Eva nasce l’11 gennaio 1899 a Londra. Il padre è Richard Le Gallienne, un poeta e traduttore inglese di origini francesi che per qualche anno è stato il segretario dell’attore e produttore teatrale Wilson Barrett, la madre è la giornalista danese Julie Nørregaard. I suoi genitori si separano quando lei ha solo quattro anni e così Eva cresce a Parigi, dove Julie si è trasferita, pur tornando spesso dal padre in Gran Bretagna. Nella capitale francese frequenta il Collège Sévigné con ottimi voti, anche perché parla correntemente, oltre al francese e all’inglese, il tedesco, il danese e il russo.
Si appassiona presto al teatro, a quattordici anni copia a mano le memorie di Sarah Bernhardt: un atto di devozione che impressiona la grande attrice, che vuole conoscere quella ragazza, rimanendo colpita dalla sua determinazione. A Londra studia recitazione, nell’Accademia di Sir Herbert Beerbohm Tree e debutta a quindici anni come ragazza cockney in The Laughter of Fool. Un anno dopo sua madre decide di trasferirsi negli Stati Uniti insieme alla figlia. Eva è una giovane molto avvenente e sa recitare, non fatica a trovare degli ingaggi che la portano in Arizona e in California, ma nessuna di quelle commedie ottiene particolare successo. Eva torna in Europa, continua a studiare, viaggia, assiste a molti spettacoli e alla fine degli anni Dieci è ancora una volta a New York.
Finalmente arriva il successo con Not So Long Ago di Arthur Richman e Liliom di Ferenc Molnár. Eva è ormai una stella di Broadway, ma non è soddisfatta di quello che viene programmato nei teatri della città: drammi popolari e spettacoli di rivista e burlesque. L’attrice sa bene che i produttori pensano solo agli incassi e non vogliono rischiare. Pensa che sia ora di cambiare le cose.
Le serve un teatro. Ce n’è uno disponibile al 107 West della Quattordicesima Strada. È stato aperto nel 1866 con il nome Theatre Francais e vi venivano rappresentate solo opere in francese, poi è diventato Lyceum e infine semplicemente Fourteenth Street Theatre. Quando Eva decide di rilevarne la gestione è solo un cinema, in una zona malfamata di Manhattan, a ben ventotto isolati da Times Square e dal quartiere dei teatri. La struttura è fatiscente, la facciata un intrico di scale antincendio, l’impianto di riscaldamento funziona male, però è grande - sono millecento posti a sedere - e lei capisce che in quell’enorme spazio può fare tutto quello che vuole. Le serve una compagnia. Una sera a Cincinnati, mentre è in tournée con il John Gabriel Borkman di Ibsen, ne parla con gli altri attori. Vuole mettere in piedi una compagnia di repertorio, ossia capace di mettere in scena, con gli stessi attori, diversi spettacoli nella stessa stagione. Tutti decidono di seguirla in quella nuova avventura e molti rimarranno con lei negli otto anni successivi. Così nell’autunno del 1926 nasce il Civic Repertory Theatre. Grazie all’iniziale sostegno finanziario di Otto Herman Kahn, Adolph Lewisohn, Ralph Pulitzer, John Davison Rockefeller Jr. e soprattutto della donna con cui in quegli anni ha una relazione, la miliardaria mecenate Alice De Lamar, Eva riesce ad aprire il suo teatro.
Il costruttore Solness, Tre sorelle, La locandiera, La dodicesima notte. Hedda Gabler, Il giardino dei ciliegi, Il gabbiano, Romeo e Giulietta sono tra i titoli che Eva dirige e interpreta con il Civic Repertory, insieme a testi di nuovi drammaturghi americani. Saranno in tutto trentaquattro produzioni. E, nonostante la posizione malfamata, il pubblico di New York fa la fila per assistere ogni sera agli spettacoli. Nel 1929 la First Lady Lou Henry Hoover, in visita a New York, chiede di assistere a uno spettacolo del Civic. Già nel primo anno le produzioni di Eva si sostengono da sole, grazie agli introiti del botteghino, nonostante la sua decisione di tenere il prezzo del biglietto a un dollaro e mezzo: il “suo” teatro deve essere davvero aperto a tutti.
LeG, come i giornali cominciano a chiamare Eva, ottiene un grande successo con Peter Pan nel 1928: bellissima, con quelle splendide e lunghe gambe, grazie a fili invisibili, vola sugli spettatori, rendendo memorabile la sua interpretazione del magico ragazzo inventato da James Matthew Barrie. Nel 1932 lei e l’attrice Florida Friebus scrivono una riduzione di Alice nel Paese delle Meraviglie: e anche questo è un successo del Civic Repertory. LeG e Florida sono rispettivamente la Regina Bianca e il Gatto del Cheshire, Josephine Hutchinson - con cui Eva ha una relazione in quegli anni - è Alice, Leona Roberts è la Regina Rossa, Burgess Meredith è il Ghiro, l’Anatra e Pancopinco, Howard Da Silva il Cuoco e il Cavaliere Bianco. Quell’edizione di Alice raccoglie tanti artisti che faranno grande il teatro degli Stati Uniti negli anni successivi.
Il Civic Repertory Theatre segna una svolta per Broadway. Certo rimangono i grandi teatri con una programmazione commerciale, ma accanto a essi nascono sale con una proposta diversa, in cui gli artisti possono sperimentare nuove forme di teatro. Qualche anno dopo, su questo esempio, Orson Welles e John Houseman creeranno il Mercury. È grazie all’attività di artisti come Eva Le Gallienne che nel secondo dopoguerra nasce quello che sarà chiamato off-Broadway.
Il 25 novembre 1929 Time consacra LeG con la sua copertina e un articolo in cui viene descritto il suo lavoro. Il cronista spiega che in quella settimana al Civic Repertory Theatre la compagnia di Eva rappresenta lunedì Il gabbiano, martedì Il borghese gentiluomo, mercoledì Mademoiselle Bourrat. La Fille Perdu di Claude Anett, giovedì The Cradle Song di Gregorio Martínez Sierral, venerdì Inheritors della drammaturga americana Susan Glaspell, e infine sabato due repliche di Peter Pan durante la giornata e ancora Il gabbiano alla sera: sono otto spettacoli a settimana.
Eva negli anni del Civic Repertory vive, insieme ai suoi quattro cani e a molti canarini, in un piccolo appartamento all’ultimo piano del teatro. Ogni mattina alle 9.30 si esercita nell’arte della scherma con un istruttore ungherese che cerca di convincerla, visto quanto è brava, a lasciare il palcoscenico per dedicarsi soltanto a quello sport. Alle 10.30 si occupa della corrispondenza. Dalle 11.30 alle 15.30 prova, insieme ai suoi attori, una nuova commedia. Non si ferma neppure per pranzo: durante le prove mangia uova crude e beve caffè. Dalle 15.30 alle 17.30 prova una delle commedie che sono già in repertorio. Poi dedica mezz’ora agli appuntamenti con gli amici. Dopo una cena frugale dorme mezz’ora prima di scendere nel suo camerino per l’apparizione serale. Perché LeG è in scena ogni sera. Questa rigorosa routine è interrotta solo il sabato, perché quel giorno Eva, per due volte, veste i panni di Peter Pan per volare sulle teste di un incantato pubblico di bambini.
Tre settimane prima di quella copertina, precisamente il 29 ottobre, crolla Wall Street e comincia la Grande Depressione: i teatri chiudono uno dopo l’altro e anche il Civic Repertory, con le sue proposte di qualità, non resiste. Alice nel Paese delle Meraviglie è l’ultima produzione prima della definitiva chiusura nel 1934.
L’anno successivo a Eva viene offerta la direzione del Federal Theatre Project, uno degli ambiti di intervento sostenuti dalla Works Progress Administration, voluta dal presidente Roosevelt. Lo scopo del progetto non è tanto quello di produrre cultura, ma di sostenere gli artisti che a causa della crisi hanno perso il lavoro. Per questo l’attrice rifiuta. Capisce che non potrebbe lavorare con la libertà creativa che ha avuto durante gli anni del Civic Repertory Theatre.
Eva, finita l’avventura del Civic, continua a recitare. Tra i tanti ruoli, nel 1935 è Marguerite Gautier in Camille di Alexandre Dumas, nel 1944 Ljubov’ Andreevna ne Il giardino ciliegi, nel 1946 Caterina d’Aragona nell’Enrico VIII di Shakespeare. Nel 1948 è Helene Alving negli Spettri e la protagonista di Hedda Gabler.
Alla fine degli anni Quaranta scrive un libro per bambini, Flossie and Bossie, una divertente storia le cui protagoniste sono due galline, una snob e sofisticata e l’altra schietta e semplice, in perenne contrasto, se non nella voglia di essere buone madri per i loro pulcini.
Continua anche a dirigere, a tradurre, a progettare nuovi spettacoli. E tenta anche di tornare a produrli. Nel 1946, insieme alle regista teatrale Margaret Webster, con cui ha una relazione, e la produttrice Cheryl Crawford, fonda una nuova compagnia, l’American Repertory Theatre, ma dopo due anni l’impresa fallisce. L’America del secondo dopoguerra, che si prepara al confronto con l’Unione Sovietica, è molto diversa dal paese di vent’anni prima, ancora immerso nell’età del jazz: non c’è la stessa voglia di rischiare e di innovare.
Il Civic Repertory Theatre segna una svolta per Broadway. Certo rimangono i grandi teatri con una programmazione commerciale, ma accanto a essi nascono sale con una proposta diversa, in cui gli artisti possono sperimentare nuove forme di teatro. Qualche anno dopo, su questo esempio, Orson Welles e John Houseman creeranno il Mercury. È grazie all’attività di artisti come Eva Le Gallienne che nel secondo dopoguerra nasce quello che sarà chiamato off-Broadway.
Il 25 novembre 1929 Time consacra LeG con la sua copertina e un articolo in cui viene descritto il suo lavoro. Il cronista spiega che in quella settimana al Civic Repertory Theatre la compagnia di Eva rappresenta lunedì Il gabbiano, martedì Il borghese gentiluomo, mercoledì Mademoiselle Bourrat. La Fille Perdu di Claude Anett, giovedì The Cradle Song di Gregorio Martínez Sierral, venerdì Inheritors della drammaturga americana Susan Glaspell, e infine sabato due repliche di Peter Pan durante la giornata e ancora Il gabbiano alla sera: sono otto spettacoli a settimana.
Eva negli anni del Civic Repertory vive, insieme ai suoi quattro cani e a molti canarini, in un piccolo appartamento all’ultimo piano del teatro. Ogni mattina alle 9.30 si esercita nell’arte della scherma con un istruttore ungherese che cerca di convincerla, visto quanto è brava, a lasciare il palcoscenico per dedicarsi soltanto a quello sport. Alle 10.30 si occupa della corrispondenza. Dalle 11.30 alle 15.30 prova, insieme ai suoi attori, una nuova commedia. Non si ferma neppure per pranzo: durante le prove mangia uova crude e beve caffè. Dalle 15.30 alle 17.30 prova una delle commedie che sono già in repertorio. Poi dedica mezz’ora agli appuntamenti con gli amici. Dopo una cena frugale dorme mezz’ora prima di scendere nel suo camerino per l’apparizione serale. Perché LeG è in scena ogni sera. Questa rigorosa routine è interrotta solo il sabato, perché quel giorno Eva, per due volte, veste i panni di Peter Pan per volare sulle teste di un incantato pubblico di bambini.
Tre settimane prima di quella copertina, precisamente il 29 ottobre, crolla Wall Street e comincia la Grande Depressione: i teatri chiudono uno dopo l’altro e anche il Civic Repertory, con le sue proposte di qualità, non resiste. Alice nel Paese delle Meraviglie è l’ultima produzione prima della definitiva chiusura nel 1934.
L’anno successivo a Eva viene offerta la direzione del Federal Theatre Project, uno degli ambiti di intervento sostenuti dalla Works Progress Administration, voluta dal presidente Roosevelt. Lo scopo del progetto non è tanto quello di produrre cultura, ma di sostenere gli artisti che a causa della crisi hanno perso il lavoro. Per questo l’attrice rifiuta. Capisce che non potrebbe lavorare con la libertà creativa che ha avuto durante gli anni del Civic Repertory Theatre.
Eva, finita l’avventura del Civic, continua a recitare. Tra i tanti ruoli, nel 1935 è Marguerite Gautier in Camille di Alexandre Dumas, nel 1944 Ljubov’ Andreevna ne Il giardino ciliegi, nel 1946 Caterina d’Aragona nell’Enrico VIII di Shakespeare. Nel 1948 è Helene Alving negli Spettri e la protagonista di Hedda Gabler.
Alla fine degli anni Quaranta scrive un libro per bambini, Flossie and Bossie, una divertente storia le cui protagoniste sono due galline, una snob e sofisticata e l’altra schietta e semplice, in perenne contrasto, se non nella voglia di essere buone madri per i loro pulcini.
Continua anche a dirigere, a tradurre, a progettare nuovi spettacoli. E tenta anche di tornare a produrli. Nel 1946, insieme alle regista teatrale Margaret Webster, con cui ha una relazione, e la produttrice Cheryl Crawford, fonda una nuova compagnia, l’American Repertory Theatre, ma dopo due anni l’impresa fallisce. L’America del secondo dopoguerra, che si prepara al confronto con l’Unione Sovietica, è molto diversa dal paese di vent’anni prima, ancora immerso nell’età del jazz: non c’è la stessa voglia di rischiare e di innovare.
Ed è un’America che fatica anche ad accettare l’omosessualità di Eva. L’attrice non ha mai nascosto le sue preferenze sessuali e nell’età del jazz questa cosa era tollerata o vista come una delle tante bizzarrie di quegli anni. Certo per Eva è più semplice: lei è famosa, a lei sono “perdonate” cose che le altre donne non possono permettersi, neppure in quegli anni sfrenati. Perfino l’autore dell’articolo di Time, pur non potendo parlare apertamente di quel tema, racconta che ogni sera agli spettacoli del Civic Repertory Theatre fanno la fila le ammiratrici di Eva, donne che, come lei, amano indossare abiti, cappelli e accessori maschili, tanto da girare con il bastone da passeggio.
Nel 1918 la giovane Eva conosce a Hollywood l’attrice di origini russe Alla Nazimova, che, a quarant’anni, è all’apice della fama. Alla produce i film che interpreta, è una donna che, grazie al suo successo, ha potere a Hollywood e lo usa per aiutare le sue colleghe che, a differenza di lei, vengono emarginate dalle case di produzione proprio a causa della loro omosessualità. Anche se è Alla a introdurre Eva in quello che la grande attrice chiama ironicamente il “circolo del cucito”, ossia il gruppo di donne, artiste e intellettuali, che ruotano attorno alla sua villa su Sunset Boulevard, è estremamente gelosa dell’attenzione che le sue amiche rivolgono alla nuova arrivata. Alla è troppo gelosa e possessiva per Eva e presto la loro storia finisce, anche se l’attrice non smetterà di aiutarla e sostenerla nelle sue scelte artistiche. Le attrici Tallulah Bankhead, Beatrice Lille e Laurette Taylor capitano spesso al Garden of Alla e Eva ha con loro brevi relazioni.
Anche la poetessa, scrittrice e drammaturga di New York Mercedes de Acosta è nel “circolo del cucito”. Dopo il matrimonio di comodo tra Mercedes e Abram Poole, anch’egli omosessuale, lei ed Eva vivono per cinque anni una turbolenta storia d’amore. Mercedes qualche anno dopo avrà una lunga relazione con Greta Garbo. Le sue memorie, scritte agli inizi degli anni Sessanta per sfuggire alla povertà, con le loro rivelazioni getteranno scandalo nel mondo dello spettacolo americano, accendendo una curiosità morbosa su quel gruppo di donne. Eva sarà una delle più furiose verso l’amante di quarant’anni prima.
La storia d’amore tra Eva e la sua collega Josephine Hutchinson segna profondamente la vita dell’attrice. Quando, nel 1927, comincia questa relazione, Josephine è sposata da poco e il marito nell’intentare la causa di divorzio cita proprio Eva come responsabile della fine del loro matrimonio. Come succede in quegli anni il processo attira l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica. Eva sembra considerare anche l’idea di sposarsi con il suo amico Basil Rathbone, insieme hanno avuto successo con Il cigno di Molnar. Basil non è omosessuale, ma è un amico e disposto ad aiutare Eva, anche perché crede suo dovere combattere contro questi pregiudizi: è stato anche arrestato per aver messo in scena il dramma di Édouard Bourdet The Captive, che, affrontando il tema dell’omosessualità femminile, è finito nel mirino dei gruppi religiosi di New York. Eva però si rende conto che sarebbe sbagliato e resiste.
Finalmente LeG conosce, nella compagnia che mette in scena Camille allo Shubert Theatre, Marion Evensen: vivranno insieme, con i loro tanti cani, fino alla morte di Marion nel 1971. Eva non cerca più di nascondersi. Come dice all’amica scrittrice May Sarton, anche lei lesbica: “Le persone odiano ciò che non capiscono e cercano di distruggerlo. Cerca solo di mantenerti lucida e non permettere a quella forza distruttiva di rovinare qualcosa che per te è semplice, naturale e bello”.
LeG, pur apparendo meno sul palcoscenico, rimane un punto di riferimento per le nuove leve del teatro americano. Il grande pubblico nel 1955, grazie alla televisione, scopre la sua storica edizione di Alice nel Paese delle Meraviglie: Eva torna a vestire i panni della Regina Bianca, con Elsa Lanchester come Regina Rossa e un cast di grandi caratteristi. Memorabile è la sua Elisabetta nella Maria Stuarda di Schiller nel 1957 in una produzione del Phoenix Theatre. Questo teatro è stato aperto solo quattro anni prima: nell’idea dei produttori, questa sala, lontana da Times Square, deve ospitare una compagnia permanente e produrre quattro o cinque spettacoli a stagione, mantenendo i prezzi dei biglietti molto più bassi che a Broadway. Eva non può far mancare il suo sostegno a questo progetto off-Broadway. Nel 1964 è Irina Arkadina ne Il gabbiano, in un’edizione di cui cura sia la traduzione che la regia.
In quell’anno il mondo del teatro le rende omaggio assegnandole lo Special Tony Award per celebrare i suoi cinquant’anni di carriera e soprattutto il suo impegno per aver creato il teatro di repertorio negli Stati Uniti.
Nel 1968 va in scena Il giardino dei ciliegi, in un’edizione di cui LeG cura la traduzione e la regia, con un cast in cui ci sono Patricia Conolly, Richard Easton, Uta Hagen, Nancy Walker. Il 30 dicembre 1975 debutta una storica edizione di The Royal Family di George S. Kaufman e Edna Ferber: Eva è Fanny Cavendish, accanto alla giovane Rosemary Harris nel ruolo di Julie. L’anno dopo questo spettacolo viene ripreso dalla televisione nell’ambito della fortunata serie Great Performances trasmessa dalla PBS: Eva Le Gallienne ottiene l’Emmy per la sua interpretazione.
Nel 1980 arriva per Eva anche un ruolo al cinema: per la grande attrice, a ottant’anni si tratta praticamente di un debutto. In Resurrection ha il ruolo di Pearl, la nonna di Edna, interpretata da Ellen Burstyn. Entrambe le attrici ricevono una nomination all’Oscar.
Nel 1982 quando Sabra Jones decide di fondare la propria compagnia di repertorio, The Mirror Theatre Ltd, chiede aiuto a Ellis Rabb, il direttore artistico della Phoenix Repertory Company, a John Houseman, storico produttore del Mercury, e ad Eva Le Gallienne. Ed è proprio l’ottantenne Eva a rispondere in maniera entusiasta: accetta di aprire la stagione della nuova compagnia riproponendo il suo storico Alice nel Paese delle Meraviglie. E come cinquant’anni prima LeG cura la regia e interpreta, ancora una volta, la Regina Bianca. L’anno dopo anche questo spettacolo viene riproposto in televisione in Great Performances. Del cast dello spettacolo teatrale rimane solo la giovane Kate Burton nel ruolo di Alice. E, accanto a lei - per un’evidente ricerca di audience - suo padre Richard nel ruolo del Cavaliere Bianco. Eva non partecipa a questa edizione: è Maureen Stapleton a interpretare la Regina Bianca.
L’ultima apparizione di Eva è nel 1984 in un episodio della serie televisiva St. Elsewhere, - un classico del genere ospedaliero, in Italia conosciuta come A cuore aperto o S. Eligio giorno e notte: uno dei protagonisti è il suo amico Norman Lloyd, che ha cominciato a lavorare proprio al Civic Repertory. Eva è la più anziana delle tre pazienti che condividono la camera dell’ospedale, con lei ci sono Brenda Vaccaro e Blythe Danner.
Eva muore, all’età di novantadue anni, il 3 giugno 1991, nella sua fattoria di Weston nel Connecticut, che da molti anni è il luogo dove vive insieme ai suoi cani.
Per tutta la sua vita LeG non concepisce come sia possibile fermarsi, smettere di amare, lottare, recitare.
Nel 1918 la giovane Eva conosce a Hollywood l’attrice di origini russe Alla Nazimova, che, a quarant’anni, è all’apice della fama. Alla produce i film che interpreta, è una donna che, grazie al suo successo, ha potere a Hollywood e lo usa per aiutare le sue colleghe che, a differenza di lei, vengono emarginate dalle case di produzione proprio a causa della loro omosessualità. Anche se è Alla a introdurre Eva in quello che la grande attrice chiama ironicamente il “circolo del cucito”, ossia il gruppo di donne, artiste e intellettuali, che ruotano attorno alla sua villa su Sunset Boulevard, è estremamente gelosa dell’attenzione che le sue amiche rivolgono alla nuova arrivata. Alla è troppo gelosa e possessiva per Eva e presto la loro storia finisce, anche se l’attrice non smetterà di aiutarla e sostenerla nelle sue scelte artistiche. Le attrici Tallulah Bankhead, Beatrice Lille e Laurette Taylor capitano spesso al Garden of Alla e Eva ha con loro brevi relazioni.
Anche la poetessa, scrittrice e drammaturga di New York Mercedes de Acosta è nel “circolo del cucito”. Dopo il matrimonio di comodo tra Mercedes e Abram Poole, anch’egli omosessuale, lei ed Eva vivono per cinque anni una turbolenta storia d’amore. Mercedes qualche anno dopo avrà una lunga relazione con Greta Garbo. Le sue memorie, scritte agli inizi degli anni Sessanta per sfuggire alla povertà, con le loro rivelazioni getteranno scandalo nel mondo dello spettacolo americano, accendendo una curiosità morbosa su quel gruppo di donne. Eva sarà una delle più furiose verso l’amante di quarant’anni prima.
La storia d’amore tra Eva e la sua collega Josephine Hutchinson segna profondamente la vita dell’attrice. Quando, nel 1927, comincia questa relazione, Josephine è sposata da poco e il marito nell’intentare la causa di divorzio cita proprio Eva come responsabile della fine del loro matrimonio. Come succede in quegli anni il processo attira l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica. Eva sembra considerare anche l’idea di sposarsi con il suo amico Basil Rathbone, insieme hanno avuto successo con Il cigno di Molnar. Basil non è omosessuale, ma è un amico e disposto ad aiutare Eva, anche perché crede suo dovere combattere contro questi pregiudizi: è stato anche arrestato per aver messo in scena il dramma di Édouard Bourdet The Captive, che, affrontando il tema dell’omosessualità femminile, è finito nel mirino dei gruppi religiosi di New York. Eva però si rende conto che sarebbe sbagliato e resiste.
Finalmente LeG conosce, nella compagnia che mette in scena Camille allo Shubert Theatre, Marion Evensen: vivranno insieme, con i loro tanti cani, fino alla morte di Marion nel 1971. Eva non cerca più di nascondersi. Come dice all’amica scrittrice May Sarton, anche lei lesbica: “Le persone odiano ciò che non capiscono e cercano di distruggerlo. Cerca solo di mantenerti lucida e non permettere a quella forza distruttiva di rovinare qualcosa che per te è semplice, naturale e bello”.
LeG, pur apparendo meno sul palcoscenico, rimane un punto di riferimento per le nuove leve del teatro americano. Il grande pubblico nel 1955, grazie alla televisione, scopre la sua storica edizione di Alice nel Paese delle Meraviglie: Eva torna a vestire i panni della Regina Bianca, con Elsa Lanchester come Regina Rossa e un cast di grandi caratteristi. Memorabile è la sua Elisabetta nella Maria Stuarda di Schiller nel 1957 in una produzione del Phoenix Theatre. Questo teatro è stato aperto solo quattro anni prima: nell’idea dei produttori, questa sala, lontana da Times Square, deve ospitare una compagnia permanente e produrre quattro o cinque spettacoli a stagione, mantenendo i prezzi dei biglietti molto più bassi che a Broadway. Eva non può far mancare il suo sostegno a questo progetto off-Broadway. Nel 1964 è Irina Arkadina ne Il gabbiano, in un’edizione di cui cura sia la traduzione che la regia.
In quell’anno il mondo del teatro le rende omaggio assegnandole lo Special Tony Award per celebrare i suoi cinquant’anni di carriera e soprattutto il suo impegno per aver creato il teatro di repertorio negli Stati Uniti.
Nel 1968 va in scena Il giardino dei ciliegi, in un’edizione di cui LeG cura la traduzione e la regia, con un cast in cui ci sono Patricia Conolly, Richard Easton, Uta Hagen, Nancy Walker. Il 30 dicembre 1975 debutta una storica edizione di The Royal Family di George S. Kaufman e Edna Ferber: Eva è Fanny Cavendish, accanto alla giovane Rosemary Harris nel ruolo di Julie. L’anno dopo questo spettacolo viene ripreso dalla televisione nell’ambito della fortunata serie Great Performances trasmessa dalla PBS: Eva Le Gallienne ottiene l’Emmy per la sua interpretazione.
Nel 1980 arriva per Eva anche un ruolo al cinema: per la grande attrice, a ottant’anni si tratta praticamente di un debutto. In Resurrection ha il ruolo di Pearl, la nonna di Edna, interpretata da Ellen Burstyn. Entrambe le attrici ricevono una nomination all’Oscar.
Nel 1982 quando Sabra Jones decide di fondare la propria compagnia di repertorio, The Mirror Theatre Ltd, chiede aiuto a Ellis Rabb, il direttore artistico della Phoenix Repertory Company, a John Houseman, storico produttore del Mercury, e ad Eva Le Gallienne. Ed è proprio l’ottantenne Eva a rispondere in maniera entusiasta: accetta di aprire la stagione della nuova compagnia riproponendo il suo storico Alice nel Paese delle Meraviglie. E come cinquant’anni prima LeG cura la regia e interpreta, ancora una volta, la Regina Bianca. L’anno dopo anche questo spettacolo viene riproposto in televisione in Great Performances. Del cast dello spettacolo teatrale rimane solo la giovane Kate Burton nel ruolo di Alice. E, accanto a lei - per un’evidente ricerca di audience - suo padre Richard nel ruolo del Cavaliere Bianco. Eva non partecipa a questa edizione: è Maureen Stapleton a interpretare la Regina Bianca.
L’ultima apparizione di Eva è nel 1984 in un episodio della serie televisiva St. Elsewhere, - un classico del genere ospedaliero, in Italia conosciuta come A cuore aperto o S. Eligio giorno e notte: uno dei protagonisti è il suo amico Norman Lloyd, che ha cominciato a lavorare proprio al Civic Repertory. Eva è la più anziana delle tre pazienti che condividono la camera dell’ospedale, con lei ci sono Brenda Vaccaro e Blythe Danner.
Eva muore, all’età di novantadue anni, il 3 giugno 1991, nella sua fattoria di Weston nel Connecticut, che da molti anni è il luogo dove vive insieme ai suoi cani.
Per tutta la sua vita LeG non concepisce come sia possibile fermarsi, smettere di amare, lottare, recitare.
Che importanza ha il successo o il fallimento, se sei riuscita a fare quello che ti eri prefissata? Fare è tutto ciò che conta davvero.
Nessun commento:
Posta un commento