venerdì 19 marzo 2021

Storie (XXII). "Norma Desmond Blvd" (3/5)...

Billy e Charles sono preoccupati della reazione del mondo di Hollywood. Decidono di fare un’anteprima lontano da Los Angeles, a Evanston in Illinois. Il pubblico ha una reazione strana, specialmente di fronte alla scena iniziale. Il film si apre in un obitorio e i cadaveri si raccontano come sono arrivati lì: è così che Joe narra agli altri la storia di Norma e di come lei lo ha ucciso in un flashback lungo quanto il film. A Evanston il pubblico ride durante quella scena, e succede lo stesso a Poughkeepsie e a Great Neck, nello stato di New York. Gli spettatori non capiscono se sia una commedia o un dramma. Billy dopo quelle tre prime proiezioni decide di cambiare la sequenza iniziale. Ha girato una scena in cui si vede Joe morto nella piscina. Non è stato facile realizzarla: è stata necessaria tutta l’abilità di Seitz. Billy voleva che il cadavere si vedesse dal fondo della piscina: Seitz ha messo la telecamera in una scatola che è stata calata nell’acqua, ma il risultato è stato deludente. Allora sul fondo della piscina i tecnici di Dreier hanno sistemato uno specchio e quindi la macchina ha ripreso il riflesso del corpo dall’alto. Questa scena diventa l’inizio del film, con la voce di William Holden che comincia a raccontare la storia: uno degli inizi più famosi della storia del cinema.

A questo punto la Paramount organizza una proiezione privata per una serie di ospiti e addetti ai lavori. Le reazioni sono contrastanti. Barbara Stanwyck, la splendida protagonista de La fiamma del peccato, si inginocchia di fronte a Gloria Swanson e le bacia l’orlo della gonna. Mary Pickford preferisce non parlare; farà dire di essere rimasta sopraffatta. Louis B. Mayer è furibondo, di fronte a tutti gli ospiti affronta Wilder e gli urla: “Hai disonorato l’industria che ti ha creato e nutrito! Dovresti essere ricoperto di catrame e piume e scappare da Hollywood!”. Billy gli risponde senza alcuna cortesia. Non è solo Mayer che la pensa così, anche se gli altri non sono così violenti. L’attrice Mae Murray, soprannominata “la Gardenia”, che è stata la protagonista nel 1925 di The Merry Widow, diretta da Stroheim, commenta stizzita: “Nessuno di noi pazzi era così pazzo”.

Finalmente, il 10 agosto 1950, il film viene presentato al pubblico in una grande première al Radio City Music Hall, al 1260 di Avenue of the Americas, all’interno del Rockefeller Center. E probabilmente nessun’altra sala avrebbe potuto ospitare questa serata, perché il designer Donald Deskey, uno dei grandi dell’art déco, l’ha progettata negli anni Trenta con una serie colori accesi che ricordano quelli di un infuocato tramonto che incastona il palcoscenico. Il film è un successo, anche perché Gloria Swanson in pochi mesi viaggia in treno per tutta l’America per presentarlo. E anche la critica è concorde: il Time scrive: “Hollywood al suo peggio raccontata da Hollywood al suo meglio”.

Nell’edizione del 1951 degli Oscar Sunset Boulevard ottiene undici nomination, ma viene battuto da Eva contro Eva, diretto da Joseph L. Mankiewicz, che ne ottiene ben quattordici, vincendo quello per miglior film. L’Academy - che dà un Oscar onorario al vecchio Mayer - sembra vendicarsi di Wilder, che non ottiene nemmeno il premio per la regia - che va a Mankiewicz - ma ottiene quello per la sceneggiatura originale. Per Sunset Boulevard poi vengono premiati Hans Dreier - che ottiene il premio anche per le scenografie per i film a colori, con Sansone e Dalila - e Franz Waxman per la colonna sonora. Anche Edith Head vince due Oscar, uno per i film in bianco e nero e uno per i film a colori, ma sono rispettivamente Eva contro Eva e Sansone e Dalila.

Sunset Boulevard ottiene una nomination in tutte e quattro le categorie dedicate alla recitazione, senza vincerne nessuna: a suo modo un record. Gloria Swanson si scontra con le due protagoniste di Eva contro Eva, Bette Davis e Anne Baxter, entrambe nella cinquina. Vince, a sorpresa, Judy Holliday per la sua interpretazione in Nata ieri, diretta da Geoge Cukor, il cui protagonista maschile è William Holden. Judy se l’è meritato: quell’anno è proprio difficile scegliere. Per la cronaca la quinta è Eleanor Parker per il film Prima colpa: per questo film sarà premiata quell’anno a Venezia con la Coppa Volpi.

In quell’edizione degli Oscar viene premiato anche il miglior soggetto - una categoria che rimane fino al 1956 - e nella cinquina c’è Riso amaro, con i suoi autori Giuseppe De Santis e Carlo Lizzani.

Naturalmente il successo del film scatena un poco originale gioco di società: chi è Norma Desmond? La Garbo è fuggita da Hollywood e non vuole più farsi vedere da nessuno. Mary Pickford e Pola Negri si sono isolate dal mondo, vivono quasi recluse nelle loro grandi ville. Mae Murray è la caricatura di se stessa: si trucca così pesantemente per sembrare più giovane quando sale sui palchi dei cabaret di terz’ordine. Valeska Suratt è dipendente dal gioco d’azzardo. Clara Bow, il sex symbol dei Roaring Twenties, soffre di schizofrenia. Tutte loro sono in qualche modo Norma. Eppure il film non descrive nessuna di loro.

Delle regine del muto Gloria è probabilmente quella più lontana da Norma. Certo è stata messa da parte da Hollywood e, come tutte le altre, sogna di tornare, ma non si è ritirata. Si è trasferita a New York, perché ama vivere e lavorare in quella città, molto più di quanto abbia mai amato Los Angeles. Ha un proprio show alla radio: un curioso paradosso per una regina del cinema muto. Continua ad atteggiarsi a diva, ma se lo può permettere.

Non sappiamo di preciso quanto nel corso della lavorazione del film, Gloria abbia creato il personaggio, ma certamente Wilder ha plasmato Norma su di lei e conoscendo il carattere dell’attrice, la sua determinazione, la sua voglia di non farsi sfuggire nulla, e la sua esperienza sul set, possiamo credere che abbia dato un importante contributo. Senza Gloria Norma non sarebbe certo quel personaggio che tutti conosciamo.

La casa di Norma è tappezzata delle foto di Gloria, degli anni in cui era la star della Paramount e dei mesi gloriosi di Sadie Thompson. Norma arriva, a bordo della sua splendida Isotta Fraschini - il modello Tipo 8A carrozzata dalla milanese Castagna nel 1929 - davanti agli studi della Paramount - la macchina viene trascinata perché Stroheim non ha mai imparato a guidare - e il guardiano più giovane chiede chi sia quella donna e non la farebbe entrare se non fosse per l’intervento del suo collega più anziano - il caratterista Robert Emmett O’Connor, che ha recitato in più di duecento film e che chiude la sua carriera proprio con Sunset Boulevard. Quando finalmente Jonesy apre il cancello, Norma sibila: “Without me there wouldn’t be any Paramount Studio”; una cosa che anche Gloria probabilmente pensa di sé. E negli studi Norma incontra il “suo” regista, ossia Cecil B. DeMille che, in un delizioso cameo, evita con tatto le domande dell’attrice sul copione di Salomè, di cui non sa nulla. E Max scoprirà che hanno chiamato Norma solo perché vogliono noleggiare la sua automobile, ormai un pezzo d’epoca. Ma DeMille è anche il regista di Gloria, è quello che l’ha scoperta, che l’ha fatta diventare la protagonista dei suoi film. E sono amici di Gloria, oltre che di Norma, i tre attori che vanno a giocare a bridge a casa sua, quelli che Joe chiama con una facile ironia “The waxworks”: Anna Q. Nilsson, bellissima attrice del muto, una delle donne più popolari degli anni Venti, che nel 1928 riceveva trentamila lettere al mese e per questo è stata messa sotto contratto da Kennedy per la RKO, HB Warner, Gesù in Il Re dei Re e Buster Keaton, che in una foto del set sembra quasi sorridere osservando Stroheim vestito da maggiordomo.

Quando Norma vuol far vedere a Joe un suo film, Wilder potrebbe sceglierne uno dei tanti che Gloria ha girato per la Paramount: non ci sarebbero problemi di diritti. Decide invece di concedere una piccola rivincita al suo collega Stroheim: le immagini sono quelle di Queen Kelly, il film che gli americani non hanno mai potuto vedere al cinema.

Ma poi è Gloria che vince alla fine. È il celeberrimo finale. Norma, dopo aver ucciso Joe, è ormai completamente impazzita, siede davanti alla toletta nella sua camera, piena di poliziotti e di cronisti. C’è anche Hedda Hopper che detta il pezzo per la prossima edizione del suo giornale; Hedda è, insieme a Elsa Maxwell e Louella Parsons, una della grandi pettegole di Hollywood, una di quelle che sa sempre tutto, appena accade, anche prima che accada. Max, con uno sguardo dei suoi, convince i poliziotti che l’unico modo per far muovere Norma e scendere le scale sia quello di farle credere che stanno girando una scena di Salomé. Max torna finalmente a fare il regista, e ha il piglio dittatoriale di Eric von Stroheim, quella forza e quella mania per i dettagli che tutti conoscono a Hollywood. Gli basta un cenno per far muovere le cineprese, per preparare i “suoi” tecnici e alla fine, dopo quasi quindici anni, può urlare “Action”: c’è una scintilla in quel momento negli occhi di Stroheim che non è solo frutto della sua capacità di attore. Norma, affascinante come non mai, lentamente percorre il corridoio e scende le scale, guardando la macchina da presa con i suoi occhi così intensi, muovendo le mani, perché a lei non servono le parole, basta la faccia. Poi arriva davanti a quella piccola folla che si è radunata – come su un set – è il momento in cui la stanno per portare via e dice: “All right, Mr. DeMille, I’m ready for my close-up”. È la sua vendetta contro Max: non riconoscerlo nel ruolo della sua vita e chiamarlo con il nome del suo avversario. È anche Gloria che si vendica di chi le ha mentito in merito a Queen Kelly, e degli altri uomini che le hanno mentito nel corso della sua vita. Lei è sempre grande, sono gli altri a essere diventati piccoli.

p.s. qui trovate la prima e la seconda puntata...

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