martedì 25 maggio 2021

Storie (XXX). "Dal barbiere Sweeney Todd" (4/4)...

Un grande musical ha successo grazie a grandi interpreti, e Stephen Sondheim e Harold Prince sono troppo smaliziati per non saperlo. La faccia di Sweeney Todd non può più essere quella di Tod Slaughter. Il barbiere di Fleet Street non è più soltanto un sadico e avido omicida. Adesso è diventato, a suo modo, un eroe. Sweeney è uno di noi e noi vogliamo identificarci con lui.

Stephen Sondheim e Harold Prince non fanno alcuna fatica a trovare il “loro” Sweeney. Il protagonista maschile di A Little Night Music, Len Cariou è perfetto, ha una bella voce profonda, è bravo a recitare - è un apprezzato interprete di Shakespeare, spesso presente al Festival di Stratford - ha quarant’anni, ma sembra anche più maturo, ha la presenza fisica per fare Sweeney Todd. Puoi aver paura di lui, se lo incontri di notte in un vicolo scuro. E poi c’è in lui qualcosa di misterioso: non per caso, qualche anno dopo, sarà Michael Haggerty, un agente dell’MI6 di origini irlandesi, che compare alcune volte a Cabot Cove per aiutare in casi particolarmente complicati la sua amica Jessica Fletcher. Ma è anche un uomo che sa amare, fino alla fine.

Semmai è più difficile trovare una Mrs Lovett “perfetta”. Anzi Stephen e Harold sanno benissimo che vorrebbero Angela Lansbury, che lei sarebbe l’interprete ideale di questo personaggio, ma hanno il dubbio che non voglia accettare. Angela ha solo quattro anni più di Len, ma è già una stella, ha ottenuto una nomination agli Oscar, ha vinto due Golden Globe e due Tony, ha sostituito Ethel Merman nel ruolo di Madame Rose e per tutti è zia Mame. Ed è stata la protagonista di Anyone Can Whistle, il grande fiasco di Sondheim - questa volta senza la regia di Prince - che è rimasto in cartellone per solo nove repliche. Il rischio che non voglia accettare un ruolo da coprotagonista in uno spettacolo così particolare è molto forte. Però Stephen vuole Angela, perché il brano con cui il personaggio si presenta, The Worst Pies in London, è difficile da cantare, ha continui cambi di ritmo e tonalità: serve una grande interprete e lui sa che Angela può farlo incredibilmente bene. E soprattutto Mrs Lovett è al tempo stesso il personaggio comico dello spettacolo e la “cattiva”. Per convincere l’attrice ad accettare comunque la parte aggiunge A Little Priest, il lungo e splendido duetto che chiude il primo atto, e le spiega che Mrs Lovett deve avere il carattere di un personaggio da music hall. Angela è cresciuta nel music hall inglese e soprattutto, da artista intelligente e ricca di esperienza, capisce che si tratta di una cosa assolutamente nuova, di un lavoro che sarà nella storia del teatro. E poi ormai, anche a partire dal manifesto, Mrs Lovett assume un ruolo da protagonista: adesso è anche il “suo” spettacolo. Angela accetta, Sondheim e Prince, fidandosi di lei e di Len, li lasciano liberi di sviluppare i loro personaggi. Così Angela crea Mrs Lovett, alternando aspetti buffi e un incredibile cinismo, il desiderio di una vita “normale”, di una famiglia borghese, di essere moglie e madre e una crudeltà assoluta, che non viene giustificata, come quella di Sweeney, da un proposito di vendetta: è Mrs Lovett, nonostante quell’aria svagata, il vero demone della storia.

Oltre a Cariou e Lansbury, Harold riesce a scritturare un ottimo cast: la folle mendicante è Merle Louise, che è stata un’acclamata Thelma nella prima edizione di Gipsy e Susan in quella di Company. Edmund Lyndeck, che ha interpretato John Witherspoon in 1776 è il giudice Turpin. Il tenore Joaquin Romaguera è Pirelli, l’inserviente di origini irlandesi di Barker, che si finge italiano e che riconosce il suo vecchio padrone. E per questo sarà la prima vittima di Sweeney Todd. E il primo ripieno dei pasticci di Mrs Lovett.

L’opera è un successo. Vince otto Tony, miglior musical, miglior regia, miglior libretto, miglior musica, migliori scene, migliori costumi, e migliori protagonisti, maschile e femminile. Sbanca anche ai Drama Desk Award, che oltre a premiare Sondheim, Prince, Wheeler, Cariou e Lansbury, riconoscono anche il valore di due non protagonisti, Merle Louise e Ken Jennings, che ha il ruolo di Tobias. E rimane in cartellone all’Uris Theater per 576 repliche, fino al 29 giugno 1980.

Nel frattempo il musical arriva anche a Londra: debutta il 2 luglio 1980 allo storico Drury Lane di Covent Garden, distante appena mezzo miglio dal 186 di Fleet Street. Gli interpreti sono due colonne del teatro musicale del West End, Denis Quilley e Sheila Hancock. Forse il nome di Denis Quilley non vi dice nulla, ma ricordate certamente Gino Foscarelli, il ciarliero rappresentante delle automobili Ford di origini italiane che divide il suo scompartimento con un impassibile John Gielgud nel più celebre e sanguinoso viaggio dell’Orient Express. Mentre Sheila Hancock, oltre a una lunga carriera nei musical, è un’apprezzata interprete shakesperiana, la prima donna a dirigere una tournée della Royal Shakespeare Company e la prima donna a dirigere uno spettacolo teatrale al National Theatre.

Questo spettacolo entusiasma un ventiduenne californiano che sta studiando a Londra: in genere non ama i musical, ma per quello spettacolo va a teatro tre sere di fila. Gli sembra un “film muto con la musica”. E quando ventisette anni dopo ha la possibilità di girare quel film, Sweeney Todd e Mrs Lovett non possono che essere Johnny Depp e Helena Bonham Carter. Francamente non credo che Depp sia il migliore dei Sweeney possibili, ma Helena è davvero la Mrs Lovett più demoniaca: quando uccide gli scarafaggi che invadono la sua cucina, capisci immediatamente chi vuole davvero eliminare. E anche la più conturbante.

E credo sia doveroso ricordare alcune delle tante altre facce di Sweeney Todd. E di Mrs Lovett. Almeno le mie preferite.

George Hearn, che insieme ad Angela Lansbury ha fatto il tour americano agli inizi degli anni Ottanta ed è stato protagonista di alcune importanti rappresentazioni in forma di concerto, è uno tra i migliori interpreti del barbiere di Fleet Street: il suo Sweeney non ti spaventa, sembra un uomo tranquillo, ma quando decide di uccidere si accende in lui qualcosa di davvero terribile. Nessuno come George ci ricorda quanto Sweeney sia uno come noi. E George, dopo Sweeney, sarà Albin, la vedette de La Cage aux Folles nella prima edizione di questo fortunato musical di Harvey Fierstein e Jerry Herman, in cui canta I Am What I Am, diventato un inno della comunità omosessuale, e ancora Max von Mayerling in Sunset Boulevard con Glenn Close. Poi c’è l’attore inglese Alun Armstrong, che nella prima edizione de Les Miserablés è stato un bravissimo Thérnadier. E il baritono gallese Bryn Terfel, mirabile interprete mozartiano e wagneriano, oltre che dei classici italiani: una faccia che davvero preferiresti evitare in un vicolo scuro di Londra.

Ovviamente è difficile essere Mrs Lovett dopo Angela Lansbury. Christine Baranski, Beth Fowler, Imelda Staunton sono state degne interpreti del ruolo, anche se probabilmente Patti LuPone è la migliore, perché la “sua” Mrs Lovett è diversa dal modello creato da Lansbury, forse meno divertente, ma certamente molto intensa nel rapporto con Sweeney e Tobias, una donna che sa amare intensamente, almeno quanto è pronta a uccidere. E grandissima è anche Emma Thompson che in due rappresentazioni in forma di concerto è stata la degna complice di Bryn Terfel.

Chi è il Demone di Fleet Street? Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Ci sono naturalmente Mrs Lovett e Sweeney Todd. Ma anche Rupert Murdoch e Mrs Thatcher. E poi il giudice Turpin e i proprietari delle banche. I giornalisti che mentono ai lettori e Adolfo Pirelli. E tutti noi, quando andiamo a comprare i pasticci di carne di Mrs Lovett, magari approfittando di qualche offerta speciale, vogliamo davvero sapere cosa c’è dentro?

Sarebbe bello se anche noi, come fanno Sweeney Todd e Mrs Lovett, osservando il mondo che scorre davanti alla sudicia vetrina della locanda, potessimo scegliere il nostro prossimo pranzo. Forse Thomas Hobbes non è mai stato in Fleet Street, ma anche lui sarebbe stato d’accordo con il barbiere: who gets eaten, and who gets to eat! E oggi di cosa abbiamo voglia? Un prete o un poeta? Un violinista o un avvocato? Il menu è ricco: possiamo cambiare pietanza ogni giorno. E tutti se la sono meritata. In fondo, come dice saggiamente Mrs Lovett, sarebbe proprio uno spreco far andare a male tutto questo ben di dio. A loro modo, sono anche democratici il barbiere e la locandiera: We’ll serve anyone. Meaning anyone! And to anyone! Parafrasando un altro che probabilmente ha frequentato Fleet Street: da ciascuno secondo i propri bisogni, a ciascuno secondo le proprie capacità.

Nessuno si salva in Rigoletto. Nessuno si salva in Traviata. E nessuno si salva in questa opera di Stephen Sondheim. Perché non possiamo salvarci. Anthony e Johanna - che vivono la loro intensa storia d’amore con una delle più belle canzoni di Sondheim - sembra riescano a fuggire, ma non possiamo dire che “vivranno per sempre felici e contenti”. E quando devono fuggire dal manicomio dove il giudice ha fatto imprigionare la giovane, è proprio lei, e non Anthony, a uccidere il corrotto direttore Jonas Fogg. Perché lei è la figlia di Sweeney Todd. E in quella scena i pazzi finalmente liberi cantano una lugubre profezia sulla fine del mondo. Perché Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street è in fondo un’opera sulla pazzia. Gli unici che alla fine sembrano capire cosa stia davvero succedendo sono i due folli, Lucy e Tobias, anzi sono diventati pazzi proprio perché hanno capito prima degli altri qual è il nostro destino: diventare l’ingrediente di un pasticcio di Mrs Lovett. Perché pochissimi sono quelli come Benjamin Barker che possono diventare Sweeney Todd.

qui trovate la prima, la seconda e la terza puntata

martedì 18 maggio 2021

Storie (XXIX). "Dal barbiere Sweeney Todd" (3/4)...

Quel giovedì sera, il 1 marzo 1979, c’è una grande attesa per il nuovo musical scritto da Stephen Sondheim che debutta all’Uris Theatre. Dal 1983 questo grande teatro al 222 West della 51esima Strada a Midtown Manhattan è intitolato a George e Ira Gershwin, ma alla fine degli anni Settanta porta ancora il nome dei fratelli Uris, che un decennio prima hanno acquistato l’edificio dove sorgeva lo storico Capitol Theatre, lo hanno demolito e, scommettendo sulla ripresa dell’area intorno a Times Square, allora in declino e dominata dalle attività legate alla prostituzione, hanno costruito in stile modernista questo grattacielo di quarantotto piani, che in quelli inferiori ospita un teatro che, con i suoi 1.933 posti a sedere, è il più grande di Broadway. Ha un arco di boccascena regolabile fino a venti metri e un palco largo quasi trenta, ideale per grandi produzioni. Al regista Harold Prince serve quell’enorme spazio, perché ha chiesto allo scenografo Eugene Lee di costruire una grande fabbrica, incombente sui personaggi, di realizzare una scena d’acciaio che sia anche una sorta di prigione, ed Eugene ha utilizzato molti pezzi di una fonderia in disuso che ha trovato nel Rhode Island.

Alla fine dello spettacolo il pubblico applaude con convinzione, anche se si tratta di un musical molto diverso da quelli normalmente in scena a Broadway: praticamente muoiono tutti, come in un’opera italiana. Harold Clurman è il decano dei critici teatrali di New York: ha cominciato a scrivere per The New Republic nel 1948. Finito lo spettacolo vede in sala Schuyler Chapin, che è stato negli anni precedenti direttore generale del Metropolitan (e che sarà in quelli successivi l’“assessore alla cultura” del sindaco Giuliani). “Perché diavolo non l’hai messo in scena al Met?”, “Se avessi potuto l’avrei fatto, ci sarebbero state urla e strepiti, ma non me ne sarebbe fregato nulla. Questa è un’opera. Questa è l’opera americana moderna”. Hanno ragione: se amate Rigoletto, non potete non amare Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street.

Immagino che né Clurman né Chapin nove anni prima siano andati al cinema a vedere Bloodthirsty Butchers - in italiano lo hanno distribuito con il titolo Macellai - un horror girato con un budget ridotto all’osso - come tutti i suoi film - da Andy Milligan. Andy scrive, dirige, realizza le scenografie e i costumi - alla fine degli anni Cinquanta, visto che i suoi spettacoli off-off-Broadway non gli permettono di mangiare, lavora come sarto in una celebre boutique di New York. Vive in un villino vittoriano a Staten Island, che è il set di tutti i suoi film, a cui partecipano attori che ha conosciuto nelle sue esperienze teatrali negli scantinati del Village. Molti dei suoi film sono soft-porn, che hanno la pretesa di affrontare temi come la sessualità repressa, l’ipocrisia delle convenzioni sociali, l’omosessualità. Poi Andy passa al genere horror e una storia come quella di Sweeney Todd non può non affascinarlo: così nel 1970, quando ha quarantun’anni decide di girare quel film. I suoi amici John Miranda, Jane Helay e Berwick Kaler interpretano rispettivamente Sweeney Todd, Mrs Lovett e Tobias Ragg. Il film, come tutti quelli di Milligan, non è certo memorabile. E il povero Andy, morto nel 1991 per colpa dell’Aids, non ha avuto la fortuna di trovare un poeta che ne cantasse le gesta, come è successo a Ed Wood. Ma è il segno che quel barbiere nato più di un secolo prima riesce ancora a popolare gli incubi dei suoi ignari clienti.

È il 10 dicembre 1959. A Buckingham Palace c’è una regina poco più che trentenne e Londra è pronta per diventare il centro di una rivoluzione che sconvolgerà il mondo: stanno per cominciare i Swinging Sixties. Quel giovedì sera allo Shakespeare Memorial Theatre di Stratford-upon-Avon la compagnia del Royal Ballet mette in scena per la prima volta Sweeney Todd.

L’autore della musica è Malcolm Arnold. È un uomo difficile, spesso sgradevole, incline all’alcol, ma non ha ancora quarant’anni e ha già composto cinque sinfonie, tre balletti, la colonna sonora de Il ponte sul fiume Kwai di David Lean - per cui ha vinto un Oscar - e molto altro: è un compositore eclettico, brillante, che mette insieme Ravel, Berlioz e il jazz. Ad Arnold i generi stanno stretti, e infatti il 24 settembre 1969 dirigerà la Royal Philarmonic Orchestra e i Deep Purple nel Concerto for Group and Orchestra, composto da Jon Lord.

Per questo balletto John Cranko cura la coreografia, mentre Alix Stone disegna scene e costumi, in un elegante stile vittoriano, come una casa di bambole. Sweeney è il grande Donald Britton. Naturalmente non ci sono registrazioni di questo balletto, ma possiamo ascoltarne la musica grazie a una suite da concerto realizzata una ventina d’anni dopo. La musica di Arnold non ci trasmette, se non nelle prime battute, un particolare senso di angoscia e di paura, sembra prevalere la gioia di un lieto fine e probabilmente, ascoltando la suite, senza conoscerne il titolo, non saremmo portati ad associarla al terribile barbiere di Fleet Street. Ma immagino non sia casuale la scelta di questo soggetto, apparentemente dimenticato in quella Inghilterra così lontana dalle cupe atmosfere dell’epoca georgiana e che si prepara a una ventata di ottimismo senza precedenti: ricordatevi di Sweeney Todd, sembra dire Malcolm ai suoi contemporanei immemori, perché il barbiere è sempre lì, con in mano il suo affilatissimo rasoio d’argento.

A metà degli anni Settanta, Christopher Bond, figlio di attori, nato e cresciuto in tournée attraverso le piccole città della Gran Bretagna, ha solo trent’anni ed è il resident dramatist del Victoria Theatre a Newcastle-under-Lyme: ha provato a recitare, ma preferisce scrivere. Mentre a Staten Island Andy gira il suo film, nel 1970, a soli venticinque anni, compone un dramma su Sweeney Todd. Quel personaggio lo affascina, ma a Christopher non basta quello che ha raccontato Dibdin Pitt: “Sweeney ha bisogno di un trapianto di cuore, non di un lifting”.

Christopher decide di raccontare cosa è successo prima. Il vero nome di Sweeney Todd è Benjamin Barker: è un uomo felice, che fa il barbiere in Fleet Street, è sposato con Lucy ed è appena nata la loro bambina, Johanna. Ma questa serenità è destinata a finire: il giudice Turpin ha una passione malata per Lucy ed è disposto a tutto pur di soddisfarla. È un uomo di potere, una sua parola e Benjamin, pur essendo innocente, viene condannato e inviato in una colonia penale in Australia, poi corteggia senza tregua Lucy, che però resiste, e così la violenta. La donna sparisce, qualcuno pensa sia morta o forse è impazzita, e Johanna viene adottata dal giudice. La ragazza è bella come la madre e il giudice vuole sposarla. Ma Benjamin, quindici anni dopo, riesce a fuggire e torna a Londra, si fa chiamare Sweeney Todd e nessuno lo riconosce. È arrivato in città insieme a un giovane marinaio, Anthony, che dimostra per quell’uomo misterioso un misto di timore e ammirazione. Anthony vedrà Johanna e la contrastata d’amore tra i due giovani è la sottotrama della storia, che porterà al suo drammatico epilogo.

Solo la padrona della casa e della bottega di Fleet Street sa chi sia davvero Sweeney Todd che riprende il suo lavoro da barbiere, e naturalmente capisce anche perché sia tornato. Mrs Lovett sa tutta la verità, ma ne racconta solo una parte, vuole che Benjamin si prenda la sua vendetta, è disposta a aiutarlo, ma desidera quell’uomo per sé. Tra i due nasce una strana complicità, perché la donna lo aiuterà a sbarazzarsi degli uomini che il barbiere uccide nella sua bottega, servendone le carni nei suoi pasticci. La vendetta di Benjamin alla fine si compie: riesce a tagliare la gola al giudice Turpin, un attimo dopo che anche l’uomo l’ha riconosciuto. Ma uccide anche una mendicante, che si aggira come una pazza per Fleet Street: Mrs Lovett sa che è Lucy, ma non l’ha detto a Benjamin. Il barbiere, quando scopre di aver ucciso la sua adorata moglie, non può che eliminare anche la sua complice. Ormai tutto è finito. C’è un ragazzo, Tobias Ragg, che considera Mrs Lovett come una madre. Tobias, quando intuisce cosa succede tra la bottega del barbiere e la cucina della locanda, impazzisce, ma alla fine riesce a uccidere Sweeney, che non si difende e offre il collo al suo carnefice. Solo Anthony e Johanna riescono a sfuggire a questo tragico destino di morte.

Quel dramma che Christopher Bond decide di intitolare Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street - ormai delle perle tutti si sono dimenticati - ha un buon successo.

Nel 1973 la Swinging London è già un ricordo: è cominciato il sanguinoso conflitto in Irlanda del nord, sono già evidenti i segni della crisi del settore minerario, i Beatles si sono sciolti. In quell’anno Stephen Sondheim trascorre qualche settimana a Londra e al Theatre Royal Stratford East, nel quartiere londinese di Newham, assiste allo spettacolo di Christopher Bond. A Little Night Music è stato il suo successo a Broadway di quell’anno; ha quarantatré anni, ha già vinto quattro Tony, due per Company, uno per Follies e uno appunto per il suo ultimo musical. Ha in ballo diversi progetti. Leonard Bernstein, per cui ha scritto le parole delle canzoni di West Side Story nel 1957, ha chiesto a lui, a John Latouche e Hugh Wheeler di rivedere completamente il libretto di Candide. Sta componendo le musiche per The Frogs, un musical che il suo amico Burt Shevelove ha tratto da Le Rane di Aristofane. E poi sta studiando il teatro giapponese per scrivere un’opera sull’occidentalizzazione del paese del Sol levante: un progetto ambizioso. Però Sweeney gli rimane nella testa.

C’è anche una qualche ironia. Ha scritto lui i versi di Gee, Officer Krupke, in cui i componenti dei Jets prendono in giro il sergente Krupke, sbattendogli in faccia tutti i luoghi comuni sulle giustificazioni che le “anime belle” trovano per i comportamenti di quei ragazzi: “We ain’t no delinquents / We’re misunderstood”. E adesso è lui che vuole mettere in scena la giustificazione di questo pluriomicida: Sweeney non è cattivo, lo disegnano così.

Stephen parla di questo progetto a Harold Prince. È stato uno dei produttori di West Side Story, si sono conosciuti per quello spettacolo e il loro sodalizio artistico è stato molto fruttuoso. Fino a quel momento Harold è stato il produttore e il regista di quasi tutti gli spettacoli di Sondheim. Ma non è convinto che si possa fare un musical su Sweeney Todd. E Stephen naturalmente ascolta il suo parere. Poi Harold ci ripensa: la storia del barbiere di Fleet Street può diventare la metafora di un uomo stritolato dalla Rivoluzione industriale, il musical si deve svolgere in una fabbrica. Stephen non ha la stessa idea, per lui quella di Sweeney è una storia di vendetta, ma proprio perché è universale può essere ambientata in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo. Stephen chiede a Hugh Wheeler di scrivere il libretto e comincia a comporre le canzoni, vuole scrivere tutto, parole e musica, e vuole scrivere un musical che sia soprattutto cantato. Stephen vuole scrivere la storia di un’ossessione. Quando suona e canta le canzoni dello spettacolo alla sua amica Judy Prince, la moglie di Harold, lei gli dice: “Non c’entra nulla con il Grand Guignol. Tutti penseranno che è la storia della propria vita”. Stephen vuole scrivere un’opera.

qui trovate la prima e la seconda puntata

martedì 11 maggio 2021

Storie (XXVIII). "Dal barbiere Sweeney Todd" (2/4)...

E così Sweeney Todd comincia il proprio viaggio, mentre in tutta Europa sta succedendo un “quarantotto” e a Londra due giovani rivoluzionari tedeschi pubblicano un libello di ventitré pagine destinato a cambiare il mondo.

Non sono ancora uscite le ultime puntate di String of Pearls che il Britannia Theatre annuncia che lunedì 22 febbraio andrà in scena un dramma dal titolo The String of Pearls; o The Fiend of Fleet Street, “founded on fact”, come recita la locandina. Il Britannia è un grande teatro di Hoxton, nell’East London. Ha aperto il lunedì di Pasqua del 1841, ma siccome occorre una licenza per rappresentare spettacoli drammatici, l’impresario Samuel Haycraft Lane escogita una scappatoia: l’ingresso a teatro è gratuito, il suo guadagno è rappresentato dalla vendita di cibo e bevande. In sala, durante gli spettacoli, non è affatto vietato consumare.

Il teatro ha una capienza di tremila posti, ma visto che per lo più si sta in piedi, ci possono stare quasi cinquemila spettatori. Charles Dickens è un habitué, ama quel teatro, che paragona alla Scala e ai grandi teatri italiani, anche se per lui il vero spettacolo sono le donne e gli uomini che ogni giorno riempiono quella grande sala. Naturalmente servono sempre nuovi titoli per spingere il pubblico a entrare, e a consumare. In poche settimane George Dibdin Pitt scrive questo fosco melodramma su una storia che il pubblico che affolla il Britannia ormai conosce bene: a Londra non si parla che di Sweeney Todd e dei pasticci di carne di Mrs Lovett.

Dibdin Pitt è attore, direttore di scena, autore: nella sua carriera ha scritto più di duecento spettacoli, di tutti i generi, anche se la sua specialità sono i drammi. E la storia del barbiere di Fleet Street è perfetta per lui. È George che fa di Sweeney il protagonista della storia - è lui che “inventa” l’espressione I’ll polish him off - e il pubblico rimane in qualche modo affascinato da questo personaggio che uccide senza motivo, per pura crudeltà, e senza mostrare alcun rimorso. E sobbalza ogni volta che la poltrona del barbiere si ribalta per far cadere la vittima nella botola che porta alla cucina di Mrs Lovett. E forse qualcuno si chiede di cosa siano fatti i pasticci che servono a teatro.

Intanto la storia sbarca in America. Tra il 1852 e il ’53 esce a puntate negli Stati Uniti un romanzo con il titolo Sweeney Todd: or the Ruffian Barber. A Tale of Terror of the Seas and the Mysteries of the City. L’autore è un tal Captain Merry, che è uno dei molti pseudonimi che usa l’autore Harry Hazel, che in questo caso si limita a mettere il proprio nome su una storia scritta da altri. L’editore inglese è abituato a questo genere di “furti” e ovviamente non se ne cura.

Anche Frederick Hazleton scrive un dramma teatrale basato sul romanzo, che si intitola Sweeney Todd, the Barber of Fleet Street: or the String of Pearls. Debutta nel 1865 all’Old Bower Saloon a Lambeth, nella zona sud di Londra, ma non ottiene lo stesso successo di quello di Dibdin Pitt, che invece continua a essere regolarmente replicato.

Il barbiere assassino di Londra diventa un personaggio popolare, anche fuori dal Regno Unito. Lo scrittore francese Paul HC Féval, autore di romanzi del mistero, lo cita nel capitolo introduttivo di uno dei suoi lavori più famosi e licenziosi, La Vampire del 1865, mentre il poeta australiano Banjo Paterson fa in qualche modo riferimento a Sweeney nella sua poesia del 1892 The Man from Ironbank.

Muore la regina Vittoria e inizia il Novecento. Sono gli anni della Belle époque, in cui il mondo danza sull’orlo del baratro. Sul barbiere di Fleet Street scrive una canzone il celebre autore e umorista inglese Robert Patrick Preston, intitolata Sweeney Todd the Barber. Noi la conosciamo nella versione cantata alla fine degli anni Cinquanta da Stanley Holloway, attore, cantante e monologhista, ma che per noi sarà sempre l’indimenticabile Alfred P. Doolittle in My Fair Lady.

Inizia e finisce la prima guerra mondiale, in Russia scoppia la rivoluzione, tutto sembra cambiare in un mondo che appare sconosciuto. Eppure il dramma sanguinario di Dibdin Pitt continua a venir rappresentato nei teatri del Regno Unito, la poltrona del barbiere continua a “scaricare” i suoi cadaveri e ogni volta fa sobbalzare gli spettatori, che pure hanno visto in azione altri, più terribili, demoni. E nel 1924 debutta anche a Broadway, al Frazee Theatre, al 254 West della 42esima Strada, il teatro dove tre anni prima Lynn Fontanne è diventata una star con la commedia Dulcy. Sweeney Todd è Robert Vivian, un attore inglese che ha recitato in innumerevoli spettacoli di Broadway e Mrs Lovett è Rafaela Ottiano.

Rafaela è nata a Venezia nel 1888 e arriva a Ellis Island con i suoi genitori quando ha già ventidue anni. In poco tempo si fa conoscere a Broadway e anche a Hollywood. Negli anni Trenta diventa famosa per i suoi ruoli da “cattiva”. Recita in As you desire me - dal dramma di Luigi Pirandello - con la Garbo, Melvyn Douglas e Eric von Stroheim. E poi in oltre quaranta film con tutti i grandi. È Suzette, la fedele cameriera di Greta Garbo in Grand Hotel, un ruolo che ha recitato anche nella precedente versione teatrale, tanto che nel musical del 1989 quel personaggio viene ribattezzato proprio Rafaela Ottiano, in suo onore.

Intanto è nata anche una nuova arte, la settima, l’arte del Novecento. E anche il cinema vuole il “suo” Sweeney Todd. Nel 1926 il regista inglese George Dewhurst gira un film di quindici minuti intitolato semplicemente Sweeney Todd. Il protagonista è il caratterista G.A. Baughan, che è conosciuto anche come autore: nel ’21 scrive la sceneggiatura del secondo film tratto da Il Circolo Pickwick. Questo primo film sul barbiere di Fleet Street è andato perduto. Due anni dopo il regista e produttore William West nei suoi studi di Islington gira un nuovo film, intitolato anch’esso Sweeney Todd, che, a differenza del precedente, è conservato. Moore Marriott e Iris Darbyshire sono rispettivamente Sweeney Todd e Mrs Lovett, che qui viene chiamata Amelia. West sorprende gli spettatori con un finale inatteso: la storia è solo un incubo di uno dei personaggi. Un tentativo, non so quanto riuscito, di rassicurare il pubblico.

È una produzione inglese anche il terzo film, del 1936, e quindi sonoro, che si intitola Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street, un titolo che, come sappiamo, avrà una particolare fortuna. Il film è diretto e prodotto da George King, che, nonostante si sia laureato in medicina, ha una grande passione per il cinema. Dirige molti film, commedie romantiche e storie belliche, ma il genere che preferisce e in cui dà il meglio è il poliziesco, con venature horror. Nel suo film d’esordio, Too Many Crocks del 1930, peraltro non memorabile, debutta un giovane attore che farà carriera, un tal Laurence Olivier.

George West è uno dei registi dei cosiddetti quota quickies: la legge del Regno Unito obbliga le case di produzione che vogliono distribuire i film americani a garantire anche una determinata percentuale di film realizzati negli studi del Paese. Bisogna farli e bisogna farli in fretta: agli studi non interessano, e questo paradossalmente garantisce una maggiore libertà ai registi, che nessuno ha il tempo - e la voglia - di controllare. La trama del film non si discosta molto dall’originale. Sweeney Todd uccide per derubare: l’unica sua molla è l’avidità. E questa sarà anche quella che lo perderà, perché lui e Mrs Lovett, non fidandosi l’uno dell’altra e pensando entrambi che il complice li stia raggirando, finiscono per tradirsi. Il film termina con il bacio dei due innamorati e il rogo in cui muore Sweeney Todd. Anzi il film finisce negli anni Trenta: un azzimato ed elegante barbiere racconta a un suo cliente quella storia sanguinaria, mentre lo sta insaponando. Finito il racconto il cliente chiede: “Ma non sente anche lei odore di cucina?” e osserva il barbiere che meticolosamente affila il rasoio; è sempre più preoccupato e con addosso l’asciugamano e con la faccia semicoperta dalla schiuma fugge lungo Fleet Street, scansando un venditore ambulante di pasticci. La scena migliore del film.

I protagonisti sono Tod Slaughter, una colonna dei quota quickies, e Stella Rho.

Tod, nato a Newcastle nel 1885, dopo gli anni della gavetta in giro per i teatri inglesi, crea una propria compagnia, che ha in repertorio i drammi più foschi dell’epoca vittoriana: tra questi naturalmente ci sono anche quelli di Dibdin Pitt, compreso The String of Pearls. Interpreta Sherlock Holmes, D’Artagnan, Long John Silver, ma in breve tempo Sweeney Todd diventa il “suo” personaggio, che impersonerà per più di duemila repliche. E, nel 1932, anche in una registrazione discografica del dramma per la casa di produzione Regal Zonophone Records. Quando comincia a lavorare per il cinema il ruolo di Tod è quasi sempre quello del “cattivo”. Per George West è naturale scritturarlo per il ruolo di Sweeney: ormai il pubblico immagina il barbiere di Fleet Street con il ghigno di Slaughter. Poi Tod torna a teatro e i suoi ruoli sono ormai fissi: Jack lo Squartatore, Landru, il dottor Jekyll e Mr Hyde. La stessa cosa che succede al di là dell’Atlantico a Bela Lugosi. Dopo la guerra, i gusti del pubblico cambiano rapidamente e il famoso Tod Slaughter ottiene solo qualche parte secondaria, nessuno sembra ricordarsi più del suo diabolico barbiere.

Stella Giacinta Annabella Maria Nobili-Vitelleschi nasce a Londra da padre italiano e madre scozzese. A tre anni viene dichiarata morta. Quando gli addetti alle pompe funebri stanno per chiudere la bara si accorgono che la bambina sembra muoversi: non è morta, è caduta in un profondo stato catalettico, che ha ingannato persino i medici. Famosa nell’alta società, con il nome d’arte Stella Rho comincia a recitare, prima in Francia - è una vedette dell’Odéon - e poi nel suo paese natale. Con Tod Slaughter interpreta sia a teatro che al cinema un altro fosco dramma. Maria Marten - è la protagonista uccisa dal fidanzato - ed è appunto Mrs Lovett. Nel 1937 decide di trasferirsi in Italia: è affascinata da Mussolini, l’uomo finalmente capace di rimettere in riga il Bel Paese. Tornerà anche a recitare, alla fine degli anni Cinquanta, quando Hollywood scopre Cinecittà. Nel 1958 Stella Vitelleschi - adesso questo è il suo nome d’arte - fa una piccola parte in La maja desnuda con una conturbante Ava Gardner: Stella è Maria Giuseppina, la sorella zitella di Carlo IV, che è Gino Cervi. L’anno successivo è Amrah, la schiava egiziana della casa di Ben-Hur, nel colossal diretto da William Wyler con protagonista Charlton Heston. E così questa aristocratica cosmopolita dalla lingua tagliente rimane celebre per essere stata la popolana locandiera di Fleet Street.

Un altro essere demoniaco sconvolge l’Europa. Sweeney è il ricordo di un mondo che non esiste più. La puntata dell’8 gennaio 1946 del dramma radiofonico Le nuove avventure di Sherlock Holmes, interpretato da Basil Rathborne e Nigel Bruce, i più celebri interpreti sul grande schermo del detective di Baker Street e del suo fidato assistente e biografo John Watson, si intitola The Strange Case of the Demon Barber. Sherlock Holmes e Sweeney Todd sono ormai, ciascuno a suo modo, relitti di un tempo andato, destinati a essere dimenticati. Forse.

A spectre is haunting the world - the spectre of the demon barber of Fleet Street.

qui trovate la prima puntata

martedì 4 maggio 2021

Storie (XXVII). "Dal barbiere Sweeney Todd" (1/4)...

Non so se siete pratici di Londra. Io non ci sono mai stato. A parte Google Maps, of course
Ad ogni modo, Fleet Street è una delle strade più importanti della City: è anche nel Monopoly di quel Paese, nel gruppo con lo Strand e Trafalgar Square. Corre quasi parallela al corso del Tamigi, dal Temple Bar Gate a ovest fino al Ludgate Circus a est. Attualmente è la sede di grandi banche e società d’investimento. Hanno i loro uffici in Fleet Street, tra le altre, Child & Co, Barclays, Goldman Sachs e C. Hoare & Co, la più antica banca privata d’Inghilterra, che opera in questa strada fin dal 1672.
Se oltre a conoscere Londra, leggete i giornali inglesi, sapete che Fleet Street è anche una metonimia, come quando Eugenio Montale scrive, in Satura, “piove su via Solferino”, per non citare il nome del giornale che pubblica i suoi articoli di critica letteraria. Perché per i lettori dei quotidiani inglesi Fleet Street è un sinonimo frequente per indicare la “stampa britannica”, anche se ormai nessun giornale ha sede lì.

Nei primi anni del XVI secolo Wynkyn de Worde apre la sua tipografia in Shoe Lane, una laterale di Fleet Street, e Richard Pynson avvia la sua attività di editore e stampatore vicino alla chiesa di Saint Dunstan e in breve tempo arrivano nella zona altri artigiani che fanno lo stesso lavoro. Tra l’altro lì accanto ci sono le Law Courts e la zona è frequentata da avvocati che hanno spesso bisogno dei loro servizi.

L’11 marzo 1702 la tipografa e libraia Elizabeth Mallet, che ha la bottega su Fleet Street vicino alla taverna King’s Arms, pubblica il primo quotidiano britannico, The Daily Courant, un solo foglio, con gli annunci pubblicitari sul retro. Mallet pubblica per lo più notizie straniere e non vuole dare nessun commento personale, perché pensa che i lettori abbiano “abbastanza buonsenso” per farsi le proprie opinioni. Poi è la volta del Morning Chronicle, a cui via via seguono altre testate. Ma il vero boom di Fleet Street - inteso come stampa britannica - avviene nella seconda metà dell’Ottocento: tra il 1853 e il 1861 vengono aboliti l’imposta sulla pubblicità, quella di bollo sui giornali e il dazio sulla carta. Nasce così la penny press. Negli anni Trenta del secolo scorso la maggior parte delle famiglie britanniche compra un giornale scritto e stampato in Fleet Street. Fino al 1986.

In quell’anno Rupert Murdoch decide di spostare le sedi di The Times e The Sun a Wapping, nell’East London. Ovviamente non si tratta solo di un cambiamento di sede: per Murdoch è l’occasione per trasformare il modo in cui si produce il giornale, rendendo inutile il lavoro di gran parte degli addetti alla stampa. La cosiddetta Wapping dispute, lo sciopero dei lavoratori della stampa, dura cinquantaquattro settimane, ma alla fine Murdoch vince, così come qualche mese prima sono stati sconfitti i minatori in uno sciopero altrettanto drammatico, durato un anno. Sono gli anni di Margareth Thatcher, sono gli anni del capitalismo trionfante e sanguinario. Seguendo l’esempio dell’editore australiano, tutti gli altri giornali si trasferiscono in altre sedi, lasciando il loro posto alle banche e alle finanziarie. Nel 2005 l’agenzia di stampa Reuters è l’ultima a lasciare Fleet Street.

Prima delle banche e prima dei giornali, Fleet Street è una strada di concerie, siccome lì a fianco scorre il fiume Fleet, e di commerci di ogni genere, vista la vicinanza con il porto. E naturalmente di taverne e di bordelli. Quando il Fleet viene coperto i conciatori devono spostarsi, ma le altre attività ovviamente rimangono. In una strada in cui stanno per arrivare giornalisti e banchieri avranno certamente nuovi clienti.
Durante l’età georgiana, Fleet Street è una strada popolare, le taverne si alternano ai laboratori artigiani e le case sono malsane e stipate di persone – un editto reale di un paio di secoli prima contro il sovraffollamento vietava la costruzione di nuovi edifici e di nuovi piani in quelli esistenti, ma è rimasto lettera morta. È una strada che è meglio evitare quando scende la sera, ma dove è sempre possibile trovare qualcosa o qualcuno da comprare.

Durante il lungo regno di Giorgio III, il “pazzo” che ha perso le tredici colonie americane, ma ha sconfitto Napoleone, al 186 di Fleet Street, accanto alla chiesa di Saint Dunstan, c’è la bottega di un bravo barbiere. La bottega non c’è più, ma il palazzo è ancora lì, non vi potete sbagliare: sulla facciata sono dipinte le insegne di quando c’erano gli uffici del Dundee Courier. In queste vecchie case ci sono spesso dei collegamenti sotterranei: uno di questi, passando proprio sotto la chiesa, porta allo scantinato dove c’è il forno della taverna di Mrs Lovett, che ha l’ingresso su Bell Yard: la signora serve ai suoi clienti pasticci di carne, sembra non particolarmente appetitosi.

So cosa state pensando a questo punto: ce ne hai messo di tempo per dire che vuoi scrivere un pezzo su Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street. Avete ragione, ma credo questa volta di non aver tanto divagato.

Naturalmente Sweeney Todd e Mrs Lovett non sono mai esistiti. Sono personaggi di fantasia. Forse.

Circa cinquanta anni dopo - siamo ai tempi della regina Vittoria - Charles Dickens, che da camminatore curioso e attento e da giornalista capita spesso in Fleet Street, dove c’è, come ho detto, la sede del Morning Chronicle per cui scrive, conosce molte vecchie storie su quella strada. Non dice nulla di questo misterioso barbiere assassino, ma sa cosa si racconta sui ripieni dei pasticci di carne che vengono venduti nelle taverne. Infatti Sam Weller ne Il Circolo Pickwik consiglia di comprare un pasticcio solo se si conosce bene la signora che l’ha fatto e “se sei abbastanza sicuro che non sia un gattino”. O chissà cos’altro.

Chi vive e lavora in Fleet Street forse non legge i giornali e neppure i romanzi di Dickens, ma adora i penny dreadful. Non importa lo stile, devono far paura, settimana dopo settimana.

L’editore Edward Lloyd è il re di questa letteratura popolare di consumo. Nessuno ne produce e ne vende quanto lui. Nell’Inghilterra della rivoluzione industriale è Lloyd che insegna a leggere alle classi popolari. E alle donne. Scrive e stampa un manuale di stenografia, pubblica corsi su come tenere la casa e il giardino, ma ben presto si accorge che il pubblico vuole storie e lui le sforna a getto continuo. Paga i suoi autori a riga e poi a pagina. Se una serie piace al pubblico i suoi scrittori possono continuare, se non vende, la serie finisce lì e devono cominciarne una nuova.

Ogni settimana escono nuove storie. Non esiste ancora una legge sul copyright e Lloyd ne approfitta a man bassa. Pubblica The Penny Pickwick, Oliver Twiss e Nickelas Nicklebery. Si vanta di aver venduto cinquantamila copie del “suo” Pickwick, molte di più di quelle vendute da quello di Dickens. Ma è l’horror che tira di più: con le storie del vampiro Varney Edward Lloyd crea la propria fortuna.

Gli autori, prevalentemente Thomas Peckett Perst e James Malcolm Rymer, producono incessantemente, spesso all’insaputa l’uno dell’altro, e quindi quando Edward decide di mettere insieme tutte le puntate in un unico romanzo non mancano le contraddizioni, ma sono più di ottocento pagine: chi si ricorda cosa è successo dodici capitoli fa. E tutto quello che noi sappiamo sui vampiri, canini sporgenti compresi, deriva proprio da Varney, molto più che dal conte di Bram Stoker.

Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento Edward Lloyd decide di dare una svolta alla propria attività e diventa un editore serio, la leggenda vuole che abbia sguinzagliato i suoi agenti in giro per il Regno Unito per distruggere tutte le copie dei suoi romanzi popolari. Comunque sia, si trasferisce ovviamente a Fleet Street e apre il Lloyd’s Weekly Newspaper, ma non perde uno dei suoi vizi: è costretto a chiudere dopo poco perché ha copiato il formato e la grafica dell’Illustrated London News. Nel 1876 acquista un piccolo giornale, il Daily Chronicle: nel 1877 vende 40mila copie, durante la prima mondiale saranno 800mila, diventando il quotidiano più letto nel Regno Unito. L’ upper class continua a leggere The Times, ma i pendolari sui treni e in metropolitana tutte le mattine leggono il Chronicle.

Non sappiamo chi abbia davvero scritto, tra il novembre del 1846 e il marzo dell’anno successivo, le diciotto puntate di The String of Pearls: A Romance. Sappiamo che è stato un successo, tanto che Lloyd ne ha pubblicato poco dopo una seconda versione, dal 1847 al ’48, questa volta in novantadue episodi, e nel 1950 un romanzo di più di settecento pagine dal titolo The String of Pearls. The Barber of Fleet Street: A Domestic Romance. In alcune successive edizioni il titolo diventa The Gift of the Sailor. Nel 2007 la Oxford University Press ha pubblicato una versione accademica e commentata, ma ha usato il titolo Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street, perché intanto ci sono stati il musical e il film con questo titolo.

L’autore di questa storia è probabilmente James Malcolm Rymer, anche se in un primo momento è stata attribuita a Thomas Peckett Perst, i due scrittori di punta della scuderia di Lloyd. Probabilmente ci hanno lavorato entrambi. Ma forse hanno copiato: come abbiamo visto, per loro non è affatto un problema. Nel 1824 sul London Magazine è uscito il racconto A Terrific Story of the Rue de Le Harpe, Paris. L’anonimo autore riferisce di un incartamento trovato addirittura negli archivi di Joseph Fouché, il ministro della Polizia del Direttorio, poi di Napoleone e infine del “restaurato” Luigi XVIII: nel 1800 un barbiere parigino avrebbe ucciso molti suoi clienti e il suo vicino locandiere avrebbe usato i loro cadaveri per prepararne pasticci.

Credo meriti raccontare la storia, anche perché è parecchio diversa dal musical e dal film.

Il tenente di marina Thornill torna a Londra per portare una collana di perle a Johanna Oakley: è l’ultimo regalo per lei del suo fidanzato Mark Ingestrie, che tutti credono sia scomparso in mare. Ma anche Thornill scompare in maniera misteriosa. Il colonello Jeffrey, sollecitato dalla giovane, indaga e scopre che le tracce di Thornill arrivano fino alla bottega di Sweeney Todd, un barbiere di Fleet Street. A questo punto Johanna decide di travestirsi da ragazzo e si fa assumere come garzone dal barbiere, visto che quello che c’era prima, Tobias Ragg, è stato mandato in manicomio per aver accusato Todd di essere un assassino. Non senza pericoli, Johanna scopre la terribile verità: Sweeney uccide i suoi clienti, mentre la sua amante, la signora Lovett, usa la carne dei cadaveri per farcire i pasticci che serve agli ignari avventori della sua taverna. E Mark è loro prigioniero: incarcerato nella cantina, deve cucinare la carne. Alla fine Todd e la signora Lovett vengono scoperti. La donna viene uccisa dal barbiere che a sua volta viene arrestato e impiccato, mentre Johanna e Mark finalmente si possono sposare.

La storia di Sweeney Todd spaventa e appassiona i lettori inglesi, specialmente quelli che vivono a Londra e nelle grandi città. Molti di loro sono emigrati dalla campagna per andare a lavorare nelle nuove industrie e l’impatto è traumatico. La violenza, la criminalità nelle strade, la paura di muoversi in quella metropoli sono cose che sperimentano per la prima volta: è la faccia peggiore e oscura della rivoluzione industriale, del progresso, delle opportunità che i tempi nuovi sembrano offrire. Come se la promessa di un futuro migliore chiedesse un sacrificio umano.

Quanti Sweeney Todd hanno già incontrato? Quante volte sono entrati nella locanda di Mrs Lovett? Quante volte hanno già rischiato la vita? Forse la cosa più significativa del titolo di quel romanzo è proprio in quell’aggettivo, messo lì in maniera quasi casuale: domestic. Non bisogna andare in Transilvania per incontrare i mostri, basta andare in Fleet Street.