martedì 4 maggio 2021

Storie (XXVII). "Dal barbiere Sweeney Todd" (1/4)...

Non so se siete pratici di Londra. Io non ci sono mai stato. A parte Google Maps, of course
Ad ogni modo, Fleet Street è una delle strade più importanti della City: è anche nel Monopoly di quel Paese, nel gruppo con lo Strand e Trafalgar Square. Corre quasi parallela al corso del Tamigi, dal Temple Bar Gate a ovest fino al Ludgate Circus a est. Attualmente è la sede di grandi banche e società d’investimento. Hanno i loro uffici in Fleet Street, tra le altre, Child & Co, Barclays, Goldman Sachs e C. Hoare & Co, la più antica banca privata d’Inghilterra, che opera in questa strada fin dal 1672.
Se oltre a conoscere Londra, leggete i giornali inglesi, sapete che Fleet Street è anche una metonimia, come quando Eugenio Montale scrive, in Satura, “piove su via Solferino”, per non citare il nome del giornale che pubblica i suoi articoli di critica letteraria. Perché per i lettori dei quotidiani inglesi Fleet Street è un sinonimo frequente per indicare la “stampa britannica”, anche se ormai nessun giornale ha sede lì.

Nei primi anni del XVI secolo Wynkyn de Worde apre la sua tipografia in Shoe Lane, una laterale di Fleet Street, e Richard Pynson avvia la sua attività di editore e stampatore vicino alla chiesa di Saint Dunstan e in breve tempo arrivano nella zona altri artigiani che fanno lo stesso lavoro. Tra l’altro lì accanto ci sono le Law Courts e la zona è frequentata da avvocati che hanno spesso bisogno dei loro servizi.

L’11 marzo 1702 la tipografa e libraia Elizabeth Mallet, che ha la bottega su Fleet Street vicino alla taverna King’s Arms, pubblica il primo quotidiano britannico, The Daily Courant, un solo foglio, con gli annunci pubblicitari sul retro. Mallet pubblica per lo più notizie straniere e non vuole dare nessun commento personale, perché pensa che i lettori abbiano “abbastanza buonsenso” per farsi le proprie opinioni. Poi è la volta del Morning Chronicle, a cui via via seguono altre testate. Ma il vero boom di Fleet Street - inteso come stampa britannica - avviene nella seconda metà dell’Ottocento: tra il 1853 e il 1861 vengono aboliti l’imposta sulla pubblicità, quella di bollo sui giornali e il dazio sulla carta. Nasce così la penny press. Negli anni Trenta del secolo scorso la maggior parte delle famiglie britanniche compra un giornale scritto e stampato in Fleet Street. Fino al 1986.

In quell’anno Rupert Murdoch decide di spostare le sedi di The Times e The Sun a Wapping, nell’East London. Ovviamente non si tratta solo di un cambiamento di sede: per Murdoch è l’occasione per trasformare il modo in cui si produce il giornale, rendendo inutile il lavoro di gran parte degli addetti alla stampa. La cosiddetta Wapping dispute, lo sciopero dei lavoratori della stampa, dura cinquantaquattro settimane, ma alla fine Murdoch vince, così come qualche mese prima sono stati sconfitti i minatori in uno sciopero altrettanto drammatico, durato un anno. Sono gli anni di Margareth Thatcher, sono gli anni del capitalismo trionfante e sanguinario. Seguendo l’esempio dell’editore australiano, tutti gli altri giornali si trasferiscono in altre sedi, lasciando il loro posto alle banche e alle finanziarie. Nel 2005 l’agenzia di stampa Reuters è l’ultima a lasciare Fleet Street.

Prima delle banche e prima dei giornali, Fleet Street è una strada di concerie, siccome lì a fianco scorre il fiume Fleet, e di commerci di ogni genere, vista la vicinanza con il porto. E naturalmente di taverne e di bordelli. Quando il Fleet viene coperto i conciatori devono spostarsi, ma le altre attività ovviamente rimangono. In una strada in cui stanno per arrivare giornalisti e banchieri avranno certamente nuovi clienti.
Durante l’età georgiana, Fleet Street è una strada popolare, le taverne si alternano ai laboratori artigiani e le case sono malsane e stipate di persone – un editto reale di un paio di secoli prima contro il sovraffollamento vietava la costruzione di nuovi edifici e di nuovi piani in quelli esistenti, ma è rimasto lettera morta. È una strada che è meglio evitare quando scende la sera, ma dove è sempre possibile trovare qualcosa o qualcuno da comprare.

Durante il lungo regno di Giorgio III, il “pazzo” che ha perso le tredici colonie americane, ma ha sconfitto Napoleone, al 186 di Fleet Street, accanto alla chiesa di Saint Dunstan, c’è la bottega di un bravo barbiere. La bottega non c’è più, ma il palazzo è ancora lì, non vi potete sbagliare: sulla facciata sono dipinte le insegne di quando c’erano gli uffici del Dundee Courier. In queste vecchie case ci sono spesso dei collegamenti sotterranei: uno di questi, passando proprio sotto la chiesa, porta allo scantinato dove c’è il forno della taverna di Mrs Lovett, che ha l’ingresso su Bell Yard: la signora serve ai suoi clienti pasticci di carne, sembra non particolarmente appetitosi.

So cosa state pensando a questo punto: ce ne hai messo di tempo per dire che vuoi scrivere un pezzo su Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street. Avete ragione, ma credo questa volta di non aver tanto divagato.

Naturalmente Sweeney Todd e Mrs Lovett non sono mai esistiti. Sono personaggi di fantasia. Forse.

Circa cinquanta anni dopo - siamo ai tempi della regina Vittoria - Charles Dickens, che da camminatore curioso e attento e da giornalista capita spesso in Fleet Street, dove c’è, come ho detto, la sede del Morning Chronicle per cui scrive, conosce molte vecchie storie su quella strada. Non dice nulla di questo misterioso barbiere assassino, ma sa cosa si racconta sui ripieni dei pasticci di carne che vengono venduti nelle taverne. Infatti Sam Weller ne Il Circolo Pickwik consiglia di comprare un pasticcio solo se si conosce bene la signora che l’ha fatto e “se sei abbastanza sicuro che non sia un gattino”. O chissà cos’altro.

Chi vive e lavora in Fleet Street forse non legge i giornali e neppure i romanzi di Dickens, ma adora i penny dreadful. Non importa lo stile, devono far paura, settimana dopo settimana.

L’editore Edward Lloyd è il re di questa letteratura popolare di consumo. Nessuno ne produce e ne vende quanto lui. Nell’Inghilterra della rivoluzione industriale è Lloyd che insegna a leggere alle classi popolari. E alle donne. Scrive e stampa un manuale di stenografia, pubblica corsi su come tenere la casa e il giardino, ma ben presto si accorge che il pubblico vuole storie e lui le sforna a getto continuo. Paga i suoi autori a riga e poi a pagina. Se una serie piace al pubblico i suoi scrittori possono continuare, se non vende, la serie finisce lì e devono cominciarne una nuova.

Ogni settimana escono nuove storie. Non esiste ancora una legge sul copyright e Lloyd ne approfitta a man bassa. Pubblica The Penny Pickwick, Oliver Twiss e Nickelas Nicklebery. Si vanta di aver venduto cinquantamila copie del “suo” Pickwick, molte di più di quelle vendute da quello di Dickens. Ma è l’horror che tira di più: con le storie del vampiro Varney Edward Lloyd crea la propria fortuna.

Gli autori, prevalentemente Thomas Peckett Perst e James Malcolm Rymer, producono incessantemente, spesso all’insaputa l’uno dell’altro, e quindi quando Edward decide di mettere insieme tutte le puntate in un unico romanzo non mancano le contraddizioni, ma sono più di ottocento pagine: chi si ricorda cosa è successo dodici capitoli fa. E tutto quello che noi sappiamo sui vampiri, canini sporgenti compresi, deriva proprio da Varney, molto più che dal conte di Bram Stoker.

Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento Edward Lloyd decide di dare una svolta alla propria attività e diventa un editore serio, la leggenda vuole che abbia sguinzagliato i suoi agenti in giro per il Regno Unito per distruggere tutte le copie dei suoi romanzi popolari. Comunque sia, si trasferisce ovviamente a Fleet Street e apre il Lloyd’s Weekly Newspaper, ma non perde uno dei suoi vizi: è costretto a chiudere dopo poco perché ha copiato il formato e la grafica dell’Illustrated London News. Nel 1876 acquista un piccolo giornale, il Daily Chronicle: nel 1877 vende 40mila copie, durante la prima mondiale saranno 800mila, diventando il quotidiano più letto nel Regno Unito. L’ upper class continua a leggere The Times, ma i pendolari sui treni e in metropolitana tutte le mattine leggono il Chronicle.

Non sappiamo chi abbia davvero scritto, tra il novembre del 1846 e il marzo dell’anno successivo, le diciotto puntate di The String of Pearls: A Romance. Sappiamo che è stato un successo, tanto che Lloyd ne ha pubblicato poco dopo una seconda versione, dal 1847 al ’48, questa volta in novantadue episodi, e nel 1950 un romanzo di più di settecento pagine dal titolo The String of Pearls. The Barber of Fleet Street: A Domestic Romance. In alcune successive edizioni il titolo diventa The Gift of the Sailor. Nel 2007 la Oxford University Press ha pubblicato una versione accademica e commentata, ma ha usato il titolo Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street, perché intanto ci sono stati il musical e il film con questo titolo.

L’autore di questa storia è probabilmente James Malcolm Rymer, anche se in un primo momento è stata attribuita a Thomas Peckett Perst, i due scrittori di punta della scuderia di Lloyd. Probabilmente ci hanno lavorato entrambi. Ma forse hanno copiato: come abbiamo visto, per loro non è affatto un problema. Nel 1824 sul London Magazine è uscito il racconto A Terrific Story of the Rue de Le Harpe, Paris. L’anonimo autore riferisce di un incartamento trovato addirittura negli archivi di Joseph Fouché, il ministro della Polizia del Direttorio, poi di Napoleone e infine del “restaurato” Luigi XVIII: nel 1800 un barbiere parigino avrebbe ucciso molti suoi clienti e il suo vicino locandiere avrebbe usato i loro cadaveri per prepararne pasticci.

Credo meriti raccontare la storia, anche perché è parecchio diversa dal musical e dal film.

Il tenente di marina Thornill torna a Londra per portare una collana di perle a Johanna Oakley: è l’ultimo regalo per lei del suo fidanzato Mark Ingestrie, che tutti credono sia scomparso in mare. Ma anche Thornill scompare in maniera misteriosa. Il colonello Jeffrey, sollecitato dalla giovane, indaga e scopre che le tracce di Thornill arrivano fino alla bottega di Sweeney Todd, un barbiere di Fleet Street. A questo punto Johanna decide di travestirsi da ragazzo e si fa assumere come garzone dal barbiere, visto che quello che c’era prima, Tobias Ragg, è stato mandato in manicomio per aver accusato Todd di essere un assassino. Non senza pericoli, Johanna scopre la terribile verità: Sweeney uccide i suoi clienti, mentre la sua amante, la signora Lovett, usa la carne dei cadaveri per farcire i pasticci che serve agli ignari avventori della sua taverna. E Mark è loro prigioniero: incarcerato nella cantina, deve cucinare la carne. Alla fine Todd e la signora Lovett vengono scoperti. La donna viene uccisa dal barbiere che a sua volta viene arrestato e impiccato, mentre Johanna e Mark finalmente si possono sposare.

La storia di Sweeney Todd spaventa e appassiona i lettori inglesi, specialmente quelli che vivono a Londra e nelle grandi città. Molti di loro sono emigrati dalla campagna per andare a lavorare nelle nuove industrie e l’impatto è traumatico. La violenza, la criminalità nelle strade, la paura di muoversi in quella metropoli sono cose che sperimentano per la prima volta: è la faccia peggiore e oscura della rivoluzione industriale, del progresso, delle opportunità che i tempi nuovi sembrano offrire. Come se la promessa di un futuro migliore chiedesse un sacrificio umano.

Quanti Sweeney Todd hanno già incontrato? Quante volte sono entrati nella locanda di Mrs Lovett? Quante volte hanno già rischiato la vita? Forse la cosa più significativa del titolo di quel romanzo è proprio in quell’aggettivo, messo lì in maniera quasi casuale: domestic. Non bisogna andare in Transilvania per incontrare i mostri, basta andare in Fleet Street.

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