rilanciare in particolare la politica agricola, oggi in gravissima sofferenza finanziaria;
abolire le procedure "d’urgenza" (il cosiddetto fast track) che spesso consentono di avviare grandi opere deleterie per l’ambiente senza i dovuti controlli; prevedere dunque che ogni decisione politica sia il più possibile "partecipata";
imporre regolamenti anti-corruzione molto più rigidi e specifici, che nessun altro partito potrebbe sostenere (eliminazione dell’immunità per deputati e ministri; controlli da parte di agenzie indipendenti; rendiconto dettagliato del finanziamento pubblico);
democratizzare le forze dell’ordine e impedire loro di travalicare il mandato in occasione delle manifestazioni di piazza;
ritirare le forze armate dalle "guerre umanitarie", togliere il sostegno agli scudi antimissile della Nato, cessare la cooperazione militare privilegiata con Israele, avviare una politica di pace che miri a risolvere la questione macedone senza pregiudizi nazionalistici, e quella cipriota creando uno stato unitario bietnico;
avviare contatti e legami anche con paesi extra-europei (Russia, Cina, Sudamerica) in vista di possibili investimenti comuni.
Badate bene: non si parla di uscire dall'euro, e infatti
Syriza, a differenza dei comunisti del
Kke, ha sempre detto che la Grecia doveva rimanere nell'euro e nell'Unione; sono i governi europei che si sono inventati il referendum "dracma-euro" o meglio hanno minacciato la Grecia di farla uscire dall'Unione se avesse vinto la sinistra. Si tratta di un programma irrealizzabile? Forse ogni programma elettorale lo è. Si tratta di progetti velleitari che quelli di Syriza non avrebbero avuto la capacità di realizzare? Forse sì, forse l'inesperienza di governo dei candidati di questo partito è stato un elemento decisivo, che ha pesato nella scelta dei cittadini greci. La cosa significativa è che in un programma di governo coerente sono risuonate chiare parole d'odine di sinistra. Forse sarebbe stato meglio affidarsi a persone di cui non si conoscono le capacità piuttosto che a persone le cui capacità si conoscono fin troppo bene, visto che sono quelli che hanno truccato i conti per far entrare la Grecia nell'euro e che hanno portato il paese a questo stato. Io comunque non voglio discutere le scelte dei greci che rispetto, perché fatte in un momento difficilissimo e con un condizionamento internazionale fortissimo.
La questione rilevante è la scelta politica. C'è un'ideologia largamente dominante, che ha condizionato fortemente una parte della sinistra, in maniera drammatica in Grecia - vedi quello che è successo al Pasok - e in Italia, dove il Pd ha accettato supinamente tutte le ricette proposte da Monti, e c'è una proposta alternativa di sinistra, che in Grecia ha quasi vinto le elezioni. In Italia dire con chiarezza questa cosa è destabilizzante, visto che ci siamo ormai abituati ad avere un partito maggioritario di centrosinistra che ha rinunciato ad essere tale e alcuni piccoli partiti della cosiddetta sinistra radicale che sono avviluppati in estenuanti dibattiti ideologici o persi nei propri interessi di bottega, magari contrattando un qualche posto di governo con il partito più grande, ma senza minimamente condizionarne le politiche. Tra i commenti a "caldo" sulle elezioni greche, alcuni interessati più alle questioni italiane che a quelle greche, auspicavano un grande accordo tra tutti i partiti greci, sul modello "montiano", dimostrando ancora una volta di non aver capito nulla. I programmi di
Syriza e di
Nuova democrazia (e della "mosca cocchiera"
Pasok) sono alternativi e quindi è giustamente impensabile un accordo; è in Italia dove non ci sono proposte alternative e quindi si possono fare accordi dove tutti i gatti finiscono per diventare "bigi".
Mi rendo conto che può sembrare un paradosso, ma nonostante il pessimismo per quello che succederà in Grecia, dove temo che la crisi peggiorerà e per quello che non riesce a succedere in Italia, dove l'unica alternativa possibile al "montismo" è ormai il populismo nazionalista "antieuropa" e "antitasse" sostenuto da il Giornale e Libero, quello che è successo in queste settimane in Grecia mi dà qualche incoraggiamento.