Whitman naturalmente riparte per l’America, ma Billie rimane lì, fa il giornalista, e anche il taxi dancer. Ma soprattutto comincia a frequentare quelli che fanno i film e scrive sceneggiature: collabora a una ventina di film, con altri ragazzi come lui appassionati della nuova arte del Novecento, come Fred Zinnemann e Robert Siodmark. Vive la frenetica euforia della città, ma sente anche che sta per finire tutto, perché per quelli come lui, quelli il cui cognome denuncia una chiara origine ebraica, è sempre più difficile vivere a Berlino. Nel 1933 va a Parigi, continua a fare cinema, dirige il suo primo film Mauvaise Graine, su una banda di ladri d’auto con una bellissima Danielle Darrieux, la prima delle sue dark lady. Ma la “malattia” si va diffondendo in tutta Europa. Nel 1934 Billy - aggiunge una ipsilon al suo nome - Wilder arriva a Hollywood. È lì che si fa il cinema. E non ci sono i nazisti.
Quando Billy arriva in America il Sunset Boulevard è già una delle strade più importanti di Los Angeles. Inizia dall’incrocio con la Figueroa nel centro della città e dopo 35 chilometri si immette nella Pacific Coast Highway, passando per Echo Park, Silver Lake, Los Feliz, Hollywood, West Hollywood, Beverly Hills e Holmby Hills. Traccia all’incirca l’arco delle montagne che disegnano il confine settentrionale del bacino di Los Angeles, seguendo il percorso di un sentiero del bestiame del 1780. Il 27 ottobre 1911, all’incrocio tra Sunset Boulevard e Gower Street, la Nestor Motion Picture Company ha aperto il primo studio permanente a Hollywood. Dopo poco altri studi hanno costruito le loro sedi lì vicino e il Sunset Boulevard a Hollywood è diventato il quartiere dove vivevano gli operai della nascente industria del cinema. È solo negli anni Venti che il mercato immobiliare sembra impazzire e i prezzi delle case e dei lotti diventano altissimi. Gli operai sono velocemente allontanati e vengono costruite le grandi ville e gli uffici delle case di produzione. Agli inizi degli anni Trenta, quando Billy comincia a percorrere il Sunset Boulevard, è ormai asfaltato fino a West Hollywood ed è già la via del cinema.
A Hollywood Billy comincia subito a scrivere sceneggiature. Uno dei suoi primi lavori, anche se non è accreditato, è quello di scrivere i dialoghi aggiuntivi per Sotto pressione di Raoul Walsh. Per lo più non sono film memorabili, ma nel 1939 il suo amico Ernest Lubitsch, che ha fatto il suo stesso viaggio dalla Germania agli Stati Uniti, gli offre una grande occasione: scrivere la sceneggiatura per la prima commedia interpretata da Greta Garbo. Grazie a Ninotchka ottiene la sua prima nomination agli Oscar. Sembra che la commedia sia il genere in cui Billy eccelle e infatti anche il suo primo film americano da regista, Frutto proibito del 1942, con Ginger Rogers e Ray Milland, è una commedia, in cui gioca con gli scambi di persone e i travestimenti, una cosa di cui sarà un indiscusso maestro. Ma Billy dimostra di avere molte altre frecce al suo arco.
L’anno successivo dirige un film di guerra e spionaggio, I cinque segreti del deserto, che è anche un film di propaganda, in cui viene raccontata la guerra in Africa contro i tedeschi, guidati dal maresciallo Rommel, una parte che sembra calzare a pennello a Eric von Stroheim, che collabora con Billy anche per la sceneggiatura. Nel ’45 con La fiamma del peccato Wilder crea il “canone” del cinema noir. La lavorazione del film è complicata, perché Raymond Chandler, che scrive il film insieme a Wilder, odia sia Billy che il film, ma naturalmente si sbagliava: quel film è un capolavoro. E poi vince i suoi primi due Oscar, per la regia e la sceneggiatura di Giorni perduti, un film sul dramma di tornare alla vita normale per gli uomini che hanno combattuto in guerra. Billy sfida apertamente una delle regole del Codice Hays, ma ormai se lo può permettere. Ray Milland è il convincente interprete del film e le scene in cui vengono rappresentate le sue allucinazioni sono in qualche modo influenzate dall’espressionismo che Billy ha conosciuto così bene in Germania. E poi passa al musical e nel ’48 torna in Germania, nella “sua” Berlino, per girare, con l’amica Marlene Dietrich, Scandalo internazionale, anche questo un film che fa storcere il naso ai “custodi” del Codice. Billy ha poco più di quarant’anni, ma è già uno dei grandi di Hollywood.
A questo punto Billy decide che vuole fare un film diverso, un film che parli del cinema, che racconti le donne e gli uomini che stanno creando questa nuova arte. Lui e Charles Brackett - insieme hanno già lavorato insieme molte volte - nel 1948 cominciano a scrivere una sceneggiatura in cui si racconta il drammatico epilogo di una diva del muto che, dimenticata da Hollywood, impazzisce nella speranza di poter tornare davanti alla macchina da presa e, nella sua follia, arriva a uccidere un giovane sceneggiatore di cui si è innamorata.
Non sono molto convinti del loro lavoro e chiedono aiuto a DM Marshman Jr, un ex collaboratore di Life. Ai dirigenti della Paramount dicono che stanno preparando una commedia intitolata A Can of Beans, senza specificare troppi dettagli. Inviano alla commissione della censura poche pagine alla volta, per cercare di confonderli. Nel maggio del 1949 finalmente iniziano le riprese e solo un terzo della sceneggiatura è stata scritta. Billy ammette di non avere un’idea precisa di come il film finirà.
Nei mesi precedenti la cosa più complicata è stata quella di mettere insieme il cast, in particolare trovare l’attrice per interpretare Norma Desmond, perché Billy vuole che sia davvero una diva del muto.
Billy e Charles - che è anche il produttore del film - chiedono di incontrare Mary Pickford. Mary è la donna che ha creato Hollywood, la fondatrice della United Artists, uno dei trentasei membri originari dell’Academy, ma il suo ultimo film, Secrets, di cui è stata protagonista e produttrice, è del 1933 e ha avuto solo un modesto successo. Mary vive da sola in una grande villa, beve e soffre di depressione. Billy e Charles non hanno neppure il coraggio di dirle il motivo per cui hanno chiesto di vederla. Mae West rifiuta sdegnata la proposta: lei si considera ancora un sex symbol, non vuole certo interpretare un’attrice in declino. Greta Garbo è più gentile, ma non le sembra che quel film meriti un suo ritorno alle scene, dopo il ritiro di otto anni prima. A Billy basta una telefonata per capire che Pola Negri, nata Chalupiec, la femme fatale di tanti film, non può essere Norma: nonostante viva da anni negli Stati Uniti, ha ancora un fortissimo accento polacco. L’elegante Norma Shearer, l’attrice che ha mostrato al mondo che una donna single non deve essere per forza vergine, considera quella sceneggiatura offensiva e svilente per l’immagine delle donne.
Billy è in difficoltà e chiede un consiglio a quello che a Hollywood è conosciuto come il “regista delle donne” e George Cukor dice che Gloria Swanson sarebbe perfetta per la parte. Billy la chiama e le propone di fare un provino. Lei sulle prime è offesa: “chi è questo che vuole fare un provino a Gloria Swanson?” Ma per fortuna chiede consiglio a George che le dice che lo deve fare: Norma Desmond è il personaggio per cui sarà ricordata. Non si sbagliava.
Montgomery Clift firma il contratto per interpretare lo sceneggiatore Joe Gillis, ma a pochi giorni dall’inizio delle riprese si ritira: pensa di non essere convincente nella parte di un uomo più giovane che ha una storia d’amore con una donna più vecchia. Wilder è infuriato: “se dice di essere un attore, deve essere capace di fare l’amore con qualsiasi donna”. Questo rifiuto è la fortuna di William Holden, che è sotto contratto con la Paramount: la sceneggiatura, per quel che ne ha potuto leggere, gli piace, vuole fare quel film. E anche Brackett è contento: Holden costa molto meno di Clift.
Scelta per il ruolo di Betty la giovane Nancy Olson, che stava per lavorare con DeMille nel ruolo di Dalila, andato poi alla più conturbante Hedy Lamarr, rimane il problema dell’attore che dovrà interpretare Max von Mayerling, il fedele maggiordomo tuttofare di Norma, che nel procedere della storia scopriremo essere stato il suo primo marito e un grande regista dell’epoca del muto, che si considera come Griffith e DeMille. Si tratta di un personaggio centrale, anch’egli a suo modo folle, prigioniero di una carcere che lui stesso ha costruito e di cui è l’unico, geloso, custode. C’è bisogno di un grande attore e Billy pensa immediatamente a Eric von Stroheim, che dopo Queen Kelly non è più riuscito a dirigere un film. Nel 1933 è stato licenziato dal set di Walking Down Broadway, e al suo posto è stato chiamato Raoul Walsh. Poi si è trasferito in Francia, ha scritto un film, intitolato Le Dame Blanche, con Jean Renoir, e ha trovato i finanziamenti per girare: le riprese dovrebbero cominciare a settembre del 1939, ma il 1° di quel mese succede qualcos’altro in Europa ed Eric torna a Hollywood a fare principalmente la parte del cattivo. Stroheim è “l’uomo che ami odiare”. In quel momento non ha certo voglia di tornare a recitare con Gloria – un sentimento peraltro reciproco – ma entrambi hanno bisogno di lavorare e sanno che sarà un gran film, qualcosa per cui vale la pena di smettere di litigare.
Per le scenografie Billy si affida ad Hans Dreier, nato nel 1885 a Brema, che ha studiato architettura e ha cominciato a fare lo scenografo nel suo paese. Trasferitosi negli Stati Uniti insieme a Lubitsch, diventa capo del dipartimento scene della Paramount. Oltre ai film progetta e arreda gli interni delle ville di molte star, compresa quella di Mae West. Un suo collega, William Haines, qualche anno dopo dirà: “Bebe Daniels, Norma Shearer e Pola Negri avevano tutti case con interni orribili come quello”. È Dreier che trova nei magazzini della Universal il letto a forma di barca che è stato di Gaby Deslys, ballerina, attrice, amante di teste coronate: una vera star della belle époque. E trova anche la villa in cui vengono girati gli esterni. Non sul Sunset Boulevard, ma sul Wilshire Boulevard, più a sud. La villa è stata costruita negli anni Venti dal milionario William O. Jenkins, uno che si è fatto da solo, con metodi non sempre ortodossi; la sua famiglia ci ha vissuto per un solo anno, lasciandola abbandonata per un decennio, tanto che hanno cominciato a chiamarla la Casa fantasma: a Billy sembra perfetta. All’epoca del film la villa è di proprietà della prima moglie di Jean Paul Getty, che in Italia conosciamo come quello che non ha voluto pagare il riscatto per il nipote rapito.
I costumi sono di Edith Head. Devono essere esotici, avere un’aria antiquata, eppure essere eleganti. Per la giovane Edith si tratta di una sfida, ma si affida a Gloria, alla sua esperienza. E gli abiti di Norma, così elegantemente eccessivi, entrano nella storia.
Billy potrebbe girare a colori, ma decide fin da subito che il film sarà in bianco e nero, perché quelli sono i “colori” del noir. E vuole che John F. Seitz sia il direttore della fotografia, perché ha già lavorato con lui in tutti i suoi film precedenti, perché le luci e le ombre create da lui sono le vere protagoniste de La fiamma del peccato, perché Seitz ha cominciato a lavorare nel 1909 alla Essanay ed è stato uno dei grandi del cinema muto: è sua la fotografia de I quattro cavalieri dell’Apocalisse. Seitz usa un trucco che si rivela particolarmente efficace: getta della polvere sopra l’obiettivo, per rendere un’idea di vecchio. Solo Seitz può riuscire a creare un film del buio, che si svolge nella città della luce.
Finalmente il primo ciak: queste donne e questi uomini stanno creando Sunset Boulevard.
p.s. qui trovate la prima puntata...
Nessun commento:
Posta un commento