venerdì 30 giugno 2023

Verba volant (839): quoziente...

Quoziente
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I Brind sono una famiglia della colta borghesia ebraica di Vienna: Nah è un insegnante di lingue e Anna una psicologa. Il 24 marzo 1928 nasce Smylla. Nel 1937 partono per Parigi: hanno provato a resistere al regime di Dollfuss, ma è chiaro che tra poco l’Austria sarà annessa al Reich e per loro sarà impossibile continuare a vivere lì. Ma anche la capitale francese diventa troppo pericolosa per loro e, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, scappano negli Stati Uniti. Smylla frequenta le scuole a Manhattan e si dimostra, anche grazie alla perfetta padronanza della nuova lingua, una studentessa brillante. Oltre al tedesco e all’inglese, parla correntemente il francese e l’italiano. Ama recitare e a dodici anni, quando viene a sapere che a Broadway stanno cercando una bambina della sua età con l’accento tedesco, decide, senza dire nulla ai suoi genitori, di presentarsi all’audizione. È il nuovo dramma di Lillian Hellman, intitolato Watch on the Rhine.
Lillian ha già avuto successo a teatro con La calunnia e Le piccole volpi: sono testi che hanno dato scandalo, perché l’autrice non ha paura né di affrontare temi scabrosi come l’omosessualità femminile né di denunciare l’ipocrita perbenismo della società americana. Compagna di Dashiell Hammett, comunista, attiva sostenitrice delle campagne per aiutare la Repubblica in Spagna, entra in contrasto con le posizioni pacifiste della sinistra radicale degli Stati Uniti che, in nome dell’internazionalismo, non vuole partecipare a una “guerra borghese”: infatti Lillian si schiera decisamente per l’intervento militare del suo paese contro i regimi fascisti europei. Scrive sia per Broadway che per Hollywood, anche se il Codice Hays le impone di attenuare molto la portata polemica dei propri testi quando li adatta per il grande schermo.
L’autrice trova che Smylla sia perfetta e la bambina viene ingaggiata per il ruolo di Babette, ma i Brind, che adesso devono essere informati della decisione della figlia, preferiscono che la ragazzina non perda troppi giorni di scuola. Così la parte va alla sua coetanea Ann Blyth - che, grazie anche alla sua bravura come cantante, andrà a Hollywood, anche se non avrà il successo che avrebbe meritato. Smylla viene comunque scritturata come sostituta di Ann e nelle ultime repliche dello spettacolo riesce a debuttare a Broadway e a partecipare a una tournée estiva.
Dopo che la sua famiglia si trasferisce a Chicago, grazie al suo altissimo quoziente di intelligenza - Smylla ottiene un incredibile punteggio di 165 - viene chiamata come ospite del popolare programma radiofonico Quiz Kids, dove in ogni puntata un gruppo di cinque bambini risponde alle domande degli ascoltatori e del pubblico dello studio. Smylla, oltre che essere bravissima sulle domande di letteratura, è simpatica e molto spigliata davanti al microfono, tanto da diventare un’ospite fissa del programma.
I produttori della RKO, sempre a caccia di talenti, si accorgono di quella giovane e a sedici anni la mettono sotto contratto. Lo studio la fa debuttare, con il nome Tessa Brind, nel 1944 in Youth Runs Wild, un film scritto da John Fante, sul problema della delinquenza giovanile cresciuta durante la guerra. Poi lo studio le cambia nome e Vanessa Brown, tra il 1946 e il 1949 appare in sette film: con quel viso e quei grandi occhi scuri è perfetta per i ruoli da “ingenua”. Mentre lavora per la RKO, Smylla si iscrive all’Università della California e si laurea in letteratura inglese nel 1949. È anche la critica cinematografica del giornale del campus, il Daily Bruin.
I film in cui appare non sono memorabili, ma offrono a Vanessa l’occasione di lavorare con registi importanti come Joseph. L. Mankiewicz, Walter Lang, William Wyler. In Il fantasma e la signora Muir - forse il migliore tra i film di Vanessa - recita con Rex Harrison e la bellissima Gene Tierney: è Anna da adulta, mentre Natalie Wood è Anna bambina. La protagonista di Come nacque il nostro amore è Betty Grable, Maureen O’Hara è La superba creola, ancora con Rex Harrison, mentre Olivia de Havilland e Montgomery Clift sono le giovani star di L’ereditiera. Quella brillante studentessa si trova fianco a fianco ogni giorno nella mensa degli studi del 780 di Gower Avenue con chi realizza i film di cui scrive le recensioni. È una posizione privilegiata per capire come funziona davvero Hollywood.
Vanessa sembra una promessa dello studio, non ha il fisico di una pin up, ma ha un viso dolce e un bellissimo sorriso. Nel 1950 viene scelta per il ruolo di Jane in Tarzan e le schiave, il secondo in cui l’eroe di Edgar Rice Borroughs viene interpretato da Lex Barker, che qualche anno dopo girerà alcuni film anche in Italia: ne La dolce vita è Robert, il marito di Anita Ekberg. Vanessa è l’ottava attrice a interpretare Jane, dopo Maureen O’Sullivan e Brenda Joyce, che hanno portato questo personaggio sul grande schermo rispettivamente sei e cinque volte. La splendida attrice irlandese è la sola che ha avuto l’opportunità di essere Jane nella Pre-Code Hollywood e per questo è rimasta nell’immaginario di una generazione di giovani spettatori, anche grazie al fatto che quella Jane può nuotare nuda insieme a Tarzan. Vanessa ovviamente non può indossare il succinto perizoma di Maureen, le sue forme aggraziate devono solo intuirsi sotto il costume. Sa che si tratta dell’ennesimo b-movie su Tarzan, di un prodotto di consumo, in cui lei deve soltanto sorridere e far vedere le gambe. Vanessa, qualche anno dopo, dirà che la cosa difficile non è stata arrampicarsi sugli alberi, ma capire come doveva interpretare quel personaggio. E in generale che si sentiva “contorta” nel dover gestire insieme la sua bellezza con quell’ingombrante QI. Comunque Vanessa spera ancora - è lecito a quell’età - che Hollywood le possa riservare qualcosa di più. Non sarà così. Il ruolo di Jane passa ad altre giovani promesse, Virginia Huston, Dorothy Hart, Joyce Mackenzie; e per nessuna di loro sarà il trampolino per una felice carriera.
Agli inizi degli anni Cinquanta Vanessa recita in alcuni altri film non memorabili. Nel 1952 ottiene una piccola parte in Il bruto e la bestia, un film diretto da Vincente Minnelli con Lana Turner e Kirk Douglas, che viene presentato al Festival di Venezia. A ventiquattro anni la sua carriera cinematografica è praticamente terminata.

Smylla sa che nella vita c’è altro oltre al cinema. Si sposa. La prima volta, dal 1950 al ’57, con Robert Alan Franklyn, un chirurgo plastico, e poi, dal 1959 all’89, con il regista televisivo Mark Sandrich Jr. - suo padre è stato uno specialista dei film musicali: negli anni Trenta ha diretto tutti i grandi successi della coppia Fred Astaire e Ginger Rogers. Smylla e Mark hanno due figli: David Michael e Cathy Lisa.
Decide di impegnarsi in politica. È iscritta al Partito Democratico e sostiene con passione la candidatura di Adlai Stevenson alla presidenza sia nel 1952 che nel 1956 - quell’anno è anche delegata alla convention di Chicago - ma in entrambe le occasioni l’ex governatore dell’Illinois viene sconfitto da Eisenhower. Stevenson è un grande oratore, un uomo capace di infiammare il pubblico durante i comizi, ma, per dirla con Nenni, “piazze piene, urne vuote”. Stevenson è un intellettuale e l’America negli anni Cinquanta, nel pieno della Guerra fredda, preferisce affidarsi a un generale. Il mondo del cinema è schierato con quell’avvocato dalle idee progressiste e per questo nel 1962 un gruppo di attivisti del partito - tra cui troviamo anche Smylla - crea un comitato per presentare la candidatura di Stevenson come governatore della California.
Non se ne fa nulla, e poi sta nascendo la stella di Ronald Reagan. Smylla sostiene anche Kennedy. L’interesse per la politica non la abbandona. È una corrispondente di The Voice of America, il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti, occupandosi prevalentemente di analisi politica, ma anche di scienza e di medicina. Agli inizi degli anni Settanta scrive un ponderoso saggio sulle politiche di Willard Wirtz, il Segretario al Lavoro delle amministrazioni Kennedy e Johnson. Per il suo ruolo Wirtz è stato uno dei membri del gabinetto Johnson che ha promosso e attuato le riforme della cosiddetta “Great Society”, il programma sociale più ambizioso dai tempi del New Deal, smantellato da Nixon prima e poi da Reagan, e mai più superato dalle blande politiche di riforma dei successivi presidenti del Partito Democratico. Sappiamo che i rapporti tra Wirtz e il Presidente si incrinarono a seguito di un memorandum, reso pubblico solo alcuni annui dopo, in cui il primo criticava l’impegno statunitense in Vietnam, che è stata la ragione del sostanziale fallimento di quella auspicata stagione di riforme. Smylla vive intensamente questo fermento politico e sociale e se ne sente parte. È in qualche modo un testo che si occupa di politica il dramma che in questi anni scrive con la speranza di poterlo portare a Broadway. Si intitola Europa e il toro. Troppo intellettuale e non se ne fa nulla.
Ha anche un buon successo come pittrice: si firma con il suo nome alla nascita Smylla.Vanessa torna ogni tanto anche a lavorare in televisione o come ospite fissa in quiz - I’ll Buy That e Pantomine Quiz, celebri programmi degli anni Cinquanta - o come guest star in telefilm, da Perry Mason a Dallas, fino a La signora in giallo - Vanessa è nell’undicesima puntata della quinta stagione. Al cinema è una delle avide figlie di una madre fin troppo generosa in Rosie! del 1967, con Rosalind Russell nella parte della protagonista, e nel 1976 la sorella dell’inquietante protagonista - Millie Perkins, Anna Frank nel classico degli anni Cinquanta - nell’horror The Witch Who Came from the Sea. Un personaggio secondario in un b-movie di scarsa qualità: questo è l’ultimo ruolo che Hollywood propone a Vanessa.

Ma c’è un’altra storia che dobbiamo assolutamente raccontare a proposito di Smylla Brind. Nel 1952, a ventiquattro anni, torna a recitare a Broadway e questa volta finalmente con un ruolo da protagonista.
George Axelrod è uno scrittore di trent’anni che fino a quel momento si è guadagnato da vivere scrivendo sceneggiature per commedie radiofoniche e televisive. Vive con la moglie e i due figli al 71 di Irving Place, nel quartiere di Gramercy a Manhattan. L’appartamento degli Axelrod è a piano terra, ma, come in tutti quei palazzi, c’è una scala esterna che lo collega ai piani superiori. Quell’estate la moglie e i due figli di George sono in vacanza. Sopra di loro vive un simpatico vecchietto, ma - pensa lo scrittore - cosa potrebbe succedere se in quell’appartamento vivesse una bella e disinibita ragazza, ad esempio come la sua amica Barbara Nichols, una bionda pin up che lavora da modella e sogna di sfondare a Broadway. Barbara negli anni Cinquanta farà una carriera da Marilyn minore. E da quello spunto e forse da una storia successa davvero - ma questo è un affare del signore e della signora Axelrod - George in poche settimane scrive una commedia. I produttori Elliott Nugent e Courtney Burr credono in quel testo - probabilmente più di quanto ci creda lo stesso autore - e il 20 novembre 1952 va in scena al Fulton, il grande teatro sulla 46esima Strada, che tre anni dopo sarebbe stato dedicato a Helen Hayes, la commedia intitolata The Seven Year Itch. Dimenticate Quando la moglie è in vacanza, come si intitola in Italia il film che nel 1955 la 20th Century Fox costruisce intorno all’erotica innocenza di Marilyn Monroe e che consacrerà Norma Jean tra le leggende di Hollywood. E su quel celeberrimo sbuffo d’aria da una grata della metropolitana di Lexington Avenue scriverò una delle mie prossime noterelle.
George Axelrod e Billy Wilder che scrivono la sceneggiatura sanno bene cosa permette il Codice Hays. E soprattutto cosa non permette. Mentre il film è una divertente commedia romantica, in cui il tradimento di Richard con la Ragazza è solo immaginato - e i due protagonisti si scambiano soltanto tre baci - l’opera che va in scena a Broadway è una commedia esplicitamente sul sesso, in cui il tradimento è consumato, praticamente in scena.
Il mattino dopo il debutto George è preoccupato. Le prove non sono andate bene, sono state necessarie diverse riscritture e il terzo atto non lo convince. Anche i produttori cominciano a preoccuparsi per le reazioni dei gruppi religiosi. Il pubblico della prima ha applaudito con calore, ma quanto potrà reggere? Quella mattina nevica, George non ha voluto comprare i giornali, ma ha bisogno di soldi e decide di andare a teatro per chiedere un anticipo di dieci dollari. Quando svolta sulla 46esima George vede una fila di persone che dal botteghino del Fulton arriva fino alla Settima Avenue. Adesso compra i giornali e tutti i critici, anche quelli più severi, lodano quella commedia. The Seven Year Itch chiuderà il 13 agosto 1955, dopo millecentoquarantuno repliche: il più grande successo di Broadway degli anni Cinquanta per un’opera non musicale. Il Tony andrà a Il crogiolo di Arthur Miller - che nel 1956 diventerà il marito di Marilyn - che però rimane in scena solo centonovantasette repliche.
The Seven Year Itch è quello che il pubblico degli anni Cinquanta vuole finalmente vedere a teatro: il sesso. Sono gli anni in cui escono i due cosiddetti Rapporti Kinsey. Hugh Hefner nel dicembre 1953 pubblica il primo numero di Playboy. Il perbenismo imposto dal Codice Hays non riesce più a trattenere quello che il pubblico vuole davvero vedere.
Per il ruolo di Richard Sherman, l’americano medio che non riesce a resistere alle tentazioni, viene scelto Tom Ewell. nato nel 1909 nel Kentucky, Tom scopre presto la passione per la recitazione. Debutta nel 1934 a Broadway e nel 1940 a Hollywood. Presta servizio in Marina durante la guerra. Congedato torna a recitare e inizia una carriera da brillante caratterista, sia al cinema che in teatro. Anche se lui preferisce di gran lunga il secondo. The Seven Year Itch è il suo primo - e più fortunato - ruolo da protagonista. Vince il Tony e vincerà anche il Golden Globe nel 1956 per lo stesso ruolo nell’adattamento cinematografico, che viene completamente ignorato dall’Academy. Tom continua a lavorare con successo a Hollywood, ma non rinuncia al teatro: nel 1956 è Vladimiro nella prima edizione negli Stati Uniti di Aspettando Godot. E poi arriva la televisione. Partecipa a decine di serie e vince un Emmy per il ruolo del vecchio poliziotto in pensione Billy Truman in Baretta. Il suo ultimo ruolo è nella tredicesima puntata della seconda serie di La signora in giallo.
Vanessa Brown è la Ragazza. È giovane, è bella, è perfetta per essere l’oggetto del desiderio di Richard. Ma anche in questo caso dimenticatevi Marilyn, perché la Ragazza della commedia non è la “magnifica preda” del film di Billy Wilder. La Ragazza è una donna indipendente che, a poco più di vent’anni, ha già fatto i conti con la sua sessualità. E appare molto più sveglia di Richard. A lei non interessa innamorarsi e per questo rifiuta gli appuntamenti con quei ragazzi che pensa si innamoreranno di lei. Richard gli sembra perfetto, perché è sposato e soprattutto perché sa che, dopo quell’avventura estiva di una notte o due, lui tornerà da sua moglie. La Ragazza cerca sesso senza vincoli e Richard lo può offrire: è un buon affare per entrambi. I moralisti, la stampa conservatrice, i gruppi religiosi ovviamente si scagliano contro la commedia, ma il pubblico che corre a teatro intuisce che quella storia racconta un mondo nuovo, in cui i rapporti tra i sessi dovrebbero essere molto più liberi. C’è a suo modo una speranza di cambiamento in quel messaggio di liberazione, un messaggio che la società americana – come la nostra – non sembra più in grado di ascoltare. E forse non è un caso che dopo quella fortunata stagione The Seven Year Itch non sia mai più stato ripreso a Broadway.
Non siamo pronti a un mondo in cui ci siano donne come la Ragazza. E non siamo pronti a donne come Vanessa.

mercoledì 14 giugno 2023

Verba volant (838): piede...

Piede
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Immagino che tutti i fedeli lettori delle mie noterelle abbiamo visto - e rivisto - A piedi nudi nel parco, perché questo film del 1967 è un classico, che le televisioni replicano spesso.
Probabilmente solo i maniaci conoscono il nome del regista, che pure è stato uno dei grandi artigiani di Broadway e Hollywood e per quasi trent’anni il marito di Bea Arthur. E forse non ricordate neppure il nome dell’autore della sceneggiatura, eppure è il più prolifico e famoso commediografo della seconda metà del Novecento, il drammaturgo che nella carriera ha collezionato più nomination agli Oscar e ai Tony di qualunque altro autore. Vi viene in mente cosa succede durante i centosei minuti del film? Forse no, ma non preoccupatevi: come scrive Variety “non ha praticamente una trama” o per dirla con l’Herald Tribune “non parla di niente”. Eppure, come dice Life, è “una delle commedie più divertenti di sempre”.
Ecco vi ricordate di esservi divertiti e sicuramente avete in mente i due protagonisti, perché in questo film Robert Redford e Jane Fonda sono bellissimi. E perfetti per quei ruoli. Robert ha trentun’anni, è elegante e ben pettinato, il perfetto bravo ragazzo americano. Solo due anni dopo sarà Sundance Kid e presto diventerà il volto, sdrucito e spettinato - ma sempre bellissimo - del cinema politico degli anni Settanta, soprattutto grazie ai film diretti da Sidney Pollack: in quel giovane impettito e conservatore è difficile riconoscere Condor. Jane ha un anno in meno del suo coprotagonista, ma è più nota di lui, è una starlette in ascesa. Anche se alla fine del film lei sembra accettare di rientrare nella “normalità”, di diventare la mogliettina che Paul desidera, sappiamo che Barbarella continuerà a lottare, nelle piazze, insieme ai giovani che vogliano che gli Stati Uniti si ritirino dal Vietnam, e al cinema in una stagione di impegno civile davvero memorabile di Hollywood: Pollack, ancora lui, la dirige nello splendido Non si uccidono così anche i cavalli?
Ma ovviamente non voglio parlarvi di Robert e Jane né di Neil Simon, voglio raccontarvi qualcosa che spero non sappiate. Ad esempio chi è stata la prima Corie.

Infatti la commedia Barefoot in the Park debutta a Broadway, al Biltmore Theatre, il 23 ottobre 1963. Nonostante le critiche non proprio favorevoli, per questa commedia di Neil Simon, fino ad allora conosciuto soprattutto come autore televisivo, grazie al passaparola, il pubblico si accalca, tanto che la direzione del teatro deve raddoppiare il personale al botteghino per smaltire le file. Chiuderà il 25 giugno 1967, dopo millecinquecentotrenta repliche – il decimo spettacolo non musicale più longevo nella storia di Broadway – un mese dopo il lancio del film diretto da Gene Saks e sceneggiato dallo stesso Simon.
Il regista dello spettacolo è Mike Nichols, a cui molti riconoscono il merito di aver creato il successo della commedia. Negli anni successivi Mike, un ebreo tedesco che ha cominciato a lavorare nei cabaret - in coppia con Elaine May - e negli spettacoli off-Broadway, diventerà uno dei più importanti registi teatrali del paese - dirige tutti i grandi successi di Simon - e andrà a Hollywood: tra il 1966 e il 1970 è il regista di Chi ha paura di Virginia Woolf? con Richard Burton e Elizabeth Taylor, Il laureato, per cui vincerà l’Oscar, e Comma 22. Anche Nichols è uno di quelli che negli anni Settanta prende posizione dalla parte giusta.
Per i ruoli dei due giovani protagonisti Nichols sceglie questo giovane attore arrivato dalla California, Robert Redford, che l’anno prima ha debuttato al cinema nel film Caccia di guerra - pellicola in cui ha esordito come attore anche Pollack - ambientato durante la guerra di Corea. Per Robert, che ha già lavorato in qualche produzione a Broadway, si tratta del primo ruolo da protagonista. È un successo, anche personale, ma il suo ultimo ruolo a teatro. Con quella faccia la sua carriera sarà a Hollywood.
Per il ruolo di Corie viene scritturata Elizabeth Ashley. Ha solo ventiquattro anni, ma ha già vinto un Tony come attrice non protagonista per Take Her, She’s Mine, per la parte di Mollie, la figlia di un apprensivo avvocato di Los Angeles - interpretato da Art Carney - che va a studiare a Parigi. Il padre, leggendo le lettere in cui la figlia gli racconta del suo impegno e dei suoi amici beat, la raggiunge, temendo il peggio. È una divertente commedia scritta da Henry e Phoebe Ephron, che raccontano la loro esperienza di genitori di una ragazza al college. Sì, quella ragazza è Nora. E nel 1963 la commedia diventa un film con James Stewart e Sandra Dee.
La giovane “ribelle” che mette la testa a posto sembra proprio il ruolo per Elizabeth, che ottiene una meritata nomination ai Tony per A piedi nudi nel parco. Nonostante il successo, Elizabeth decide di lasciare la sua carriera, decide, come Corie, di essere moglie e madre. Sul set di L’uomo che non sapeva amare conosce George Peppard, si sposano, hanno un figlio e lei lascia tutto. Per questo non è lei a interpretare Corie nel film, accanto a Robert. Torna a recitare dopo cinque anni, ma ormai per lei il treno è passato. A Hollywood compare in alcuni film, ma in parti secondarie. Per fortuna c’è la televisione dove lavora moltissimo, partecipa a decine di serie e Johnny Carson l’ha ospite nel suo show per ventiquattro volte.
Nel 1999 è un’importante guest star in Law & Order - SVU: interpreta la professoressa Serena Benson, la madre di Olivia. E naturalmente c’è Broadway. Nel 1974 è Maggie in una fortunata ripresa di La gatta sul tetto che scotta, ruolo per cui ottiene un’altra nomination ai Tony, è Cleopatra nella commedia di Shaw, accanto a Rex Harrison nel 1977. Nel 1982 ottiene un grande successo in Agnese di Dio, nel ruolo della dottoressa Livingstone, accanto a Geraldine Page che interpreta la sua antagonista, madre Miriam. Tre anni dopo verrà girato il film e il ruolo della dottoressa andrà, ancora una volta, a Jane Fonda, con Ann Bancroft in quello della suora. L’ultimo ruolo a Broadway è nel 2014, è la vecchia Olga, granduchessa nella Russia degli che vive facendo la cameriera in un ristorante Childs, nella ripresa di You Can’t Take It With You.

In A piedi nudi nel parco, oltre a quella dei due giovani sposi, c’è un’altra coppia di personaggi, decisamente più maturi, la posata Mrs Banks, la madre vedova di Corie, la tipica signora americana, e l’inquilino dell’attico, l’eccentrico e misterioso - o almeno così ama presentarsi - Victor Velasco. Anche loro, come Corie e Paul, sembrano una coppia mal assortita, ma questa volta è la compassata Mrs Banks che cede e si lascia andare alle stravaganze di quel nuovo compagno.
Per questi ruoli Nichols sceglie Mildred Natwick e Kurt Kasznar. E questi sono due grandi attori di cui dobbiamo raccontare qualcosa.
Kurt Servischer nasce da una famiglia ebrea a Vienna nel 1913. Il padre abbandona la moglie, che si risposa con un ristoratore ungherese. Kurt, che adesso si chiama Kasznar, lo considera suo padre. Fa il cameriere, ma quando incontra il regista Max Reinhardt capisce che vuole diventare un attore. Dopo le prime esperienze in patria, Reinhardt lo scrittura per la compagnia con cui va in tournée negli Stati Uniti. Nel 1936 Kurt lascia un paese che sta diventando sempre più ostile per quelli come lui. Debutta a Broadway, ma poi scoppia la guerra e Kurt si arruola nell’esercito americano. Viene assegnato al fronte del Pacifico. Ha esperienza come operatore e il comando gli assegna il compito di documentare le operazioni militari. Filma gli sbarchi americani in Nuova Guinea e nelle Filippine e la resa dell’Impero giapponese a bordo della USS Missouri. È anche uno dei primi a fotografare quello che il suo esercito ha fatto a Hiroshima e Nagasaki. Congedato, torna al teatro. È lo zio Louie in The Happy Time di Samuel A. Taylor, il regista di un’acclamata edizione di Sei personaggi in cerca d’autore e Pozzo nella prima versione americana di Aspettando Godot. Recita anche in alcuni film e lavora per la televisione - purtroppo il suo Nero Wolfe con William Shatner come Archie Goodwin viene cancellato - ma la sua passione è il teatro. In The Sound of Music è Max Detweiler, il produttore teatrale e migliore amico del capitano von Trapp: quando lo spettacolo festeggia le mille repliche, lui è l’unico componente del cast che può dire di non averne mai mancata una. Però il ruolo nel film tocca a Richard Haydn. Dopo A piedi nudi nel parco, è Tevye in alcune edizioni di Fiddler on the Roof e John Houseman lo vuole tra gli interpreti della sua edizione di Don Juan in Hell con Myrna Loy, Edward Mulhare e Ricardo Montalban: in sei mesi quello spettacolo tocca centocinquantotto città. Nel 1978, un anno prima di morire, interpreta con grande autorevolezza Mansky in The Play’s the King di Ferenc Molnàr: il suo ruolo è ormai quello del gentiluomo europeo. Non interpreta Victor nel film. La Paramount vuole un nome di maggior richiamo e Charles Boyer, con quella aria da vecchio playboy, il passato misterioso da bandito come Pépé le Moko, è perfetto: ha già sedotto almeno due generazioni di spettatrici americane. Adesso, nonostante ammiri la bellezza di Corie, può cercare la tranquillità con la signora Banks.
Invece Mildred Natwick interpreta lo stesso ruolo sia a teatro che al cinema. Lei è nata a Baltimora nel 1905 da una famiglia della ricca borghesia del Maryland. Il padre non è stato particolarmente contento quando la ragazza, all’età di ventun’anni, si è unita a The Vagabonds, un gruppo teatrale amatoriale della città. Debutta a Broadway nel 1932 e da quel momento tra teatro, cinema e televisione, la sua carriera dura fino al 1988, quando Stephen Frears vuole proprio lei per la parte di Madame de Rosemonde, la zia del visconte di Valmont, in Le relazioni pericolose. E in questi cinquantasei anni Mildred è una grandissima caratterista. A Broadway ottiene due nomination ai Tony: nel 1957 per la commedia The Waltz of the Toreador e nel 1970 per il musical 70 Girls 70. Tra i ruoli che la rendono celebre, oltre a quello di Mrs Banks, ci sono quelli di Madame Arcati in Spirito allegro e di Miss Proserpine Garrett in Candida. A Hollywood John Ford la vuole in diversi film tra cui Un uomo tranquillo, mentre Alfred Hitchcock le affida la parte di Miss Gravely in La congiura degli innocenti. E per la versione cinematografica di A piedi nudi del parco Mildred ottiene una meritata nomination all’Oscar. Tra i tanti lavori in televisione merita di ricordare che lei e un’altra delle regine di Broadway, la sua amica Helen Hayes - insieme sono anche nel consiglio della Riverside Shakespeare Company - hanno interpretato due anziane sorelle con l’hobby di risolvere i misteri in una fortunata serie della NBC, un ruolo per cui Mildred ha ottenuto l’Emmy.

C’è un altro attore che compare sia nel cast teatrale che in quello del film. Anche se non ricordate la trama, c’è un particolare che non potete proprio dimenticare: quel delizioso appartamentino del Village si trova al quinto piano, in un caseggiato senza ascensore, e arrivare fin lassù è sempre un’impresa. Soprattutto per chi deve andarci per lavoro, come l’operaio della ditta dei telefoni. E le due volte che Herb Edelman entra in scena è sempre uno spasso.
Anche la storia di Herb deve essere raccontata. Nasce nel 1933 a Brooklyn. Pensa di fare il veterinario, ma lascia la Cornell University dopo il primo anno. Si arruola e l’esercito gli fa fare l’annunciatore per la Armed Forces Radio. Congedato, si iscrive al corso di teatro del Brooklyn College, ma non lo finisce. Fa il tassista e un giorno carica uno che ha più o meno la sua età e che sta cercando un attore per la commedia che deve dirigere al Biltmore. Da allora la sua carriera non si ferma più. Lo ricordate per forza, perché ha interpretato decine di telefilm. Non è mai il protagonista ovviamente, ma quella faccia davvero è impossibile dimenticarla. Tra i ruoli per cui è più celebre ci sono quelli di Stanley Zbornak, l’ex marito di Dorothy, ossia Bea Arthur in The Golden Girls, e il tenente Artie Gelber della polizia di New York, che in nove episodi riesce a risolvere i delitti misteriosi in cui viene chiamato a investigare grazie alle capacità di Jessica Fletcher nelle sue rare visite in città.

Credo di avervi raccontato parecchie storie su A piedi nudi nel parco, che spero ricorderete la prossima volta che vedrete il film in televisione.
E il parco? Ovviamente a Broadway non si vede, ma nel film sì. È il parco di Washington Square, quello più vicino al Greenwich Village. Anche se si chiama parco, per lo più si tratta di una grande area pavimentata. Ci sono il Washington Square Arch e una grande fontana; e poi aree giochi per bambini e una zona dedicata ai giocatori di scacchi, due piste per i cani e anche una grande statua di Giuseppe Garibaldi. Ci sono anche delle aiuole: quando andate a New York dovete assolutamente camminarci a piedi nudi.

mercoledì 7 giugno 2023

Verba volant (837): pietra...

Pietra
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Venerdì 30 settembre 1960; venti e trenta, ora di New York. I telespettatori che accendono il loro apparecchio televisivo sulle frequenze della ABC rimangono stupiti: non c’è né una sitcom né un programma musicale, ma un cartone animato su due famiglie che vivono in una curiosa parodia dell’età della pietra.
Coloro che sono rimasti sintonizzati per tutti i trenta minuti di quella puntata probabilmente non si sono resi conto di aver vissuto un avvenimento importante della storia della televisione americana. E della cultura di massa non solo degli Stati Uniti.
Molti di loro il lunedì precedente hanno assistito a un altro programma destinato a entrare nella storia: il primo dibattito televisivo tra i due candidati alla presidenza, il Vicepresidente Richard Nixon e il senatore del Massachusetts John Fitzgerald Kennedy. Al termine di quel dibattito sono pochi quelli pronti a scommettere sulla vittoria di Nixon, tutti sono convinti che con l’arrivo alla Casa Bianca di JFK stia per cominciare una nuova fase della politica americana, un’era di pace e di felicità. Sappiamo che non è andata così, ma è facile dirlo dopo l’omicidio di Dallas, il massacro di Mỹ Lai e il Watergate.

Sabato 1 ottobre Variety definisce The Flintstones “a pen-and-link disaster”, insomma un disastro su tutta la linea. Anche altri critici televisivi, pur con giudizi meno trancianti, bocciano il programma. Per fortuna non sono loro a decidere i palinsesti. Dopo poche settimane gli americani si affezionano a Fred e Wilma, a Barney e Betty, si riconoscono in loro, nei loro pregi e specialmente nei loro difetti, decretandone un successo che dura ancora oggi.
William Hanna e Joseph Barbera sono quasi coetanei - il primo è nato nel New Mexico nel 1910 e il secondo a New York nel 1911 - si sono conosciuti nel 1938 quando entrambi lavorano al reparto animazione della Metro-Goldwyn-Mayer, diretto da Fred Quimby. William fa il regista e Joseph lo sceneggiatore e l’animatore. Nonostante abbiano caratteri e interessi assolutamente diversi, capiscono che insieme lavorano molto bene e creano una serie di cartoni i cui protagonisti sono un gatto e un topo in perenne conflitto. È un successo incredibile: sono oltre duecento i cortometraggi della serie Tom & Jerry e ricevono, dal 1940 al 1953, ben otto Oscar, che però ritira sempre Quimby, pur non partecipando al processo creativo. Alla fine degli anni Cinquanta la MGM decide di chiudere il reparto animazione, visto che ormai al cinema i cartoni non si proiettano più, ci pensa la televisione, e così William e Joseph fondano la propria casa di produzione. Tirano a sorte per decidere l’ordine dei nomi e nasce la Hanna-Barbera Productions, con lo studio al 3400 di Cahuenge Boulevard a Hollywood.
Stanno cercando un’idea per ottenere un successo altrettanto clamoroso di quello dei loro primi cartoni animati. Braccobaldo, Yoghi, Ernesto Sparalesto sono sì personaggi di successo, ma solo tra i bambini. I due autori cercano qualcosa che possa tenere insieme, come facevano i cartoni della serie Tom & Jerry, il pubblico di tutte le età.
Nella stagione televisiva 1955-56 va in onda sulla CBS una serie intitolata The Honeymooners, che racconta le vicende quotidiane di Ralph Kramden, un autista di autobus irascibile, ma dal cuore tenero, un bambinone con la testa sulle nuvole, che sogna sempre di diventare ricco. Per fortuna a riportarlo con i piedi per terra c’è sua moglie Alice. Sopra di loro vivono i loro migliori amici, il bonario Ed Norton, un operaio che lavora per il sistema fognario della città, e sua moglie Trixie. I personaggi che Hanna e Barbera cercano sono già lì, basta trasportare le loro storie da Brooklyn a Bedrock, aggiungere un dinosauro domestico, delle auto con le ruote di pietra azionate con i piedi, un piccolo mammut che diventa un aspirapolvere, e in questo modo nasce The Flagstone, come si intitola l’episodio pilota, scritto da uno specialista di sitcom come Harry Winkler, con l’animazione di Kenneth Muse che, dopo aver lavorato per Disney in Pinocchio e Fantasia, è stato uno dei “padri” alla MGM di Tom & Jerry. E Fred viene disegnato sulle fattezze di Jackie Gleason, che nella serie della CBS interpreta Ralph. Jackie - un ottimo caratterista che ricordiamo come Minnesota Fats ne Lo spaccone - anni dopo dirà di aver pensato di citare Hanna e Barbera, ma che i suoi avvocati lo hanno dissuaso: “Vuoi davvero essere ricordato come quello che ha tolto Fred Flintstone ai bambini americani?”
William e Joseph ci mettono due mesi a convincere la ABC e le agenzie pubblicitarie che quella può essere una serie di successo. Nessuno dei loro interlocutori dubita che sia divertente, ma in pochi credono che sia un prodotto adatto alla prima serata. Alla fine però arriva il tanto sospirato via libera. Durante la lavorazione dei ventotto episodi della prima serie, in cui Hanna e Barbera coinvolgono soprattutto sceneggiatori che vengono dalle sitcom, il cognome Flagstones viene cambiato prima in Gladstones e infine in Flintstones e sparisce il piccolo Fred Jr.. Sia i Flintstones che i Rubbles, come avviene in The Honeymooners, saranno due coppie senza figli.
La Japan Tobacco accetta di essere lo sponsor principale della serie e alla fine di ogni episodio viene aggiunto un breve spot in cui i protagonisti fumano le sigarette Winston. Proprio perché la serie non nasce per essere trasmessa nella fascia dedicata ai bambini, Fred e Wilma sono la prima coppia di un cartone animato che viene mostrata dormire in un letto matrimoniale, anche se nella sigla marito e moglie dormono convenientemente in due letti separati.
Il successo sorprende i dirigenti della ABC. Viene subito approvata la seconda stagione, questa volta di trentadue episodi. Il pubblico televisivo del venerdì sera continua a scegliere le avventure dei Flintstones e quindi viene programmata anche la terza serie, e questa volta la ABC decide di puntare sul colore: è uno dei primi programmi della rete a venire trasmesso con questa nuova tecnologia.
Viene anche sostituita la sigla. Nelle prime due stagioni il pezzo che accompagna i titoli di testa e di coda è un brano strumentale intitolato Rise and Shine, un pezzo molto orecchiabile, che ricorda la sigla di The Bugs Bunny Show, in onda sempre sulla ABC. Dal terzo episodio della terza stagione viene sostituito da un brano - Meet The Flintstones - con un testo di Hanna e Barbera e la musica composta dal loro storico collaboratore Hoyt Curtin, che si ispira a una parte della sezione B del secondo movimento della Sonata n. 17 di Beethoven. Quel brano diventa immediatamente popolarissimo e sono sicuro che non vi serve un link da YouTube per cominciare a canticchiarlo. E, per la sua particolare struttura, che permette continui cambi di ritmo, diventa da subito uno standard jazz.
Nelle terza stagione Hanna e Barbera decidono che Fred e Wilma devono avere un bambino. Questa decisione permette di aggiungere un arco narrativo agli episodi, che solitamente presentano una trama autoconclusiva. I due autori pensano di recuperare l’idea di Fred Jr., ma quelli del dipartimento marketing chiedono che sia una bambina, perché le bambole femminili si vendono più facilmente. La nascita di Pebbles cambia un po’ lo spirito della serie, che adesso viene vista anche da un pubblico di bambini. La Japan Tobacco ritira la sponsorizzazione, ma viene prontamente sostituita dalla Welch, che produce succo d’uva e gelatine, un prodotto apprezzato anche dai più piccoli. che chiederanno alla mamma di mangiare quello che in televisione mangia la piccola Flintstone. E così dalla quarta alla sesta stagione il programma viene anticipato di un’ora e spostato al giovedì.
Nella quarta stagione Hanna e Barbera decidono che anche Barney e Betty devono avere un bambino, introducendo un nuovo arco narrativo. Ma in questo caso gli autori scelgono di affrontare, seppur in maniera molto sfumata, il tema dell’infertilità e infatti Bamm-Bamm viene adottato.
Il successo della serie è dimostrato anche dalla partecipazione di alcune star, che interpretano se stesse, seppur in versione “preistorica”, come Tony Curtis e Ann-Margret, che diventano rispettivamente Stony Curtis e Ann-Margrock. E nella sesta stagione Fred e Wilma incontrano l’altra coppia d’oro della televisione americana dei primi anni Sessanta, Samantha e Darrin Stephens di Vita da strega, interpretati da Elizabeth Montgomery e Dick York.
All’inizio del decennio la serie comincia a diffondersi anche fuori dagli Stati Uniti, non solo nei paesi di lingua inglese. Nell’aprile 1963 sul canale RTF viene trasmessa la prima puntata di Les Pierrafeu, mente il 30 agosto dello stesso anno sul Secondo Programma della Rai debuttano Gli antenati. Sono i mesi del primo governo Leone, il governo “balneare” che deve traghettare l’Italia del boom verso il centrosinistra di Aldo Moro e Pietro Nenni. In quella stagione vengono doppiati solo alcuni episodi della prima serie, da alcune delle voci storiche della televisione italiana, Michele Riccardini, Mirella Pace, Carlo Reali, Zoe Incrocci - la Lumachina del Pinocchio di Comencini - Tina Lattanzi, Renato Cominetti, Lauro Gazzolo.
Il cartone animato ha un grande successo anche in Italia, tanto che i personaggi creati da Hanna e Barbera diventano protagonisti di una serie di pubblicità in onda su Carosello dal 1965 al 1971. I brevi filmati, realizzati prima da Toni e Nino Pagot - i creatori tra gli altri di Calimero e Grisù - e poi dai fratelli Gavioli, servono a reclamizzare l’insetticida Neocid Florale. È in questi caroselli che nasce la frase “Wilma, dammi la clava”, un’espressione che noi italiani associamo immediatamente a Fred, ma che il personaggio non ha mai pronunciato in nessuno dei centosessantasei episodi della serie classica.

So che questi cartoni animati continuano a essere replicati, poi ci sono stati i film e i parchi a tema - e naturalmente il merchandising si è molto sviluppato da quelle prime bamboline della metà degli anni Sessanta - ma non credo che questa serie abbia lo stesso travolgente successo di allora. Perché i tempi sono cambiati.
Io e quelli della mia generazione abbiamo amato Gli antenati perché abbiamo subito riconosciuto quella famiglia della working class, in cui il padre andava a lavorare in fabbrica, portandosi dietro il pranzo nella gamella di alluminio - la schiscetta come la chiamano i milanesi - e in cui, anche se ci si poteva permettere qualche “lusso”, come una serata al cinema o una pizza fuori, bisognava fare i conti per arrivare alla fine del mese. E abbiamo riconosciuto nelle nostre madri, nelle madri dei nostri amici, tante Wilma e Betty, donne capaci e forti, spesso più intelligenti e sveglie dei loro mariti, donne che magari preferivano apparire un passo indietro, ma che sapevano tenere la rotta, quando la nave doveva affrontare una navigazione più pericolosa del consueto. Pensavamo che Fred e Wilma probabilmente non erano andati alle superiori, avevano conosciuto da bambini la miseria, ma erano vissuti in un mondo in cui, grazie al loro lavoro, si erano potuti comprare una casa, poi un automobile e addirittura degli elettrodomestici e potevano mandare Peebles all’università. Fred e Wilma credevano nella politica – immagino che siano stati sostenitori di Kennedy – e volevano che le riforme portate avanti dal centrosinistra fossero più radicali e soprattutto più stabili. Proprio perché erano stati poveri, Fred e Wilma sapevano che valore forte sia la solidarietà. Io li ho conosciuti Fred e Wilma, immagino che sia per questo che voglio loro ancora bene.