giovedì 7 ottobre 2010

Considerazioni libere (170): a proposito di diritto allo studio...

Oggi voglio raccontare una vicenda - sperando di non abusare della pazienza dei miei sparuti lettori - successa poco meno di vent'anni fa in un piccolo comune vicino a Bologna.
I protagonisti di questa storia sono due bambini, di nome M. e A., un maschio e una femmina, praticamente coetanei - tra i due c'è un solo anno di differenza - che i medici hanno diagnosticato, sin dalla nascita, come portatori di handicap gravissimo; uno dei due, se fosse nato solo qualche anno prima, senza i continui progressi registrati ogni giorno dalla medicina, sarebbe sopravvissuto probabilmente soltanto per due o tre anni. Per fortuna M. e A. sono nati in famiglie che hanno avuto la capacità di accoglierli con grande amore e si sono molto impegnate per assicurare loro il massimo dell'assistenza possibile, un compito non semplice, che solo l'amore appunto ha reso - e rende - possibile; e giustamente le famiglie di M.e A. sono le altre protagoniste di questa storia.
Raggiunti i tre anni, M.e A. sono stati iscritti alla scuola materna comunale. Non è stato semplice, ma l'inserimento è stato positivo, grazie al lavoro delle insegnanti, alla competenza della coordinatrice pedagogica e al supporto costante della neuropsichiatra dell'unità sanitaria. Naturalmente ci sono stati dei costi: sono stati necessari alcuni adeguamenti nella struttura, si sono dovuti finanziare dei momenti specifici di formazione sia per le insegnanti sia per il personale ausiliario, è stato ridotto il numero complessivo delle bambine e dei bambini ammessi alla scuola; l'Amministrazione comunale ha deciso di sopportare queste spese, tagliando in qualche altro settore, per garantire ai due bambini un primo inserimento nel mondo della scuola e per aiutare in maniera concreta quelle due famiglie. Una parte delle attività della scuola è stata indirizzata a spiegare agli altri la diversità di M.e A. e anche questo aspetto, grazie alla sensibilità delle famiglie, è stato positivo.
Quasi nello stesso tempo è stata coinvolta la Direzione didattica - c'era allora una direttrice molto attiva - per capire come garantire l'inserimento dei due bambini nella scuola elementare. Un intelligente funzionario del Provveditorato - allora si chiamava così quello che ora si chiama Csa - ha proposto l'istituzione di una "unità educativa sperimentale", una u.e.s., ovvero la creazione di una classe "speciale" per M.e A. all'interno della scuola elementare. In un primo momento la proposta ha suscitato una qualche perplessità: istituire una classe "speciale" sembrava un passo indietro rispetto a una scelta, ormai consolidata nella scuola, di favorire al massimo l'integrazione nelle classi dei bambini portatori di handicap. Il funzionario spiegò che in quel caso l'integrazione avrebbe avuto risultati molto scarsi, per la gravità delle patologie di M.e A.; per loro da un certo punto di vista sarebbe stato meglio continuare la scuola materna, anche se era impossibile. Spiegò poi che attraverso la u.e.s. sarebbe stato possibile da un lato seguire in maniera adeguata M.e A. e dall'altro lato organizzare attività e laboratori per coinvolgere, insieme a loro due, tutti gli alunni della scuola, e non solo i loro coetanei di classe.
Questa scelta implicava uno sforzo notevole per tutte le istituzioni coinvolte; per garantire l'attuazione del progetto e il tempo pieno per M.e A. il Provveditorato avrebbe dovuto garantire l'assegnazione di un insegnante a tempo pieno per la u.e.s. e di uno a tempo parziale per i laboratori, l'Usl - ora si chiama Asl - l'assegnazione di un insegnante e il coordinamento del controllo neuropsichiatrico, il Comune l'assegnazione di un terzo insegnante e di una bidella. A carico del Comune ci fu anche la costruzione ex novo di uno spazio, a fianco della scuola elementare e collegata con quella, con tutte le caratteristiche tecniche necessarie. Realizzare tutto questo non è stato semplice, ha richiesto qualche tempo, con la decisione di far slittare di un anno l'ingresso del bambino più grande nella scuola dell'obbligo e di farlo stare un anno in più nella scuola materna comunale.
Tutto questo lavoro ha permesso a M.e A. di completare le scuole dell'obbligo, di non far gravare l'assistenza esclusivamente sulle loro famiglie e infine di insegnare ai tanti bambini che hanno frequentato la scuola elementare in quei cinque anni che, anche se apparentemente non siamo tutti uguali, tutti abbiamo gli stessi diritti e tutti abbiamo grandi ricchezze da donare agli altri. Per M. l'unico modo di comunicare con gli altri era - ed è - attraverso le mani: il suo abbraccio è qualcosa che non può essere dimenticato.
Ho scritto di questa esperienza, che - vi assicuro - è vera, perché ho letto la storia di un ragazzo disabile che, iscritto alla seconda superiore, alcuni giorni fa nessuno ha accompagnato in bagno quando ne aveva bisogno; né la scuola né il Comune - quello di Milano, in questo caso - hanno le risorse per garantire questa assistenza e ora la madre sarà costretta ad andare a scuola con il figlio per impedire il ripetersi di un episodio del genere, che è stato un trauma per quel ragazzo. Le autorità hanno detto che non ci sono le risorse.
Ho raccontato la storia di M.e A. per dire che le risorse, se c'è la volontà, si trovano e soprattutto che le risorse, anche se ingenti, non sono sufficienti, se non ci sono idee, competenze, voglia di sperimentare. Nella storia di M.e A. non ci sono soltanto istituzioni che hanno speso soldi pubblici, ma persone che hanno creduto in un progetto, convinti che la priorità fosse garantire il rispetto dell'art. 3 della Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

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