Ho chiuso il blog nel 2009 con una nota triste, la poesia "Soldati" di Ungaretti, e mi sembra giusto ricominciare, già il 1° gennaio, cambiando registro, quasi con un tono di speranza, per quanto sia possibile in questi tempi così cupi.
Infatti voglio cominciare il nuovo anno con una riflessione che ricavo dal dibattito nato intorno al libro di due epidemiologi inglesi Richard Wilkinson e Kate Pickett intitolato "The Spirit Level. Why more equal societies almost always do better" (in Italia è uscito con il titolo "La misura dell'anima. Perché le disuguaglianze rendono le società più infelici").
La tesi del libro è piuttosto semplice. Se si considerano i ventuno paesi più ricchi del mondo, dagli Stati Uniti al Portogallo, quelli in cui il reddito è distribuito in modo più diseguale sono quelli che mostrano i dati peggiori in una serie di indicatori e parametri sociali di benessere. Questi indicatori sono il disagio mentale (incluse le dipendenze da droghe e alcol), la mortalità infantile e la diffusione di molte malattie, l'obesità, il rendimento scolastico e la conseguente mobilità sociale, le gravidanze durante l'adolescenza, i tassi di incarcerazione e il numero degli omicidi; si tratta, com'è evidente, di dati oggettivi, misurabili, non basati sulle percezioni dei cittadini, che possono comunque subire delle oscillazioni non facilmente spiegabili. In sintesi i paesi che hanno una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito, anche se hanno un reddito pro capite molto elevato, ad esempio gli Stati Uniti, soffrono di problemi sanitari e di disagio sociale molto più di paesi, come la Spagna e la Grecia, che, pur avendo un reddito pro capite ben inferiore, registrano meno disuguaglianze nella sua distribuzione.
Dice l'adagio popolare che "il denaro non dà la felicità" e i poveri hanno sempre avuto il sospetto che questo proverbio l'abbiano inventato i ricchi; probabilmente è proprio così, perché effettivamente i soldi è meglio averli che non averli e i paesi che nella classifica del reddito sono molto al di sotto del Portogallo soffrono moltissimo, come non dovremmo mai smettere di ricordare. Eppure questo studio, così documentato, dimostra che i soldi da soli non sono sufficienti, occorre anche capire come sono distribuiti tra le persone. Dovremo forse rivalutare i sogni egualitari e utopistici di Thomas More o i principi tanto vituperati del socialismo? Certo questo nostro mondo, con le sue enormi differenze, non mi piace (e non serviva questo saggio per confermarlo), eppure ora abbiamo un argomento in più contro quelli che predicano a favore della crescita economica tout court. Forse parlare di redistribuzione del reddito dovrebbe tornare a essere una parola d'ordine della sinistra? Proviamo a pensarci.
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