martedì 4 aprile 2023

Verba volant (831): sipario...

Sipario
, sost. m.

Il 26 novembre 1965 va in onda sul Programma Nazionale della Rai la commedia di Noël Coward Al calar del sipario, nella traduzione di Renzo Nissim e con la regia di Marcello Sartarelli, un bravo artigiano della Hollywood sul Tevere, passato, come tanti suoi colleghi, alla televisione. Il nome di questo notissimo drammaturgo inglese non è molto conosciuto dal pubblico televisivo, anche se sono state trasmesse in agosto del 1963 I rubini di Lady Alessandra con Lia Zoppelli nel ruolo della protagonista - una parte che nel debutto londinese è stata di Vivien Leigh - e nel giugno dell’anno successivo Breve incontro con Carla del Poggio e Raoul Grassilli.
Qualcuno del pubblico di quella sera di fine autunno ha potuto vedere nel 1945 a teatro una celebre edizione di Spirito allegro della compagnia Morelli-Stoppa e alcuni forse ricordano Intermezzo con Sergio e Rosetta Tofano del 1937. Comunque in Italia a metà degli Sessanta Coward è un autore noto solo a pochi appassionati: i suoi testi sono “troppo” inglesi. Forse se qualche anno prima avesse accettato di essere il Dr. No nel primo film dedicato alle gesta di James Bond la sua popolarità sarebbe aumentata. Poi i testi di Coward sono troppo scandalosi, occupandosi, sotto la patina di un’apparente leggerezza, di tradimenti, di famiglie disgregate, di omosessualità, di dipendenze. E offrono l’immagine di una donna indipendente che “disturba” il pubblico borghese.
L’interesse del pubblico per questa commedia più che per l’autore è senz’altro per le protagoniste. La commedia infatti si svolge all’interno di una casa di riposo per attrici, i personaggi sono molti e quindi l’elenco delle interpreti, rigorosamente in ordine di entrata, racconta un bel pezzo di storia del teatro italiano. Questo articolo è dedicato doverosamente a loro. E anch’io comincio seguendo l’ordine dei titoli di testa.

Sarita Myrtle - Emma Gramatica. E qui c’è uno dei motivi che rendono speciale questa commedia: la grande signora del teatro - nata nel 1874 - è morta a novantuno anni l’8 novembre 1965, proprio pochi giorni dopo aver finito le riprese di Al calar del sipario. Emma, che ha debuttato adolescente accanto a Eleonora Duse nella Gioconda di D’Annunzio, racconta con la sua carriera la storia dello spettacolo del Novecento. All’inizio del secolo è una celebre Nora in Casa di bambola - Ibsen sarà un autore da lei molto amato. Negli anni Venti è la prima interprete di Ma non è una cosa seria e La signora Morli, una e due di Luigi Pirandello. Fa lunghe tournée in America e in Europa: in Germania recita in tedesco. E, pur continuando la sua attività teatrale - ha anche una sua compagnia - accompagna la nascita dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. Recita alla radio - è Hedda Gabbler ancora da Ibsen - al cinema e in televisione. Nel 1944 è con la sorella Irma, un’altra grandissima, e Olga Solbelli una delle protagoniste delle Sorelle Materassi, nel 1951 Vittorio De Sica vuole che sia Lolotta in Miracolo a Milano e dieci anni dopo è indimenticabile come Desolina in Don Camillo monsignore… ma non troppo, la vecchia madre che prega ogni giorno la Madonnina del Borghetto per il figlio disperso in guerra. Nel 1955 in televisione recita ne I dialoghi delle Carmelitane, un dramma che ha portato con successo sulle scene.
È un privilegio vedere in questa commedia l’ultima interpretazione di Emma Gramatica. Certo ci appare stanca e malata, in una scena è evidente l’ombra del suggeritore che le porge la battuta, ma quando comincia a recitare illumina la scena, anche nei gesti, come quando accende con precisione maniacale e con entusiasmo fanciullesco i fiammiferi che ha rubato a una delle ospiti, perché la passione di Sarita è quella di vedere la fiamma che si accende e dopo poco svanisce. E sarà proprio questa sua mania a costringere chi dirige la casa di riposo ad allontanarla. Quando esce, accompagnata dagli infermieri, salutando le amiche, ci regala un ultimo intenso sguardo, perso nei ricordi, come un’ingenua Norma Desmond, che parte per un’ultima tournée. Vita e teatro si mescolano e diventano tutt’uno in quest’ultimo addio alle compagne di una vita sul palcoscenico. C’è un’altra scena indimenticabile. Quando si accorge che la giovane giornalista che si è intrufolata nella casa cerca di farle una fotografia e le chiede di sorridere, Sarita, che fino a quel momento ha farfugliato in maniera confusa i propri pensieri, mescolando ricordi e vaneggiamenti, dice che sì può fotografarla, ma che non sorriderà, “Perché io sono tragica” e posa, con un gesto affettato e di maniera, come tante volte ha fatto. E come tante volte ha fatto Emma.

Come ho detto la commedia racconta le vicende di una casa di riposo per vecchie attrici, “The Wings” nell’originale e “Le Quinte” nella traduzione italiana. Sono sette le ospiti, più Martha che non esce mai dalla propria camera e il cui unico legame con il mondo all’esterno della casa è Osgood Meeker, un ammiratore, più giovane di lei di venticinque anni, diventato ormai vecchio anche lui, che immancabilmente ogni settimana va a trovare l’oggetto della sua ammirazione e probabilmente di un antico amore segreto e impossibile. Il tranquillo equilibrio della casa e di quelle ospiti così particolari viene turbato dall’arrivo di Lotte Bainbridge, un’altra celebre attrice. Tutte sanno che cova una forte inimicizia tra la nuova arrivata e May Davenport, che fino a quel momento è stata la “stella” della casa: le due non si parlano da anni, anche se nessuna di loro sa quale sia il motivo. Lotte spera che quella forzata convivenza convinca May a dimenticare, ma questa non vuole cedere. Il fatto che le due non si rivolgano la parola crea tensione alla “Quinte”. Finalmente una notte, dopo che Sarita ha quasi causato l’incendio della casa, le due donne, rimaste sole, iniziano a parlare. Scopriamo così che è un uomo la causa di quell’inimicizia, un uomo che ha lasciato May per Lotte e che poi ha lasciato anche Lotte, portando in Canada il figlio.
May Davenport - Laura Carli. Nata nel 1906, debutta all’inizio degli anni Trenta nella compagnia di Renzo Ricci, poi dalla metà degli anni Quaranta ne ha una propria e in seguito diventa anche direttrice del Teatro dei Satiri a Roma. La sua carriera si sviluppa per oltre quarant’anni tra teatro, radio, cinema e televisione. Sul palcoscenico predilige autori contemporanei, al cinema è impegnata soprattutto nel doppiaggio, anche nei film di animazione - è sua la voce dell’elefantessa Catty in Dumbo, della Fata Smemorina in Cenerentola e della Rosa e della Regina di Cuori (quando canta) in Alice nel Paese delle Meraviglie - è un volto familiare nei grandi sceneggiati degli anni Cinquanta e Sessanta: è Bessy in Jane Eyre, poi è nel cast di Piccolo mondo antico, Il romanzo di un giovane povero, è Marfa Ignàt’evna ne I Fratelli Karamazov.
Lotte Bainbrigde - Wanda Capodaglio. È una voce nota della prosa alla radio, fin dai tempi dell’Eiar, e poi un volto molto conosciuto della prosa di quella bella televisione in bianco e nero. Lavora in Piccole donne, anche lei in Jane Eyre, poi è la zia Betsey in David Copperfield e Matilde Crawley ne La fiera della vanità. È nata nel 1889 in una famiglia di attori teatrali, il cui capostipite è sua nonno Luigi. Un fratello di Wanda ha sposato Anna Gramatica, la sorella minore di Irma ed Emma, anch’essa attrice. Wanda comincia proprio nella compagnia di Irma, poi lavora con Ruggero Ruggeri e alla fine degli anni Dieci ha la propria compagnia: Cechov è in questi anni il suo autore preferito. Negli anni Trenta recita molto in Germania, al fianco del celebre attore austriaco Alessandro Moissi. Dal 1939 affianca alla recitazione l’insegnamento all’Accademia nazionale d’arte drammatica: Vittorio Gassman, Tino Buazzelli, Monica Vitti, Rossella Falk, Gian Maria Volonté sono tra i suoi allievi.

Altrettanto note le attrici che completano il gruppo delle signore. E si tratta si comprimarie di grandissimo valore. Grazie al testo di Coward e alla loro bravura, queste attrici non costituiscono un coro, ma danno vita a personaggi distinti, anche se con poche battute, rivelano caratteri e passioni diverse l’una dall’altra. D’altra parte ciascuna di loro è stata una prima donna e non lo dimentica.
Diana O’Malley - Paola Borboni. Sarebbe molto riduttivo confinarla al personaggio sopra le righe che abbiamo conosciuto nell’ultima parte della sua vita grazie alle frequenti apparizioni come ospite di talk show. Questa grande attrice, nata il 1 gennaio 1900, è stata una grande interprete pirandelliana, una delle più importanti della sua generazione. All’inizio degli anni Venti è nella compagnia di Irma Gramatica e sostituisce la protagonista quando è ammalata. Lavora con Ruggeri, poi fonda una propria compagnia. Nel 1942 riporta in scena La vita che ti diedi, che il drammaturgo siciliano ha scritto per Eleonora Duse e che, a seguito delle critiche della grande attrice, è stata ritirata e non più rappresentata fino a quel momento. Borboni è un’attrice poliedrica, alterna senza problemi la commedia brillante, come Ciao Rudy di Garinei e Giovannini con le tragedie greche, passa dalla rivista a Pirandello, e anzi usa i soldi che guadagna nel teatro leggero e al cinema - interpreta oltre settanta film, in ruoli da grande caratterista - proprio per finanziare i suoi spettacoli pirandelliani e la sua attività di monologhista.
Molti autori scrivono dei testi appositamente per questi suoi fortunati recital, che Borboni registra anche su disco. Nel 1994, pochi mesi di morire, torna a Pirandello con Il berretto a sonagli. Nella commedia di Coward Paola Borboni mette tutta la sua verve, interpretando il personaggio più comico della casa, l’unico che peraltro muore in scena.
Bonita Belgrave - Elsa Merlini. È nata nel 1903 e vuole recitare, ma fatica a perdere il suo marcato accento triestino. Si trasferisce a Firenze, studia dizione e a diciassette anni debutta nella compagnia di Annibale Ninchi. Poi crea una propria compagnia con Sergio Tofano e un’altra con il suo compagno Renato Cialente. Negli anni Trenta mettono in scena molti classici e una celebre edizione di Piccola città di Thornton Wilder. In questi anni comincia anche una fortunata carriera come cantante, registra molti 78 giri, incidendo alcuni duetti con Vittorio De Sica. Superata con fatica la perdita di Cialente, Merlini dopo la guerra torna al teatro e, come tutte le sue colleghe, lavora al cinema e approda alla prosa radiofonica e televisiva: recita in Il mago della pioggia con Alberto Lupo, in Orgoglio e pregiudizio, Il mulino del Po ed è Perpetua nella bellissima edizione I promessi sposi del 1967, diretta da Sandro Bolchi. Continua a recitare fino a pochi anni prima della morte: nel 1979 è la protagonista di Mela di Dacia Maraini.
Cora Clarke - Cesarina Gheraldi. Anche lei, nata nel 1915, è un’attrice molto attiva tra teatro, radio, cinema e televisione. Entra giovanissima nella compagnia di Lamberto Picasso, poi con Antonio Gandusio e infine con Ruggero Ruggeri. Negli anni Cinquanta ha una propria compagnia e ottiene il successo: è la protagonista di La vedova scaltra con la regia di Strehler, Ippolita, Medea. Poi fonda una nuova compagnia, con Leonardo Severini, che si specializza in spettacoli dedicati al genere poliziesco e giallo. È la zia Giuseppina in Il bell’Antonio con Marcello Mastroianni e nel cast di 55 giorni a Pechino. In televisione è tra gli interpreti di Canne al vento, è Madame Thénardier ne I miserabili con Gastone Moschin e Tino Carraro e la vecchia nel castello dell’Innominato ne I promessi sposi e Mrs Allen ne La valle della paura con Nando Gazzolo che fa Sherlock Holmes.
Maud Melrose - Paola Barbara. Nata nel 1912, dopo le prime esperienze teatrali, grazie alla sua bellezza, si afferma come attrice cinematografica. Interpreta alcuni film nel cinema dei telefoni bianchi, poi è la protagonista di Amazzoni bianche del 1936, in cui mette in mostra le sue capacità di sciatrice, e dimostra la sue doti drammatiche in La peccatrice, uno dei primi film realisti. Il film, in cui Paola Barbara recita con Gino Cervi, Fosco Giachetti, Vittorio De Sica, è il grande successo alla Biennale di Venezia del 1940. Non si interessa di politica e per questo non viene considerata come una diva del regime. Nonostante le venga richiesto, non vuole nemmeno partecipare al provino per la protagonista de La cena delle beffe, ruolo che sarà di Clara Calamai: sa che Alessandro Blasetti vuole che Ginevra appaia a seno nudo e lei non vuole farlo. Nel 1943 si trasferisce in Spagna, dove gira dei film, doppia molte pellicole che la Fox, in attesa della fine della guerra, vuole distribuire in Italia. Tornata a Roma è la protagonista di La monaca di Monza con Rossano Brazzi. Ritorna al teatro e soprattutto lavora nella prosa televisiva. Anche lei è nel cast di Canne al vento ed a fianco di Ubaldo Lay in un episodio di Sheridan, squadra omicidi. Il cinema le offre ruoli secondari, con lo pseudonimo Pauline Baards appare in diversi western negli anni Settanta.
Estelle Craven - Tina Lattanzi. Per lei, nata nel 1897, la carriera teatrale comincia in maniera davvero inaspettata. Nel 1922, sposata e madre di due bambini, assiste a una recita universitaria dove conosce un giovane Vittorio De Sica, che a sua volta le presenta Tatiana Pavlova. L’attrice e regista di origini russe rimane colpita dall’eleganza di Tina e le propone di insegnarle a recitare. In poco tempo entra stabilmente nella sua compagnia. Lavora in seguito con la compagnia di Ruggeri, con cui fa una tournée in Sud America, e con quella di Mario Mattioli. Nel 1930 debutta al cinema, ma soprattutto scopre il doppiaggio. Per trent’anni e per oltre trecento film Tina Lattanzi è la doppiatrice più famosa del cinema italiano, è sua la voce di Joan Crawford, Myrna Loy, Greer Garson, Rosalind Russell, Rita Hayworth, Marlene Dietrich e soprattutto di Greta Garbo. Ed è la “cattiva” in alcuni classici della Disney: Biancaneve, La bella addormentata e Cenerentola. Insieme a Laura Carli dà la sua voce alla Regina di Cuori. Nel 1937 la diva Francesca Braggiotti vuole che sia Tina Lattanzi a doppiarla in Scipione l’africano, il colossal del regime, le offre lei stessa una cifra ingente perché vuole avere la voce di Greta Garbo. Di fronte al suo rifiuto, viene convocata dal ministro Alfieri, che la prega di ripensarci, arrivando a minacciarla del confino. Lattanzi non ha paura: “Se lei dovesse scegliere tra me la Braggiotti, chi preferirebbe?”. “Lei”, risponde il ministro. “Ecco, io ho fatto la stessa cosa”. Continua a lavorare in teatro. Desta scandalo il suo costume di scena in L’imperatore d’America di George Bernard Shaw del 1942: sembra nuda. La censura, sollecitata dalla chiesa e dalla stampa conservatrice, vuole bloccare le repliche: deve intervenire Mussolini per far sì che lo spettacolo non venga chiuso. Continua a lavorare al cinema: Luchino Visconti la vuole come nobildonna ne Il Gattopardo. Negli anni Cinquanta insegna recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia. All’inizio degli anni Sessanta, quando le dive della Golden Age del cinema americano smettono di recitare, anche la carriera di Tina Lattanzi segna una battuta d’arresto. Torna a teatro. Garinei e Giovannini la scritturano per il ruolo della madre del professor Higgins in My Fair Lady, accanto a Delia Scala e Gianrico Tedeschi, e in Ciao Rudy. Ma recita anche in opere impegnate come Nerone è morto? e con l’amica Paola Borboni in Becket e il suo re. Ed è una presenza ricorrente nella prosa della Rai: Ottocento, Zio Vanja, Il conte di Montecristo, Il Circolo Pickwick sono tra i titoli entrati nella storia della televisione.

Ecco adesso mettetevi comodi e guardate su YouTube queste regine (il link, qui). E poi arriveranno altre storie. La prossima puntata sarà dedicata alla versione di Broadway in cui si fronteggiano Lauren Bacall e Rosemary Harris. E la terza all’originale inglese.

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