lunedì 26 luglio 2021

Considerazioni libere (428): a proposito di una sconfitta...

Riconosco di essere stato fortunato, ma devo dire una cosa che credo di aver già scritto e detto diverse volte: io ho conosciuto un mondo diverso. Eppure non sono così vecchio - anche se ho il vezzo di dire di essere un figlio del secolo scorso. Io ho conosciuto un mondo che di fronte a un'emergenza come quella che stiamo vivendo avrebbe reagito in una maniera completamente diversa. E soprattutto che di fronte alla riconosciuta necessità di avviare una campagna vaccinale di massa avrebbe dedicato ogni energia affinché questo risultato fosse raggiunto nel minor tempo possibile. Io ho conosciuto un mondo in cui i partiti, le associazioni, le parrocchie, i sindacati - insomma i corpi intermedi, come dicevamo una volta - si sarebbero mobilitati, anche in uno spirito di competizione, per fare in modo che tutti potessero vaccinarsi. Ho conosciuto un mondo in cui non sarebbe stato necessario il green pass, che non è un mezzo di schedatura nazista, come tanti cretini dicono, ma è certamente il segno di una sconfitta, perché l'unico modo che questo paese ha per costringere la persone a vaccinarsi è il ricatto: se non ti vaccini non vai allo stadio, se non ti vaccini non vai in vacanza, se non ti vaccini non vai in pizzeria. 
Ne avevo un sospetto, per quel poco che mi lascio raccontare da Zaira, ma dal momento che non ho praticamente nessuna vita sociale né leggo i giornali o vedo la televisione, né guardo le bacheche dei miei "amici" su Facebook, non mi ero reso conto fino in fondo del grado di abbruttimento sociale e civile che c'è attorno a questo tema. Che è tanto più sorprendente perché è una cosa che ci dovrebbe unire: perché uno non si vaccina per se stesso, ma lo fa inevitabilmente per gli altri, soprattutto per quelli che, per motivi di salute non possono farlo. L'immunità di gregge è proprio questo: vaccinarsi in moltissimi affinché chi non può farlo goda della stessa protezione che abbiamo noi che invece possiamo vaccinarci. Ed è il modo in cui abbiamo debellato tante malattie e l'unico modo in cui per ora possiamo combattere questa nuova, e le future che verranno. O che sono già arrivate. Quando ho scritto sui social, invece delle solite mie storie sui film in bianco e nero e sui musical di Broadway, che la vera libertà non è quella di non vaccinarsi, ma appunto quella di aiutare gli altri facendolo, si è scatenato un putiferio. Ho scritto che parlare di "dittatura sanitaria" è una castroneria, e l'ho voluto scrivere non a caso il 25 luglio, perché quella era una vera dittatura. Ammetto di essere stato anch'io cattivo, perché pensavo di parlare contro miei nemici storici, fascisti e compagnia cantante, con cui sapete che non ho pazienza né voglia di parlare, invece ho scoperto che c'è non solo una differenza politica, ma antropologica. E che la distinzione non è per forza di cose ideologica. Anzi. Ormai è così radicata la sfiducia verso tutti, è così entrato nelle viscere un individualismo violento, che non si è disposti a ascoltare una elementare regola di buon senso. 
Questo l'ho certamente già scritto, ma lo ripeto. Una cinquantina d'anni fa - ma sembra che sia passato molto più tempo - i miei genitori non si sono posti il tema se vaccinarmi o meno. Per quelli della loro generazione il vaccino non era solo un obbligo sanitario, ma in qualche modo una conquista sociale, il segno che il mondo stava cambiando, in meglio. La possibilità che tutti i bambini venissero vaccinati rappresentava una conquista, perché questo avrebbe significato debellare una serie di malattie, per cui molti, troppi, bambini loro coetanei erano morti. C'era probabilmente un'ingenuità eccessiva in questo affidarsi alla magnifiche sorti e progressive della scienza, così come era a volte mal riposta la fiducia che avevano comunque per il medico, che era uno che aveva studiato e quindi aveva più ragione di loro, che invece non avevano studiato. E infatti uno dei loro principali obiettivi era che noi studiassimo, che diventassimo anche noi dottori. E giustamente noi adesso siamo più attenti e critici, ma la possibilità che tutti i bambini - e gli adulti come in questo caso - siano vaccinati è ancora una conquista sociale e di progresso. 
Sconfiggere le malattie, così come il curare tutte le persone allo stesso modo, è un obiettivo socialista, se questa parola avesse ancora un senso. Ma mi sono accorto che ormai non l'ha più. E allora se il mondo in cui viviamo è questo, anch'io mi vaccino solo per proteggere me e mia moglie. Ma questa è una sconfitta.

domenica 11 luglio 2021

Verba volant (800): balletto...

Balletto, sost. m.

Nello studio della sua casa al 1260 di Wetherly Drive, in quel mattino di maggio, Igor Stravinsky legge per la seconda volta la lettera che gli è arrivata il giorno prima da New York: conosce molto meglio il francese rispetto all'inglese e vuole capire bene i termini di quella inusuale proposta di lavoro. L'ha scritta un tale che si firma Billy Rose e che il compositore russo non ha mai sentito nominare. Produce spettacoli a Broadway, ma Stravinsky non conosce nessuno dei titoli citati nella lunga missiva. Dice che nel suo prossimo musical vuole inserire una suite di balletto e chiede a lui di scriverne la musica. Non c'è un argomento, non c'è una storia, il Maestro sarà assolutamente libero: il signor Rose gli dice che può scrivere qualunque cosa voglia. Chiede solo che sia "musica classica". Scrive che nello spettacolo ci sarà sia la musica moderna che quella classica: e che ha già scritturato Cole Porter per la prima, adesso gli serve il meglio anche per la seconda. 
Stravinsky appoggia la lettera: è la prima volta che un produttore di Broadway gli fa una simile proposta. Naturalmente conosce le canzoni di Porter, le ascolta alla radio e gli piacciono molto. Ma fino a qual momento i suoi rapporti con quello che in America chiamano show business non sono andati molto bene. Certo la società di Disney gli ha dato cinquemila dollari per usare Le Sacre per Fantasia, facendogli capire che l'avrebbero usata comunque, perché negli Stati Uniti non vale il diritto di autore di un altro paese. Stravinsky pensa che il signor Disney sia a suo modo una persona affascinante, e forse quel film a tratti anche piacevole, ma che l'esecuzione del suo brano sia esecrabile. Anche il signor Welles è stato molto gentile con lui, quando gli ha chiesto di scrivere le musiche per Jane Eyre, ma con i produttori della 20th Century Fox non c'è stato modo di mettersi d'accordo. E anche per il film su Bernadette, dopo i primi incontri, non c'è stato nulla da fare: gli è rimasto solo l'abbozzo della musica per l'apparizione della Vergine.
E adesso c'è questo produttore di Broadway, questo Billy Rose, che ha già fatto uno spettacolo usando le musiche di Bizet, e che vuole un balletto scritto da lui. E il compenso è davvero ottimo. Stravinsky manda un telegramma al signor Rose: accetta quel lavoro. 

William Samuel Rosenberg è basso di statura, ed è dannatamente veloce. Nella sua scuola del Bronx nessuno corre come lui sulle cinquanta iarde, ma non ha certo il fisico per giocare a football. Però è anche il più veloce della sua classe di stenografia. Il suo professore è John Robert Gregg, l'inventore di un fortunato sistema per la notazione stenografica, uno dei più usati al mondo. In un concorso, usando proprio il Gregg System, riesce a scrivere sotto dettatura centocinquanta parole al minuto, usando entrambe le mani e andando avanti e indietro. E così a meno di vent'anni, questo ragazzo nato nel 1899, diventa uno dei più abili impiegati stenografici di Bernard Baruch, il "Lupo solitario" di Wall Street, ricco e temuto broker, diventato consigliere economico del presidente Wilson e capo del War Industries Board, l'organismo che deve gestire l'economia di guerra degli Stati Uniti, perché nessuno come Baruch è esperto di materie prime. William è un impiegato zelante e in breve diventa il responsabile di tutto il personale amministrativo dell'ufficio, ma ha un sogno che non si adatta alla routine di un travet: vuole sfondare a Broadway.
Durante la seconda metà dei Roaring Twenties scrive i testi di alcune canzoni di successo, ma lui vuole fare il produttore, vuole diventare come Ziegfeld. Si licenzia e diventa Billy Rose: meglio troncare quel cognome così smaccatamente ebreo. Non sarà come Ziegfeld, ma quel ragazzo dimostra subito un certo fiuto. Nel 1934 apre il suo primo locale a Broadway, la Billy Rose's Music Hall, e ingaggia una big band appena formata da un giovane clarinettista di Chicago, un tal Benny Goodman: è la prima in cui suonano insieme musicisti bianchi e neri. 
Il 16 novembre dell'anno dopo debutta all'Hippodrome il suo primo musical, Jumbo, scritto da Ben Hecht e Charles MacArthur con le canzoni di Richard Rodgers e Lorenz Hart. Il protagonista dello spettacolo è Jimmy Durante, mentre Paul Whitman, il "re del jazz", dirige l'orchestra. Solo all'Hippodrome si può fare uno spettacolo del genere, ambientato in un circo: e infatti sul palcoscenico viene montato un vero chapiteau e ci sono gli elefanti, i trapezisti, i leoni, i clown, i cavalli. Un vero e proprio circo, con Jimmy Durante che canta e che ogni sera fa un numero in cui l'elefante gli appoggia la zampa sulla testa. E Billy si gode lo spettacolo. Per sé riserva una poltrona in platea e anche il posto davanti: non vuole che qualcuno di quelli "alti" gli impedisca di vedere il suo varietà.
Ormai Billy è l'uomo dei grandi spettacoli, fatti per sorprendere il pubblico. Nel 1936, per festeggiare il centenario della nascita del Texas, organizza a Forth Worth uno spettacolo intitolato The Show of Shows al teatro Casa Mañana, che ha il palcoscenico girevole più grande del mondo. La star è la ballerina di burlesque Sally Rand. Nel '37 per l'Esposizione dei Grandi Laghi a Cleveland inventa il Billy Rose's Aquacade, in cui da un anfiteatro di undicimila posti a sedere si assiste a uno spettacolo che si svolge in un'enorme piscina e su un palco di sessanta metri che il pubblico vede attraverso una cortina d'acqua alta dodici, come una specie di enorme acquario. I protagonisti dello show sono Johnny Weismuller, il campione olimpico di nuoto a Parigi e Amsterdam e il Tarzan dei fortunati film della Metro, e la bellissima Eleonor Holm, anche lei campionessa olimpica di nuoto a Los Angeles e compagna di Tarzan nella versione decisamente meno popolare della 20th Century Fox, quella con Glenn Morris, medaglia d'oro nel decathlon a Berlino.
Il mondo di Broadway osserva con una certa aria di sufficienza questi successi in provincia di Billy Rose, che, proprio come Ziegfeld, vuole sempre che il suo nome sia nei titoli dei suoi spettacoli. A New York è più famoso per essere il marito di Fanny Brice. Fanny è, insieme a Lillian Lorraine, una delle indiscusse regine delle Ziegfeld Follies: partecipa alle riviste dal 1910 al '23. Fanny non è bella come Lillian, non ha il naso e la bocca di una Gibson Girl, ma ha una grande voce e soprattutto è molto simpatica, sa prendere in giro quel suo corpo lungo e con poche curve e quel naso troppo grosso: il pubblico la adora. Su Fanny negli anni Sessanta Jule Style e Bob Merrill scriveranno il musical Funny Girl con una strepitosa Barbra Streisand. Immagino ricorderete il film, ovviamente sempre con la Streisand, diretto nel '68 da William Wyler. Funny Girl racconta la prima parte della carriera di quella ragazza dall'aria buffa, con un impeccabile Walter Pidgeon nel ruolo di Florenz Ziegfeld. Meno riuscito è il sequel del 1975, diretto da Herbert Ross, intitolato Funny Lady, in cui si racconta la seconda parte della carriera della cantante, quella in cui la sua vita si intreccia con quella di Billy, interpretato dal decisamente troppo alto James Caan.
Billy continua comunque a fare i suoi spettacoli. Aquacade è una delle attrazioni della Fiera mondiale di New York del 1939, quella che ha come slogan: The World of Tomorrow. La Fiera viene inaugurata il 30 aprile: "domani" ci sarebbero state Danzica e Pearl Harbour. Il pubblico comunque fa la fila a Flushing Meadows per vedere le ballerine nuotatrici, tra cui la debuttante Esther Williams e Gertrude Ederle, del Queens, che è stata la prima donna a percorrere a nuoto il canale della Manica. 
Alla fine degli anni Trenta Billy gestisce un nuovo nightclub, il Billy Rose's Diamond Horseshoe, nel piano interrato del Paramount Hotel a Times Square. E continua a fare il vaudeville, anche se ormai i gusti del pubblico stanno cambiando, ma le ballerine di Billy sono sempre le più belle di tutta New York. E quelle con le gambe più lunghe. Ha bisogno di un coreografo e gli consigliano di scritturare un giovane ballerino di Pittsburgh. Billy ha qualche dubbio, quel ragazzo è troppo elegante, non gli sembra adatto a far ballare "tette e culi", ma poi capisce che si tratta di un grande talento: è così che Gene Kelly viene assunto al Diamond Horseshoe.
Nel 1943 Billy ha finalmente l'occasione per realizzare uno spettacolo diverso dalle riviste che ha allestito fino a quel momento. Il librettista Oscar Hammerstein II è affascinato dalla storia di Carmen e ha scritto un nuovo libretto, utilizzando le musiche composte da Georges Bizet. Carmen Jones, come si intitola l'opera, è ambientata durante la seconda guerra mondiale - Carmen lavora in una fabbrica di paracaduti - e dovrà essere interpretata da un cast composto solo da afroamericani. Hammerstein non trova un produttore e alla fine si rivolge, senza molte speranze, a Billy Rose. Si tratta evidentemente di una grande sfida, ma Billy capisce che è il suo momento, come è successo a Ziegfeld nel 1927 con Show Boat: è la sua occasione per entrare finalmente nella storia del teatro musicale. Billy ha ragione: Carmen Jones, con un cast tutto al debutto, è un successo. Finalmente i grandi giornali di New York parlano con rispetto del "piccolo" Billy, che nel frattempo ha divorziato da Fanny e si è sposato con Eleonor Holm. 
Però Billy ama la rivista e l'anno successivo vuole tornare a fare uno spettacolo che possa avere il suo nome. E poi adesso è lui che gestisce lo storico Ziegfeld Theater al 1341 della Sesta Avenue, il "tempio" delle Follies, che gli eredi di Ziegfeld, a causa della crisi del vaudeville e del burlesque, hanno trasformato in un cinema. Adesso è lui il "re della rivista". Billy ha un'idea: il suo prossimo spettacolo deve essere un omaggio alle sette arti. Ha già il titolo: The Billy Rose's Seven Lively Arts. Per il libretto chiama due tra i più prolifici e famosi autori di Broadway, George Kauffam e Ben Hecht. Le canzoni saranno di Cole Porter. Ma non basta. A Billy serve un brano di musica classica, una cosa come quelle che si ascoltano solo al Metropolitan: a Billy serve Stravinsky.

Stravinsky ha cinquantotto anni quando, alla fine di settembre del 1939, sbarca a New York per tenere un ciclo di conferenze ad Harvard. È il compositore che ha inventato la musica del nuovo secolo, il suo nome è conosciuto in tutto il mondo. Poi Hitler occupa Parigi e Stravinsky non può che rimanere in America, dove lo raggiunge anche Vera de Bosset. Dopo qualche mese la coppia si trasferisce in California, a Hollywood, perché Igor ha bisogno di caldo. E la sua casa diventa il centro di una rete di artisti e intellettuali. 
Ovviamente Billy conosce la musica di Stravinsky: anche lui è andato a vedere Fantasia. E se Stravinsky va bene per Disney, può andare bene anche per Billy Rose. E ha letto sui giornali quello che è successo al Maestro a Boston a metà di gennaio del '44. La polizia lo voleva addirittura arrestare perché avrebbe introdotto un accordo di settima dominante in un suo arrangiamento di Star-Splangled Banner. Poi si sono limitati a una multa e comunque si sono sbagliati, perché la legge vieta di usare l'inno come musica da ballo, non di cambiare l'arrangiamento. 
Comunque sia, Billy pensa che sia una fortuna che Stravinsky abbia accettato di scrivere un balletto per Seven Lively Arts.  

La composizione della suite procede veloce. Maurice Abravanel ha chiesto a Stravinsky di semplificare il più possibile la partitura: i musicisti che la suoneranno sono ottimi professionisti, ma sono abituati allo swing e non alla musica sinfonica. Il compositore russo è contento quando il signor Rose gli scrive che sarà proprio Maurice a dirigere l'orchestra durante il balletto. Lo ha conosciuto a Losanna, prima della Grande guerra, quando era poco più di un bambino, a casa degli Ansermet. Anche lui è in America dal '36: ormai loro possono vivere solo lì. 
Stravinsky conosce bene anche Alicia Markova e Anton Dolin, i ballerini inglesi ingaggiati dal signor Rose per eseguire il balletto. E Anton curerà anche la coreografia. Li ha incontrati entrambi a Parigi alla "corte" di Diaghilev, lei si chiamava ancora Lilian Alicia Marks. Sono tra i ballerini più famosi del mondo e adesso, emigrati anche loro in America, hanno ricreato lì la compagnia dei Ballets Russes. 

Billy Rose vuole davvero il meglio per il suo spettacolo. Certo adesso, a dieci anni da quel primo contratto alla Billy Rose's Music Hall, è molto più costoso ingaggiare la big band di Benny Goodman. Il 16 gennaio 1938 si è esibito alla Carnegie Hall, in un concerto che ha fatto la storia: la prima volta in cui lo swing entra in una delle grandi sale della musica classica. Nonostante tutto, Billy vuole tornare a lavorare con Goodman e sarà proprio il grande clarinettista a suonare le canzoni scritte da Cole Porter.
I protagonisti saranno Bert Lahr e Beatrice Lillie. Bert è un buon cantante, è un attore estremamente capace, ma soprattutto è un comico: una presenza costante nel vaudeville e nel teatro di varietà americano per almeno tre decenni. Anche se per il pubblico del 1944 - così come per noi - Bert Lahr è il Leone codardo della versione cinematografica del Mago di Oz, il film del 1939 diretto da Victor Fleming. E Lahr nel film è l'unico dei tre compagni d'avventura di Dorothy a cantare due canzoni da solista. E pensare che Bert non è stato la prima scelta della Metro: il produttore Mervyn LeRoy vorrebbe usare Leo, ossia il leone della Metro, quello che ruggisce prima di ogni loro film, doppiato da un attore per i dialoghi. Leo però non si dimostra particolarmente disposto ad accettare lunghe sedute di addestramento né gli altri attori sono contenti di recitare accanto a un vero leone. E così viene scelto Bert, anche se spesso la sua presenza costringe a girare più volte le scene perché i suoi colleghi, e specialmente Judy Garland, non resistono alla sua simpatia e scoppiano a ridere durante le riprese.
In The Show Is On, una divertente rivista che ha debuttato il 25 dicembre 1936 al Winter Garden Theater, con la regia di Vincente Minnelli, Bert Lahr ha già recitato a fianco di Beatrice Lillie: la coppia funziona. Beatrice è nata a Toronto e comincia la sua carriera, ancora bambina, nel West End. Partecipa, come la sua amica Gertrude Lawrence, alle riviste prodotte da André Charlot, che porta quelle due ragazze anche a Broadway. Beatrice è la protagonista di spettacoli teatrali a Londra, specialmente le commedie di Noel Coward, e di riviste a Broadway, anche se non è la classica bellezza alla Ziegfeld. Allo scoppio della seconda guerra mondiale è attivissima nell'organizzare spettacoli per le truppe, si esibisce di continuo, girando da una base all'altra, ovunque si combatta. Nel 1942 riceve la notizia che il figlio, ufficiale della marina britannica, è stato ucciso in azione a Ceylon: lei sta per cominciare uno dei suoi spettacoli per le truppe, le chiedono se vuole rinunciare. "Piangerò domani" risponde e regala canzoni e battute di spirito a quei ragazzi, come ha sempre fatto.
Poi naturalmente Billy ha bisogno di ballerine, le più belle in circolazione, perché nei suoi spettacoli non possono mai mancare. E sono splendide anche le tre cantanti principali, quelle a cui sono affidate le canzoni di Porter. Nam Wynn, oltre a essere spesso in radio e sui palcoscenici del vaudeville, negli anni Quaranta è la "voce" di Rita Hayworth, nei numeri in cui l'attrice deve cantare. Dolores Gray è una delle giovani che Billy Rose ha fatto debuttare, intuendone il talento: la sua lunga carriera tra Broadway e il West End culminerà con un Tony per Carnival in Flanders nel 1954. Anche per Mary LaRoche questo è uno dei primi ruoli importanti, anche se la sua carriera si svolgerà per lo più tra il cinema e la televisione: appare in ben cinque episodi delle serie storiche di Perry Mason, interpretando sempre ruoli diversi - e per due volte è l'assassina. Cole Porter non è particolarmente in vena quando scrive le canzoni per lo spettacolo di Billy. Solo una è memorabile e diventa uno standard, Ev'ry Time We Say Goodbye, ed è Nam che la canta, in un'interpretazione di cui purtroppo non ci rimane traccia.

Siamo ormai a metà agosto. Il signor Rose chiede a Stravinsky come sta procedendo il lavoro. Per debuttare a Broadway all'inizio di dicembre, come lui ha previsto, occorre fare le anteprime a novembre e preparare le coreografie e fare le prove. Il tempo ormai comincia a essere sempre meno. Stravinsky lavora alacremente, anche se non è del tutto soddisfatto di quello che ha scritto fino a quel momento. Il Maestro in quei giorni di agosto ascolta quello che sta succedendo in Francia. Il 15 comincia l'insurrezione dei lavoratori di Parigi, gli scioperi si susseguono giorno dopo giorno, il 19 i partigiani combattono contro i tedeschi all'interno della città, mentre le truppe americane avanzano sempre più velocemente da nord. I soldati tedeschi cominciano la ritirata. Il 23 agosto Stravinsky esultante conclude la nona parte della suite, intitolata Apoteosi. Sulla partitura scrive: Paris n'est plus aux allemands

Billy vuole proprio stupire il suo pubblico. In occasione della Fiera di New York ha conosciuto questo bizzarro pittore spagnolo, un surrealista, uno che in Francia ha lavorato anche per il cinema, e gli chiede di dipingere sette grandi tele che saranno esposte nel foyer. Salvador Dalì dipinge i sette quadri in una stanza dello Ziegfeld Theatre, dove sono poi rimasti esposti per dieci anni.

Il 24 novembre 1944, al Forest Theater di Philadelphia va in scena l'anteprima di Billy Rose's Seven Lively Arts. Il signor Rose invia al compositore un telegramma: your music great success stop could be sensational success if you would authorise robert russell bennett retouch orchestration stop bennett orchestrates even the works of cole porter. Stravinsky risponde immediatamente: satisfied with great success.

Il 7 dicembre lo spettacolo debutta finalmente a Broadway. 

Billy Rose aspetta con ansia l'edizione del New York Times. Il critico Lewis Nichols loda Bert Lahr e soprattutto Beatrice Lillie, finalmente tornata a Broadway. Appena è entrata in scena il pubblico ha cominciato ad applaudire in maniera entusiasta, non lasciandole neppure il tempo di pronunciare la sua prima battuta. Nichols dice che Benny Goodman è bravo come sempre, le ballerine sono molto belle e le cantanti seducenti, ma il suo giudizio sullo spettacolo è tranciante: "grande e sconclusionato". E aggiunge che Billy Rose ha ammucchiato tutto, manca solo il lavello della sua cucina, evidentemente perché non sa ballare e non ha belle gambe, altrimenti sarebbe stato nel cast.

Forse questa critica è ingenerosa con il povero Billy: dopo tutto il pubblico ha apprezzato Seven Lively Arts, rimasto in cartellone fino al 12 maggio del '45, per centottantatre repliche. Il problema è che il teatro musicale è ormai completamente cambiato: le riviste non funzionano più, il pubblico va a teatro a vedere una storia, in cui personaggi cantano e ballano, ma in cui deve esserci una storia. Nello stesso anno debuttano Mexican Hayride, con il libretto di Herbert e Dorothy Fields e la canzoni di Cole Porter, On the Town di Leonard Bernstein con il libretto di Betty Comden e Adolph Green, Sadie Thompson di Vernon Duke e Howard Dietz, basato su un racconto di William Somerset Maugham, Bloomer Girl con le musiche di Harold Arlen e i testi di Edgard "Yip" Harburg. Billy Rose è ormai un relitto del passato.

Anche Stravinsky a Hollywood aspetta l'edizione del più importante e influente giornale di New York. Il signor Rose gli ha scritto soltanto che c'è stato il tutto esaurito. Il compositore scorre veloce l'articolo, verso la fine legge questa frase: "Markova e Dolin hanno anche un paio di numeri, uno sulla musica di Stravinsky, che probabilmente non è il migliore che abbiano mai fatto". Nient'altro.

Billy non si arrende. Continua a produrre delle riviste. Nel 1959 divorzia dalla sua terza moglie - intanto ha divorziato anche da Eleonor - e finalmente apre il Billy Rose Theater, al 208 West della 41esima. Alla fine degli Sessanta è nel consiglio di amministrazione dell'American Society of Composers, Authors and Publisher. Nonostante il suo impegno, non può far nulla per impedire che in radio passi quella "spazzatura": a Billy proprio non piace il rock'n'roll.
Nel '46 pubblica la sua autobiografia, Wine, Women and Words, con la copertina disegnata dal suo amico Dalì. E il 2 giugno 1947 è sulla copertina di Time: intorno al suo ritratto ci sono, come una sorta di aureola, le gambe delle sue ballerine.

Stravinsky andrà sulla copertina di Time un anno dopo, il 26 luglio 1948. Lui e Vera, alla fine del 1945, sono diventati cittadini degli Stati Uniti. Il loro sponsor è l'attore Edward G. Robinson. Il 24 gennaio 1946 Stravinsky debutta alla Carnegie Hall, dirigendo la prima della sua Sinfonia in tre movimenti, in cui ha utilizzato anche quell'abbozzo sull'apparizione di Maria.
Probabilmente ciascuno di noi se deve associare Stravinsky a una città, pensa immediatamente a Parigi, anche perché ricordiamo le statue colorate della fontana a lui dedicata nella piazza di fronte al Beaubourg; invece è Los Angeles la città in cui è vissuto più a lungo e curiosamente non c'è una via o un monumento che lo ricordi. Bisogna andare al 6340 dell'Hollywood Boulevard e fermarsi sulla stella che il 2 agosto 1960 gli è stata dedicata nella categoria "Radio".

Scènes de ballet non è uno dei capolavori di Stravinsky, ma merita di essere ascoltato. Anni dopo dirà di questo suo lavoro: "È un pezzo d'epoca, un ritratto di Broadway negli ultimi anni della guerra. È leggerino e zuccheroso - allora potevo ancora mangiare dei dolci - ma non ne parlerò male, perfino della seconda pantomima, e comunque è tutto ben fatto".